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Argomento presente: « IL SANTO DI TORRE DEL GRECO » | |||||
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ID: 1134 Intervento
da:
Aniello Langella
- Email:
aniello.langella@tiscali.it
- Data:
sabato 19 febbraio 2005 Ore: 17:44
...dice il Beato a proprosito della Eucarestia: "..la Santa Comunione...ci dà anche le grazie attuali e una fortezza tale da vincere tutti i nostri nemici spirituali ...". Questa frase tratta da un suo scritto ci può guidare nel capire l'uomo Vincenzo. In premessa egli definisce teologicamente i valori della Eucarestia e solo successivamente e alla fine parla di NEMICI SPIRITUALI. Quali sono questi nemici ? L'uomo Vincenzo pensa alle afflizioni dell'anima semplicemente calate nel quotidiano. L'invidia, le gelosie, la trasgressione ( non necessariamente il peccato ) il pensiero che può danneggiare l'altro. Egli vuole superare le difficoltà del pensiero negativo attraverso "...l'illuminazione intelletuale..." ossia il pensiero positivo. Questo si traduce in Vincenzo nella speranza quotidiana di non tradire mai il messaggio evangelico ossia la Verità. Un uomo quindi semplice e chiaro. Riflettiamo assieme ( se vogliamo ) Aniello |
ID: 1086 Intervento
da:
Aniello Langella
- Email:
aniello.langella@tiscali.it
- Data:
martedì 15 febbraio 2005 Ore: 15:45
A proposito del Beato ho scritto una mail ad un esperto torrese che spero presto ci raggiungerà e ci auterà nel capire questo uomo di grandissima ispirazione . Aniello |
ID: 1067 Intervento
da:
luigi mari
- Email:
gigiomari@libero.it
- Data:
domenica 13 febbraio 2005 Ore: 23:27
Bravo, Aniello, é questo che ci manca, l'aspetto caratteriale, comportamentale, in una parola psicologico dei personaggi storici torresi, e da lì che si capisce il nostro cromosonico attuale, il retaggio che ci hanno tramandato. Gli eventi li conosciamo a menadito. Ho già citato alcune volte in questa sede "Il resto di niente" di Enzo Striano. Un romanzo che oramai si studia nelle scuole al posto dei "Promessi sposi". Una summa del caratteriale napoletano sette-ottocentesco dove sono gli eventi a divenire un contorno. Dopo aver letto questo libro è chiaro dettagliatamente perché il popolo napoletano si distingue caratterialmente da tutti gli altri "popoli" regionali d'Italia. Riporta una terminologia ricchissima dell'epoca che non si trova in nessun vocabolario moderno, per questo è indispensabile l'edizione scolastica con chiose. Peccato che un aneurisma all'aorta ha stroncato Enzo a soli sessant'anni, la cultura Italiana attuale ha perso una colonna portante. «Questo - dice in una nota Enzo Striano - è un romanzo 'storico' (secondo la classificazione didascalica dei generi, in verità tutti i romanzi sono 'storici', così come tutti i romanzi sono 'sperimentali'), non una biografia, né una vita romanzata. L'autore s'è quindi preso, nei confronti della Storia, quelle libertà postulate da Aristotele ("Lo storico espone ciò che è accaduto, il poeta ciò che può accadere, e ciò che rende la poesia più significativa della storia, in quanto espone l'universale, al contrario della storia, che s'occupa del particolare" Poetica, IX, 1451 b), dal Tasso ("Chi nessuna cosa fingesse, poeta non sarebbe, ma historico" Primo discorso sull'arte poetica), dal Manzoni ("Lo scrittore deve profittare della storia, senza mettersi a farle concorrenza" Lettera al Fauriel), da altri grandi». Una cosa è fare storiografia e un’altra e riportare fatti ed eventi da documenti laici e clericali, pescando in archivi notarili e comunali. Luigi Mari |
ID: 1065 Intervento
da:
Aniello Langella
- Email:
aniello.langella@tiscali.it
- Data:
domenica 13 febbraio 2005 Ore: 22:46
Cosa si sà del carattere di questo Santo ? Nei libri che posseggo questo aspetto traspare poco . Mi interesserebbe conoscere questo particolare. Aniello |
ID: 1059 Intervento
da:
Antonio Abbagnano
- Email:
usn123@fastwebnet.it
- Data:
domenica 13 febbraio 2005 Ore: 18:54
Il successore Bartolomeo Palomba fu sindaco dal 1 agosto 1830 al 31dicembre 1835. Nel 1831 un’altra eruzione colpì la nostra città ed il Palomba chiese ed ottenne l’esenzione dalla leva militare dei torresi. In quello stesso anno morì il Beato Vincenzo Romano, il leader naturale della comunità. Vincenzo Romano era dotato di grande carisma , di energia creativa pura e d’intelletto superiore. Divenne il punto di riferimento di tutta la comunità in modo spontaneo, come accade in natura, dove il leader si impone, non perché votato dal popolo o prescelto da un monarca, ma perché riconosciuto in possesso di qualità vitali per la collettività, la quale se ne serve per il proprio benessere e per la propria sopravvivenza. Con gli uomini imbarcati da aprile ad ottobre o impegnati in attività commerciali o artigianali che li tenevano occupati dall’alba al tramonto, questa comunità aveva assunto una tipologia matriarcale e quindi anche timorata di Dio, ma attenta sia ai precetti della Chiesa che agli interessi commerciali. In questo periodo le donne incominciarono ad interessarsi della organizzazione e della gestione dei laboratori artigiani e delle piccole aziende che spuntavano in ogni palazzo e il Parroco Vincenzo Romano si faceva carico e dei problemi dell’anima e dei problemi materiali. Quando il sindaco non si decideva a dare soluzione a qualche problema della Comunità, egli interveniva immediatamente e con autorevolezza. Si interessava di qualsiasi problema della cittadinanza e quando nel 1816, sindaco Luigi Ferrara, ci fu un’accesa disputa fra finanziatori e i marinai delle coralline, non avendo egli la conoscenza per stabilire se l’interesse richiesto fosse equo o no, sottopose il quesito al Cardinale Ruffo Scilla di Calabria in visita pastorale nella nostra città, che, sentito il parere di economisti, dopo pochi giorni gli inviò i parametri da adottare per dirimere la vertenza Vincenzo Romano agiva senza fronzoli e predicava di agire”cercando di far bene il BENE”. Insegnava a piccoli e grandi, oltre i precetti religiosi, soprattutto a leggere e a far di conto, a industriarsi nel lavoro , a non aspettare manne dal cielo e a mantenere sempre fede agli impegni. I suoi esempi insegnavano più delle sue parole, perché era sempre il primo a sobbarcarsi dei lavori più pesanti e più umili, ad impegnarsi a dirimere problemi familiari e dispute economiche, a farsi garante per prestiti e partecipazioni societarie e si prodigava per riscattare i marinai torresi fatti schiavi dai pirati. L’esempio del suo modo di operare e la sua mentalità fattiva e logica, unita ad un’incrollabile fede in Dio e nella Provvidenza, furono interiorizzati da tutto il popolo torrese e ne forgiò la tipicità caratteriale, laboriosa e un po’isolana. Antonio |
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