LA SPELEOARCHEOLOGIA VESUVIANA Pag. 7
SPELEOARCHEOLOGIA A TORRE DEL GRECO 

 


GROTTA DEL DRAGONE    TdG  16

Rischio 8

(Vedi relazione specifica nel capitolo di Calastro: la GROTTA DEL DRAGONE )

LA GROTTA DEL FIUME DRAGONE A TORRE DEL GRECO

La grotta numero 192 Cp

  

Così la catalogò Davide Bruno uno dei più audaci speleologi dell'area vesuviana : la numero 192.

Mi affascinava l'idea di poter ritrovare l'antico corso del fiume inghiottito dalle lave del Vesuvio. Il solo pensiero che sotto la strada a pochi passi da casa mia potesse esistere un fiume sotterraneo mi prendeva e mi angosciava. Una sorta di altalenante sentimento di attrazione e di paura. Un fiume che scorre al buio dagli albori dell'umanità. Mi ero interessato al Dragone durante molti sopralluoghi nella zona delle 100 fontane . Avevo chiesto a mio padre come era possibile accedere all'antro nascosto che custodiva il segreto della antica Torre. Avevo chiesto a Bartolo il guardiano del Castello. Mi aveva spiegato molto il Fontaniere un signore che abitava al civico 21 di Via Fontana.  Tutti sapevano del fiume sotterraneo ma nessuno voleva mostramelo. Nessuno voleva condurmi in quella grotta.

Le 100 fontane sono in realtà il luogo ,sulla fine della via Fontana, dove vi era il maggiore affioramento idrico dell'antico corso. Qui dopo un percorso a noi ignoto , affiorava e confondeva le sue acque con il mare. Francesco Balzano nel 1688 ci scrive qualcosa a proposito del Dragone e racconta che il fonte era posto alla base della collina del Castello . Prima dell'eruzione del 1631 “ …il mare batteva con le sue onde alla ripa del Castello senza però che offendesse il fonte che scaturisce sotto il Castello “ . Il De Gaetano riporta in Antiche Denominazioni ( p. 67) , citando il Caracciolo che il fiume Dragone era ben noto ad Alfonso II il quale spesso in estate soleva divertirsi presso il fonte fresco ed all'ombra.  L'Alfano  (1745)  e Di Donna ( nella Università) si trovano in accordo con il fatto che il fiume venne deviato e semisepolto dalla colata piroclastica del 1631.  Per Alfano il fiume scorreva sul lato est della rupe del Castello a circa 23 metri di profondità. L'eruzione del 1794 sconvolgendo e sovvertendo totalmente l'orografia del luogo deviò l'antico corso spostandolo verso nord in direzione dell'attuale via Fontana e generando bocche diverse di efflusso. Questa ipotesi verrebbe confermata da molte ricerche successive che andremo ad esaminare durante la nostra ricerca.  La strada che costeggia il lato nord del Palazzo Baronale , l'odierno Barbacane veniva comunemente denominata via del Fiumicello . Ma più oltre nei pressi dell'attuale via XX settembre esistevano tracce di un antico corso d'acqua. La zona oggi si chiama comunemente il Rio . Più oltre spostandoci verso est in contrada Sora esistono le tracce evidenti di affioramenti idrici . In passato qui come al Rio esisteva un corso d'acqua che in bibliografia è noto come Rivum de Sora.  Alla Scala  nel piccolo golfo tra gli scogli del 1631 ed il Fronte di Calastro esistono ancora oggi evidenti affioramenti di acqua dolce. La lettura attenta del De Gaetano che ricerca in bibliografia con attenzione maniacale ci porta a considerare l'ipotesi ( gia formulata da Ignazio Sorrentino ) che  l'intera area del litorale che va dalla Scala a Sora era solcata da antichi corsi d'acqua dolce che proveniva da sorgenti poste alle falde del Vesuvio.

