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Argomento presente: « LETTERA A LUIGI MARI »
ID: 15523  Discussione: LETTERA A LUIGI MARI

Autore: Aniello Langella  - Email: aniello@langella.net  - Scritto o aggiornato: lunedì 6 maggio 2013 Ore: 14:56



Torreomnia

Torre del Greco è una città strana. Sembra a tratti che ti accolga, mentre in realtà e nel concreto ti può respingere. Ti offre qualche spuntino saporito che poi ti può offrire ‘na purpetta avvelenata.
Tante volte ho tentato di leggere queste contraddizioni, invocando la natura contrastata e contrastante del Vesuvio, scomodando perfino Freud e altrettante volte sfinito ho dovuto soccombere, nel desiderio di giustificare in qualche modo il contraddittorio che sta alla base del paese del Vesuvio. Contraddizione è un complimento per questo strano agglomerato, il cui istinto si regge spessissimo su pensieri e idee surrettizie, equivoche e anche a volte blasfeme.
Intro assai burrascoso il mio.
Premessa dai toni grigi, direbbe qualcuno. Eppure ne sono convinto: è proprio così e di ciò che vado asserendo, me ne assumo tutte le sacrosante responsabilità. Ma paradossalmente, chi è più convinto di me di queste idee, apparentemente strampalate, ingiuriose e forse un po’ retrò, è proprio lo stesso popolo che alla fine interrogato con gentilezza e con la discrezione confidenziale, fatta al bancone del bar, mentre si beve assieme il solito caffè, ti confessa anch’esso che queste idee, le condivide. Le sposa appieno e ne farebbe anche la bandiera per una rivoluzione. “Tutti sono na maniata i fetiente”: questo la divisa, il motto del rutilante stendardo, altro che post fata resurgo.
“I politici: na maniata i mariuoli. I prievete nun ne parlamme. A gente, tutti a fatti loro”
Questo il senso aspro, polemico e ripeto surrettizio del parlare al bar.
Tuttavia nessuno fa nulla e pochissimi impavidi osano. Osare è già tanto in un paesino dove se incontri un amico, ti chiede dei tuoi figli perché vuole parlarti dei suoi, che sono ben piazzati col posto in Banca o al Comune. Osare è eroico perfino in questo luogo, dove non c’è un teatro e dove il palcoscenico è un lemma spesso estraneo al vocabolario comune. Alla grande si può fare Eduardo. Ma guai parlare di Brecht o Dario Fo. E la festa? Quella dei 4 altari, che è spesso tripudio di sciatteria, diventa la piazza dove sciorinare solo critiche e dove con pregiudizio dietro ai balconi che si guardano e ammiccano, si nascondono le serpi.
“Nisciune te dice che si bello, pe’ dicere che si meglio i mmé”. Chi ti dice che sei bello o bella, lo fa solo per mmiria. E così, sembrerà strano, ma spesso quando ti fanno un complimento a Torre, devi presto e con gesto attento infilare la mano nei calzoni e completare dopo il pensiero di scongiuro, il rituale grattandoti gli attributi. Si fa così.
E’ un paesino stranissimo questo.
Rinnega i suoi figli. Li genera e li abbandona al destino oscuro dell’oblio.
Ebbe tanti figli questa contrada vesuviana. Ebbe Giovanni Mazza che da Torre del Greco andò a ritirare ad Amsterdam un premio internazionale di letteratura latina. Mica fesso il professore. Ebbe Gaetano De Bottis che di vulcani e di Vesuvio scrisse trattati. E come lui ebbe Ignazio Sorrentino. Più tardi ospitò il maestro Domenico Zingaretti il quale aveva fatto coi pentagrammi la sua fortuna. Qui è nato Vincenzo Di Donna, prete e storico di grandissima fama. Poi Errico De Gaetano, Raffaele Raimondo, Ciro di Cristo. Ma questa è anche la terra degli artisti. E qui l’elenco qui sarebbe lunghissimo e abbraccerebbe tutto quell’universo di grandiosa bellezza che va dal mondo dell’incisione del cammeo e del corallo, all’olio su tela.
Ma sempre in questo strano villaggio passò parte della sua vita Alfonso I d’Aragona, detto il Magnanimo e anche suo figlio Ferrante fece lo stesso. E questi erano i Re di Napoli e del Regno. Senza disprezzare altre realtà locali, mica questi signori andarono a vivere a Casandrino o a Bacoli, oppure a Sorrento o a Capri. No, cari lettori questi Re vennero ad abitare a Torre del Greco. E i cittadini, i villici per tutta risposta non hanno intitolato a questi signori nemmeno una panchina della litoranea.
Più di recente qui visse il signor Leopardi Giacomo e pure chisto l’avimmo fatto fuire.
Qui ha suonato Mozart. Si proprio lui, il bambino prodigio. Il Volfango Amedeo nel passare da palazzo Sessa a Napoli, a Pompei stette due giorni a Torre presso nobili locali (e non vi dico, perché non merita che lo sappiate) a suonare il piano esibendosi accanto a Leopold. Pensate: Mozart a Torre del Greco. Mi sembra quasi il titolo di un convegno e perché no di un recital, di una commedia. Se fosse transitato per Birmingham in Alabama, gli avrebbero intitolato l’aeroporto.
