SEGUONO
IN QUESTA PAGINE
TRE ARTICOLI ESTRAPOLATI
DAI GIORNALI TORRESI
"L'INFINITO"
E "IL PENZATORE"
ANNI 70 |
PREMESSA
Negli anni settanta con Franco Penza, ventenni e col fuoco del
vesuvio diritto sotto al culo, pubblicavamo ora "Il
penzatore", ora "l'Infinito", piccole testate con
una caratteristica rara, quella di non essere "legate" a
nessuno. Pur nati a Torre, i nostri cognomi Penza e Mari,
dimostrano l'assenza di legami torresi di casta o affiliazioni
politiche o d'altro genere. Eravamo scalzi liberi e scapigliati e
pieni d'entusiasmo, illusi di poter donchisciottescamente mutare
l'animo dei volponi detentori del potere. Questo ci consentiva di
gustare la libertà, anche perché eravamo molto giovani, senza
famiglie a carico... insomma abbiamo vissuto a pieno la libertà.
A me costò la preclusione del progresso della mia bottega
artigiana di tipografo, che è rimasta tale, anche per mia scelta.
Quello che mi fa male, però, è che negli articoli dell'epoca,
che ripropongo qui, non fu interpretata l'arguzia, l'ironia, la
satira, insomma la maschera che celava un grande desiderio di
mutare le brutture caratteriali locali ed epocali in genere, anche
se i testi sono un po' generalizzanti e gonfiati, iperbolici,
ampollosi per un fatto estetico, con uno stile volutamente
logorroico, ripetitivo, ambiguo, ma come fatto d'arte. Se ne
vedeva solo e nient'altro che denigrazione, anticampanilismo. Nulla
del grande amore per la nostra città e per i nostri torresi che
ci scoppiava nel cuore. Nulla del tentativo disperato,
costruttivo, di scuotere, sensibilizzare, con la satira e con
l'iperbole, negatività stagnanti.
Ebbene, oggi io e Franco abbiamo i capelli canuti, qualche dente
guasto, gli acciacchi di prammatica, ma lo stesso spirito dentro,
che di tanto in tanto esplode dai precordi e ci invoglia alle
rimpatriate. La letteratura pregna di sdolcinature, incensature ed
ipocrisie è zavorra e scivolerà sui problemi o sui guasti
caratteriali di un popolo senza mai aprire non già ampi
orizzonti, ma neppure piccoli spiragli di luce.
Riporto una lettera di protesta di un pittore torrese, peraltro
anonimo giusto per rendere l'idea del clima che si era creato con
questa stampa veramente desueta per Torre del Greco.
Una curiosità: Il giornale veniva scritto da me e Penza e qualche
incosciente di collaboratore. Non ho mai capito perché nessuno
voleva collaborare...
A chi si prepara a queste letture dirò
che, al di là delle apparenze, ho un grande rispetto per i veri
artisti, per la famiglia come istituzione, per la donna in
generale, (ne ho 5 a casa) anche quando è suocera, specie se
anziana. Non bisogna prendere mai alla lettera la trasfigurazione
artistica che è arte, satira, anche se spesso caustica e
iperbolica. Siamo sempre negli anni 70.
Da premettere che l'articolo Terreno miracoloso, che riporto,
aveva come sottotitolo:
"Ai veri
artisti torresi che stimo è rispetto". |
UN
TERRENO
MIRACOLOSO
Esimio Direttore, scrivo a proposito dell'articolo
"Terreno Miracoloso" ironico e paradossale. Confesso che
mi piange il cuore vedere un compaesano denigrare in tal modo.
Vorrei sapere dallo articolista qual'è il fine dei suoi giochetti
di parole, che talvolta sono accuse profonde e, direi, campate in
aria. D'altra parte Torre è una cittadina che vanta tradizioni
artistiche secolari, come può uno scrittorucolo nato ieri
azzardare tanto, mettendo in ridicolo i sofferti sentimenti degli
artisti torresi, i quali, si può dire, vivono solo per l'arte?
