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ALTRI TRE ARTICOLI
ESTRAPOLATI
DA
"L'INFINITO" E "IL PENZATORE"
ANNI 70 |
Per dare foga ai
due articoli che seguono mi sforzai di scriverli con lo
stile malapartiano, non solo, ma accentuai la tecnica con quello
ancora più regionale, toscaneggiante con cui lo scrittore stese
"Maledetti toscani". Il risultato mi entusiasmò. |
GIOVENTU'
TORRESE
AH, CHE BEATA!
Una gioventù, quella torrese, la quale, più
che perduta è non già bruciata, ma, come dire, ha preso fumo. E
non si pensi, per carità, a giudicare dal "fumo", che
il giovane, a Torre, non sia caratterizzato dallo slancio,
dall'impetuosità, dall'ardore propri della giovinezza. Non si
creda, per amor di Dio, che il torrese, a differenza degli altri
giovani contemporanei, non abbia la fierezza di sentirsi figlio.
Ché sentirsi figlio, oggi, sia la cosa più imbarazzante del
mondo, è cosa vecchia. Ché il problema numero uno dei giovani
sia la mania di apparire adulti, più che maturi (prerogativa
quest'ultima ostentata dai grandi) è risaputo.
E sentirsi figlio, a Torre, più che sentirsi adulto, significa
assumere le vesti di padre, che è un modo molto moderno di essere
giovane. Ed è per questo che mai s'è sentito dire che un
giovane, uno solo, nella nostra città, sia figlio di papà. Non
perché i papà manchino, ma perché i figli, prima che di papà
sono di mammà. Al che il maligno non ci venga a dire che
l'autorità materna, a Torre, sia un matriarcato.
E cosa ne sarebbe allora del genitore maschio se la madre
autorizzasse e il figlio comandasse? E ci scusino gli stranieri se
noi torresi teniamo tanto alle nostre cose, specie ai figli, che
sono la cosa più nostra del mondo. E se quello scioccone di Freud
ci viene a dire che ciò è solo avidità di possesso materno, ci
spieghi pure come mai, rispetto al figlio, il marito valga così
poco pur essendo una cosa propria?
Ah, quello scioccone di Freud, - borbotta il maligno - che crede
di aver risolto i problemi della psiche di tutti. Che venga a
Torre, che venga a capire le donne torresi, insieme alle madri, e
alle madri delle madri. E mi pigli un colpo se al manicomio non va
a finire lui e tutti gli adepti della sua scuola!
Che il giovane, a Torre, abbia un grande valore perché, oltre ad
essere figlio solo alla madre, e solo nipote alla nonna, e cosa da
antidiluviani. Ed è noto a tutti che le prime clave furono
inventate dalle donne torresi, all'età della pietra, per mettere
fuori uso la testa dei mariti. Come è pure molto noto che la
testa dei mariti funziona sempre al comando della moglie, specie,
appunto, quando è fuori uso. ll maschio, a Torre, da giovane, ha
un grande valore, si direbbe valga il doppio, appunto perché, una
volta sposato, non varrà più nulla. Ed il maligno non dica che
sarà solo uno strumento portapane.
E ché, non sapevate che un neonato maschio, a Torre, vale il
doppio? Se si crede che abbia voluto dire che il figlio,
trattandosi di «peso», lo si vada a comprare, il maligno, che
non vuole tacere, non ci venga a dire che, in fondo, è come se lo
si andasse a rubare, dal momento che se il maschio resta sparisce
l'uomo.
E non a caso si dice, a Torre, che: «E' la donna che fa l'uomo»,
che e un po' la stessa cosa di dire: '«E' la ragazza che fa il
giovane». E ciò, credete, non significa che la ragazza in un
certo senso lo concepisca, ma che gli da, sempre in un certo
senso, una seconda vita. Noi conosciamo bene la fama che godono i
giovani torresi nel mondo come conquistatori per ciò che concerne
l'amore.
Noi sappiamo bene che le ragazze, invece, hanno lo sguardo
fulminante; che conquistano con gli occhi, se per conquistare
s'intende quel modo di accalappiare fatto di moine, e mi guardo
bene dal dire: adescatrici. Cio che non mi è chiaro è che, ad
accalappiata conclusa (confetti compresi) e i cani non c'entrano
qui, non si sa bene se il conquistatore sia li maschio o la
femmina.