Che strano pago questo di Torre del Greco.
Ma alla fine di cosa difetta questa noiosa e immutata comunità. Cosa le manca per cui non riesce a riappropriarsi della propria cultura. Cosa potrebbe fare per riprendersi il proprio tesoro e il proprio patrimonio culturale?
L’azzardo è grande e forse più grande è la risposta, ma io ci provo.
La città non ha imparato come altrove a dire GRAZIE! Un grazie semplice, gentile, che tutti possono comprendere.
Qui nessuno ti dice grazie. Cosa volete farci. Stare tra le mura di casa propria, scopare il terrazzo e gettare la spazzatura per strada è in fondo il grazie che ogni mattina si da alla città!
Ma alla fine cosa c’entra in tutto questo discorso Torreomnia? “Dove vuoi arrivare?”, vi sarete domandati.
Tanti anni fa, come quei signori che prima ho citato e non me ne voglia qualcuno che per distrazione ho involontariamente omesso, Luigi Mari, si inventò Torreomnia.
Tutti sanno di cosa parliamo. Tutti potrebbero esprimere la propria opinione e nel rispetto delle regole (non regole) torresi, nel bene e nel male. Eppure Torreomnia che “tramette” h24 da via del Purgatorio a Torre del Greco, infischiandosene proprio di quelle maledette non regole, continua cu na capa tosta e n acrigna, a regalare a piene mani alla rete le delizie di questa città. Non regala gli improperi, le volgarità, oppure velenosi dardi colorati di politichese. Tutt’affatto, Torreomnia regala un messaggio d’amore per quella che Mari, il suo fondatore definisce ancora città. Lui non demorde e crea ogni giorno palinsesti colorati nuovi, attrezza 4, 5, 10 altari per la festa di ogni mattina.
Quanta gente per il mondo abbia fatto felice, non saprei contare. Io stesso, emigrante torrese di un tempo, oggi cittadino d’Europa come tu che mi leggi, la sera in particolare entravo in Torreomnia e li restavo a leggere e ad ascoltare dimenticando l’orologio. Una delizia per chi vive lontano dalla propria contrada (Mari continua ancora a definirla città,…bontà sua).
Il portale che in rete accoglie tutte le espressioni della cultura locale, da quella più semplice, più giocosamente facile a quella più dotta, è Torreomnia.
E quale sia la risposta dei torresi, io non riesco proprio ad immaginarla. Cinquecentomila utenze, un milione,…numeri senza senso. La verità è nel suo cuore, nei suoi contenuti. Quelli restano e finché resterà la rete, essi resteranno. Semplice, gentile e ricco il portale attrae i napoletani d’America, gli emigrati e i torresi in cerca di curiosità e di arricchimenti
Ma quel che è veramente strano in questo villaggio di circa 100.000 anime e che nessuno gli dice grazie. Non v’è dubbio che qualche stitico ringraziamento giunga alla redazione che in tanti anni si è smazzata. Ma cosa volete che sia un grazie. Altrove e non molto lontano, per un progetto del genere si sarebbero attivati fondi europei, perché quel portale aiuta la gente; fa sorridere a distanza, aiuta a superare anche i momenti di malinconia, dando una speranza; stimola alla curiosità; da una mano agli studenti; si apre al mondo della scuola; accarezza l’anziano; diletta le persone sole. E vi pare poco?
E dove siano finite le istituzioni, nessuno può saperlo. Possibile che non vi sia qualcuno che scriva un Grazie? E se il politico nicchia o fa finta di ignorare tutto, affacciandosi dalle finestre del Palazzo Baronale, cosa faccia poi la Proloco nessuno può saperlo. Associazione per la promozione culturale.
“Promozione culturale”: due parole il cui senso è svilito, abusato, violentato a Torre. I torresi pensate hanno fatto morire tutto ciò che è connotato dalla parola culturale; quando si parla di cultura l’80% pensa al profitto, mentre la cultura che notoriamente “non paga” è gratuita, perché in essa è incastrata la parola amore per.
Pensate per un attimo all’atmosfera tragica e violenta del “funerale del corallo”. I torresi sono stati capaci di fingersi addolorati, affranti seguendo il feretro del corallo, essendo essi stessi i consapevoli killer. Sono stati il mandante e l’esecutore materiale e tutto consumato sotto gli occhi di tutto e senza pietà.
Pensa tu, Luigi, hanno ucciso tutto il gota della cultura di questo villaggio e fingendosi affranti hanno sparato alla tempia del “corallo”. Masochismo? No, Luigi, imbecillità!
Portale più portale meno, le cose vanno così. Politici, proloco, giornali,…nessuno ti dirà mai grazie, anche se tu continui a spedirgli tutti i sacrosanti giorni il “buongiorno”,…loro non ti risponderanno, e con pregiudizio ti sorrideranno falsamente e ipocritamente. Ma non ti risponderanno mai!
Ecco perché ti ho scritto
Grazie Luigi Mari.
Grazie per Torreomnia
E nun t’avvelì tanto chisti signure sta lettera non la leggono nemmeno. Oppure no?