Un artista torrese
Visto che il direttore non c'entra, rispondo io direttamente. Dal
momento che a Torre ci sono grossi nomi della pittura, sbandierati
sempre a destra e a manca, non posso fare a meno di pensare che
l'artista in oggetto, è uno dei tanti raggiunto dal bersaglio. E'
lui che così fa di tutt'erba un fascio. So bene che Torre del
Greco ha vantato e vanta artisti seri, non solo nel campo della
pittura.. Comunque denigrare significa: calunniare, vituperare,
infamare. Ho denigrato i pittori?. La mia polemica, se tale è, è
rivolta più al profilo psicologico di alcuni pittori, perché non
sono un critico d'arte.
Non ho nulla contro i miei compaesani, li amo, solo non mi piace
vederne soffrire alcuni, annaspando nel vuoto, ipocritamente, per
raggiungere il successo, a parte, s'intende, i veri artisti. Io
non denigro: denuncio una realtà, purtroppo, sconcertante, sotto
una vena ironica ma sincera, Come si può essere artisti tutti
insieme e tutti uno più bravo dell'altro. Oh, ci prendiamo per
fessi? Ma si crederà davvero che l'arte si impara sui banchi di
scuola o che davvero il terreno di Torre sia miracoloso?
Chi può contestare che il dipingere, visto sotto la vera luce, a
Torre, è un modo per mettersi in vista? Non solo i torresi hanno
il maledetto bisogno del successo che compenserebbe le proprie
carenze psichiche. Altrove lo si fa con altri mezzi, a Torre con
quello nobile dell'arte.
Sono accuse violente, è vero; lei si è risentito perché è
parte in causa, i veri artisti non hanno scritto al nostro
giornale. Ma, creda, non sono osservazioni campate in aria.
Bisogna prendere solo un po' di consapevolezza almeno si
risparmiano le delusioni. In quanto ai sentimenti sofferti, è
vero che un artista deve soffrire estremamente perché nasca un
capolavoro, (pathos creativo), che non è la stessa cosa del
soffrire perché si dipinge e si espone e non si ha mai successo.
Amico mio, bandiamo l'ironia e diciamo il vero! L'arte va a
braccetto con i tempi, con il progresso. L'arte è soprattutto
cultura. D'altra parte, non mi si venga a dire che chi oggi espone
idee dell'800, valide allora, ma sorpassate se ripetute oggi, sia
artista. L'arte va a braccetto con i tempi. Nessuno, oggi, scrive
con lo stile trecentesco di Dante Alighieri, ad esempio.
Il guaio è che la verità fa male, ma sono stato costretto.
Bisogna convincersi che essere pittori in questo senso è l'ultimo
modo per essere artisti. Se poi per ragioni di salute non si può
fare a meno di questo stramaledetto successo, si metta da parte
la pittura e si vada con i tempi. Cantiamo, torresi. Cantiamo allo
stesso modo di come dipingiamo. Perlomeno il successo è
assicurato. 1971
Luigi Mari |
E QUESTO E' L'ARTICOLO INCRIMINATO:
TERRENO
MIRACOLOSO
(Ai veri artisti torresi che stimo e rispetto)
Mai in vita mia avevo fatto una scoperta così sensazionale,
mai avevo svelato, con immensa gioia, qualcosa che per me ha avuto
più importanza della scoperta del fuoco e dell'amore dentro di
se. Mai, nel definire un dato di fatto, sebbene importantissimo,
mi ero sentito così felice da rasentare uno stato di ebbrezza.
Sebbene qualche amico mi avesse accennato la cosa, in passato, non
ero mai riuscito nemmeno ad accettarla come attendibile. Ora,
invece, voglio gridarlo ai quattro venti da questo foglio: il
terreno di Torre del Greco è miracoloso!
So che è superfluo sottolineare che per terreno miracoloso
intendo terreno benedetto. Anche se qualcuno in un primo momento
ha pensato a quel terreno ricco cascame di corallo, che nel
dopoguerra fu la risorsa di tanti disperatoni. E' superfluo, lo
so, dire che terreno miracoloso non sta per terreno ricco o
fertile, sebbene, tra l'altro, sia anche tale. Tornato a Torre,
dopo anni di peregrinazioni, non sapevo spiegarmi come mai un mio
amico, morto di cancro, guarì da tutte le malattie morali non
appena fu messo sotto terra. Il terreno di Torre, naturalmente.