Perché quando si parla di matrimonio, nella nostra città,
bisogna parlare di maschio e femrnina, quasi come per garanzia.
Perché, specie in questo caso, l'uomo e la donna non c'entrano
proprio.
E mai nessun torrese giovane è stato messo al bando perché non
abbia consumato. Certi problemi, grazie a Dio, non ci sfiorano
neppure. A noi maschi, s'intende. Perché come fai, caro il mio
grullo, a capire se la ragazza, al posto di consumare, non ti
consumi soltanto. Ed è fortuna della donna, figlia del demonio,
di poterti ingannare perfino con la verità, che sarebbe l'amore.
Ma alle donne torresi, per carità, mai è passato per la testa di
ingannare i maschi. Si guardano bene le donne torresi non già dal
mettere, ma dall'essere messe al bando che non è la stessa cosa
dell'esser messe incinte. Ché se metti al bando un uomo è cosa
da nulla ma provati a mettere al bando una donna, vedi che ti
succede. E il giovane, a Torre, grazie al Signore, peli sulla
lingua non ne ha, forse perché non ha nemmeno le caccole nel naso
che non è la stessa cosa di avere la cacca nei pantaloni,
prerogativa che, guarda caso, più che dei piccoli, a Torre, è
talvolta dei grandi, per non dire dei grossi.
Ed è per questo che i giovani, ancora grazie
al cielo, e non alla cacca dei grandi, hanno tutti il complesso.
L'insieme strumentale, s'intende. Perché il torrese appunto,
animo sensibile, e non ipersensibile, quando si tratta di
complessi va per la maggiore.
E ché, non sapevate che i complessi dei torresi sono i piu grossi
del mondo?
Non sapevate che un complesso, a Torre, a differenza dei complessi
di Roma, di Parigi o di Londra, vale per lo meno il doppio,
proprio come i componenti di esso, che sono maschi due volte,
questa volta non già grazie al cielo, ne alle nuvole, ma a mammà.
E ditemi se v'è mai capitato di vedere una donna, a Torre, con un
complesso, come contrariamente capita di vedere altrove. Ditemi se
vi è mai capitato di vedere una ragazza che ragioni con la
propria testa e non con quella della madre, per non dire della
nonna. E la ragione per cui le ragazze torresi di complessi non ne
voglion sentire è perché è loro costume lasciare i complessi ai
maschi, prima e dopo il divenire suocere, sebbene il maligno,
(più maligno che mai) ci dice che la donna, a Torre, è suocera
ancor prima di nascere.
Ah, l'amore, l'amore l'amore, quante cose può fare l'amore,
diceva Luigi Tenco, senza sapere, naturalmente che l'amore a
Torre, può far tutto. Se parli dei giovani, nella nostra città,
non ti succede niente. Ma provati a parlar dei figli. Certamente
metti il dito sulla piaga. Che, più che mettere il dito tra
moglie e marito, è un mettere il dito soltanto. E non c'è modo
più torrese di parlare dei figli che quello di mettere il dito
sulla piaga soltanto. E sono proprio i figli, in questo caso, che
tengono alto il vessillo dell'integrità del vincolo, non già da
giovani o da piccoli, ma da prima di esistere.
E mai s'è sentito dire che, grazie ai figli, un tetto, uno solo
sia stato abbandonato, a Torre; né mezzo tetto, né una sola
tegola. E chi ci viene a dire che il tetto del torrese, in fondo,
sia il cielo, io dirò che si tratta d'un tetto coniugale, il
quale, più d'una «campata in aria» è non già un vivere in
Paradiso, ma all'inferno, sebbene il maligno ci venga a dire che
sia una "campata" e basta. Con ciò non si vuole affatto
dire che il matrimonio del torrese sia un inferno, ma che certe
cose, dalla donna torrese, religiosa genuina, sono viste
giustamente da un profilo peccaminoso, per cui è inevitabile il
finire tra le gambe del diavolo, che è un modo molto torrese di
sentenziare i peccati.