Oggi abbiamo certezze si affioramenti di acqua potabile in molte aree e quindi la nostra ricerca si giova certamente degli indizi bibliografici ma vuole puntare sullo studio dei fatti odierni , delle evidenze e non tanto delle interessanti , ma a volte lunghe discussioni tra dotti.  Alla Scala in località Sambiase esiste un posso artesiano sempre ricco di acqua. Sulla spiaggia antistante basta scavare con le mani nei pressi della battigia per trovare acqua dolce. Nei pressi dei cantieri del porto , proprio nei pressi del Fronte sono evidenti gli affioramenti in acqua e sulla battigia. Nei pressi della spianata del porto ,proprio  sul finire della strada della Discesa del Fronte si osservano polle relative a risorgine in acqua e sull'arenile. Lungo i bordi della banchina esiste una condotta che da anni scarica in mare acqua dolce.

Prima che si costruisse il molo degli anni 70 la stessa acqua sgorgava libera tra l'arenile e la lava del 1794.  Lungo la scogliera del Largo Gabella del Pesce , quasi al limite est della colata del 1794 si ritrovano in acqua risorgive. Più oltre in contrada Sora in zona Cavaliere esistono oggi numerose risorgive di cui una proprio nel mare antistante la Terma Ginnasio. Tutti “figli” del Dragone ?

La mia passione per lo studio dell'archeologia e della storia della città mi spingeva a ricercare attraverso le fonti la  verità sulle antiche origini di questo fiume.

I fenomeni geologici legati alle manifestazioni ed alla conformazione strutturale del Vesuvio sono molteplici. Certamente le emissioni di gas al di sotto del mare nello specchio d'acqua antistante la terma ginnasio e l'approdo della scala ne sono una espressione. Le manifestazioni telluriche frequenti ( anzi costanti ) nell'area perivesuviana rappresentano un'altra delle manifestazioni della vita e della attività del vulcano. Ma le sorgenti di acqua termale e non sono una costante delle espressioni del vulcanismo . Tutta l'area del golfo da Miseno a Punta Campanella è caratterizzata da fenomeni di termalismo. Risorgive di acqua sono presenti un po' dovunque lungo la costa. Senza spostarci di molto basti dare un'occhiata alla fascia costiera del Granatello a Portici. Ad Ercolano esiste uno stabilimento per l'imbottigliamento di acqua minerale. E sul versante costiero ancora oggi quantunque in quest'area siano transitate colate laviche di proporzioni inimmaginabili, sono presenti risorgive. In area Quattro venti tra Ercolano e Torre ancora risorgive . Nel piccolo golfo dello Scalo ( LA SCALA) tra la spiaggia e gli scogli si notano affioramenti sia in superficie che in profondità.

La presenza dell' acqua  e del suo scorrere in forma di rivolo, torrente o vero e proprio fiume affonda le sue radici nella storia più antica della contrada, quando , in epoca romana, si narra che la città di Herculaneum era delimitata sul versante nord e sud da due fiumi. Il Sebeto è forse uno dei due fiumi ? Il Dragone potrebbe essere l'altro ?

( Particolare da una stampa del 1640 – Archivio Langella )

Il Dragone  che per alcuni dotti era il Dragoncello e per gli spagnoli di stanza a Torre era il Dragoncito era il fiume di della città. Esso alimentava le fontane, i lavatoi e le macine dei mulini. Alle sue acque accorrevano i torresi per dissetarsi e per curarsi in quanto quest'acqua  ritenuta ricca di “ penicillium” un fungo microscopico dalle capacità miracolose per le “malattie della pancia e dei bronchi”.

Tutti gli affioramenti idrici della zona ritengo fossero tutti più o meno collegati alla “vita” del vulcano. Solo il Dragone doveva essere un solitario corso d'acqua che bagnava ed attraversava da secoli la città . A differenza degli altri corsi e degli altri affioramenti il Dragone doveva essere un corso d'acqua a mio avviso costante.

Ma quando le prime tracce del fiume ? In quale epoca ritroviamo documenti in merito ?

Dobbiamo per forza rivolgerci ai dotti della storia torrese , a coloro che hanno posto le basi.

