Le produzioni delle zone intorno al Vesuvio sono varie. L'area è rinomata principalmente per la coltura del pomodoro, ma è tipico di ogni orto affiancare al pomodoro, piante per il consumo familiare e per la vendita al dettaglio quali zucchine, finocchi, piselli e fave che accompagnano, nel periodo pasquale il gustoso casatiello. Ampia diffusione hanno anche i broccoli, tra cui il famoso friariello che, di sapore un pò dolce e un pò amarognolo, si accompagna alla salsiccia semplice o imbottita con mozzarella, o alla costoletta di maiale. La zona abbonda di albicocche e agrumi e ogni piccolo pezzo di terreno possiede almeno una vite per la produzione di uva da taglio. Nei giardini e negli orti delle zone vesuviane non mancano ovviamente aranci, mandarini e limoni da cui si ricavano liquori e rosoli.
I vini
Fin dall'antichità la zona intorno al Vesuvio era rinomata per la produzione di vino. La leggenda vuole che alcuni discendenti di Noè si siano messi alla ricerca della vite che era andata perduta con il diluvio universale, e ne avessero trovata una sulle pendici del Somma. E' indubbio che la vite, di origine orientale, fosse stata importata dai greci nelle zone vesuviane, poichè queste zone erano favorite da condizioni ambientali ottimali per la crescita di queste piante. Lo stesso Plinio ne aveva elogiato le qualità ed i romani sembra abbiano volutamente iniziato una vera e propria coltura intensiva della vite vesuviana per produrre un vino eccellente. Il luogo, il clima e l'ambiente sono infatti ideali perchè la natura chimica del terreno vulcanico offre le condizioni ideali per la crescita delle uve. L'acido cloridico ed il potassio, che sono contenuti nelle ceneri vulcaniche, conferiscono alle vigne una forte personalità. L'importanza della viticultura in epoca romana è attestata dalle numerose pitture murali di tralci e pampini di vite con cui venivano adornate le case di Ercolano e quelle di Pompei. Numerose sono poi le anfore vinarie ritrovate nelle botteghe, insieme ai dolia, contenitori per il vino che venivano utilizzati presso le tabernae.
Le qualità più note erano la lympa, un vino puro e privo di feccia, ma quella che è passata alla storia ed è rimasta tuttora e la vite che da il famoso vino detto Lacryma Christi. Secondo la leggenda Cristo, salito sul monte ed ammirando lo splendido panorama del paesaggio circostante, il cielo trasparente ed il mare di cristallo disse "Che paradiso!" e poi rammaricandosi del degrado apportato dall'uomo,osservò "Gli uomini, però, che mascalzoni!!".
I suoi occhi si velarono di lacrime che bucarono la crosta di lava e scesero nel profondo, dando forma ad una vite gravida d'uva che diventò in seguito il famoso vino. Il Lacrima è di un rosso rubino brillante che col passar del tempo tende all'arancio.
Ha un sapore asciutto, vellutato, secco ed armonico.
Altri tipi di vino di questa fertile zona sono il caprettone, l'aglianico, un vino rosso rubino intenso, deciso, corposo vellutato, il greco, il catalanesca, uva di colore giallo, grossa e dura che si conserva sulla vite dino ad inverno inoltrato, gustoso, molto profumato, con un lontano odore di muschiato, fu importato da Alfonso I d'Aragona Pregiato è anche il falerno, di cui Orazio ne lodava le virtù liquorose, gagliardo ed austero. Considerato il più celebre vino dell'antichità era definito il nettare degli Dei e l'Umore di Bacco. Di colore rosso rubino intenso, ha un profumo molto forte ed un sapore asciutto. Infine il greco di Somma di cui si dice che sia l'unico ad "apreria gl'occhi a un cieco" o a far "parlar li homini di varie lingue".
I pomodorini
La zona collinare è adibita principalmente alla coltivazione dei famosi pomodorini che vengono utilizzati sulle tavole napoletane per preparare una squisita salsetta e condire vari tipi di pietanze tra cui il ragù. Simbolo dell'agricoltura vesuviana, il pomodorino del Vesuvio, con bacca allungata, viene utilizzato sulla famosa pizza napoletana a cui conferisce un sapore particolare, insostituibile da altri tipi di pomodoro. Non mancano però altre varietà, quali il San Marzano, che viene utilizzato dall'industria conserviera ed il pomodoro "a pizzo" che si conservato a ceppi, tanti grappoli avvolti intorno ad una fune, fino ad inverno inoltrato.