E non è mia intenzione lasciar intendere che la gioventù, più
che perduta o bruciata ha preso fumo per il motivo che, i giovani,
più che sentirsi figli si sentono servi, dal momento che ogni
rapporto affettivo diretto non sembra altro che un contratto di
compravendita. E non sapevate che tra i giovani, a Torre, non ci
sono ne servi né padroni? E che nemmeno i servi di Dio si chiaman
cosi? Ché noi torresi giovani il Signore lo consideriamo amico e
non padrone, ché quando ci va di chiamarlo lo chiamiamo per nome.
E i bigotti o i bacchettoni, che sono i maggiori servi (e non s'è
capito mai bene se di Dio o dei preti e non sacerdoti che è
tutt'altra cosa), tentano di imitare noi giovani, se tentano di
chiamare il Signore per nome, si guardino bene della sua ira, che
non si placa con i «mea culpa» o con le preghiere
«riparatrici» del lunedì. E se il Signore ci permette che lo
chiamiamo per nome è perché sa che siamo dei poveri innocenti,
che gli scontiamo peccati non commessi, che tra le gambe del
diavolo i giovani, a Torre, ci stanno da vivi prima che da morti.
E il maligno ci lasci in pace, volendo dire che le gambe del
diavolo hanno con le gonnelle di mammà e della nonna qualcosa di
pressoché analogo.
E la gioventù, a Torre, non ha preso fumo perché il «diavolo»,
già dalla nascita, gli ha preso l'anima (non ho detto la
personalità), quella è riservata a mammà.. E se si è tentati
di dire che per lo stesso motivo i nostri giovani prima di
contrarre matrimonio vengono pesati, trattandosi di valere il
doppio, io dirò che per la stessa ragione gli stessi giovani alla
fine "prendono la bilancia dalla parte del grosso". Ma
non per lo stesso motivo, a Torre, i giovani sono tutti uguali,
che non è certo la stessa cosa di essere tutti uguali essendo
vecchi. E se non si discrimina, specie tra gli adolescenti, il
merito non è certo dei vecchi, i quali dettano ai figli non già
vecchiaia, ma vecchiezza, che è un modo molto moderno di educare.
E son cose che succedono solo a Torre, che mentre stai a parlare
dei giovani ti capita di parlar dei vecchi, che della gioventù
vogliono fare cosa propria. E non è il caso di stupirsi di
trovare giovani che non parlan da vecchi, ma che sembran vecchi
essi stessi. E come suona male da noi il detto: "La gioventù,
viene una volta e non torna più".
Si sa che, a Torre, la giovinezza, prima che dopo i quarant'anni,
viene dopo i sessant'anni. Ah, la gioventù torrese che l'amore
non lo ha ereditato dal genitori o dagli educatori, ma l'ha
trovato per terra! E non dite che non sapevate che cercare l'amore
per strada sia un modo molto idoneo d'esser moderni. Ché non è
la stessa cosa di trovare l'amore in famiglia, che oggi e un po'
come, non già cercarla per i vicoli ma l'esser portato per essi.
E chi confonde l'amore col piacere si guardi bene dal non
confondere l'amore con la felicità, che sono due cose ben
distinte dagli adulti, ma non per noi giovani, che sono la stessa
cosa, quando per amore s'intende la salute mentale e per la
felicità la conquista di essa.
E non sapevate che cercare l'amore per la strada sia un modo molto
fortunato d'esser giovani, oggi? Ché si dice di giovani che
cerchino l'amore nei circoli chiusi, che il maligno chiama circoli
viziosi. Ma il torrese, (che i circoli viziosi li crea solo grazie
alle matriarche) lo cerca sotto il sole, per la strada, in piena
luce. E il vedere i giovani torresi cercare l'amore per strada, da
parte dei bacchettoni ed affini, è non già il considerare
estirpati complessi e tabù, ma solo il vederli cercare l'amore
sotto la luce, ma una luce artificiale.
