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Argomento presente: « Freud_ "Egoismi ed Autostime" »
ID: 1464  Discussione: Freud_ "Egoismi ed Autostime"

Autore: Luciano Valera  - Email: fratellino.50@email.it  - Scritto o aggiornato: mercoledì 23 marzo 2005 Ore: 19:43

LA TIPOGRAFIA SECONDO FREUD
Leggendo l’accettazione nel Forum di Luciano Valera, buono, caritatevole, poeta, mi è venuto alla mente che la tua tipografia mi aprì le porte alla Psicoanalisi.
Tu, Gigi Mari, avevi scoperto Freud e me lo presentasti crudamente, aprendo alla mia curiosità scientifica l’Università di Filosofia, perché allora a Napoli non v’era la Facoltà di Psicologia.
Devo a te lo stimolo, perché componendo a mano gli articoli del Penzatore ascoltavo te che cercavi di trovare giustificazioni e compensazioni alle nostre nevrosi.
Giorni fa ho discusso di egoismo con una persona, niente nomi solo per pura “pietas”, che ha letto male “Come superare il complesso di inferiorità” di De Courberive del 1964.
Da tutto il contesto Egli ha capito bene soltanto che sulla tazza del cesso“Saranno potenti i re e i Papi, ma quando qui siedon sono tutti come me!” L’egoismo è la molla che muove il mondo, come negarlo, ma, come tutte le cose del resto, spinto all’ennesima potenza, genera guai. Bisogna solo ricordare che, demolire gli altri per ritrovare sempre ed unicamente se stessi, è puro egoismo.
In discussione il mio volontariato negli Ambulatori della Carità. A Pasqua il mio “nemico” non avrà la bottiglia di vino, che dono e che rappresenta in fondo il piacere di non essere solo a questo mondo.
Ti ringrazio per avermi permesso di ricordare i miei due atti unici: L’Ospite è sacro-Ospitalità a nessuno e Il Maledetto Incastro del 1968, che rammentano una madre tiranna, che annulla le figlie per sentirsi ancora viva. Oggi la ragazza di allora è un’insegnante psicotica e ignorante, frutto di un’educazione fallimentare, come tante.
Ti saluto. Franco Penza

Caro Franco,
l’amico commette un grave errore. L’autostima, intesa come affermazione delle proprie capacità, non è né presunzione ne egoismo, è il modo migliore per offrire agli altri il meglio di noi. Tutti i grandi ricercatori, studiosi, scienziati, quelli che consideriamo a torto o ragione benefattori dell’Umanità, sono stati comunque spinti dalla voglia di emergere o quantomeno alla ricerca di conferme personali. (Luciano Valera)

 
 

ID: 1475  Intervento da: Luciano Valera  - Email: fratellino.50@email.it  - Data: mercoledì 23 marzo 2005 Ore: 19:43

Caro Lluigi, alfine ti do del Tu. Nella tua con ID1465 alla fine della chiaccherata con Franco, con un asterisco specificavi sulla interlocuzione (diretta o scritta) con gli altri. Se è vero che il dialogo diretto ti consente di guardare nelle "palle degli occhi" il tuo interlocutore, la forma scritta ti consente di non subire interferenze emotive. La scelta del metodo sta solo nel sistema che ci prefiggiamo adottare.
Rispondo a braccio, ma l'argomento, come tanti che trovo nel tuo forum, meriterebbero ben altri approfondimenti. Tu che hai una tipografia saprai bene che scrivere è un arte, ma le parole come i caratteri tipografici, servono a rappresentarla; proprio con Franco si parlava di questo, basta sbagliare carattere o parola e il significato, la rappresentazione assume un altro aspetto. Mi rendo conto di essere ancora alle prime armi ma i maestri non mi mancano.
Luciano Valera


ID: 1466  Intervento da: Francesco Penza  - Email: fratellino.50@email.it  - Data: martedì 22 marzo 2005 Ore: 14:52

Revival di articoli del Pensatore di quarant'anni fa? Retorica e qualunquismo?. Mancanza di stile definito, di forma evoluta; un estetica all’acqua di rose?. Dopo i "manicaretti" letterari dei messaggi recenti. “Pastrocchi” da mandare in rete per motivi di trasparenza che è al disopra di tutto, come la libertà.

TERRENO MIRACOLOSO (1971)
(Dedicato ai torresi onesti e leali, che sono i più, che stimo e rispetto).

