Vai a pgina 2

 Da "La tofa" 180 - 4 maggio 2014                                                                                  Pagina 1

Una tradizione molto sentita in città fino al '700 sopravvissuta nel ricordo fino agli anni cinquanta,
quando il 3 maggio si celebrava la festa di Tutti i Santi
ora dimenticata, così come gl
i otto protettori della città

L'ANTICA FESTA DELL'INVENZIONE
DELLA CROCE E DI TUTTI I SANTI

  di GIUSEPPE DI DONNA

 
San Donato


Santa Eugenia


San Flaviano


San Fausto

            
La Domenica delle Palme a Torre aveva inizio la solenne festa della "Invenzione o Esaltazione della Croce"; nella nostra città, secondo alcuni documenti, già si svolgeva alla fine del '400.
   L'origine della festa risaliva forse al periodo delle crociate. In vari punti del paese si innalzavano delle croci che venivano adornate con rami d'ulivo, festoni e lampade. La festa durava diversi giorni e terminava il 3 di Maggio. Il rito ricordava il ritrovamento della vera Croce da parte di Sant'Elena (a Torre si invocava "santa Lena" quando si perdeva qualcosa e la si voleva recuperare) e del patriarca di Gerusalemme Macarios nel IV secolo. Sul Calvario furono ritrovate le tre croci fra le quali anche quelle dei ladroni. Per verificare quale fosse quella del Cristo fu portata una donna ammalata che toccando una delle tre, guarì. Per il ritrovamento della reliquia si fece gran festa. Da allora schegge della Croce partirono per tutte le direzioni del mondo a seguito di prelati, pellegrini, crociati; frammenti abbinati a volte a talismani oppure usati come ambitissima merce di scambio con autenticazioni a volte contraffatte e incastonati dentro croci preziose. La processione primitiva muoveva con pianti e canti dalla chiesa di Santa Maria dell'Ospedale "alli Cancelli", che svolgeva la funzione di Chiesa Maggiore parrocchiale fino al 1578, per poi giungere allo spazio "delli Falanga" dove veniva trovata la Vera Croce. In quel luogo sarebbe sorta più tardi un'altra chiesa più grande, quella di Santa Croce. Il richiamo della croce in quel sacro sito forse non era un caso. Da quel novello tempio nel '600 sarebbe partita la nuova processione. Essa era costituita in testa dal clero, i confratelli (i papuoti), gli ordini monastici, i preti e l'arciprete in pompa magna uscivano per la ricerca della Vera Croce fra le tante poste in varie località che ne ricevevano il nome. Quando si trovava quella ambita, un'altra suggestiva processione procedeva fra i vari quartieri del paese con un rito tutto speciale. Essa era preceduta dall'Angelo Michele in funzione di condottiero con a seguito gli otto santi tutelari dell'Università Torrese cioè i "Corpi Santi". I Corpi Santi erano i mezzi busti degli otto protettori contenenti le loro reliquie: S. Alessandro, S. Eugenia, S. Timoteo, S. Ireneo, S. Flaviano, S. Abbondio, S. Donato, patroni secondari, e S. Fausto, principale protettore dell'Università Torrese.