In Antiche testimonianze di De Gaetano si ritrovano diversi riferimenti al fiume ed in particolare estrapolando l'essenziale ( e lasciando come sempre da parte le assurde polemiche cui è avvezzo l'autore ) si può apprezzare l'opinione di Di Donna e dell'Alfano che vuole il Dragone come fiume la cui sorgente sarebbe stata prima del 1794 al centro della via Comizi. L'eruzione del 1631 avrebbe alterato il corso , modificando il greto e la foce e la successiva eruzione del 1794 avrebbe poi tombato definitivamente il corso.

Ritengo questa opinione molto affascinante e credibile . Sempre il De Fa'etano  ( stesso testo pag. 115 ) riferisce che nel 1500 esisteva un “rivolo d'acqua” che lambiva il Castello. A tal riguardo cita una vertenza giudiziaria dell'epoca intercorsa tra il rappresentante dell' Università di Torre Sig Pietro Ascione ed il Capitano della Torre tal Fabio lembo che aveva fatto demolire il muro di contenimento del fiume, con il consenso di Don Fabrizio Carafa  primo duca d'Andria  e padrone della Com'arca di Torre del Greco. All'epoca il Dragone veniva anche denominato  il “fiumicello”  ossia “ u sciummariello “.  Sempre dalla stessa fonte apprendiamo la notizia che nel 1795 probabilmente nei pressi del Castello mentre si eseguivano dei lavori per lo scavo di un pozzo si assistì ad uno sprofondamento del suolo che permise di porre in luce un vero torrente di acqua dolce. Si trattava dello sprofondamento successivo al 1794 che si ebbe proprio nei pressi dell'attuale scale delle 100 FONTANE ?. Quell'area era comunque instabile geologicamente in quanto più fragile . Non a caso proprio in quell'area si ebbe il crollo dell'edifico della fabbrica delle gallette. Ma andiamo oltre nella nostra ricerca bibliografica , spulciando notizie tra i grandi della storia di Torre. Salvatore Loffredo a pagina 185 di “ Turris Octava…” ci annota delle considerazioni interessanti circa il Dragone.  Siamo nel gennaio del 1531 : “…casa sita in lo Vicho de li Porchianise de lo dicto loco del la Torre…in la strada nominata del lo Vico de a mare….abitava a la casa soia sopra lo Castello…lo canale che sta a la Ripa…” . E' chiaro qui il riferimento al Dragone come corso d'acqua situato dal lato est del castello ossia dal lato della attuale via Comizi e scale della Ripa.  Il riferimento alla fonte situata nel bel mezzo della via Comizi appare ancor più affascinante. Il Loffredo parlando ancora di documenti relativi al corso d'acqua afferma che il fiume in epoca “passata” proveniva dai Cappuccini ( odierna chiesa dell'Annunziata ) dove esisteva un alto geologico sul quale venne edificato il Convento omonimo. Non si deve dimenticare che tale convento situato sulla sommità della collinetta era cinto a ovest e ad est da un profondo vallo e che per accedere alla struttura bisognava passare un ponticello. Il vallo ad ovest venne colmato dalla colata del 1737 e del 1794. Il fiume quindi scendeva dalle pendici del vulcano , forse si rendeva evidente a livello del convento per poi procedere ingrottandosi , verso il mare in direzione della via Comizi. Qui riappariva dividendosi in due rami di cui il primo scendeva direttamente al mare della ripa e l'altro deviando verso ovest circondava il lato monte del Castello.

Nell'immagine che segue ho cercato di ricostruire in maniera virtuale l'are del Castello situato su una altura nei pressi del mare.

Alla ripa esisteva un approdo con una banchina così come alla scala . Ce ne da notizia il Loffredo nella citata opera allorquando parlando dei pescatori cita il viaggio che questi compivano nell'attraversare il braccio di mare che divideva i due “porti”. ( pag 185 o.c.)