E non ci venga a dire il maligno, che i giovani cercano l'amore
fuor di casa non potendolo trovare dentro, perché sarebbe come
lanciare la calunnia che i giovani torresi soffrano di
incomunicabilità, che non già il figlio non sopporti lo sguardo
del padre, ma il padre quello del figlio
Ed il problema è certo grosso quando si parla dei torresi,
che, grazie alle madri e alle suocere, non si sa mai chi sia il
padre, chi il figlio; e forse anche grazie al cielo, perché non
dimentichiamolo, la mamma, a Torre, è non già sempre la mamma,
ma «l'angelo della casa». E provati a cambiare idea ad un
giovane, a Torre, e per il sesso, e per la politica, e per l'arte.
Ché se vuoi cambiar la testa a noi torresi fai prima a tagliarla,
che non è la stessa cosa di tagliar la testa al toro, perché
risolvere un problema, a Torre, è cosa seria. E se tagliar la
testa al toro resta difficile quanto tagliar la testa soltanto si
finisce, a Torre, giovani e vecchi, col tagliare soltanto.
Ché tagliare o forbiciare, si sa, è gran pregio di noi torresi,
che non già tagliamo il nemico, ma l'amico, dove c'è più gusto
a tagliare. E provati a girare il capo, a Torre, e provati, mentre
sei con i più cari amici, a girare un attimo le spalle. E vedi se
non torni a casa con i fondelli rotti.
E non sapevate che i torresi sono gli unici giovani al mondo che
sappian distinguere la civiltà dal progresso, naturalmente fino a
che non entra in ballo la donna del cuore. Ché se prima la civiltà e il progresso erano dignità e comfort, dopo sposati la
civiltà è prendere per i fondelli il prossimo, il progresso è
prenderli per il sedere. Il che non è la stessa cosa, dal momento
che donna del cuore, civiltà e progresso non vanno mai bene
insieme.
Ma sebbene talvolta abbia dato l'impressione di parlar male del
miei colleghi (e non vi stupite se, specie a Torre l'essere
concittadini sia una professione, perché i rapporti hanno sempre
un che di affare) mi preme dire che la gioventù, nella nostra
città, è composta da un pugno di gran bravi ragazzi. E quando si
dice bravi ragazzi non s'intenda dei fessi, che è un modo
d'intender la brava gente molto in voga oggi. Ma guai se venite a
rompere le uova nel paniere ai bravi ragazzi. Con le uova rotte vi
romperanno i rapporti per sempre. E non c'è legge che possa
punire chi rompa il paniere a chi gli vada a rompere le uova.
E ché, non si sapeva che il giovane; a Torre, quando rompe, rompe
fino in fondo? Non si sapeva che il giovane, a Torre, paga i
peccati e li fa pure pagare? Che non gl'importa se il nemico sia
principe, papa o padreterno? E di padreterni, a Torre, credetemi,
ce n'è tanti, ma per fortuna non ce n'è di giovani. Per fare il
padreterno terreno bisogna esser sposato, e per dirla col maligno,
si deve non valere più nulla. E non vi capiti, per carità,
d'esser nemico d'un giovane, illudendovi che sia la stessa cosa
d'esser nemico d'un vecchio, che è il modo più adatto di far la
guerra con «i botti a muro», di cui, certi «nemici», fanno
prima o poi la fine.
E se i giovani, grazie ai non giovani, (che dire vecchi li
offenderebbe) sono caratterizzati dall'ardore di agire, ma
oppressi dalla vecchiezza trasmessa. Il motivo non è da
ricercarsi nel fatto che essi, più che figli di papà, o figli di
mammà, sono nipoti alla nonna.
Che la gioventù torrese sia bella, è cosa vecchia; che tutti i
giovani, a Torre, maschi e femmine siano i più belli del mondo è
cosa che risale a quando il creatore, così, a caso, al posto di
sgranocchiare noccioline o fare parole incrociate, si mise a
creare il torrese. Ma non lo creò bello, anzi lo fece grinzoso,
piccolo, rachitico ignorante
E' grazie a mammà che la gioventu torrese, sin dalla
Creazione è la più bella del mondo. Che non si provi il Signore,
con tutto il rispetto, a ficcare il naso nelle famiglie torresi e
pretendere che la sanità, il valore e soprattutto la bellezza dei
giovani, che sono soprattutto figli, sia anche merito suo.