   Le reliquie di questi martiri forse furono le prime ad arrivare a Torre e il loro culto aveva probabilmente origine orientale. Ad essi si aggiungevano altri busti di santi più conosciuti dall'agiografia e dall'onomastica. Ogni santo rappresentava congregazioni di arti, mestieri e professioni; ognuno adornava con lumi e fiori il suo santo che veniva trasportato dai propri devoti o "deputati" con addosso particolari distintivi della corporazione. Il penultimo busto era quello di san Fausto accompagnato dai fedeli e dagli Eletti. Egli aveva la funzione di proteggere l'immagine della Madonna Immacolata posta sotto il pallio che chiudeva il corteo. Il protettore principale San Fausto, il "Santo dell'Università", era preceduto da trombettieri, suonatori di corni da caccia e circondato da ceri e torce; lo trasportavano i "Bastasi" tutto a spese dell'Università. Nella cappella dell'Immacolata Concezione di Santa Croce nel '600-700, insieme al Santissimo Sacramento vi erano le nicchie ove si riponevano a fine festa i simulacri a mezzo busto in legno che, con l'aumentare della ricchezza dei torresi, sarebbero diventati d'argento.
   Nel '700 vi erano inoltre otto tele dedicate a questi tutelari, opere dell'artista De Mura. Il corteo percorreva le strade addobbate con arazzi, copertine, nastri e infiorate che erano sparse sul fondo stradale dove sarebbero passati i santi. A volte i portatori litigavano su chi dovesse precedere e chi stare dietro sebbene venisse effettuato un sorteggio. Sant'Ireneo era protettore dei "potecari" ossia i bottegai, S. Timoteo e S. Abbondio assieme protettori dei marinai anche se il ceto dei pescatori era affezionato al primo. San Donato decapitato durante il suo martirio, era protettore degli epilettici e dei malati di mente, tra i quali vi erano i sofferenti del "mal di luna", ossia i lupi mannari, in torrese i "pummunari"; San Donato doveva essere molto venerato dai popoli vesuviani dell'entroterra che venivano a Torre ad onorarlo e accompagnarlo. Alla processione dei Corpi concorrevano i vari casali della Torre con musiche e suoni. Il popolo torrese devoto e i "forestieri" provenienti da altre zone seguivano, strada per strada, trepidanti e ansiosi, fra il pregare e il salmodiare dei religiosi e il pianto delle donne, la ricerca spasmodica della Vera Croce. Poi quando i processionanti ritenevano di essere finalmente giunti al Suo ritrovamento, una gioia immensa pervadeva fedeli e devoti. Le statue pellegrine arrivate di corsa sul posto grazie al portatori, avevano la funzione di riconoscere e confermare con l'ausilio e l'amore materno della Madonna che era l'ultima della serie, la vera croce del supplizio e così  adorarla Le statue poste attorno alla Vera Croce assistevano speranzose al rito di conferma della madre di Gesù. A questo punto la gioia che nasceva dall'attesa speranzosa del "Si, è Lei" della Madre, sfociava nel giubilo accompagnato da lacrime di liberazione. La festa era per solennità simile a quella del Corpus Domini.
   La sacra rappresentazione con la ricerca simbolica della croce venne meno quando Carlo Carafa, principe di Butera e Grande di Spagna, nel 1687 inviò all'amato popolo torrese una scheggia della santa croce racchiusa in una piccola urna di cristallo.
La festa del ritrovamento della Croce nel '600-700 animava il paese rompendone la monotonia e tutti la attendevano.
                  __________________________ 