Fu prima il 1631 e successivamente il 1794 a cancellare ogni traccia del Dragone. Il mare venne respinto per oltre 500 metri davanti al Castello. Le fonti vennero obliterate parzialmente , ma la memoria non venne persa e dopo l'eruzione disastrosa del 1794 si scavò e si incanalò la preziosa acqua . Le 100 fontane ne sono l'esempio più evidente che oggi ci viene tramandato dalla storia. Alla base della collina del Castello vennero edificati dei lavatoi, delle fontane, un abbeveratoio . Un ricco sistema di canali alimentò probabilmente il Mulino della Farina situato nei pressi delle 100 fontane .

Nella ricostruzione che segue ho elaborato , qui di seguito , si può osservare l'area del Castello , della Via Fontana e dei lavatoi pubblici . Tra questi, molto probabilmente quello che venne progettato da Gaetano De Bottis e che aveva forma monumentale e celebrativa. Questa ricostruzione è relativa al dopo 1631.

Nella immagine che segue una veduta più ampia dell'area con la zona portuale ricostruita leggendo la pianta del Morghen e riproducendo in 3d  lavatoi fontane ed abbeveratoio .

Con il numero 39 viene identificato il Castello, 40 è la via Comizi al termine della quale esisteva una scala . 46 era verosimilmente il sito di una piccola azienda per la produzione di farina. 45 è quasi certamente il luogo della fontana del De Bottis.

L'immagine che segue è una ricostruzione tridimensionale della stessa area. Ci troviamo in un'epoca successiva al 1631 e poco prima che l'area delle attuali 100 fontane sprofondasse . Ciò avvenne probabilmente intorno al 1700 .

La prima struttura alla base della collina del Castello da sinistra , era un lavatoio con annesso abbeveratoio. La seconda struttura era la fontana De Bottis. Il terzo un edificio con annessa fontana. La quarta struttura era un abbeveratoio com fontana. Il quinto un edificio portuale . Più oltre a destra dopo la scala della ripa una fontana con annesse macine per il grano.

Le carte che seguono sono relative ai due dettagli della Mappa Morghen e La Vega , che documentano l'area prima e dopo l'eruzione del 1794. Nella prima ( Morghen ) vengono dettagliati i luoghi, gli edifici , le strade. Si noti al numero 45 l'area della fontana De Bottis e al 42 la zona della scala della Ripa a doppia rampa.

Nella carta La Vega possiamo cogliere solo una veduta d'insieme senza dettagli sulle fontane. Forse nella carta l'area delle 100 fontane corrisponde all'edificio quadrangolare situato a sinistra del Castello.

 


La stampa che venne pubblicata dal Raimondo nell'ultimo pregevole testo sulla storia di Torre riporta una delle fontane\lavatoio . In alto alcuni fornici che probabilmente facevano da contrafforti alla massicciata del Castello.

Proseguendo il nostro studio sul dragone abbiamo incontrato in “ Turris octavae…” di Loffredo una piantina interessantissima relativa al corso delle acqua in prossimità del porto. In vero la stessa piantina venne citata e pubblicata dal Di Donna nella sua Università. Ma diamo un'occhiata e poi faremo le nostre considerazioni. La piantina è la seguente:

Nella carta sono identificati due rami del Dragone . Quello in alto ( est ) è denominato “fiummariello dell'acqua da lavare “ . Ovvia la destinazione del corso d'acqua. L'altro ramo è detto “ fiummariello della fontana de cannoli”. Questo ramo era quello che portava acqua alle 100 fontane. In base a questa piantina interessantissima anche per la citazione delle appartenenze catastali rappresenta forse l'unico dato di rilievo nella storia del Dragone. Nel disegno che segue ho riportato il corso del fiume alla sua foce così come illustrato nella piantina, in relazione alla attuale planimetria dell'area . Studiando le varie fonti ed in particolare facendo riferimento al dato che voleva la sorgente dal Dragone nei pressi della via Comizi ho aggiunto verso est il possibile tracciato di altri due rami piccoli che alimentavano le aree della ripa. La rupe del Castello quindi prima del 1631 e del 1794 era circondata da un lato dal mare e dai lati a monte dai corsi d'acqua del fiume .Nella piantina che segue con la lettera A viene segnato il mare e con G il riferimento alla piantina del Di Donna.

