heading design heading design heading design
heading design heading design
 
heading design heading design

Clicca qui sotto in 7 sezioni CONCHIGLIE
50 RACCONTI TORRESI
1 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=7859
2 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=7925
3 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=7937
4 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=8014
5 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=8076
6 http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=8100
7
http://www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=8161

 

Presentazione di Pietro Gargano

Ha cento talenti, il maestro Ciro Adrian Ciavolino. Dipinge la vita vesuviana, anche quella che non c’è più, cioè le vendemmie, la bellezza innocente e carnale delle donne, le masserie sullo sfondo del vulcano fumante. Dipinge miracoli di santi e prodigi della natura. Dipinge figure della storia come Ladj Hamilton. Dipinge sulla tela e sui muri, sugli apparati da festa e sugli effimeri tappeti di fiori. Dissemina i quadri di simboli; Scolpisce ogni materia duttile. Insegna, a molte generazioni.
Qualche critico sostiene che le sue opere sono gonfie di silenzi. Forse per colmarli altrove, Ciavolino è un artista pure della parola scritta. Questo volume dà conto della sua ultima produzione per il periodico La Tofa di Antonio Abbagnano: brani tutti tesi sul confine sottile fra giornalismo e letteratura. L’artista si conferma così un figurativo moderno e antico perfino quando colma pagine di giornale o di libro. Lo fa dal 1966, dall’esordio su La Torre dell’avvocato Salvatore Accardo, con le rubriche intitolate di volta in volta Gentile Signore o Le lettere impossibili o Lettere sull’acqua su altri periodici.
L’appuntamento sulla Tofa ha avuto una doppia fase, la prima intitolata Conchiglie, la seconda - nel corso dall’estate del 2007 – Lettere a una Signora. Il cambio e legato, appunto, dalla missiva di una gentildonna, adesso lontana da Torre del Greco, che a sua volta scriveva sui giornali: un ricordo ”dolce sincero appassionato” meritava settimanale risposta.
Viviamo un aspro tempo di amnesie, indirizzato ad avere oggi tutto e subito. Di riflesso, i cronisti della memoria e le riviste che li ospitano svolgono una funzione cruciale per la società tutta, ben al di là della fabbrica della nostalgia. Andrebbero studiati nelle scuole, perché senza ieri – senza le radici – non c’è mai domani. E poiché Ciavolino mai ”ha condiviso arrampicate sociali e vergognosi arrivismi”, se ne ricava una lezione morale, un invito a tornare ai desideri semplici, all’identità pur solidale dei popoli, opposti agli obblighi avidi di questo presente asvelenato.
Nella prosa, fluente come poesia, lampeggia Torre del Greco di una volta, coegli orti di San Giuseppe alle Paludi, il cinema Iris i tragitti delle stelle sopra i silenzi marini appena rotti dal sibilo di una lenza e dal tonfo leggero di un piombo ad oliva. Erano anni in cui in cielo volavano le comete comprate ’ncopp’i grariatelle r’a ciucciara nella casa di due vecchiette vestite di nero; gli armadi odoravano di cipria e ospitavano il vestito di fustagno e il bastoncino di papà, il cappotto scuro di mamma che restò incieta sotto una eclisse di luna. Non c’era la televisione, una radio piccola e verde, di galalite, apriva porte sul mondo; una conversazione di Carnelutti era scuola di vita.
La pioggia la annumiavano i gatti. Sapeva di delizia ’a rattatura, il residuo recuperato dall’impasto di pane nella minima madia di casa detta martulella. Il suono del passo dei cavalli si confondeva con quello degli zoccoli di donna. Frusciavano ciclisti diretti alla festa della Madonna della Neve. I profumi Lavanda, brillantina, borotalco, alghe; o petali di rose nella bacinella per la festa dell’Ascensione: e ”l’odore della memo ria, del tempo che passa, cosi lentamente: l’odore della vita”.
Molti torresi avevano uno strangianomme, Ciavolino era il figlio della Cerasa perché il nonno, fanciullo, s’era perso una ciliegia dal cuoppo comprato all’angolo della via e i ragazzi lo seguivano nella ricerca, sfruculiando: ”Cicci, Cicci, ’a cerasa”. Anche gli srangianomme sono andati perduti.
La partenza dell’itinerario e la casa natia di Vico del Pozzo numero quattro, ma il cammino si estende, tocca Posillipo, Materdei di Giuseppe Marotta, piazza Dante, il corpo di Napoli dove nela setrine vedi ancor liuti, chitarre e mandolini, dove la margherita o la marinara da mangiare allerta, piegata libretto, sono pagine di libri nostri che sfogliamo da sempre.
Il provincialismo alla rovescia di cui soffrono troppi napoletani - soprattutto gli intellettuali, “falsi artisti ma grandi giocolieri” - mette all’indice pizza e mandolino, quasi che ferissero come rasoi. E invece Ciavolino dimostra - forse perché ben conosce il segreto del colore – che questi materiali, se usati a modo, sono vivi, lontani dall’oleografia, nel diario di un uomo curioso di pietre e di storia.
Si snodano le stagioni, la primavera gialla delle ginestre, libere sul lontano Vesuvio o prigioniere dei cancelli di una scuola in Via Veneto; l’estate azzurra dei bagni a mare sulla spiaggia del Cavaliere; l’autunno corrusco e odoroso di vino sulla tavola della domenica; l’inverno grigio di pioggia e tiepido di caldarroste. Ciascuna ha le sue tinte perché Ciavolino – pittore e scrittore – dice che ”i colori accompagnano il nostro respiro, e raccontano le loro e le nostre storie”. A volte, ed e giusto, la tinta manca perché certi discorsi sono in bianco e nero, come le fotografie dai margini dentellati.
La colonna sonora è fatta di canzoni appuntate sull’angolo destro in alto. Spesso sono napoletane, erano famose ma ora si sentono di rado. Rieccole e fare cultura. Dipenderà da ciò la strana felicità in arrivo quando Ciavolino telefona per interrogarti sul titolo esatto di un motivo perduto o per chiederne il testo completo. E’ pur sempre una felicità malinconica, ma non sa di muffa. Esattamente come le pagine di questo libro.

Pietro Gargano

 

Qui sotto dedica dell'autore Ciavolino al Direttore di Torreomnia