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Argomento presente: « PIETRO SPINETO MUORE SPARATO » | |||||
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ID: 16977 Intervento
da:
la redazione
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domenica 16 agosto 2015 Ore: 11:09
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ID: 16967 Intervento
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la redazione
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info@torreomnia.it
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venerdì 14 agosto 2015 Ore: 14:03
Torre del Greco, la morte di Pietro La foto sul cellulare li ritrae abbracciati, come sempre. Eppure la loro amicizia era iniziata con una scazzottata. "Una spallata di troppo e avevamo fatto a botte", racconta Daniele, il viso da adolescente invecchiato di colpo nello spazio di una notte. "Qualche giorno dopo ci siamo rivisti, e abbiamo fatto pace. Da quel momento siamo diventati inseparabili. Abbiamo dormito nello stesso letto, mangiato nello stesso piatto, fatto le stesse cazzate. Pietro era il fratello maggiore che avevo sempre desiderato". Due ragazzi cresciuti in simbiosi nelle strade di Torre del Greco. Ma quel mondo fatto di cose semplici, adesso non c'è più. Una vita spezzata, l'altra non sarà mai come prima. Piange Daniele (il nome è di fantasia) e piange anche la mamma, che ha trovato la forza di accompagnare il figlio dalla polizia per spingerlo a raccontare la verità. "L'ho fatto e lo rifarei mille volte. Come è potuto succedere questa tragedia, come?", si chiede fra le lacrime. In un'altra casa, sulle scale di vico del Pozzo, si disperano il papà di Pietro Spineto, Carlo, che lavora come ambulante con regolare licenza, la matrigna Maria Grazia, che ha cresciuto quel ragazzo come se fosse suo, i fratelli, gli amici. "Pietro era dolcissimo - ricorda il padre - tutti gli volevano bene. Aveva tanti sogni, desiderava il motorino. Adesso non potrà più comprarlo". Le due famiglie si conoscono da un pezzo. Sabato notte, quando si sono ritrovate negli uffici della polizia, si sono abbracciate. "Mi dispiace, mi dispiace davvero. Quello che è capitato a Pietro poteva capitare a mio figlio", ha mormorato sconvolta la mamma di Daniele. Maria Grazia l'ha stretta forte e anche Carlo. L'uomo però è rimasto più freddo. "So solo che ho perso un figlio e non ho ancora capito come. Ma come si fa a giocare con una pistola?", ripete. Nelle sue parole, più che rabbia, ci sono dolore e sconcerto. Ma Carlo Spineto sa già che presto arriverà il momento, se non del perdono, della comprensione per quel ragazzino "che conosco da sempre, stavano insieme notte e giorno, lui e Pietro", afferma con gli occhi lucidi. Per capire questo dramma destinato a lasciare profonde, insanabili ferite nei cuori di chi l'ha provocato e di chi l'ha subito, bisogna riviverlo dall'inizio, nel racconto di Daniele. Seduto nella cucina di casa, la madre accanto ancora sconvolta, il quindicenne ricostruisce così, a "Repubblica", la notte più nera della sua giovane esistenza: "Con Pietro avevamo deciso di andare a mangiare un panino. Io però avevo come un presentimento, come se dovesse succedere qualcosa. Mi è venuto in mente che avevo dimenticato di dar mangiare al cane di mio padre", che da tempo non vive più con la madre. Così, continua Daniele, "siamo andati insieme in vico Bufale. Pietro doveva prendere le chiavi, invece ha trovato la pistola". L'arma, dicono, era in un calzino. "Quando l'ho vista gli ho detto: Pietro, che fai? Posa 'sta cosa. Se ci vede qualcuno ci picchia. Ma lui ha tolto il caricatore. I colpi dentro non c'erano. Pietro ha sparato tre volte in aria: "plat, plat, plat". Sembrava proprio scarica. Poi ha sparato altre due volte verso di me. E ancora: "plat, plat". Allora gli ho detto: "Scemo che sei, mi vuoi sparare? Vuoi vedere che sparo io a te? Ho preso l'arma. Neppure il tempo di premere il grilletto e ho sentito la botta. Lui è caduto. "Pietro, Pietro", ho gridato. Ho avuto paura, ho gettato l'arma e sono scappato". Daniele torna a casa di corsa. "Quando è arrivato - ricorda la madre - non parlava. Ma ho capito subito che doveva esserci qualche problema. "Niente, mamma, ho mal di denti", mi ha risposto. Poi ho sentito gridare in strada. "Hanno ucciso Pietro, il figlio di Carlucciello". Ho guardato mio figlio: " Daniele - gli ho chiesto - dimmi la verità, che cosa è successo?". All'inizio, Daniele risponde con una bugia. Racconta tutto, ma giura che Pietro si è sparato da solo. La madre però capisce che non è sincero fino in fondo. "Sono andata da mia sorella perché avevo bisogno di essere aiutata. Lei mi ha consigliato di andare in caserma. E io l'ho fatto. Ho chiesto che mi facessero parlare con una persona esperta. Li ho implorati: "Aiutatemi, convincete mio figlio a dire la verità". Daniele crolla quasi subito. Ora madre e figlio si abbracciano, la donna piange, il ragazzino alterna momenti di sconforto a lunghi silenzi in cui sembra scorrere i fotogrammi di quel mondo felice svanito di colpo. "I pantaloni che Pietro indossava, quando è successo il fatto, glieli avevo regalati io. Quante cose, ancora, dovevamo fare insieme". Daniele frequenta l'istituto alberghiero, ora lo attende un processo per omicidio colposo. Pietro avrebbe compiuto 19 anni alla fine di ottobre. "Aveva studiato fino alla terza media - ricorda Carlo, il padre - ora si dava da fare con mille lavoretti, in un bar, sulla spiaggia, in garage. Non aveva vizi, persino la barba era sempre in ordine. Non gli mancava niente, era un ragazzo felice". Maria Grazia ricorda che Pietro "impazziva per il Napoli. Quando la sua squadra del cuore giocava, non capiva più niente e correva a vedere la partita". A casa lo hanno visto per l'ultima volta alle cinque e mezza di sabato pomeriggio. "Si è preparato per uscire con Daniele, come sempre. L'ho rivisto alle dieci di sera, tutto insanguinato", dice con un filo di voce Maria Grazia, che assiste persone malate e quindi conosce la sofferenza "ma un figlio che muore è un dolore che non si può spiegare". Anche la mamma di Daniele, che lavora come badante, la pensa allo stesso modo: "È vero, ho ancora mio figlio. Ma sto male anche io come i genitori di Pietro. Vorrei andare al funerale, ma non so cosa mi aspetta". In questa storia assurda, sono però altri ad aver commesso l'errore più grave. "Mio figlio ha sbagliato e si è assunto le sue responsabilità - sottolinea la mamma di Daniele - ma chi ha lasciato quella pistola lì, alla portata dei ragazzi, deve pagare. Pietro deve avere giustizia". È una serata con un po' di vento, a Torre del Greco. In vico del Pozzo, si piange per Pietro e i suoi sogni che non si potranno più realizzare. Dall'altra parte della città, Daniele e la madre non riescono a darsi pace, tormentati dall'incubo di quella notte. Sui cellulari degli amici, c'è sempre la foto dei due ragazzi che sorridono, abbracciati come fratelli. |
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