 
 

ID: 15529  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: sabato 23 febbraio 2013 Ore: 18:53

Il Dott. Aniello Langella dal Friuli scrive:
Torreomnia
Torre del Greco è una città strana. Sembra a tratti che ti accolga, mentre in realtà e nel concreto ti può respingere. Ti offre qualche spuntino saporito che poi ti può offrire ‘na purpetta avvelenata.

Luigi Mari risponde:
Sin qui normale in tutto il mondo: (Vedi Sarchiapone e Razullo, Biancaneve e i sette nani, Cesare e Bruto).

Aniello Langella scrive:
Tante volte ho tentato di leggere queste contraddizioni, invocando la natura contrastata e contrastante del Vesuvio, scomodando perfino Freud e altrettante volte sfinito ho dovuto soccombere, nel desiderio di giustificare in qualche modo il contraddittorio che sta alla base del paese del Vesuvio. Contraddizione è un complimento per questo strano agglomerato, il cui istinto si regge spessissimo su pensieri e idee surrettizie, equivoche e anche a volte blasfeme.
Intro assai burrascoso il mio.

Luigi Mari risponde:
L'uomo, secondo me è la contraddizione fatta carne che è alla base dell'esistenzialismo. L'uomo considera due logiche quella comune e quella individuale. Tutto dipende dal ruolo assunto. Un fatto opinabile qualunque si inverte a seconda delle due logiche. E qui fa perno e guida l'istinto di conservazione.

