La considerazione delle più
importanti tele del maestro V. Ciliberto subito ci mostra come, pur indugiando
talvolta l’autore su temi tradizionali e, per così dire, consolidati in
certo pittoricismo, specie partenoneo, l’opera sua, trasudando
intensamente umori e sentimenti, abbia quel qual cosa in più che
definitivamente la distacca dalla pittura di genere.
E’ infatti di ogni sua opera, dalle belle nature morte ai ritratti, di
paesaggi, una carica emotiva e, assieme, una passione vivace che
continuamente testimoniano dell’ardente pathos interiore e della ”verace”
vocazione artistica che inducono quest’uomo ad introdurci nel ”suo”
universo per mostrarne l’immagine simbolica.
Uva, ortaggi, fichi, cesti e, ancora, volti intensi segnati dall’esistenza,
assolate campagne e turbolenti violacee marine sono temi ricorrenti sempre
testimoni di un afflato idealizzante; realtà minime, quotidiane che,
tuttavia, attraverso un intenso didascalismo, assurgono a rango di
"simboli" mitici oggetti dalla profonda forza evocativa.
In questa predilezione il segno di una pittura ”intima”, ”privata”,
che muove da monologhi interiori più che da esigenze di comunicazioni
collettive. Il pittore è, allora, uomo contemporaneo che, svilito da una
realtà eterna caotica, febbrile, urlante, chiude alle sue spalle una ”porta”
ideale e, rifugiandosi tra questi oggetti, questi luoghi, questi volti,
silenti, sospesi, esorcizzanti, li collega insieme per rifondare una sua
realtà, conforme a1 suo sentire. Pittura ”intima”, dicevamo, ”privata”,
al tempo stesso rifugio e sublimazione. E qui, tra queste tele, lontani
dalle caos dell’eterno divenire, dal caos delle ”macchine”,
ritroviamo oggetti, volti che sono specchio di sentimenti ”veri”, di
sentimenti ”antichi”.
Certo contribuisce a questa sensazione una tecnica particolare e, senza
dubbio, caratterizzante. Pennellate che immaginiamo corpose, dense,
stendono sulla tela colori caldi, accesi, che rifuggono dalle ambiguità
dei mezzi toni, delle ombreggiature esasperate, accentuando il valore
esemplare, ”totemico” della rappresentazione che ci colpisce e
affascina improvvisamente perché in quegli oggetti, in quei personaggi,
scorgiamo brandelli della nostra stessa vita, della nostra memoria.
Sapori, odori, sensazioni tattili riaffiorando ci avvolgono e, lentamente,
malinconicamente, scivolano nel dolce caldo abbraccio dei nostri ricordi,
del nostro vissuto.
Patrizia Boschi Coduto |
I motivi religiosi sono ricorrenti nella sua pittura
Il terzo millennio
Una desueta inquadratura
L'opera finita
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