Giuseppe Penza

Nacque figlio d'arte nel tremendo periodo della guerra italo-austro-ungarica. Fortunato figlio di chi s'esibiva davanti a S. M. Vittorio Emanuele, prendeva parte a numerosi films e militava con Raffaele Viviani e Eduardo De Filippo. Sua madre, del varietà, seguiva le orme di Leopoldo Fregoli, quindi "Fregolina" per le sue molteplici trasformazioni. Una donna di molti impegni che 1'affidò tenerissimo ad una balia. E' facile anche crescere senza una gamba o con un occhio solo, ma non senza affetto materno, senza amore.
Non servì a nulla affidarlo ai parenti all'inizio della sua adolescenza. Condizionato allo smarrimento, vagabondava di contrada in contrada con una sola idea: sua mamma! Giuseppe Penza al rione Materdei si accostava agli esseri umani con volontà di inserirsi, con desiderio di vivere con slancio ed impetuosità che è la caratteristica della prima gioventù, e fu aiutato dal buon padre La Rovere.
Nemmeno la vocazione ecclesiastica trovò posto nel piccolo animo turbato di una vita monca d'affetto. Tanto meno la scuola poté farlo suo, nonostante le esortazioni dello scrittore Michele Mastropaolo, direttore della "'Mario Pagano". E il padre? Impegni, sempre impegni. Fino a che punto si può amare il Teatro? Ebbe sotto mano le cattive compagnie. Quindi "Cesare Beccaria" di Milano. Vita dura, castigo, digiuno. Ma cosa punivano? Quattro anni di rieducazione, quattro anni vuoti e angosciosi.
Ma un giorno Carnera visita 1'Istituto. Il fanciullo smarrito sembra aggrapparsi ad uno scopo. Organizza degli incontri di pugilato. L'entusiasmo riesce a rasserenarlo. Ma ben presto viene ancora punito e stavolta trasferito ad Arese. Sempre più ribelle, come tutte le persone che nelle vene scorre la libertà al posto del sangue.
Torna a Napoli. Il sole, la sua città, gli amici riuscirono a fargli acquistare energia. Aveva 18 anni ed era nobile dedicarsi al pugilato, nel senso più sportivo del termine. Fu inutile, qualcosa lo rendeva instabile. Non riusciva ad essere sereno nemmeno lavorando, vendendo cravatte. Aveva bisogno di viaggiare, di conoscere paesi, uomini, cose. Forse voleva conoscere il motivo della sua infelicità.
Reclutato a Ferrara, trasferito a Vicenza frequenta un corso di motorista nella Aeronautica, ma subito radiato per punizione.Tuttavia compì numerosi voli. Da Vicenza ad Aviano, da Aviano in Africa, da Asmara al centro di Gura, poi il rimpatrio. Stenti, privazioni, angosce: la vita scorreva giorno per giorno, ma qualcosa di meraviglioso stava per accadere. La Spezia lo accolse col suo mare incantevole, con le sue splendide ville, Mai una città gli era parsa così interessante, aveva il respiro mozzo.
Abbracciò la madre. Ma non era la madre fisica che gli mancava, non riusciva a ricostruire quella spezzata nel suo cuore. Forse era troppo tardi per incominciare da capo. Recitò insieme con la madre, poi ritornò a Napoli. 'I'empi difficili. Ancora stenti e sacrifici. Ambienti malsani. Peregrinava qua e là. Cantava, recitava come un istrione, Poi tutto finì. La ricerca continua di ciò che forse non avrà mai, lo portò in Africa Orientale, presso la Divisione Granatieri di Savoia. Visitò bene il Continente nero. Poi fu rimpatriato.
Finalmente 1'occupazione mercé 1'interessamento dei suoi genitori. Si impiega presso 1'I.N.P.S. Guadagnava bene. Si sposò. La felicità? forse la donna dagli occhi d'un fascino strano poneva fine alle sue pene? Presto un futile motivo fece sì che fosse messo fuori. Lo spirito ribelle domina anche davanti all'ambita prospettiva di felicità.
La guerra, la miseria, la fame, gli stenti, la stanchezza, il richiamo alle armi, il combattimento, la catastrofe. La guerra finì. Resta un uomo distrutto, morto nell'anima. La venuta dei figli alimentava ancora la speranza di una vita migliore, una vita serena.
Il dopoguerra fu duro per tutti, tanto meno per lui. Girovagava, guadagnandosi onestamente un tozzo di pane. La responsabilità di padre ora gravava più di ogni altra cosa. Quattro anni di stenti, di pene. ln ultimo trovò asilo presso un circolo politico dopo il lastrico. Poi la provvidenza riuscì a fargli avere un alloggio presso un monastero.
Il ritorno al Teatro, ma come maschera presso il Politeama Corallo di Torre del Greco. Il trionfo, l'illusioni di gioventù crollano nella maschera. Sulla ribalta i genitori raggianti e egli la loro maschera. Con un inchino li ossequierà, forse si umilierà e chiederà loro anche perdono di aver desiderato inconsciamente ciò che ha cercato continuamente tutta la vita senza mai trovare. Si scuserà con loro e si si sentirà la maschera più importante del mondo, perché figlio d'arte, attore per la vita e maschera per vivere.
                                                  1970 - Luigi Mari

Storia di un poeta sfortunato


Giuseppe penza a 80 anni

 

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Il padre di Giuseppe recita con Eduardo e Dante Maggio

 

Ida e Giuseppe nei cieli.
Questo articolo è stato tratto dal CD Torre del Greco uscito nel 98.
Questa foto fu aggiunta durante la lavorazione del multimediale perché il nostro si spense in quel frangente.

 

La famiglia Penza nel dopoguerra. Da sinistra, sullo sfondo: Concettina (in braccio) Ida Paduano (la moglie), Giuseppe Penza. Avanti: Assuntina, (la figlia), zia Concettà; Errico e Franco, (i figli).