A questo punto, poiché tutti, avranno modo di costatarne i
benefici, so bene che presto verrà gente da tutto il mondo per
tuffarsi nel nostro terreno, guazzarre in esso, per scoprirsi
artisti, poeti, attori. Naturalmente, è merito del terreno se in
questa città c'e una media di artisti del 99 per cento. E' merito
del terreno di Torre che infonde sensibilità artistica, forza
creatrice al neonato. Sei tonnellate di tele all'anno, 32
tonnellate di colori ad olio ed acquarello, 54 tonnellate di
materiale vario occorrono agli artisti torresi per il fabbisogno
interiore. L'80 per cento del materiale della media nazionale
assorbito solo da Torre del Greco.
Un vero primato. Ah, terreno miracoloso! Mai in vita mia, con
immensa gioia, avevo scoperto tanti valori nella mia cara città.
Oggi che l'arte tradizionale muore per far luogo a nuove
tematiche, Torre del Greco, grazie al. suo terreno, tiene alto il
vessillo della vera arte. Ma cosa importa se i torresi hanno
sbagliato epoca per mettersi a fare gli artisti. E' meraviglioso
vedere uomini, donne, bambini, malati dipingere. Qualcuno dice che
anche i morti, di notte, si levano dalla tomba e fanno un viaggio
in Spagna, a Venezia o a Londra per dipingere.
E' tanto bello vedere l'intera città creare tremila, cinquemila,
diecimila capolavori al giorno. E' meraviglioso che tutti i
torresi, per merito dell'influenza benefica del loro terreno,
siano artisti. Mai, come adesso, ho capito che l'arte non è
influenza di massa; non è un veicolo come un altro per compensare
tutte le proprie debolezze, quindi per essere tra i più in vista,
ma un vero dono di... terreno. |
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Mai, come adesso, ho capito che
l'arte a Torre del Greco è arte con la A maiuscola. Ed io posso
dirlo, perché sono l'unico torrese che non sappia dipingere.
Dapprima me n'ero fatto un complesso, poi venni a conoscenza che
dove sono nato non c'è un granellino di terreno buono...
Naturalmente, il nostro preziosissimo terreno non serve solo per
gli artisti pittori.
Oltre che poeti, storici, etc., a Torre abbiamo, sempre grazie al
terreno, gli scrittori più bravi del mondo. La loro forza
espressiva è, direi, raccapricciante. Senza voler accennare i
temi. Essi, a differenza dei temi trattati da tutti gli altri
scrittori del mondo, non sono maledettamente soggettivi o
addirittura personali, o di parte, ma di interesse generale e
trattano problemi veri e profondi atti a migliorare le sorti
dell'umanità non solo, ma soprattutto della comunità torrese. E
senza accennare alla forma e al contenuto. Essi hanno un'abilità
eccezionale nello scrivere milioni di parole in una sola volta. A
differenza di altri che sarebbero definiti grafomani, scrivono sì
tanto, ma in modo così conciso, ma talmente forbito che riescono
con milioni di parole ad avere la capacità di dire tanto poco che
qualche maligno e tentato di dire : non dicono nulla. E' chiaro
che questa è un'abilità unica al mondo, alimentata logicamente
dal magico terreno torrese.
E gli scrittori a Torre sono i migliori anche perché sono così
pochi, (in linea generale sono tutti pittori). Tuttavia,
nonostante ciò, nelle feste religiose, quando il terreno è più
miracoloso che mai, riescono a scrivere tanto che, non avendo più
dove farlo, serivono per terra, sui muri, sui propri vestiti.
Anche essi, come i pittori, s'alzano di notte per andare a
scrivere in qualche luogo recondito. E' bello vivere solo di
spirito.
Naturalmente, a Torre, traboccante di scrittori e pittori, non
mancano gli attori. Non voglio dire che i torresi sono tutti
attori, anzi; però si recita, si recita tanto. Oggi si recita in
tutto il mondo. L'uomo moderno, più che mai, è un discreto
attore, ma il torrese, grazie al terreno, recita più di tutti. Le
compagnie filodrammatiche nella nostra città sono mumerosissime.