Il Dragone giungeva nei pressi del mare attraversando un percorso sotterraneo . Forse La sua sorgente era nei pressi del Monastero dei Cappuccini. Il fiume durante le varie epoche sarebbe stato deviato, tombato ed interrotto dalle continue eruzioni e dei terremoti. Nella cartina che segue ho riportato l'area delle 100 fontane in rosso e l'area del Castello in blu.

Sul luogo delle 100 fontane oggi si scorge, semisoffocato dalle costruzioni , dall'immondizia e dalla incuria soprattutto della gente , un edificio a base quadrata con i resti dei lavatoi degli abbeveratoi e delle cannelle che tanta gioia e salute arrecarono nei secoli ai tesseri. Oggi uno squallido edificio mal restaurato a memoria degli antichi fasti di un MONUMENTO di grandissimo valore a Torre del Greco. Oggi ricettacolo di immondizia e di pubblica discarica . Vergogna per la città e per tutti coloro che amano ed hanno amato la storia di questa terra.

 

Queste alcune immagini della fontana dalle 100 cannelle nel 1982.

  

Le 100 fontane nel 2003

La discesa alle 100 fontane era garantita da una scala in pietra lavica che costeggiava il palazzo della FABBRICA DELLE GALLETTE . Del Palazzo crollato per vetustà e per dissesto delle pareti non resta nulla . Qualche brandello di muro. A destra l'accesso alla grotta del Dragone. Nelle due foto successive del 2003 sono visibili la parte posteriore ( rivolta a nord ) con le date 1879-1979. Qui si abbeveravano i cavalli, i greggi di capre e le mucche . L'altra foto mostra la facciata principale ( rivolta ad est ) con lo stemma della città e l'iscrizione latina che dice “ Sitientes venite ad aquas “.

 

Oggi sotto quella costruzione scorre un vero fiume che con impeto attraversa tutta la strada e sfocia nell'insenatura del porto.

Nel 1977 ispezionai da solo la grotta del Dragone avendo englio occhi e nel cuore la relazione di Davide Bruno che negli anni '50 studiò il fenomeno geologico. Mi interessava conoscere la storia del fiume da vicino , capire dove scorreva e quale fu il suo ultimo destino prima di essere definitivamente coperto dal 1794. Ricordo di quella prima escursione solo tanta paura per il possibile crollo e per la presenza di ratti di fogna.

Ritornai nel 2004 con l'ausilio della Protezione Civile di Torre del Greco cui va il mio ringraziamento e la mia assoluta fiducia per il supporto tecnologico e logistico.

La piantina che segue è relativa all'intero tracciato della grotta del Dragone . Venne eseguita da Davide Bruno nel 1950. Ho rimaneggiato la stessa carta apportando delle modifiche per poter meglio seguire la descrizione della importantissima presenza speleo.

Scendiamo all'area ipogea da una ottima scala a pioli per circa 4 metri.

1  Uno stretto vestibolo conduce allo stretto e lungo corridoio d'entrata. Dopo circa 15 metri si possono notare al suolo le opere moderne di incanalazione delle acque. In alto il “soffitto” è il 1794.

2  Vasca quadrata per regolazione del flusso

3  Vasca tonda per probabile raccolta detriti piovani

4  Dighe di sbarramento

5 Grotta dei “ reperti fittili” . Qui rinvenni alcuni interessanti frammenti di vasellame forse antico ma certamente re lativi a contenitori di acqua.

6  Sito della “casa gialla” questa piccola rientranza della grotta mostra  un muro inglobato nel fango del 1631 . Si scorge ancora il colore della crosta intonacale e la fattura della muratura a scheggiosi lavici.

7  Antro dei topi.

8 Qui appare evidente la traccia del FIUME CHE SCORREVA IN UN ALVO SCAVATO NEL FANGO DEL 1631.  Più oltre la presenza del 1631 è evidentissima.

9   Frammenti di muratura antica. Le case di Torre nel 1600

10 Frammenti di pareti di casa e di vasellame

11 Parete del 1631

12 Qui si notano moltissimi elementi murari antichi di difficile studio per la ristrettezza e la pericolosità dell'ambiente.