Aniello Langella scrive:
Premessa dai toni grigi, direbbe qualcuno. Eppure ne sono convinto: è proprio così e di ciò che vado asserendo, me ne assumo tutte le sacrosante responsabilità. Ma paradossalmente, chi è più convinto di me di queste idee, apparentemente strampalate, ingiuriose e forse un po’ retrò, è proprio lo stesso popolo che alla fine interrogato con gentilezza e con la discrezione confidenziale, fatta al bancone del bar, mentre si beve assieme il solito caffè, ti confessa anch’esso che queste idee, le condivide. Le sposa appieno e ne farebbe anche la bandiera per una rivoluzione. “Tutti sono na maniata i fetiente”: questo la divisa, il motto del rutilante stendardo, altro che post fata resurgo.
“I politici: na maniata i mariuoli. I prievete nun ne parlamme. A gente, tutti a fatti loro”
Questo il senso aspro, polemico e ripeto surrettizio del parlare al bar.

Luigi Mari risponde:
“I politici: na maniata i mariuoli. I prievete nun ne parlamme. A gente, tutti a fatti loro”
Questa frase è verosimile al 50x100 detta dalla logica comune ad di fuori delle caste. Entrafi nelle caste il concetto si inverte.

Aniello Langella scrive:
Tuttavia nessuno fa nulla e pochissimi impavidi osano. Osare è già tanto in un paesino dove se incontri un amico, ti chiede dei tuoi figli perché vuole parlarti dei suoi, che sono ben piazzati col posto in Banca o al Comune. Osare è eroico perfino in questo luogo, dove non c’è un teatro e dove il palcoscenico è un lemma spesso estraneo al vocabolario comune. Alla grande si può fare Eduardo. Ma guai parlare di Brecht o Dario Fo. E la festa? Quella dei 4 altari, che è spesso tripudio di sciatteria, diventa la piazza dove sciorinare solo critiche e dove con pregiudizio dietro ai balconi che si guardano e ammiccano, si nascondono le serpi.
“Nisciune te dice che si bello, pe’ dicere che si meglio i mmé”. Chi ti dice che sei bello o bella, lo fa solo per mmiria. E così, sembrerà strano, ma spesso quando ti fanno un complimento a Torre, devi presto e con gesto attento infilare la mano nei calzoni e completare dopo il pensiero di scongiuro, il rituale grattandoti gli attributi. Si fa così.

Luigi Mari risponde:
Una volta ho scritto che Torre del Greco, un po' a causa delle dominazioni, poi a causa del lavoro marittimo planetariamente itinerante, si sono assorbiti i difetti umani di tutto il mondo.

Aniello Langella scrive:
E’ un paesino stranissimo questo. Rinnega i suoi figli. Li genera e li abbandona al destino oscuro dell’oblio.
Ebbe tanti figli questa contrada vesuviana. Ebbe Giovanni Mazza che da Torre del Greco andò a ritirare ad Amsterdam un premio internazionale di letteratura latina. Mica fesso il professore. Ebbe Gaetano De Bottis che di vulcani e di Vesuvio scrisse trattati. E come lui ebbe Ignazio Sorrentino. Più tardi ospitò il maestro Domenico Zingaretti il quale aveva fatto coi pentagrammi la sua fortuna. Qui è nato Vincenzo Di Donna, prete e storico di grandissima fama. Poi Errico De Gaetano, Raffaele Raimondo, Ciro di Cristo. Ma questa è anche la terra degli artisti. E qui l’elenco qui sarebbe lunghissimo e abbraccerebbe tutto quell’universo di grandiosa bellezza che va dal mondo dell’incisione del cammeo e del corallo, all’olio su tela.
Ma sempre in questo strano villaggio passò parte della sua vita Alfonso I d’Aragona, detto il Magnanimo e anche suo figlio Ferrante fece lo stesso. E questi erano i Re di Napoli e del Regno. Senza disprezzare altre realtà locali, mica questi signori andarono a vivere a Casandrino o a Bacoli, oppure a Sorrento o a Capri. No, cari lettori questi Re vennero ad abitare a Torre del Greco. E i cittadini, i villici per tutta risposta non hanno intitolato a questi signori nemmeno una panchina della litoranea.
Più di recente qui visse il signor Leopardi Giacomo e pure chisto l’avimmo fatto fuire.
Qui ha suonato Mozart. Si proprio lui, il bambino prodigio. Il Volfango Amedeo nel passare da palazzo Sessa a Napoli, a Pompei stette due giorni a Torre presso nobili locali (e non vi dico, perché non merita che lo sappiate) a suonare il piano esibendosi accanto a Leopold. Pensate: Mozart a Torre del Greco. Mi sembra quasi il titolo di un convegno e perché no di un recital, di una commedia. Se fosse transitato per Birmingham in Alabama, gli avrebbero intitolato l’aeroporto.
Che strano pago questo di Torre del Greco.
Ma alla fine di cosa difetta questa noiosa e immutata comunità. Cosa le manca per cui non riesce a riappropriarsi della propria cultura. Cosa potrebbe fare per riprendersi il proprio tesoro e il proprio patrimonio culturale?