Che il Signore, a Torre, ancora con tutto il rispetto, si
interessi dei propri figli che son tanti sparsi in tutto il mondo,
perché i figli di Dio torresi sono prima figli di mammà. |
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Ma se
il Signore dovesse proprio insistere che fare i figli belli sia
solo merito suo allora le mamme finiranno con l'indispettirsi. E
non si lagnino i ministri di Dio se le mamme finiscono con il non
andare spesso in chiesa e col pregare di meno, dicendo che il
Signore da un po' di tempo a questa parte va in giro dicendo che i
giovani sono suoi figli più dei vecchi e che di figli vecchi non
ha di che farsene, dal momento che gli «attempati» sono solo
«servi» di Dio. E provati a toccare un figlio a Torre, e guarda
cosa ti capita. Già, che un figlio è figlio fino alla morte.
Perché solo dopo la morte gli si da il permesso di vivere dove
vuole. E non c'è da stupirsi, a Torre, se è il maschio che dice
«torno da mammà». Ché se si prova una femmina di tornare a
casa viene presa a calci nel sedere; ché se si prova una femmina
a battere in ritirata gli vien rotta la testa e gli vien detto che
non sarà mai una mamma degna del propri figli (flgli maschi,
s'intende) perché essere madre dì femmine, a Torre, è la cosa
più inutile di questo mondo.
Un'altra grossa qualità dei giovani torresi è quella d'esser
molto religiosi, e lo dimostra il fatto che teniamo molto ai
nostri preti, i preti giovani, s'intende. E non lasciamo che a
questi si faccia alcuno scherzo. Né che lo scherzo lo facciano a
noi gli altri preti, i non giovani. Ché fare scherzi da prete, a
Torre, si sa è da suocera. E quando si parla di suocere, a
Torre, sulla piaga più che mettere i dito è come affondare la
mano intera. E siccome, generalmente la mano si mette sul fuoco,
il maligno è tentato di dire che, dal momento che nessuno ha il
coraggio di mettercevela, a parte Scevola, gran parte dell'ardore
dei giovani l'abbiano accaparrato le suocere, le quali, più che
nonne, sono le madri delle madri (il che è sostanzialmente
diverso). E la colpa d'altronde non la si può attribuire a
nessuno se questo fuoco, non essendo spento, dalle suocere esca
continuamente dalla bocca, dal naso, dalle orecchie a mo' di
dinosauro.
A chi mi dirà come mai in un argomento dei giovani si parli
tutt'altro che di essi, mi giustifica il fatto che, anche grazie
alle suocere, la gioventù ha preso fumo, al che quando si parla
di giovani più che parlare al muro che riverbera il suono: è un
po' come parlare alle suocere, cioè parlare a vuoto.
E Dio solo sa quanto costi oggi un giovane alla famiglia: la
realtà che concretizza il rapporto genitore-figlio. E non bastano
le beghe: "Tu mi hai fatto e mi mantieni"; "Tu sei
il mio e ti mantengo". Che è la sintesi in parole della
tragedia-fenomeno della nuova generazione.
Dov'è da ricercarsi la ragione per cui il torrese non sa né
piangere né ridere; il torrese giovane, s'intende, perché
l'altro, l'adulto, se non ha neppure più gli occhi per piangere,
piange sempre con gli occhi degli altri. E mai s'è visto un
giovane a Torre ridere con garbo, con gentllezza, nemmeno per
questioni galanti. Egli magari sbotta, sghignazza, ride tra i
denti, ma non sorride. Né piange con discrezione con l'amore e la
passione che accompagnano il pianto, con l'arte del piangere. E'
un piangere, quello del giovane a Torre, che più di un
risentirsi, è un rimpiangere, che è un po' come piangere due
volte. Forse perché un giorno non piangerà più. O non sarà
capace di farlo.
E a chi ci viene a dire che il non saper piangere sia una malattia
molto grave gli si dirà che il giovane, o Torre, non sa piangere
perché gli hanno messo in testa che un vero uomo non piange mai.
E che il pianto, più che la stessa femminilità, è l'arma ancora
più efficace della lingua, per le donne.
Una gioventù, quella torrese, credete, che, più che perduta o
bruciata, ha preso fumo, grazie a mammà, alla nonna e alla
moderna società, che è la suocera di tutti.