Facciamo quattro chiacchiere a proposito del terreno inumativo scoperto nelle aiuole della Villa Comunale. Visto che di terreno speciale, a Torre, ve n'è da vendere (non da frodare) c'è poco da dire, forse perché se n'è già dette tante.
La mattina del 14 maggio, in seguito ai lavori di smottamento delle aiuole, metà Torre allibiva raccapricciata innanzi al terreno decisamente riconoscibile come appartenuto al cimitero. Le numerose congetture, comunque, non determinavano a quale cimitero appartenesse il materiale, fino al momento in cui alcuni torresi incominciarono a riconoscere i resti dei propri avi defunti, dalla qualità o importanza, naturalmente.
E così come ogni buon cittadino che si rispetti ciascuno prese a raccogliere l’ossicino del proprio trisnonno; chi la tibia, chi un pezzo di femore, chi un'intera scapola. Alcuni li lucidavano, altri erano intenti a rovistare tra i lumini e le croci di latta dissepolti, tra il cinguettio mattiniero degli uccelli, delle palme, degli abeti che abbelliscono la nostra villa comunale. Così a furia di raccogliere, talvolta con prepotenza, tramite spintoni e mugugnii, alcuni tentavano di ricomporre lo scheletro intero del congiunto.
Naturalmente ci fu pure chi si mise in testa di recuperare l'intera famiglia degli antenati. Per non parlare dei ragazzi che all'occasione inventarono il gioco dell'osso più bianco. Ma i guai incominciarono quando i relitti non erano solo quelli relativi all'ossario, ma saltavano fuori ossa belle, già lucide, alcune d'un rosso strano quasi a sembrare rami di corallo, quali sono soltanto le ossa dei morti ricchi, quelli privilegiati delle cappelle. I meno abbienti erano anche disposti a tenere i resti dei propri defunti in quella che si poteva definire, la mattina del 14, la succursale del cimitero, ma non era giusto fare tutt'erba un fascio.
Qualcuno incominciò a dire che bisognava farsi le ossa proprie, tal'altri che riuscire nell'intento bisognava farsi le ossa e basta. Quindi alle maggiori accuse di sacrilegio si opponevano le difese. Alcune voci sostenevano che fosse molto probabile che il terreno, con gli anni, si fosse trasportato naturalmente, causa movimenti in rapporto a qualche eruzione vesuviana; altri dicevano che alcuni ossicini, vergognosi dell'ossario o delle sgangherate nicchie del cimitero ortodosso, avessero organizzato un'evasione per poter sgambettare felici davanti alla prospettiva di una “vita” migliore.
Ma l'accusa giustamente accesa di sdegno che andava per la maggiore era che oggi si arrivi a rubare anche al cimitero.
Certo era toccante vedere il pregiato ossicino del. ricco cavaliere divenire un fischietto. Questa è cosa più tragica: alcuni scugnizzi, vedendo alcuni ossicini così lucidi, si direbbe nuovi, li forarono ricavando degli autentici fischi. Era commovente vedere il cavaliere non già essere preso a fischi, da morto, ma divenire fischio egli stesso. Gli ossicini unti e incrostati di terra dei poveri non richiamavano l'attenzione dello scugnizzo. Ma quelli lucidi e nuovi, quelli si.
Non si creda che abbia voluto dire che la ricchezza e la potenza dei vivi prima o poi si riducono nient'altro che un fischio nelle mani di uno scugnizzo. Ecco perché la famiglia del Cavaliere aveva il diritto di protestare. Questi benedetti scugnizzi che non hanno la buona creanza di rispettare non già gli ossicini, ma i fischi dei ricchi, in questo caso.
E succede sempre così, la gloria, il sacrificio, la lotta della “grandezza”, crolla insieme alle ossa.
Dove credete sia andata a finire la gloria della gente bene? Ed il potere, e la sopraffazione? Non già nel cimitero, come accade dappertutto, ma là, nella Villa Comunale in ristrutturazione, alla mercé degli scugnizzi e dei cani randagi felici di saggiare un pasto, come dire, da signori... Dove credete che vadano a finire la nobiltà, la bellezza? Là, nelle aiuole, in un mucchio di ossa e terra sconsacrata. E chi avrebbe mai detto al cavaliere Tizio o al Commendatore Tale, che domani fosse diventato nient'altro che un fischio nelle mani di uno scugnizzo. Proprio così, la gloria e la potenza finiscono sempre in munnezza, che a Torre talvolta è di casa. I torresi hanno il diritto di gridare: Non toccateci i morti; anche se il maligno, alla fine, la mattina del 14, volle dire la sua: Non date credito a balle, è stato un tentativo per un cimitero di seconda classe, non già per i morti poveracci, ma per quelli destinati all'inferno e non degni di culto.
1971 Luigi Mari

Dott. Franco Penza


ID: 1465  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: martedì 22 marzo 2005 Ore: 10:06

