SANITA',ODISSEA IN AMBULANZA TRE VIAGGI PRIMA DELL'INTERVENTO
Un ospedale diviso in due. Il vecchio "Maresca" non riesce a morire. A Torre del Greco è tenuto in vita artificiale da cento donne. L'hanno occupato il 30 settembre, minacciano altri scioperi della fame e rivolte. Il nuovo ha cinque anni ma vive male: a Boscotrecase, edificio moderno da completare nell'altra metà, ha solo una parte di medici e servizi. La storia degli ospedali siamesi è unica al mondo. "La mente umana non riesce a concepirla", premette Ciro Borriello, chirurgo, sindaco di centrodestra a Torre del Greco. Ha bloccato anche lui l'autostrada e rinunciato al cibo per una settimana, perdendo otto chili. Si vede, è scuro ed emaciato, ha però convinto il comitato. Nessuno può ora sospettare un conflitto di interessi con la sua clinica privata, Santa Maria La Bruna, mille parti l'anno, molta chirurgia generale, cara anche a giovani donne per delicati interventi ricostruttivi. Borriello è chirurgo plastico. "Occorrono 10 milioni per questo ospedale, 20 per completare l'altro. Pazzesco: è antieconomico, irrazionale e la viabilità è terribile per l'altro". Un pronto soccorso diviso in due, possibile? "Grazie all'andirivieni di ambulanze, 12-13 viaggi al giorno", conferma il sindaco. Undici km, 43 curve, bel tragitto. Le signore arroccate nella trincea del quarto piano, ex reparto di ginecologia raccontano l'odissea quotidiana: "Emorragia gastrica? Si arriva a Boscotrecase, non c'è la Tac, perché la Tac è qui. Secondo viaggio a Torre, la Tac e terzo viaggio per Boscotrecase, finalmente l'operazione. Così una donna morì, perché non vi informate?". Le donne urlano. Le voci si incrociano. Seguirle non è facile. Angela Sassi, 75 anni, lavorava il corallo. È la sentinella più anziana. Maria Rosaria Borgenne, più di sessanta, la più irata riferisce nella foga che "Boscotrecase non ha neanche la licenza dei vigili del fuoco" e insinua una discarica nei pressi. Annuisce Ciretta Vitiello, bruna, dinamica, disoccupata: "Lì non sanno fare neanche le ecografie". È l'astio che acceca? Il sindaco mitiga: "So di sicuro solo questo. Qui c'è un ecografista molto bravo, Franco Ascione. Fu costretto a chiedere una sostituzione urgente, per non lasciare il posto scoperto e correre a Boscotrecase per una donna che rischiava di morire, emorragia. Si può gestire così la sanità? Io andai via da questo ospedale quando capii che non poteva sopravvivere. Erano andati via grandi professionisti. Si parlava di diagnosi per immagini, tecnologie, laparoscopia. Qui invece...". Qui la politica era sempre più invasiva. Si racconta di 5 nuovi primari nominati insieme, tutti con tessera dello stesso partito. "Lista Dini", sussurra una delle signore. Il sindaco: "Non ricordo bene, non sono sicuro". Ormai l'ospedale era agonizzante, perdeva qualità e pazienti. Nessuno si è ribellato, fino all'annuncio della chiusura. Borriello non spiega i motivi. "Vi assicuro, il comitato è spontaneo. E qui abbiamo delle eccellenze. Livio Cipolletta è un'autorità nella gastroenterologia". È vero. Anche questo picco tiene in vita il "Maresca", rinviandone la chiusura. Cipolletta non si muove con la sua Tac e le sue attrezzature. Tutto quel che resta, ruota intorno a lui. Ma altri reparti sono stati trasferiti. Fino al paradosso raccontato da una delle signore con tutto il sarcasmo di una canzoncina. "Chi era qui, lavora qui e là. Chi è là, sta solo là". Torre del Greco quindi presta i medici anche a Boscotrecase, non viceversa. Al Maresca restano 15 letti di chirurgia, 20 di medicina, 2 di cardiologia. A Boscotrecase sono attive chirurgia, ortopedia, ginecologia, pediatria, cardiologia e Utic, l'unità di terapia intensiva cardiologica. La gestione più difficile è quella della chirurgia. A Boscotrecase c'era Lorenzo Fiore, guidava la sua équipe ma non era primario. È stato inviato Roberto Palomba da Torre del Greco: dirige in tutt'e due gli ospedali. Intuibili i disguidi. Si risparmia sul chirurgo, ma non sul direttore sanitario. A ciascuno il suo. Due ospedali, due poltrone. Peccato che sia stato impossibile contattarne uno. Sono giorni di meritato riposo."Noi siamo disperate, venga a vedere il reparto pediatria", invita una giovane nonna, molto turbata. "A Boscotrecase due stanzette, tre posti e tre posti, accanto alla ginecologia con pericolo di infezione. E qui?". Si va al terzo piano. Sale ampie, piene di sole, vista sul golfo. Ripulite ogni settimana. Vuote. Orsacchiotti, bambole, banchetti per disegni. Neanche un bambino, un infermiere, un pediatra. "I malati vanno dove ci sono i medici", sospirano. Qui c'è solo la nostalgia dell'ospedale. Ma tutti giurano che riaprirà. "A settembre sarà come la rivoluzione dei marittimi nel 1959...". di ANTONIO CORBO