1971 Luigi Mari
L'ALTRA
FACCIA
DEL POTERE
(Ovvero la versione torrese della livella di
Totò) |
Facciamo quattro chiacchiere a proposito del
terreno inumativo scoperto nelle aiuole della Villa Comunale.
Visto che di terreno speciale, a Torre, ve n'è da vendere (non da
frodare) c'è poco da dire, forse perché se n'è già dette tante.
La mattina del 14 maggio metà Torre allibiva raccapricciata
innanzi al terreno decisamente riconoscibile come appartenuto al
cimitero. Le numerose congetture, comunque, non determinavano a
quale cimitero appartenesse il materiale, fino al momento in cui
alcuni torresi incominciarono a riconoscere i resti dei propri
defunti, dalla qualità o importanza, naturalmente.
E così come ogni buon cittadino che si rispetti ciascuno prese a
raccogliere il proprio ossicino, chi la tibia, chi un pezzo di
femore, chi un'intera scapola. Alcuni li lucidavano, altri erano
intenti a rovistare tra i lumini e le croci di latta, tra il
cinguettio mattiniero degli uccelli, delle palme, degli abeti che
abbelliscono la nostra villa comunale. Così a furia di
raccogliere, talvolta con prepotenza, tramite spintoni e mugugnii,
alcuni tentavano di ricomporre lo scheletro intero.
Naturalmente ci fu pure chi si mise in testa di recuperare
l'intera famiglia degli antenati. Per non parlare dei ragazzi che
all'occasione inventarono il gioco dell'osso più bianco. Ma i
guai incominciarono quando i relitti non erano solo quelli
relativi all'ossario, ma saltavano fuori ossa belle, già lucide,
alcune d'un rosso strano quasi a sembrare rami di corallo, quali
sono soltanto le ossa dei morti ricchi, quelli privilegiati delle
cappelle. I meno abbienti erano anche disposti a tenere i resti
dei propri defunti in quella che si poteva definire, la mattina
del 14, la succursale del cimitero, ma non era giusto fare
tutt'erba un fascio.
Qualcuno incominciò a dire che bisognava farsi le ossa proprie,
tal'altri che riuscire nell'intento bisognava farsi le ossa e
basta. Quindi alle maggiori accuse di sacrilegio si opponevano le
difese. Alcune voci sostenevano che fosse molto probabile che il
terreno, con gli anni, si fosse trasportato naturalmente, causa
movimenti tellurici in rapporto al Vesuvio; altri dicevano che
alcuni ossicini, vergognosi dell'ossario o delle sgangherate
nicchie, avessero organizzato un'evasione per poter sgambettare
felici davanti alla prospettiva di una vita migliore.
Ma l'accusa giustamente accesa di sdegno che andava per la
maggiore era che oggi si arrivi a rubare anche al cimitero. Certo
era toccante vedere il pregiato ossicino del. ricco cavaliere
divenire un fischietto. Questa è cosa più tragica: alcuni
scugnizzi, vedendo alcuni ossicini cosi lucidi, si direbbe nuovi,
li forarono ricavando degli autentici fischi. Era commovente
vedere il cavaliere non gia essere preso a fischi, da morto, ma
divenire fischio egli stesso. Gli ossicini unti e incrostati di
terra dei poveri non richiamavano l'attenzione dello scugnizzo. Ma
quelli lucidi e nuovi, quelli si.
Non si creda che abbia voluto dire che la ricchezza e la potenza
dei vivi prima o poi si riducono nient'altro che un fischio nelle
mani di uno scugnizzo. Ecco perché la famiglia del Cavaliere
aveva il diritto di protestare. Questi benedetti scugnizzi che non
hanno la buona creanza di rispettare non già gli ossicini, ma i
fischi dei ricchi, in questo caso.