13   La grotta del Dragone mostra in questo punto alcuni degli aspetti più suggestivi della speleo archeologia torrese. Si lascia alle spalle il “greto” del fiume per entrare in una triplice camera che reca evidenti i segni del passaggio dell'acqua , della erosione forte come in un'ansa . Il monte di fango eroso appartiene verosimilmente alla facies del 1631. In alto il “tetto” è sempre il 1794 . In questa prima camera doveva esserci una sorta di stretta curva del fiume che abbandonata la rapida discesa ( Barbacane ) si gettava nel mare attraversando un breve pianoro. Nella linea di contatto tra il 1631 ed il 1794 si possono scorgere le tracce vegetali di una flora palustre “carbonizzata” e deteriorata fortemente da agenti microbici e chimici.

14   Qui la grotta si abbassa nel “soffitto”. Ai lati tra i due strati lavici si scorgono abbondanti le tracce di muratura travolta dal passaggio dei possenti flussi piroclastici.

15   In questo punto la parete si stringe a clessidra e lo spazio di azione si restringe ancor di più ( circa 60 cm di altezza ).

16   Molti frammenti fittili e scheggiosi lavici travolti dal passaggio delle lave

17   La fine del cunicolo termina con una piccola apertura sul fiume sotterraneo. Oltre non è possibile procedere per la scarsa possibilità di movimento. L'altezza qui è 40 cm. Oltre tra gli anfratti di roccia lavica si scorge il corso del fiume.

La sezione 18 che abbiamo detto essere la più interessante è anche la più profonda . La parte più avanzata ed inaccessibile fisicamente è la numero 1. Con il numero 2 si identifica il bacino di scorrimento del Dragone. Con il numero 3 si identifica il “pilastro” fangoso del 1631 con le presenze vegetali. L'accesso alla seconda galleria laterale è segnato con il 4. Da qui si procede carponi fino al termine della grotta oppure si devia a destra per dirigersi in alto verso lo stretto corridoio 6 dove rinvenni molti elementi fittili.

Il 1631 forma la “base” del fiume ( numero 7 ) mentre il “tetto” della galleria resta il 1794 ( numero 8).

La sezione grafica qui proposta è relativo al tratto intermedio del fiume sotterraneo. Il disegno è stato tratto e modificato da Bruno Davide in “ Su una prima indagine speleologica nel complesso vesuviano con particolare riferimento alla Grotta della fontana in Torre del Greco  192 Cp”  edito nel 1957.

Lo studio stratigrafico è stato condotto dal basso verso l'alto prendendo come punto più basso il livello G ossia del livello dell'acqua. Lo strato situato sul fondo di G è costituito da un ammasso fangoso  di consistenza poltacea formato da detriti vascolari, tegole pietre levigate . La consistenza e l'odore attribuiscono a questo strato caratteristiche organogene. Lo strato F è formato di un sabbione derivato dalla dilatazione e del disgregamento di masse laviche. Lo strato è misto a ciottoli appiattiti. Secondo Bruno questo strato è di chiara origine alluvionale. Lo strato E di colore grigio ferroso contiene elementi sabbiosi e frammenti di roccia vulcanica di piccole dimensioni. Di rado frammenti di coccio. Lo strato D dello stesso colore e consistenza conserva elementi fittili in maggior numero. Lo strato D è sicuramente il più interessante . Rappresenta il vecchio piano della campagna. Una terra fortemente compressa con tracce organiche vegetali, piccoli frammenti ceramici. Lo strato A rappresenta infine il 1794.

Analisi della GROTTA DEL DRAGONE

Il fiume DRAGONE  è oggi ridotto ad un misero corso d'acqua che si disperde tra i meandri del sottosuolo tra la VIA FONTANA  e la VIA COMIZI.

La grotta è importante per la presenza di tre elementi di rilievo. Il primo è dato dal fatto che al suo interno troviamo opere murarie antiche, il secondo punto di grande interesse è dato dalla morfologia geologica del sito ed il terzo per la particolare flora e fauna locale.