Luigi Mari risponde:
Fino all'unità d'italia, un secolo e mezzo fa, la cultura era retaggio di poche persone, oggi a Torre del Greco si fa prima a contare i non laureati. L'interesse, però, alla cultura classica risale all'800 quando le meraviglie del sapere erano letteratura classica, teologia, poesia e gli ultimi adepti sono stati i pre rivoluzione industriale, annientati, poi, dalla rivoluzione elettronica. Oggi la cultura e il sapere hanno subito uno sconvolgimento per l'ingerenza delle nuove scienze, le quali hanno rivoluzionato musica, arte, ecc. che sono i cardini del benessere economico.
Che Torre del Greco sia oggi un cimitero di quelli che vengono considerati vecchi barbassori non interessano più di tanto, con buona pace dei personaggi del passato che hai citato.

Aniello Langella scrive:
L’azzardo è grande e forse più grande è la risposta, ma io ci provo.
La città non ha imparato come altrove a dire GRAZIE! Un grazie semplice, gentile, che tutti possono comprendere.
Qui nessuno ti dice grazie. Cosa volete farci. Stare tra le mura di casa propria, scopare il terrazzo e gettare la spazzatura per strada è in fondo il grazie che ogni mattina si da alla città!
Ma alla fine cosa c’entra in tutto questo discorso Torreomnia? “Dove vuoi arrivare?”, vi sarete domandati.
Tanti anni fa, come quei signori che prima ho citato e non me ne voglia qualcuno che per distrazione ho involontariamente omesso, Luigi Mari, si inventò Torreomnia.
Tutti sanno di cosa parliamo. Tutti potrebbero esprimere la propria opinione e nel rispetto delle regole (non regole) torresi, nel bene e nel male. Eppure Torreomnia che “tramette” h24 da via del Purgatorio a Torre del Greco, infischiandosene proprio di quelle maledette non regole, continua cu na capa tosta e n acrigna, a regalare a piene mani alla rete le delizie di questa città. Non regala gli improperi, le volgarità, oppure velenosi dardi colorati di politichese. Tutt’affatto, Torreomnia regala un messaggio d’amore per quella che Mari, il suo fondatore definisce ancora città. Lui non demorde e crea ogni giorno palinsesti colorati nuovi, attrezza 4, 5, 10 altari per la festa di ogni mattina.
Quanta gente per il mondo abbia fatto felice, non saprei contare. Io stesso, emigrante torrese di un tempo, oggi cittadino d’Europa come tu che mi leggi, la sera in particolare entravo in Torreomnia e li restavo a leggere e ad ascoltare dimenticando l’orologio. Una delizia per chi vive lontano dalla propria contrada (Mari continua ancora a definirla città,…bontà sua).
Il portale che in rete accoglie tutte le espressioni della cultura locale, da quella più semplice, più giocosamente facile a quella più dotta, è Torreomnia.
E quale sia la risposta dei torresi, io non riesco proprio ad immaginarla. Cinquecentomila utenze, un milione,…numeri senza senso. La verità è nel suo cuore, nei suoi contenuti. Quelli restano e finché resterà la rete, essi resteranno. Semplice, gentile e ricco il portale attrae i napoletani d’America, gli emigrati e i torresi in cerca di curiosità e di arricchimenti
Ma quel che è veramente strano in questo villaggio di circa 100.000 anime e che nessuno gli dice grazie. Non v’è dubbio che qualche stitico ringraziamento giunga alla redazione che in tanti anni si è smazzata. Ma cosa volete che sia un grazie. Altrove e non molto lontano, per un progetto del genere si sarebbero attivati fondi europei, perché quel portale aiuta la gente; fa sorridere a distanza, aiuta a superare anche i momenti di malinconia, dando una speranza; stimola alla curiosità; da una mano agli studenti; si apre al mondo della scuola; accarezza l’anziano; diletta le persone sole. E vi pare poco?
E dove siano finite le istituzioni, nessuno può saperlo. Possibile che non vi sia qualcuno che scriva un Grazie? E se il politico nicchia o fa finta di ignorare tutto, affacciandosi dalle finestre del Palazzo Baronale, cosa faccia poi la Proloco nessuno può saperlo. Associazione per la promozione culturale.