Le Albicocche
La zona collinare è caratterizzata dalla presenza dell'albicoccheto: una vasta distesa di alberi dalle molteplici varietà, che giungono a maturazione tra la fine di maggio ed il mese di luglio. Provenienti dall'Asia Orientale, forse dall'Armenia, furono importate nella nostra regione dai greci e dai romani. Della sua esistenza nel nostro territorio già in epoca romana, ce lo conferma Plinio il Vecchio nella sua "Naturalis Historia". Conosciuta nel dialetto locale col nome di cresommola (probabile derivazione da crusomelos che vuol dire frutti dorati, di origine armenica) il suo nome scientifico è Prunus Armeniaca, Linneo, della famiglia delle Rosaceae, tribù delle Prunacee. La produzione delle albicocche è stata per lungo tempo una delle principali attività della zona alle falde del Vesuvio, che esporta questo frutto così gustoso verso i più importanti mercati italiani ed esteri. Da qualche tempo, tuttavia, essa si è un po' attenuata a causa di una forte concorrenza da parte di altri paesi del Mediterraneo. Attualmente è in atto un programma di recupero mediante la registrazione di un marchio collettivo che, in base alla normativa comunitaria Reg. (CEE) 2081/91, prevede la possibilità di accordare un riconoscimento DOP (Denominazione di origine Protetta) o un IGP (Indicazione Geografica Protetta) agli albicoccheti di Ercolano e di altre cittadine ai piedi del vulcano. Tra le varietà più note troviamo la Prete, la Boccuccia, la Baracca, la Cafona,
la Ceccona, la Monaco, la Pellecchiella e la Vitillo.
I fiori
Nelle vicinanze della costa vi è una vasta distesa di serre, dove si oltivano in particolare garofani, rose e fiori recisi, quali lilium, gerbere, crisantemi.
Da alcuni anni si sta sviluppando, anche nella fascia collinare, la produzione di fiori e piante ornamentali da appartamento e da giardino che vengono esportati su tutto il territorio nazionale. Un importante punto di smercio florovivaistico è rappresentato dal Mercato dei Fiori, dove ogni mattina si vendono al dettaglio e all'ingrosso piante grasse, piante rare, piante da appartamento e fiori.
Il Corallo
Nella cultura popolare c'è chi ancora oggi ritiene che il corallo, questo curioso organismo che vive nei fondali di particolari zone della terra, sia una pietra o una pianta marina. Conosciuto fin dall'antichità, il corallo veniva presentato da Ovidio nelle sue Metamorfosi, come un'esile piantina acquatica (giunco). Egli narra che quando Perseo uccise la gorgone Medusa (il celebre mostro che aveva il potere di pietrificare ogni cosa con il suo sguardo), egli depose il capo decapitato del mostro in fondo al mare, dove gli esili giunchi, assorbiti i poteri pietrificatori di Medusa, si irrigidirono.
Lasciando la leggenda, possiamo dire che il corallo ha destato la curiosità di molti scienziati che hanno effettuato numerosi studi scientifici su questo organismo, e già a partire dalla fine del 1600, hanno poi dimostrato la natura animale di questo organismo che a contatto con l'aria si solidifica.
Poiché il corallo vive in colonie, e nel golfo di Napoli erano presenti delle intense colonie di corallo rosso (corallum rubrum), queste zone si sono specializzate nella lavorazione e nel commercio internazionale del corallo.
Il primato mondiale della lavorazione e commercializzazione del corallo spetta alla Città di Torre del Greco, ma anche qui ad Ercolano vi sono dei validi centri di lavorazione dove vengono creati non solo dei bellissimi gioielli, ma anche stupendi presepi ed altre raffinate opere d'arte. Un punto di riferimento molto importante è il palazzo del Corallo, appena usciti dall'autostrada Napoli-Salerno, dove è possibile osservare da vicino la lavorazione di questo materiale, oppure il centro Piscopo, proprio di fronte alla Villa Campolieto.