"RICORDI" di Salvatore
Argenziano.
“Ricordi” di Salvatore
Argenziano è una raccolta di versi, per molti aspetti particolare e valida.
Il
primo interesse nasce dalla separazione “grafica” tra racconto “storico”
della esperienza di sfollato, per i bombardamenti di Torre del Greco, del 1943,
e l'eruzione del Vesuvio, del '44, per il quale l'autore adotta segno grafico
“prosa”, e racconto “della memoria”, per il quale adotta un segno
grafico “corsivo”, più intimo e
pregno di sentimento nostalgico, “favolistico”. Dove si sente il tono di
emozione e di incanto della “Recherche” proustiana.
Tuttavia,
in entrambe le sezioni, si avverte un respiro poetico, spesso efficacemente
espresso in versi, sia pure, com’era da aspettarsi, più generosamente nella
sezione del ricordo. E’ anche possibile scoprire il modello di riferimento
stilistico nella poesia di Bertolucci de “La camera da letto”; e non manca,
nel racconto di Argenziano, un certo carattere “epico”, pur minimo, nella
descrizione della fuga degli sfollati dai bombardamenti, o dal Vesuvio in
eruzione, o dell’arrivo degli alleati:
“Giorni
e giorni l’eccitante fiumana
ininterrotta
scivola verso Nord...”.
“...E
la Montagna
rinnova
la già lontana memoria
di
veglie e allarmi”.
Certamente
più poetica, e tutta da segnalare, è la parte in corsivo, dove sono
raccontati, con grazia e leggerezza, i fatti e i riti dell'infanzia, i giochi,
le emozioni, le abitudini della famiglia e del quartiere, riporta- ti, per un
bisogno della memoria, per un piacere di raccontare e raccontarsi, forse anche
per una volontà di ritrovarsi e di “storicizzarsi” presso i posteri
(intanto, i figli e i nipoti).
Con
molto piacere, ritrovo nei versi di “Ricordi”,
oggetti e termini, non più in uso corrente, cari anche alla mia memoria di
contadino.
Pertanto,
sono molto grato a Salvatore Argenziano, per aver vinto la sua naturale
ritrosia, e reso pubblico questo suo acquerello della memoria, in cui ha così
efficacemente, pur con la leggerezza del pudore, attuato una ricerca di fatti e
persone che la nostalgia e la lontananza rendono sempre più cari, sia pure
incerti nel ricordo. Mai banalizzato.
Personalmente,
ritengo che il racconto meriti una più ampia diffusione, per i pregi di
recupero della memoria, in cui pochi o tanti possono ritrovarsi, e di levità
del racconto, mai declamato, mai retorico. Mi piace chiudere le mie brevi
annotazioni, riportando alcuni dei tanti versi, in cui, a mio parere, risalta la
poesia di Argenziano.
“Interrotta
pomeridiana
serenità
della festa”.
“Le
ombre già
si
arrampicano veloci
sui
verdi pendii boscosi”.
“L'alba,
fresca ci trova ancora svegli”.
“Adagiata
sul fianco
semisepolta
nell'acqua
bassa del porto
la
nave di ferro”.
“Nuvole
nere
interminabile
notte
rabbuiano
il Corso
e
l'animo
in
balìa di venti
gonfi
d'acqua
salata
come lacrime”.
“La
primavera, ancora lontana,
è
già intravista
al
primo sole di febbraio”.
(dal
giornale LA TORRE del 22 maggio 2000)