LE ARTI APPLICATE,
SOTTO IL VESUVIO
LUIGI FICASECCA
Dicono che l'acqua è l'unica cosa che non costa nulla. Provate a
controllare le bollette dell'acquedotto.Il padre di Luigi ficasecca faceva
l'acquafrascaio e reggeva una famiglia con dieci figli.
Luigi ficasecca è un anziano tipografo del capoluogo campano. Lavora
ancora e da solo, malgrado le 80 primavere, perché, come me, dice di
avere il piombo nel sangue, non, però, nel senso del saturnismo. A dire
che nel dopoguerra aveva un organico di cinque camici neri, sei tute blu e
due grembiuli bianchi, quest'ultimi, tiene a sottolineare, coprenti molta
opulenza. «Ma cosa vuoi, caro Luigino, figlio mio, ca figlio mi puoi
essere, anzi nipote, se non pronipote, cosa vuoi, una vertenza sindacale
oggi, una domani e sono finito in mutande».
Il boom economico incominciava a dissolversi negli anni 60-70, ma le
botteghe sorgevano ad ogni angolo. Le amministrazioni imbandivano spesso
gare fittizie. In poche parole transitava un periodo di crisi ancora oggi
per nulla risolto. Spesso rivedo Luigi ficasecca nel suo monolocale,
angusto, fuligginoso, unto dappertutto. Stanco, emaciato, curvo sotto
quell'aria affettatamente esuberante di sedicente direttore tecnico. A
lutamme, rispondeva al mio fugace saluto formulato sull'uscio della
sua bottega, con l'aria derisoria e beffarda quanto puerile che assumono i
candidi quando vogliono apparire sarcastici, allo scopo di saziare gli
occhi del mondo, l'opinione altrui. 'A munnezza, contrabbattevo io,
ricusando il doppio senso di a lutumme, che non sta per salutamme
con aferesi della s, ma come a lutamme: il letame.
Altre volte adoperava come intercalare in risposta ad un cenno di stupore:
E tu che te credive ca ch'era ?, dove gli ultimi lemmi non stanno
per cos'era, ma cachera, ora piu esplicito; e via dicendo. L'ultima
volta che mi recai a Napoli per rifornimenti presso il Corpo di Napoli,
dove si concentrano diversi fornitori per arti grafiche, decisi di fare
una scappata pure da Luigi ficasecca, magari sfrocoliandolo sul non aver
mai capito un fico dell'arte nera.
Era raggiante nel suo tugurio. Mi disse che aveva ripreso l'hobby di
essiccare i fichi al sole per le ciociole di Natale. Facevo finta di non
accorgermi che aveva, almeno apparentemente, assunto un apprendista. Alla
fine sbotto: « Ma 'o vide 'o guaglione, o no? ». Aveva gli occhi
lucidi. Sembrava un regnante detronizzato e diseredato che, sul lastrico,
dopo mesi di stenti, ripiegava con uno scranno in luogo del trono. Al mio
sorriso solidale non trattenne le lacrime. Le pressioni nostalgiche
premevano troppo dal basso.
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Ed io gli volevo bene, amavo la scimmia umana, mio simile, che impazza
da adolescente con l'ardore, l'impetuosità, l'azione. Poi sorge, gode,
folleggia la gioventù, indi lotta e difende la sua posizione, poi cade,
poi annaspa, difficilmente si risolleva definitivamente, anche perché
incombe la drammatica fase senile. Luigi ficasecca si terse col fazzoletto
quel viso villo e grinzoso e riprese a parlare del più e del meno.
Discutemmo sul lavoro clientelare, la crisi economica, le pressioni
fiscali. Dopo che avemmo centellinato una bibita il ragazzo sbirciò
l'orologio da polso e senza fiatare raccolse una banconota dalle mani del
vecchio ed in piena mattinata guadagnò l'uscio. Mi balenò l'ipotesi di
una settimana supercorta, ma l'uomo dissipò subito le mie congetture
«Caro Mari, tu sei giovane, certe cose le puoi e non le puoi capire.
Ciccillo non lavora qui... Insomma... lavora e non lavora... Oggi
l'apprendista prende la paga di un operaio, tanto vale metto a lavorare
mio genero che si puzza dalla santa fame. Il ragazzo... sì Ciccillo,
viene qui tre o quattro volte la settimana, giusto un'oretta... A me la
nostalgia mi uccide, figlio mio: rimpiango i miei bei tempi, malgrado le
due guerre e gli anni ruggenti... Ero un piccolo signore, mi mangerei le
mani a morsi. Mannaggia a Garibaldi e gli americani, mannaggia!
...Ciccillo sta qui giusto il tempo per potergli fare una cazziata, che
so: una tirata d'orecchi, qualche volta pure un calcio nel sedere, senza
cattiveria, però, in buona fede, Alla fine prende diecimila lire e se ne
va. Così restiamo soddisfatti tutti e due».
Quando, divertito, gli dissi che aveva escogitato un ottimo sistema,
rispose che era sorto un altro problema: «La mattina, fuori la
bottega, faccio folla folla di scugnizzi. E chi mi chiede tremila lire per
uno schiaffo, chi quattromila lire per una carocchia. Uno ieri mattina mi
ha chiesto centomila lire per una mazziata generale, dicette: vi concedo
pure la lavarella di sangue. Io, prima che mi arrestano per sadicità
piglio 'a mazza e scopa e 'e corro appriesse così abbuscano lo stesso e
senza 'na lira".
Luigi Mari |