A Torre si calcano più tavole di palcoscenico che basalti della
strada, tanto che ai miei occhi, ogni cantone di via, ogni piazza,
ogni casa, ogni ufficio è un boccascena, attraverso il quale vedo
recitare il più delle volte con una greve maschera. Non voglio
dire che altrove non ci siano attori abbondanti come nella nostra
città, tutto il mondo e un grosso teatro, ma gli attori torresi
sono i migliori, grazie al terreno.
Mai in vita mia avevo fatto una scoperta così sensazionale. Mai
avevo saputo di appartenere ad un popolo così importante. E
sebbene, senza falsa modestia, non sia né pittore, né scrittore,
né attore, sono orgoglioso di essere cittadino torrese, sono
orgoglioso di vivere in una città, dove la fiamma dell'arte
affratella tutti. E questa è la cosa più commovente. Ogni
artista vanta le opere dei compaesani, tanto meno le critica o le
disprezza. Il torrese non è geloso del collega, non fa
pettegolezzi, perché fa arte vera e l'arte predispone alla
nobiltà d'animo, all'altruismo, alla bontà. Ogni artista
talvolta disprezza le proprie tele o le proprie stesure, o le
proprie rappresentazioni, calpesta il suo operato quando con
immensa gioia vede l'opera di un suo conterraneo. 1970
Luigi Mari
FRATELLO
TORRESE!
(da Il Penzatore) 1972 |
Per dare foga ai
due articoli che seguono mi sforzai di scriverli con lo
stile malapartiano, non solo, ma accentuai la tecnica con quello
ancora più regionale, toscaneggiante con cui lo scrittore stese
"Maledetti toscani". Il risultato mi entusiasmò. |
Apparentemente si può avere l'impressione che
il torrese sia "fratello"perché molto religioso. Non
perché sia bigotto il torrese è fratello, che è un modo molto
puro d'essere amico. Non già perché il bigottismo esclude ogni
forma di fratellanza, ma appunto perché il torrese, religioso
genuino, è soprattutto fratello grazie alla maniera sfacciata di
non esser bigotto. Ed è molto difficile essere fratelli in questo
senso, oggi che di religiosi puri ve ne sono ben pochi, quindi
pochi fratelli ma tutti amici. Ed è inutile che il maligno ci
sussurri che l'amicizia non esiste, che essa è solo complicità.
Non che il torrese sia migliore o peggiore degli altri popoli, ma
è sostanzialmente diverso per il modo drastico di esser fratello,
pur non essendo amico (intendo amicizia anni '70). E il fratello,
se deve dare dà, senza indugio, sopra tutto quando è ricco. E
anche i servitori, mi si scusi il termine, anche i servitori del
ricco o potente torrese sono per niente amici ma fratelli.
Fratelli minori, naturalmente e meno religiosi, perché meno si è
fratelli e meno si puo stare a posto con la coscienza, ed è
normale.
Anche i poveri a Torre, a differenza degli altri poveri, sono
fratelli, non già perché siano poveri religiosi, scusate:
religiosi poveri, ma perché danno la possibilità ai fratelli
maggiori d'essere tali, perché appunto se non ci fossero i
minori, i maggiori sarebbero fratelli e basta. Anche questi ultimi
fratelli a Torre sono i migliori, sono i preti, non i sacerdoti,
sia ben chiaro. Essi sono fratelli e basta, perché sono rimasti
padri, ed hanno tutti figli minori. I minori sono una categoria
speciale. Se hanno bisogno d'aiuto, essi si rivolgono ora al
padre, ora al fratello maggiore, ma se le cose non vanno bene,
imprecano il Nonno che se ne sta buono buono e non si fa mai
vedere, ma che fratelli, figli e padri amano e rispettano e spesso
venerano.
Non perché il torrese sia peggiore o migliore degli altri, ma è
terribilmente fratello in tutte le sue azioni, anche rubando,
quando capita. Anche il ladro a Torre è fratello, non soltanto
perché è generoso o di buon cuore, ma perché non è bigotto e
soprattutto è molto religioso, infatti, trova sempre qualche
santo che lo tolga dai guai.
