Tradizionale
festa religiosa di devozione ed amore per l'Eucaristia, abbinata
nel tempo al ricordo di una fase fulgente della storia del
popolo torrese, il «riscatto
baronale»
La festa dei Quattro Altari si celebra, ormai, ogni anno a Torre
del Greco, la domenica successiva alla solennità della SS.
Trinità, in ricorrenza del Corpus Domini;
questa festività fu istituita da Papa Urbano IV, l'undici agosto
1264, con la promulgazione della bolla«Transiturus»,
interpretando il miracolo di Bolsena.
Raffaele Raimondo, nella sua opera «Uomini
e fatti dell'antica Torre del Greco»,
in polemica con storici locali circa l'inizio del rito dei
Quattro Altari e la costruzione degli altari, afferma: (...) D'altari
s'incomincerà a parlare soltanto nel 1592 (...) perché nel 1522,
né a Napoli, né a Torre del Greco si costruivano altari, tranne
il catafalco del Pendino e quello non era altare, era il Seggio
del Popolo o Seggio pittato che sostituiva quello vero,
ripetiamo, fatto abbattere da Alfonso I d'Aragona. Quindi, nel
1522, (...) la festa dei «Quattro
Altari» non
era ancora nata. Nascerà nel 1592, con l'istituzione della
pratica delle «Quarant'ore»sotto
il pontificato di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini), e più
precisamente nel primo anno del suo pontificato.
Da detta pratica d'adorazione ininterrotta al Santissimo
Sacramento, esposto in alcune delle principali chiese, risale, «Il
rito della benedizione Dai quattro altari».
(...) Dobbiamo pure dire che solo nel 1663, giovedì 24
maggio, per la processione del Corpus Domini, oltre al catafalco
o «seggio
pittato» alla
strada del Pendino venne eretto per la prima volta un «teatro»,
cioè un altare. L'allestimento venne affidato ai Gesuiti.
(...) Il Cinquecento, a seguito delle grandi scoperte di nuove
terre, era stato anche il secolo delle grandi evangelizzazioni.
Si era ad un secolo esatto dalla scoperta di Colombo. (...)
Dall'Oriente all'Occidente, dal XVI secolo, in tutto l'arco
delle ventiquattro ore, senza interruzione, in tutte le
longitudini si celebra la S. Messa.
A Napoli la festa si svolgeva al Largo Castello, attuale Piazza
Municipio. Alla processione, che usciva dalla Chiesa di San
Giacomo degli Spagnoli, partecipava anche il Viceré in persona.
Anche allora erano (...) «Quattro
Altari»,
dai quali s'impartisce la benedizione al popolo e alla città,
rappresentano le quattro parti del mondo: l'Europa, l'Asia,
l'Africa e l'America, mentre il significato della celebrazione è
l'UBIQUITA' o l'UNIVERSALITA' dell'Eucaristia.
(...) Insomma, come abbiamo detto, con le quarant'ore si
celebrava il rito dei «Quattro
Altari»;
però questi erano degli altari veri e propri, non come quelli
che si vedono a Torre del Greco.
L'estro artistico e la creatività del popolo torrese, la cui
anima continua a vibrare al culto dei valori della Fede e
dell'Arte, ha trasformato, via via, gli originali veri e propri
altari in gigantesche rappresentazioni scenografiche a tema
sacro, ravvivate da appositi giardini, composti da piante rare,
fontane e laghetti in miniatura, mettendo in risalto l'operosità
e l'anelito di un popolo che aspira a conservare lo spirito di
una tradizione antica con i valori della sua cultura religiosa.
(...) Al Significato religioso si aggiunse poi anche quello
politico. Infatti, gli spagnoli vantavano, non senza orgoglio,
la grandezza del loro impero....e non perdevano mai l'occasione
di manifestarlo attraverso cavalcate, carri allegorici e festa
da ballo.
(...) Finita l'epoca del viceregno (1734), anche sotto i Borboni,
sia la festa del «Corpus
Domini» che
quella dei «Quattro
Altari» con
le relative processioni, non subirono mutamenti, né nei
percorsi, né nei dettagli. Perfino negli ultimi giorni
dell'agonizzante Repubblica Partenopea, le due e ben distinte
processioni ebbero il loro tradizionale svolgimento.
(...) Dopo la caduta dei Borboni e con l'annessione del Regno di
Napoli all'Italia savoiarda, i torresi incominciarono a delirare
anch'essi sulla libertà e sull'indipendenza acquisite mediante
Garibaldi e Vittorio Emanuele II. E fu allora che tirarono in
ballo il Riscatto Baronale risalente all'anno 1699, quando con
il diritto di prelazione e col denaro preso in prestito,
contemporaneamente ai porticesi e ai resinesi, avevano comprato
dal regio demanio il feudo di Torre del Greco, Portici e
Resina".
(...) E questo anche per dare un taglio netto tra la festa dei
Quattro Altari e il riscatto baronale che non ha nulla a che
vedere con la detta festa esclusivamente religiosa.
Un'altra nota di creatività artistica della festa, si esprime
attraverso i tappeti, tutti d'argomento sacro, spesso
riproduzione di pitture di maestri italiani celebri, di stile
barocco, incorniciati di fiori e rosmarino profumato. Non
mancano bozzetti realizzati dagli stessi artisti torresi
mettendo in evidenza bravura e maturità anche nel campo
dell'Arte moderna.
All'origine dell'Ottocento erano preparati in petali di fiori,
mentre ora sono di segatura mista a colori in polvere. Esposti
all'ammirazione del pubblico per tre giorni in alcune chiese
cittadine, al passaggio della processione, con il pallio ed il
Santissimo, sono cancellati in pochi istanti.
Durante
le giornate festive, una policromia di luci su riquadri
decorativi, pannelli dai soggetti vari, le luminarie, adornano
le principali strade della città del corallo, del cammeo, dei
fiori e della cantieristica, in una mirabile sinfonia di linee e
colori.
Fu Raffaele Raimondo a promuovere, e a diffondere, nel secondo
dopo guerra, i primi esperimenti di luci cinematiche
sincronizzate con la musica su colossali pannelli luminosi di
magico effetto, servendosi della collaborazione tecnica della
ditta Nicola Del Gatto & Figli, seguendo le orme d'Antonio
Mennella, che nel 1937 aveva effettuato i primi tentativi, e del
professore Enrico Taverna; il grande maestro che, intorno al
1910, con l'avvento del nuovo sistema d'illuminazione a gas
acetilene, con la collaborazione tecnica anche della ditta
Gioacchino Vitiello, aveva promosso la sostituzione delle
luminarie a cera ed olio, in uso ai tempi di Della Torre, con
quelle appunto a gas acetilene e, successivamente, nel 1925, a
luce elettrica; un salto di qualità che, otto anni più tardi,
nel 1933, ottene ulteriore impulso, oltre che da altri, dalla
preziosa collaborazione di Raffaele Raimondo. Questo, nel suo
libro citato, ricorda che
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