E succede sempre così, la gloria, il sacrificio, la lotta della
grandezza, crolla tutto insieme alle ossa? Dove credete sia andata
a finire la gloria della gente bene torrese? Ed il potere e la
sopraffazione? Là, nella Villa Comunale, alla mercé degli
scugnizzi e dei cani randagi felici di saggiare un pasto, come
dire, da signori... Dove credete che vadano a finire la nobiltà,
la bellezza? Là, nelle aiuole, in un mucchio di ossa e terra
sconsacrata. E chi avrebbe mai detto al cavaliere Tizio o al
Commendatore Tale, che domani fosse diventato nient'altro che un
fischio nelle mani di uno scugnizzo. Proprio così, la gloria e la
potenza finiscono sempre in munnezza, che a Torre talvolta è di
casa. I torresi hanno il diritto di gridare: Non toccateci i
morti; anche se il maligno, alla fine, la mattina del 14, volle
dire la sua: Non date credito a balle, è stato un tentativo per
un cimitero di seconda classe, non già per i morti poveracci, ma
per quelli destinati all'inferno e non degni di culto.
1971 Luigi Mari |
VATTI
A FIDARE
DEI POETI... |
Bisogna essere canto, luce e bontà,
bisogna aprirsi per intero davanti alla notte nera
perché ci riempiamo di rugiada immortale.
Allora, all'ombra del cuore tarlato
nascerebbe una sorgente d'aurora
tranquilla e materna
e vedremo passare in una nuvola
Dio.
Federico Garçia Lorca
Nel groviglio babelico di idee vedo apparire all'orizzonte l'anima
candida di Garçia Lorca, che ci ammonisce con i suoi versi
incontaminati. La lotta interiore istinto-ragione, natura-civiltà
tentano di indicarci la strada piu naturale, consona alle nostre
limitate possibilità.
So bene che ciascun torrese sa che il grande poeta spagnolo
scrisse questi versi a Torre, non appena ebbe visitato, a caso, il
nostro cimitero. So bene che i torresi non hanno mai dimenticato
il monito meraviglioso che dal lontano 1926, quando fu pubblicato
su un quotidiano napoletano, non appena Lorca partiva da Torre, e
stata l'unica forma d'educazione impartita da genitori, educatori,
pedagoghi.
Molti ricordano lo scalpore che suscitarono allora questi versi
dedicati ai torresi, allora che la città era presa da una specie
di torpore morale, allora che i torresi erano altro che
gente-bene, come adesso, grazie a Dio.
Così si pensò subito di praticare i preziosi consigli in ordine
di verso: Occorsero dieci anni perché il torrese divenisse canto,
che non è soltanto essere puri, magnanimi (che non significa
mangiare l'anima) e buoni, ma leggeri, fluidi e trasparenti come
l'amore. Perché credete che molte ragazze di Torre siano così
innamorabili? Esse sono canto un po' più degli uomini.
Non perché, la donna riesca a «canzonare» l'uomo, ma è canto
per la facilità di sapersi librare nell'aria, trasportando con se
il materialismo che la circonda. Tutto, a Torre, tramite alcune
meravigliose donne, va all'aria, specie il denaro. Non c'e modo
più bello per essere puri che quello d'essere canto; ma non
bastava, secondo Lorca, per vedere passare in una nuvola Dio,
mandare all'aria tutto.
Così il torrese incominciò ad imparare ad essere luce, ma non fu
una cosa facile come per il canto. Poi usufruì allo scopo la luce
solare. Un sole, quello di Torre che, guarda un po', non spacca le
pietre, ma la gente. Un sole che penetra nel capo quasi a
spaccarlo perché saltino via in qualcuno brutture e bassezze, per
non dire lordure. Così molti torresi riescono ad essere luce, ma
solo quando c'e il sole. Non vi passi per la testa, cari
stranieri, per carità, di venire a Torre quando i torresi non
sono luce; non si sa cosa potrebbe accadervi. In un magnifico
giorno d'estate, quando Torre, effettivamente, vista dall'alto, (e
non dal piedistallo) è un paradiso, quando il nostro «Miglio»
è d'oro più che mai e l'aria è profumata di salsedine mista di
ottano e piombo ed una percentuale, sebbene povera, di ossigeno
sprigionato dalla vegetazione; quando il sole e lì, basso, quasi
a portata di mano e non di portafoglio (come il maligno potrebbe
pensare); ebbene, allora il torrese è luce più che mai. Vi
scaricherà il suo conto in banca, vi regalerà i suoi immobili e,
sebbene ricco e, per così dire, potente, dirà nientedimeno
d'essere uguale a voi che siete un povero cristo.