E i santi a Torre sono un po' come i fratelli maggiori, non altro
che per quel modo così appassionato di non essere bigotti. Anche
le donne torresi, più che madri e spose sono irresistibilmente
fratelli, ma, a differenza degli uomini, sono un po' bigotte, per
questo sono anche un po' amiche. Seguire la moda con discrezione,
con sobrietà, senza invidia o antagonismo di sorta è un modo
nobile d'esser fratello, per una donna.
Ma ciò che più rende fratelli le donne a Torre è il pudore, che
è un modo molto torrese d'essere donna, ll pudore delle donne
torresi è inconfondibile: io riconoscerei una mia compaesana a
New York, tra un mare di gente, attraverso il pudore, nel modo
garbato e attento con cui si copre nello sguardo timido e
sottomesso in quell'espressione acqua e sapone che la
caratterizza.
Poi, grazie alle donne il maschio a Torre è più fratello che
mai, fratello di latte, magari. La categoria neutra è quella
delle suocere. Il presente e il futuro della città è nelle loro
mani. Esse non sono differenti dalle altre suocere del mondo, ma
sono particolarmente suocere per il modo testardo di non voler
essere fratello. Ma pur non essendo amiche sono terribilmente
bigotte, tanto che se cade 'I'orre, la reggono le suocere. Chissà
che non la reggono già da adesso...
Un altro modo d'esser fratello a 'I'orre è quello nobile di
ammettere i propri torti senza battere ciglio, porgendo l'altra
guancia. Quale modo meraviglioso d'esser fratello! Anche perché,
per fortuna, il fatto di dire "pane al vino..." e...
"vino al pane..." è un modo tipico d'essere amico e non
fratello, grazie al Signore.
C'e ancora una maniera d'esser fratello che è quella sciocca,
inconsueta di stimarsi e di amarsi. Non che questo sia un modo o
l'altro d'esser torrese, ma è certo un modo molto d'uso d'essere
amico, pur non essendo bigotto. Ora bisognerebbe fare il punto
sulla parola fratello che spesso è confusa con la parola caino.
Ma tutto è chiaro quando si parla del fratello torrese, il quale,
non essendo caino, è soprattutto fratello, perché religioso.
Fratello inteso in senso cristiano che è molto di più del
fratello, inteso in senso umano, il quale se fa una buona azione,
la fa con materialismo, magari donando i propri beni. Il fratello
cristiano certo materialismo lo lascia dov'è ed elargisce solo il
proprio spirito, il proprio credo e soprattutto le meravigliose
promesse.
In fondo anch'io, come torrese, sono un fratello, il quale tirando
le somme, è un cittadino del mondo; un fratello io come altri,
crogiolato non solo nel sentimento campanilistico ma nell'angosciosa gioia d'essere cosciente di sapersi fratello.
Non c'è modo più banale d'esser fratello che quello d'esser
sincero, molto più che 1'esser mendace che è la maniera giusta
d'essere amico. Ma l'esser sincero, il più delle volte e un po'
come l'essere pauroso; e meno male che avere paura e il modo più
tipico d'esser bigotto, come non e il torrese, grazie a Dio.
L'unico modo di non esser fratello a Torre è quello d'esser
parente, non già perché non si ami il proprio sangue, ma perché
il fratello uterino si ama da morto prima che da vivo. Infatti
questa maniera d'esser fratello, che è la meno ortodossa, fa sì
che il fratello, morto in vita, nasca non appena è sottoterra.
Non ho mai visto amare un fratello vivo, nella mia città, come
l'ho visto fare con uno morto. La gioia, la felicità, la lealtà
che gli si nega da vivo gli si dà da morto. Veder amare un vivo a
Torre è una cosa disgustosa. Se si suol dire "i figli si
baciano nel sonno"si può anche dire, a Torre, i fratelli si
baciano da morti. Si spenderanno centinaia di migliaia di lire per
il proprio cadavere, fiori, e avvisi di lutto enormi; si
verseranno mare di lagrime, ci si tormenterà allo spasimo, si
impazzirà dal dolore, là quando non s'aveva mai speso un soldo,
per il vivo, mai tormentati e mai impazziti. E' uno spettacolo
commovente e angoscioso, tanto che vale la pena di non esser
fratello, e l'unico modo per non esser fratello, a Torre, e quello
d'essere figli alla stessa madre, da vivi; figli di Dio da morti.
1972
Luigi Mari |
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