     cerco quello che non trovo 
    trovo quello che non cerco

provenienti dalla zona vesuviana offrivano i loro prodotti: ricottari, olivari e caprettari dalla zona sommese, maruzzari e venditori di anguille dalla zona sarnese, cevazaiuoli dalla zona di Ottaiano, venditori di frutta secca dalla zona palmese. Si vedevano monaci e suore da diversi conventi e monasteri, questuanti e mendicanti, suonatori di strada con tamburelli, sischi, colascioni, triccaballacche, scetavaiasse, putipu, nacchere e tamorre e ancora teatranti, zingari fabbri e zingari indovini; era insomma una folla variopinta. Alla luce di torce, lanterne, candele e lampioni, la festa continuava fino a tardi con un'esuberanza di fuochi artificiali. A Torre era festa grande e leccornie tipiche sulla tavola dei torresi non mancavano a pranzo o a cena.
   Ritornando ai santi patroni, si deve ricordare che per San Fausto nel giorno a lui dedicato, la comunità spendeva 30 ducati per i festeggiamenti, cifra inferiore solo a quella del Corpus Domini e del ritrovamento della Croce. Fu protettore di Torre fino al 1794 poi si perse stranamente la memoria sua e degli altri magnifici protettori. Quale ne fu la causa? Nel Medioevo era nata l'usanza dei Patronati, cioè città e comunità sentirono il bisogno di un patrono per il quale si fissava la data della festività. Poi l'uso del patrono o protettore venne esteso alle congregazioni. La richiesta di ottenere la "patronanza" veniva fatta con due distinte suppliche: una da parte del clero, un'altra da parte del decurionato ossia l'amministrazione civile. Il vescovo poi inviava la richiesta al Papa che la concordava e semmai si incaricava, tramite delegati, di rifornire reliquie alla comunità richiedente, tratte dalle catacombe romane. San Fausto fu dimenticato forse perché molti torresi dopo l'immane eruzione del 1794 scapparono in altri luoghi e venne meno la reminiscenza supportata dalla festa e dalla tradizione. La catastrofe naturale distrusse la chiesa di Santa Croce con i bellissimi busti dei santi protettori che non ebbero più la loro statua. E così anche il ricordo fini nell'oblio. A ciò si aggiunse anche una certa moda nell'800, di voler sostituire santi protettori con altri, per l'opera influente che avevano certi personaggi laici o ecclesiastici, oppure ceti, corporazioni o ancora opere missionarie. Il clero, le autorità in nome del popolo invitavano il Re e il Vescovo affinché si facessero da mediatori presso il Papa che confermava in genere la nuova scelta patronale. Le innovazioni avvenivano anche per emulazione alla grande città vicina che aveva il suo santo patrono, o anche per mera superstizione.
   Nel Vesuviano per far capire la portata del fenomeno assistiamo ai seguenti cambiamenti: a Santa Anastasia si passò da S. Michele a S. Francesco Saverio (la santa Nastasia o santo Nastasio era pressoché sconosciuta al popolo) per opera dei gesuiti missionari di Francesco Saverio Santarelli che inculcarono nella gente anastasiana la devozione al santo che portava il nome del fondatore, a Trecase nel 1906 si passò da Santa Maria delle Grazie a S. Gennaro, a Torre Annunziata nel 1849 si passò dalla S. Annunziata alla Madonna della Neve, a Resina dalla Madonna di Pugliano a S. Gennaro per ragioni meramente amministrative, a Somma Vesuviana dalla Madonna di Castello a S. Gennaro, a Pollena da S. Apollinare a S. Giacomo, culto verso l'apostolo introdotto nel napoletano dai gesuiti. Poche cittadine vesuviane rimasero fedeli ai loro antichi patroni. Così pure a Torre si affermava l'idea alla fine del '700 di S. Gennaro come santo patrono. I pagamenti per la bella opera di Solimena "la Decollazione di San Gennaro" ancora oggi visibile, furono eseguiti non a caso da un certo notaio torrese, Gennaro Palomba, Governatore a Santa Croce fino al 1735, persona molto ricca e influente. A ciò si aggiunse anche lo spirito emulativo verso la grande città di Napoli. Non dimentichiamo comunque che il santo beneventano era il patrono della Chiesa Metropolitana del Regno. Con la costruzione di ville e case padronali nella zona vesuviana nel '700 da parte di patrizi ed ecclesiastici napoletani si ebbe inoltre una colonizzazione culturale nella nostra area.
   Essi importarono dalle nostre parti il culto del santo patrono napoletano. Più che difendere i paesi vesuviani dalle ire del vulcano essi intendevano tutelare i loro poderi dal potere distruttivo della lava. Tanti piccoli busti di S. Gennaro sugli archi delle antiche ville ne sono testimonianza. Così fece un tal Cioffo, sconosciuto prete napoletano che possedeva una masseria a Torre. Donò nel '700 alla chiesa di Santa Croce frammenti ossei del santo decapitato grazie al vicario generale della diocesi sannita. Lo stesso S. Gennaro non sempre era amato dal popolo napoletano, accusato a volte di stare dalla parte dei giacobini. L'opera instancabile del nostro Beato incoraggiò e rafforzò il culto verso il patrono napoletano da parte dei torresi. Intanto un'altra scheggia fu donata dal cardinale Zurlo nel 1798 dopo la catastrofe del 1794.
   Con il tramonto della festa dell'Esaltazione della Croce e dei Santi Protettori torresi si perse una tradizione delle più belle di Torre antica. Un ricordo del sacro mistero dell'invenzione della Croce rimase il 3 maggio quando si celebrava la festa di " Tutti i Santi". Questa festa durò fino agli anni cinquanta (da non confondere con la festa di Ognissanti) ma non ebbe più lo scopo di festeggiare il trionfo della croce che diede nome e titolo alla antica chiesa di Santa Croce.

 

   Sant'Ireneo


San Timoteo


Sant'Abbondio 

Sant'Alessandro

              __________________________                                                                 

                                                   CONTINUA SUL PROSSIMO NUMERO
 

Ha collaborato alla ricerca mio padre Salvatore cultore ed appassionato di Storia locale a cui gli dedico l'articolo. Egli aveva alcuni appunti da cui ho tratto le notizie. Spero che nella sua Eternità con sé si sia portato il ricordo di chi gli volle bene.