Giuseppe Penza

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L'ultimo romantico torrese
Per gentile concessione della 
Famiglia Penza

Indice
  1) Un tipo strano
  2) ‘E Piscature
  3) ‘O delitto
  4) ‘A Grazia
  5) Notte d’Oriente
  6) Strade
  7) Malinconico tramonto
  8) ‘O Corpus Domini
  9) All’Ufficio Tasse
10) ‘A speranza
11) Una signora di venti anni fa
12) Veglia e Sonno
13) ‘A cassiera d”o cinema
14) Ciondolina
15) Lo Sterminatore
16) Natale
17) ‘O Pazzariello
18) ‘O maestro
19) Eri tu
20) Lodato sii
21) Filastrocca
22) L’amicizia
23) ‘Nu povero scartellatiello
24) L’onore
25) Lodo il Signore
26) ‘Nu scarnecehia
27) Ricordo di un viale
28) Lacrime ‘e mamma
29) E tutto cominciò
30) Preghiera a San Francesco
31) Vorrei essere un cavallo alato
32) Ad una ragazza
33) Il mare
34) Occhi spenti
35) Palomma nera
36) Italia
37) Il genitore riposa
38) 7 Maggio 1954
39) Il giorno
40) Nu suonno
41) Alla Madre Divina
42) Fiore ingiallito
43) Strada di notte
44) Tranquillità
45) Il sentiero
46) Il Tempo
47) Notte nostalgica
48) Il bocciolo falciato
49) Oblio
50) ‘A vita nosta
51) ‘A tristezza
52) Sera d’autunno
53) I fiori
54) Rosa sfrunnata
55) Il consiglio
56) L’inverno
57) Il tradimento
58) ‘O cinema
59) Nun passo cchiù pe sta via
60) Il pensiero
61) All’ombra dei cipressi
62) Una voce dal mare dei caduti
63) Sona chitarra
64) ‘O manicomio
65) Il giorno
66) Miez’’a neve
67) Jurnata d’ammore
68) ‘O piscatore

Giuseppe Penza (Napoli 1915-1998)
Autore di::
"L'umanità sulla considerazione dei quindici misteri del Santo Rosario"-1974
Suoi scritti su:
Voci e commento del pubblico- 1962-63; Il Mattino;La Torre;
Risveglio Sociale; Ave; Senza prezzo; Il giornale d'Italia; L'Infinito.
Cavalierato della Repubblica per meriti letterari -1977
"Serenità" - L'Infinito -1977
Premio Ercole De Roberti -Editrice Alba -Ferrara- 1979
"Frammenti" - L'Infinito 1980
Medaglia d'oro -"Lauro ai poeti"- 1981
"San Francesco -Otto secoli di poesia", Editrice Ape Terni -1985
Zibaldone - L'Infinito- 1977
Mosaico - L'Infinito- 1993
Targa per i cinquant'anni di poesia -1996
"Riorganizziamo la speranza" -Sacri Cuori- Secondigliano -1997
Premio di poesia Raffaele Viviani,1997
Commenda della Repubblica 1998
CD-Rom -1998 Mari.

Riflessioni sulla poesia
di Giuseppe Penza


Il poeta Giuseppe Penza vive in un'atmosfera tutta sua, particolare. Attento osservatore della vita quotidiana di tutto ciò che capita intorno a Lui, ogni cosa lo commuove, lo incuriosisce, lo tange, ma Egli apparentemente distaccato, freddo, non curante. Solo quando leggi le sue note, i suoi appunti, gli scritti, i racconti, dà una musicalità fresca, come il suono di piccole perle, che ti scappano di mano in un catino pieno d'acqua e "splash" ti creano l'onda. Le sue poesie sono dei quadretti di vita acquarellati, tenui, chiari, che col tempo non si sbiadiscono, né si cancellano. E' un invito a non essere superficiale, perché ogni piccola iota che è intorno a noi se guardata con amore trasforma il nostro cuore. Niente gli appartiene, troppo debole per problemi troppo grandi, quindi guarda e passa, "filosofia della vita" -così Lui diceva. Invece con il suo sguardo quasi incantato osserva profondamente gli uomini e le cose che lo circondano: il dolore umano, la felicità della giovinezza, il cielo sul suo capo, i fiori intorno, il mare, lontano e ascolta i lamenti, le risate e i dolci suoni di una campana o di una cascatella d'acqua. La sua sensibilità quasi senza vita si trasforma e lui la imprime sul foglio bianco con parole semplici e chiare: e si trova a raccontare così di amori, di madri, di miracoli, di amicizie e di cose grandi come Dio. Non scorda mai la cosa più reale su cui si fonda la sua regola di vita, di semplicità e di umiltà: la morte. A lui basta poco per esser felice e aspettare così la morte, cioè, la verità. Attraverso il sorriso di una bella donna, il fumo di una sigaretta, l'aroma di una tazzina di caffè, queste sue pennellate man mano si ravvivano al suono di un ritmo nuovo una cornice invisibile ma ben contenuta. Il suono dei versi, delicati, scorrevoli sembrano le voci di un bimbo che gioca sulle rive di un ruscello e si diverte a gettare fiori nel suo letto e che per ogni fiore che cade si alza un inno continuo di vita per attimi di libertà conquistata, a cui il Penza anelava, tenacemente, con sacrifici, che gli hanno dato una esistenza difficile.            Nunzia Marino