Il Drago o Dragoncello o Dragone o Dragoncito scorreva un tempo a cielo aperto e quindi la grotta oggi altro non è che un fenomeno geologico di particolare e rara formazione. Il fiume scorrendo all'aperto scavando il compatto suolo vulcanico del 1631. Solo successivamente il 1794 coprì il sito e quindi il corso divenne ipogeo.

L'accesso alla GROTTA DEL DRAGONE  da via Fontana è situato nei pressi delle 100 fontane, mentre l'altro accesso da Via Comizi è situato nei pressi della scala che conduce a Via Fontana.

Nel disegno in alto è visibile la piantina in scala del centro storico di Torre del Greco con il relativo accesso alla grotta. In basso è disegnata la planimetria della enorme grotta che presenta caratteristiche geologiche analoghe alla grotta delle 100 fontane, ma qui le altezze sono completamente diverse a causa della massiccia azione erosiva del passaggio del fiume.

Nel 1958 e nel 1962 proprio alla fine della via Comizi a causa di ingenti piogge si creò una voragine di grandi proporzioni. I lavori di riassetto della strada e della massicciata est del palazzo baronale fecero in modo che il corso sotterraneo del fiume fosse tutto convogliato sul lato mare della via Comizi. Qui il  fluire delle acque avvenne in maniera impetuosa creando un vano di grandissime proporzioni. Esplorai questa frotta in due ricognizioni. Non fu possibile effettuare adeguate misurazioni ed opportuni rilievi a causa della elevata pericolosità del sito.

La grotta delle 100 fontane serba caratteristiche geo morfologiche particolari che nulla hanno a che fare con il carsismo e con le grotte di natura eolica . Questa grotta possiede caratteristiche uniche nel suo genere . Rappresenta un fenomeno unico e raro nel suo genere . A detta degli esperti che nel '50 visitarono il luogo si tratta di un fenomeno che ha dell'esclusivo, non fosse altro che per possedere nel suo interno anche reperti archeologici cinquecenteschi seicenteschi e settecenteschi della antica città

Le recenti escursioni non hanno consentito di dare riscontro alle prime ricognizioni ( effettuate dal Gruppo del Bruno e del Prof Parenzan ) , con le quali si rinvennero all'interno della grotta forme vitali tipiche delle grotte carsiche e consistenti in ISIOPODI, MOLLUSCHI, MIRIAPODI, ARANEIDI, DITTERI, INSETTI quali il Centosphodrus. Ma all'interno della grotta del Dragone nel 1950 venne rinvenuto anche un crostaceo raro ed inconsueto . Si trattava di un crostaceo bianco , cieco del genere Niphargus orcinus.

Il presente lavoro è stato tratto dal testo sulla CITTA' DEL VESUVIO : TORRE DEL GRECO di Aniello Langella.net

Voglio ringraziare TOREOMNIA nella persona di Luigi Mari il quale ha creduto nel mio lavoro. Un ringraziamento alle Suore del Monastero degli Zoccolanti. Un pensiero ed una preghiera va a Don Nicola Ciavolino e Mons Maglione che appoggiarono le attività del Gruppo. Voglio ringraziare infine tutti coloro leggeranno queste pagine e potranno da esse attingere uno sprone alla ricerca dell'uomo attraverso la storia è l'archeologia .

* Dedico questa ricerca a tutti gli Amici del Gruppo Archeologico cui va tutta la mia stima, tutto il mio affetto.

Aliberti Vincenzo, Aliberti Pietro, Balzano Silvio, Bottiglieri Ciro, Camardella Gennaro, Caporaso Giuseppina, Ciavolino Eugenio, Ciavolino Nicola, D'Anzelmo Gennaro, Di Cristo Ciro, Esposito Roberto, Formicola Francesco, Langella Michele, Marotta Giuseppe, Monica Mario, Montagna Nunzio, Pinto Ernesto, Pomposo Rosario, Suarato Giovanni,  Suarato Luigi.

Dott Aniello LANGELLA  

Gennaio 2005

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