Luigi Mari risponde:
Dire grazie a Torreomnia equivarrebbe dire Grazie a 100.000 abitanti, i potenziali autori, soprattutto quelli che forniscono notizie di prima mano e affatto notizie attinte solo con l'OCR, spesso anche da libelli senza valore notorio, che fanno solo quantità di zavorra.
La città brilla di luce propria, Torreomnia è la città stessa. Per apprezzare Torreomnia basta dire: "Signore, grazie di avermi fatto nascere in una cittadina di particolare bellezza e di sane origini, pur se oggi genuflessa innanzi all'altare del pragmatismo".
Non è con i numerosi grazie che un "muratore" di collazioni e compulsazioni, incline a scelte sociali, prima che culturali e umanistiche, senta la gratificazione; ma con la gioia della consapevolezza onirica di poter riguadagnare pregi e qualità di vita elevate di fratellanza e campanilismo, napoletanità, infine, come un tempo.

Aniello Langella scrive:
“Promozione culturale”: due parole il cui senso è svilito, abusato, violentato a Torre. I torresi pensate hanno fatto morire tutto ciò che è connotato dalla parola culturale; quando si parla di cultura l’80% pensa al profitto, mentre la cultura che notoriamente “non paga” è gratuita, perché in essa è incastrata la parola amore per.
Pensate per un attimo all’atmosfera tragica e violenta del “funerale del corallo”. I torresi sono stati capaci di fingersi addolorati, affranti seguendo il feretro del corallo, essendo essi stessi i consapevoli killer. Sono stati il mandante e l’esecutore materiale e tutto consumato sotto gli occhi di tutto e senza pietà.
Pensa tu, Luigi, hanno ucciso tutto il gota della cultura di questo villaggio e fingendosi affranti hanno sparato alla tempia del “corallo”. Masochismo? No, Luigi, imbecillità!
Portale più portale meno, le cose vanno così. Politici, proloco, giornali,…nessuno ti dirà mai grazie, anche se tu continui a spedirgli tutti i sacrosanti giorni il “buongiorno”,…loro non ti risponderanno, e con pregiudizio ti sorrideranno falsamente e ipocritamente. Ma non ti risponderanno mai!
Ecco perché ti ho scritto
Grazie Luigi Mari.
Grazie per Torreomnia
E nun t’avvelì tanto chisti signure sta lettera non la leggono nemmeno. Oppure no?