Giuseppe Penza
la vita

Giuseppe Penza venne al mondo il 16 maggio del 1915, figlio d’un attore drammatico, amministratore della Compagnia di Vincenzo Scarpetta, direttore delle compagnie "La Vittoria" e "La Trionfale", in piena azione bellica. Nacque figlio d’arte nel tremendo periodo della guerra italo-austro-ungarica. Fortunato figlio di chi si esibiva davanti a S.M. Vittorio Emanuele, prendeva parte a numerosi film e militava con Raffaele Viviani ed Eduardo De Filippo. Sua madre, del varietà, seguiva le orme di Leopoldo Fregoli, quindi "Fregolina" per le molteplici trasformazioni. È facile anche crescere senza una gamba o con un occhio solo, ma non senza affetto, senza amore. Una pagliuzza trasportata dal vento cieco alla vita. Vagabondava di contrada in contrada. Al rione Materdei di Napoli il giovane Giuseppe, si accostava agli esseri umani con volontà di inserirsi, con desiderio di vivere con slancio ed impetuosità che è la caratteristica della prima gioventù, e fu aiutato dal buon padre Salvatore La Rovere. Ma la vocazione ecclesiastica non trovò posto nel giovane animo. Tanto meno la scuola poté farlo suo, nonostante le esortazioni dello scrittore Michele Mastropaolo, direttore della scuola elementare "Mario Pagano". Ma un raggio di sole apparve all’orizzonte: lancio al teatro Trianon di Napoli con la compagnia Maggio nel '24. Un debutto felice, poi tutto come prima. Le cattive compagnie. Quindi il "Cesare Beccaria" di Milano. Vita dura, castigo, digiuno. Quattro anni di rieducazione, quattro anni vuoti e angosciosi. Ma un giorno Carnera visita l’istituto. Il fanciullo smarrito sembra aggrapparsi ad uno scopo. Organizza degli incontri di pugilato. L’entusiasmo riesce a rasserenarlo. A 18 anni era nobile dedicarsi al pugilato, nel senso più sportivo del termine. Aveva bisogno di viaggiare, di conoscere paesi, uomini, cose. Reclutato a Ferrara, trasferito a Vicenza, frequenta un corso di motorista nell’Aeronautica. Compì numerosi voli. Era bello volare nel cielo immenso come il mistero della sua esistenza. Da Vicenza ad Aviano, da Aviano in Africa, da Asmara al centro di Gura, poi il rimpatrio. Recitò insieme con la madre, poi ritornò a Napoli. Tempi difficili. Peregrinava qua e là. Cantava, recitava come un istrione. Poi tutto finì. Ritornò in Africa Orientale, con la Divisione Granatieri di Savoia. Rientrò in Italia e si impiegò presso il convalescenziario di Torre del Greco amministrato dall'I.N.P.S. dove incontrò e sposò la donna dagli occhi d’un fascino strano che gli dette quattro figli. Nel '42 per aver donato del carbone ad un bisognoso litigò con l'economo dell'ospedale. Il licenziamento conseguente determinò l'indirizzo futuro di tutta la sua vita sulla quale già pesavano la guerra, la miseria, la fame, gli stenti, la stanchezza, il richiamo alle armi, il combattimento. Il dopoguerra fu duro per tutti, né tanto meno per lui. Girovagava. Poi il ritorno al Teatro, ma come maschera. Il trionfo, la gloria, le illusioni di gioventù crollano. Sulla ribalta i genitori raggianti ed egli la loro maschera. Con un inchino li ossequia e si sente la maschera più importante del mondo, perché figlio d’arte, attore per la vita e maschera per vivere.                                               Luigi Mari