Caro Franco,

Non sapevo che il Tuo braccio destro Luciano Valera fosse buono, caritatevole, e poeta. A me è venuto subito all'occhio che è simpatico, come quasi tutti i napoletani. L'altro giorno al telefono parlavo del Tuo legame nostalgico, inscindibile con i libri, (il cartaceo) ed egli mi ha risposto: "pure a me piace il cartaceo: le banconote!" e poi giù con le cantinelle, le tracchiulelle, il buon vino di Gragnano.
Ma lo sa Valera che Tuo padre assisteva ai prodigi dell'ombrellaio torrese che frantumava lampadine in bocca e ingoiava le “crastule” per la meraviglia dei turisti? E poi dentro, al calduccio in difesa del minaccioso febbraio, a bearsi con i maccheroni al forno, la gallina lessa, e il buon vino, convinti che Sigmund Freud fosse solo il nome di una strada, inventato per caso, al momento.
Dopo tanti anni Ti è venuto in mente che la mia tipografia Ti aprì le porte alla Psicoanalisi. Mentre fino a qualche giorno prima emulavamo l'ombrellaio con il “solo odore” delle tracchiulelle e del vino buono perché “peccavamo” di ostinata onestà. Ma ci rifacevamo col trancio di pizza o con la sola insalatella mista alla "Cantina del pescatore".
E i sogni. Quanti sogni. Marotta e i suoi "giannizzeri" che rubavano di nascosto le copie del loro giornalino perché non potevano pagarlo. Quando si è ventenni e idealisti sogni e speranza ti stanno sotto i piedi come guazza e ti ci butti dentro, e ti ci rotoli; e le notti dei giovani poveri erano narcotizzate da sogni, speranze e polluzioni che testimoniavano, all’alba, il vigore, la giovinezza.
Ah noi scapigliati, Ah Tu Gozzano tornese. Ma, a che serve Freud in questi casi? Che se ne stia a Roma la facoltà di psicologia. A Napoli abbiamo i nostri metodi.
Trentacinque anni, sembra ieri, che ti "presentai" crudamente Freud, come dici Tu, aprendo la Tua curiosità scientifica con l’Università di Filosofia? Per questo in un quinquennio prendesti tre Lauree? Incosciente! Sciagurato (*). Eri consapevole ben della Tua onestà. Tre lauree fruttano solo con le convenzioni, con la complicità, con i nepotismi, con i vassallaggi. Tu sei un uomo libero. Ad un idealista plurilaureato è dato solo di mangiare pane, sogni ed onestà. E Tu così hai fatto.
E ne hai fatte di scorpacciate di idealismo e di solidarietà, di comprensioni e di altruismo negli opifici dove continui ad operare e fare volontariato. Mi scuote e mi disorienta la tua laica cristianità.
Ma cosa vuoi che assimili la “sua persona” da un testo paramedico comportamentale. Cosa si può assorbire senza occhi senza orecchi e senza naso. Solo la ritorsione delle proprie malsane congetture.
Solo adesso, Franco, dopo quarant'anni, mi dici che devi a me lo stimolo, perché componendo a mano coi bastoncini di piombo gli articoli del “PenZatore” ascoltavi me che cercavo di trovare giustificazioni e compensazioni alle nostre nevrosi. Tu dici "Bisogna solo ricordare che, demolire gli altri per ritrovare sempre ed unicamente se stessi, è puro egoismo". Certo, un parametro di nevrosi eccellente, ma è una squallida carenza, nelle nevrosi c'è solo forza apparente, fittizia. Diffida da queste arroganze e queste aggressioni, sono di pastafrolla.
Pensi che non ricordi il Tuo cavallo di battaglia del 1968 "Il Maledetto Incastro" i due atti sulla madre tiranna torrese che annullava le figlie per sentirsi ancora viva. E la sua ossessione: il buon partito, a tutti i costi. Quanta miseria nelle “educazioni fallimentari”, come Tu le chiami, di una provincia "pregiudizievolmente addormentata" di prischiana memoria.
Ma le cose stanno cambiando. I trecento milioni di cittadini della prima potenza del mondo vacillano di fronte ad uno straordinario sviluppo economico del miliardo e trecento milioni cinesi, che hanno scoperto il "comunismo-capitalista" o il "socialismo pagnotta", fa come ti pare. L'Italia fatta solo di “valore aggiunto”, di primizie, o di beni voluttuari per difendere i diritti acquisiti secolari di una ricchezza oramai traballante e non già più solo dannosa eticamente parlando.
La donna-madre vesuviana del Tuo “Maledetto incastro” si trova ad una svolta epocale impressionante. Non tradisce o vessa più il “proprio sangue” perché il parametro “oro-rosso” si rivela quale tal'è: fittizio, illusorio, superfluo, inutile agli occhi delle nuove intelligenze, vetusto rispetto ai vecchi scudi, alle superate compensazioni di nevrosi. Freud diventa demodè.

Luigi Mari

(*) Prima Aniello Langella in un messaggio, poi Antonio Abbagnano per telefono mi hanno fatto notare che uno stesso discorso scritto e parlato dà adito ad interpretazioni diverse, perché nello scritto non si ha l'interlocutore di fronte per dedurre dai moti del viso l'eventuale ironia, la rabbia, il discorso lineare o altro. Qui "sciagurato" vuole solo dare enfasi al discorso e non dice affatto che la persona vive o sia vissuto nella sciagura. Questo è il motivo di alcuni screzi nati nel forum.


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