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Argomento presente: « OTTANT'ANNI DI TORRE » | |||||
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ID: 2257 Intervento
da:
dicristo ciro
- Email:
cirdicri@libero.it
- Data:
domenica 10 luglio 2005 Ore: 20:28
Buon giorno, scusatemi, ma non sono molto pratico di computer. Con l'aiuto di mio nipote rispondo solo oggi alla considerazione di Mari. Lo faccio con la mente degli altri. Sapete che sono anziano, ma sempre vigile con i fatti di cultura torrese. Non è forte chi non cade, ma chi cadendo si rialza. Musil Chi possiede coraggio e carattere, e’ sempre molto inquietante per chi gli sta vicino. (H. Hesse) Il volo è libertà...è per questo che l'uomo non sa volare. Eraclito Non imitare mai niente e nessuno. Un leone che imita un leone diventa una scimmia. Victor Hugo Non arriverà in cima. E' troppo occupato a non far salire chi gli sta sotto. Dino Basili E tu, da che parte stai:con quelli che rubano ai supermercati, o con quelli che li costruiscono rubando?? De Gregori E' stupido essere giusti quando chi è ingiusto ottiene migliore giustizia Esiodo Il mondo ride sempre di quelle cose che, se non ridesse, sarebbe costretto ad ammirare; e biasima sempre, come la volpe, quelle che invidia. Giacomo Leopardi A volte la cosa che fa star bene qualcuno con se stesso è far star male qualcun'altro. Homer Simpson L'ottusità è la serietà che si fa adulta Oscar Wilde La carità è il solo tesoro che si aumenta dividendolo Ignazio Cantù Tutte le volte che altri sono d'accordo con me ho sempre la sensazione di avere torto. Oscar Wilde Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi. Carl Gustav Jung Sono pochi i vizi che impediscono a un uomo di avere molti amici, come possono fare invece troppo grandi qualità. Sébastien Roch Nicolas Chamfort Avere avuto una buona educazione, oggi, è un grande svantaggio. Ti esclude da tante cose. Oscar Wilde Il dubbio è il lievito della conoscenza... Alessandro Morandotti Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e tanto odio quanto le nostre buone qualità. Francois La Rochefoucasuld Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio si alzò e andò a vedere e vide che non c'era nessuno. Martin Luther King Il malvagio dà tregua alla sua cattiveria, mentre l'imbecille non si ferma mai di essere attivo. Alexandre Dumas L'autorità non ragionevole è tirannia. Ignazio Cantù "Se un uomo non è disposto a rischiare per le proprie idee o queste non valgono nulla o non vale nulla lui." Ezra Pound Gli amici stronzi, i professori bastardi, tua madre che rompe, lei che ti lascia; sono questi i momenti in cui vorresti morire ed invece impari a vivere. Cecy Lettera ai figli: "...soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo." Che Guevara |
ID: 1523 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
info@torreomnia.com
- Data:
giovedì 31 marzo 2005 Ore: 16:21
Caro Ciro Di Cristo, quanti ricordi hai scatenato nella mia "pastafrolla". Di ciò è composta la mia materia grigia... Credi che oggi siano molti quelli che scrivono? Gli italiani siamo all'ultimo posto, in Europa, come "lettura". Di scrittura non se ne parla proprio. Altro che popoli di poeti. Eppure oggi i laureati "si buttano". Solo in casa mia ce ne sono quattro e per di più donne. Ciro, su Te davvero "so una pagina più del libro", come si dice per la sedicenza dei torresi. Ti dedico l'articolo che segue, che certo ricordarai, eri cinquantenne, allora. DALLO SCRIVANO AL PLURILAUREATO 1960 A TORRE 10 LAUREATI SU 1000 2005 A TORRE 300 LAUREATI SU MILLE Quante lettere non abbiamo mai scritto! Noi "anta" ancora trasogniamo il fragore delle ultime carrozzelle sull'asfalto di Via Caracciolo o sui basalti del Miglio d'Oro che lega Torre del Greco a Ercolano. Erano i tempi delle interiezioni, della pargolezza che sapeva ancora di candore da Prima Comunione e non di puerizia pilotata da dottrinarismi clinici che tutto prevengono, tranne la predisposizione all'angoscia. Evoluzioni socio-scientifiche che hanno dato un taglio netto a due epoche. Le carrozze sui basalti non sonavano fragore o dirugginii, ma accordi melici. Reminiscenze romantiche che hanno sentore nostalgico, d'accordo. Ma l'asetticità dei giorni nostri non sa meno d'infermità. Una terra ferace, quella vesuviana, che fa invidia alla motriglia del Nilo. Due raccolti l'anno. Fertilità del terreno grazie anche all' "ingerenza" delle sostanze eruttive dello sterminator Vesevo, che si è accanito nei secoli a svellere in rovinose devastazioni ora le mirifiche e sontuose ville vesuviane, ora i tuguri fatiscenti relativi alla letteratura verista e neorealista. Sempre nel quadro della napoletanità i nostri autori a cavallo dei due secoli mettevano l'accento su di un personaggio ora grottesco, ora romantico, a mezza strada tra il barbassoro e il fattucchiere, che si può definire, senza tema di smentita, una sorta di derivazione dell'amanuense: lo scrivano! Quando, imberbe, apprendevo i primi rudimenti dell'arte tipografica, rammento con nostalgia un vecchio scrivano che, tra l'altro, ha tanto colorito di lirismo la mia fantasia. Veniva a Torre del Greco, a piedi, naturalmente, dall'allora Resina, e ambulava pacato e monacale puntando frequentemente lo sguardo sulle architetture ora di Villa Favorita, ora dell'Istituto S. Geltrude, fino al Palazzo Vallelonga del Vanvitelli, che egli scandagliava lentamente, ponendo sulle costole a manca il viluppo di scartoffie nella cartella di bazzana color porpora. Indi si impancava presso il famoso Caffè Palumbo a centellinare una bibita, procacciandosi, intanto, il lavoro tra i passanti. Lo scrivano ha avuto risonanza storica, anche se aneddotica quando partivano i bastimenti, dove diecine di sensali di carne umana trasferivano oltre oceano migliaia di italiani. Lo scrivano era il loro tramite interiore, il loro poeta, colui che coglieva i sentimenti più vivi e sanguinanti dal cuore delle madri, e forse un po' vizzi e annacquati dall'animo delle mogli, trasmigrandoli nelle Americhe, immortalati sulla carta spesso olezzante, come si diceva una volta, di misteriose quintessenze. Lo scrivano adoperava l'alfabeto come un ponte immenso sull'oceano. So di ditirambeggiare i miei personaggi, ma opino che il tipografo artigiano quello della bottega degli impresepiati centri storici, sia un po' lo scrivano delle arti grafiche. Una buona parte del suo lavoro sfrutta l'alfabeto come un macchinismo pro-socializzazione. Il bottegaio tipografo napoletano, chissà fino a quando, sviolina i suoi caratteri nel compositoio, concretizzando sentimenti ed emozioni franche ed inaffettate, ora gaudiose o gongolanti, ora meste o austere. Forse nella mia provincia, oggi come mai, tutt'altro che «addormentata», le vampe del sottosuolo igneo ancora premono lo svisceramento dai precordi. 1980 Luigi Mari |
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