Questo accade sempre quando il torrese è luce, come ordinava il
poeta a Torre nel lontano 1926. Voglio dire quando il sole gli
batte sulla testa. Non intendo dire affatto che il torrese,
predisposto ai colpi di sole, sia luce. Esso lo è soltanto
perché fa da satellite alla terra dove poggia i piedi. E non è
vero che noi torresi quando facciamo del bene andiamo con i piedi
di piombo, non altro perché, spesso, quando si va con i piedi
pesanti si rischia che il terreno manchi da sotto. E non vi passi
per la testa, per carità, di venire a Torre ed innamorarvi. Non
perché avete fatto i conti senza le suocere, che l'amore non lo
concepiscono come luce naturale, ma artificiale. L'amore a Torre
è proibito farlo alla luce del sole, ma con luce tenue; basta una
torcia tascabile. Senza la «pila», non vi passi per la testa di
innamorarvi, a Torre, o i conti con le suocere li farete in cifre.
La cosa più bianca, diceva Bertoldo, non è il latte ma la luce,
e Federico Garçia Lorca intende per luce la mente umana pulita,
innocente.
Così, conquistata la luce, si passa ad «aprirsi per intero»,
che è il modo più nobile di morire. E, a Torre, morire e un po'
come un vivere orizzontale. Non voglio dire affatto che molti
torresi sembrano morti nell'anima, ma che molti morti sembrano
vivi nel corpo; tanto che i morti, spesso, servono più dei vivi,
non al morto, che crede di vivere, ma al vivo, che non sa d'essere
morto.
Ci si apre così tanto per intero davanti alla morte, a Torre, che
è difficile distinguere un cadavere da un vivente, e quando fa
politica, e quando si desta, e, addirittura, quando va a votare.
«Bisogna aprirsi per intero», così finì il verso, il poeta. Si
vuole che in un secondo momento aggiungesse «davanti alla notte
nera». Per questo il torrese imparò dapprima ad aprirsi alla
libertà, poi alla morte che è un modo di essere libero molto
silenzioso.
La conquista della «sorgente d'aurora» fu una conseguenza delle
conquiste precedenti, come prediceva il poeta. In quanto al cuore
tarlato, il torrese non ha problemi. Innanzi alla paura (del
trapano, s'intende) il torrese i denti preferisce cavarli. E non
pensi, il maligno, che abbia voluto dire che, spesso, il torrese
è senza cuore.
Sempre a proposito della sorgente d'aurora, la città dovette
sembrare al Lorca qualcosa di molto penetrabile: madre,
fecondità, fertilità. Indubbiamente lo è, non solo perché a
Torre si effettuano due raccolte l'anno, ma perché a Torre matura
tutto, perfino le malattie. E bisogna guardarsi bene dal venire a
Torre, che so, da mezzi scemi o da pecore zoppe. Né vi passi per
la testa di andare in giro dopo le nove di sera in inverno; o,
peggio, di attendere un mezzo pubblico su un marciapiede. Gli
occhi dei torresi vi lanceranno l'anatema: se siete donne, sul
marciapiede rischiate di rimanerci. Alle nove di sera il sole non
c'è e molti torresi non sono più luce.
Nel cuore dei torresi c'è stata sempre la «sorgente d'aurora»
specie quella tranquilla e materna. Una sorgente che è un po'
come una risorsa inesauribile. Una pace e una tranquillità simile
alla sensazione inconscia del ritorno al grembo materno. E così
per merito di Garcia Lorca, molti torresi sono figli alle stesse
madri: «nostra madre scuola», «nostra madre chiesa», «nostra
madre politica». Non c'è cosa più bella della sorgente d'aurora
tranquilla e materna conquistata dai torresi dopo tanti sacrifici.
E non c'è da stupirsi se i torresi, spesso, alzano gli occhi al
cielo. Ma sono molti anni che lo fanno senza alcun risultato.
Avranno sbagliato strada. Tanto impegno per divenire canto, luce e
bontà, tanto sacrificio per aprirsi alla notte nera, accoccolati
poi sotto l'aurora tranquilla e materna. E Dio? Solo un banco di
nuvole color latte crema che s'allontana ad Oriente.
Vatti a fidare dei poeti!
1972
Luigi Mari |
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