Luigi Mari risponde:
Leggono... leggono.... Di nascosto... E questo dispiace, perché è un rifiuto alla comunione. Ripeto che la cultura intesa come classica non ha ragione e necessità di esistere oggi, perché è poco praticabile e adattabile alla vita moderna. E' adeguato che passi sotto la definizione di "sapere" o "conoscere" se più vi piace.
Un altro aspetto che è universale e immortale, e qui Torreomnia si è battuta e insiste, è l'Amore! che, a farci caso, è il cardine di tutte le culture antiche e moderne di cui pochissime di esse hanno inneggiato all'odio e alla discriminazione, come il Nazionalsocialismo.
Torre del Greco oggi è obnubilata per il disastro economico corallo - lavoro marittimo - crak finanziario. Mai i torresi hanno avuto il bisogno di grandi momenti di riflessione, nemmeno nelle post-eruzioni. Si prospetta una sorta di palingenesi?
Luigi Mari


ID: 15526  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: martedì 19 febbraio 2013 Ore: 16:06

Mio caro Aniello,
ho ricevuto diverse e-mail e telefonate con riferimento a questa lettera. Non è vero che nessuno l'ha letta. Torreomnia, grazie a noi, alla decina di antesignani del forum torrese più umano e meno glaciale e virtuale, è diventata una Chiesa sgarubbata, un tempio osservato solo dall'esterno, con la sua interattività macellata dalle nostre boria, alterigia e presunzione.
Un momento di grande comunicazione torrese fu questo forum, ricco di calore e di gioia, fino a che una sorta di congiura accademica non lo sfasciò.
Come accade per la politica triunvirati e quadrunvirati si scindono, coalizzano diversamente, fino a rimanere autarchici più che autonomi.
La dozzina di torresi che la sera ci scaldavamo intorno al braciere dei ricordi nostalgici o dei valori sociali ora bivacchiamo nelle nostra camere fredde e asettiche, quasi tutti disuniti. Io non risento delle singole personalità danneggiate ma da un'infermità di sistema, dall'incapacità della squadra di privilegiare il NOI trascurando l'IO.
E qui non celo anche i miei disparati mea culpa.
Mio caro, devo approfondire la Tua lettera, perché c'è una bella differenza da quello che appare a prima vista e quello che è nel profondo dell'anima, anche senza calcolo o cattiveria; solo così posso risponderTi a tono per non incappare nei salamelecchi affatto costruttivi.
Noi tutti siamo un potenziale contenitore di bene e di male. Il bene lo sbandieramo ipocritamente ai 4 venti come vuole la logica comune la quale si dipana dal concetto del dolore e della sofferenza morale, quindi finiamo nel predicare il giusto, l'amicizia, l'amore, infine. Poi razzoliamo nell'individualismo
Ma questo concetto universale del bene è disturbato in noi dal bisogno compulsivo di sopraffare e prevaricare anche solo sotto l'aspetto spirituale perché ci hanno convinto che il veicolo dell'amore stia dierto il paravento dell'ammirazione.I potenti e i superiori vengono esteriormente ammirati ed osannati, ma interiormente odiati e persino disprezzati per non essere capaci di dividere la torta dell'amore universale.
"Prima Dio e dopo l'io", ha detto il Papa in questi giorni. Mai come questa volta "Dio" si intende come "gli altri".
Se fossimo capaci di smaltire in noi la sindrome del primo della classe, per il terrore di apparire inferiori, anche e soprattutto vivendo extra moenia non finiremmo dallo bannarci dai nostri siti non desiderando più comunicare non dico fraternamente, ma almeno campanilisticamente.
Luigi Mari



ID: 15524  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.it  - Data: martedì 19 febbraio 2013 Ore: 15:12

Caro Aniello, non è vero che proprio nessuno dica un grazie a chi come me e Te lavorano intensamente per il sociale. (Vedi sotto) Ma i risultati migliori vengono fuori dietro trascorsi di difficoltà esistenziali, sofferenza, che sono i motori della creatività. E la gente se ne accorge anche se fa finta di niente. Anche se per me "successo" è solo il participio passato del verbo succedere,  ti assalgono rancore, rivalità e malevolenza di diversi addetti ai lavori. Tutto ciò che deteriora e divide la fraternità denota incapacità di amare.

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