MALDACENA - COMMENTO DI A. LANGELLA

Aniello Langella* 

   L'uomo Maldacena prende vita nel racconto di Enrico Parola.

Ritrovo l'uomo Maldacena nuovamente in questo interessantissimo lavoro editoriale che l'autore ha voluto dedicare alla sua città. Lo ritrovo vestito quasi di nuovi abiti, il corsaro di questa città strana, fatta di vicoli stretti e appesi, fatta di mille palazzi che sembrano oggi aggrappati allo scosceso pieno che scende verso il mare. Oggi di Maldacena e delle sue gesta non esiste quasi più traccia. E' raro sentirne parlare e anche i vecchi del porto non ne serbano memoria. Nessuno conosce la sua vera storia, nessuno riesce a raccontarla senza mostrare imbarazzo nel ricostruirne i momenti salienti, fatti di avventure e tinti a volte di epiche memorie. Proveniente dal mondo dei ricordi, dipinto con i colori del mito e della leggenda, il Maldacena raccontato da Parola sembra tuttavia volersi presentare al lettore con un diverso abito, quasi una sorta di carta di identità tutta torrese. Emerge dal testo un intenso desiderio di far conoscere attraverso la leggenda, un uomo singolare del passato, di questa Torre che circa cinque secoli fa vantava primati marittimi, invidiati in molte parti del Mediterraneo.
  La storia è quella raccontata dai testi della bibliografia ed è la storia del rinvenimento di una statua della Madonna che amorevolmente tiene in braccio un Gesù bambino, rinvenuta a bordo di un nave pirata saracena che il Maldacena aveva catturato. La statua, come il lettore avrà modo di constatare con approfondimenti e dettagli nel testo, ricchi di note agiografiche e storiche, sarà il vanto e per certi versi anche la fortuna di uno dei quartieri più antichi di Torre. Verrà portata a spalla, dal porto fin nei pressi di una cappella che presto sarà trasformata in chiesa. Qui la dimora definitiva dell'icona misteriosa che aveva attraversato il mare sulle navi di Maldacena. Il culto delle madonne nere o più in genere dell'iconografia sacra proveniente dall'oriente, trova a Torre due esempi di espressione devozionale, molto importanti. E questo fin dalle prime battute traspare bene nel testo di Enrico Parola. Nella nostra città, infatti sono due i culti primari: quello della Madonna di Santa Maria la Bruna e quello di Santa Maria di Costantinopoli.
  Il testo di Parola riprende i punti importanti della leggenda e li riporta in uno scenario fatto di racconti e dialoghi, in quella Torre del Greco

del secolo XVI. L'autore fa parlare i cittadini, i dotti e gli ignoranti. Prende a braccetto i pescatori e lascia libero il personaggio primario di esprimere la sua forza e tutta la sua determinazione nel voler difendere la città e farla sede di questa devozione. Uno degli aspetti più intriganti del racconto di Parola e proprio quello di voler esaltare le gesta del nostro concittadino corsaro che da predone del mare diventa artefice e protagonista della storia stessa di questa Madonna. Fiero, forte e come tutti i corsari non teme nessuno. Non a caso l'espressione bibliografica con la quale Maldacena viene presentato ai lettori e di "famoso corsaro e flagello dei Turchi" e di questo egli ne va fiero. Ma se da un lato l'interprete primario del racconto potrebbe sembrare lui, dall'altro, traspare in maniera prima dimessa e poi quasi trionfante, il vero protagonista del racconto teatrale: la Madonna di Costantinopoli.
  I due interpreti, si rincorrono e si ritrovano in un abbraccio degno dei migliori drammi teatrali e ciò avviene proprio nella città natale di Torre.

Iammo uagliù!
Iammo a cchiammà a Mmalacarne
e a Peppe a Murena e Tatore Nasicane,
e i figli 'i Squarciaviento e 'i Culichiummo.
Nzarmammo i vvarche
e gghiammo ccumbattere pure nuie.
Morte all'infedele. Morte all'infedele!!!

Ho letto con piacere il testo teatrale di Enrico Parola. Ho ascoltato i dialoghi antichi del popolo che inneggia alla Madonna e che esalta le gesta del concittadino che non teme nessuno. Ho potuto gustare con piacere i dialoghi fatti di parole antiche che oggi quasi non si usano più. Gli strangianomi delle antiche famiglie di pescatori. Ho visitato quasi di persona l'antico Monte dei Marinai che in quella chiesa consacrata a quella Madonna aveva la propria sede.
Ho riportato un frammento di un dialogo, tratto dal testo di Parola. Una sorta di piccolo motto. Un grido quasi e un incitazione a difendere la propria terra dalle insidie degli invasori. Mi piace rileggerlo, perché ne sento le vibrazioni, ne ascolto la musicalità quasi cantata che ritma il verso e che sembra sparato al cielo dalla scogliera del porto. Quanta poesia ho ritrovato in questi dialoghi e quante storie diverse ho incontrato ascoltando gli attori. Uno spaccato di vita di una città antica che rivive la propria storia, in maniera semplice e emozionante in questo testo di singolare fascino.
Grazie Enrico.