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Argomento presente: « IL VESUVIO E' UN DIAVOLO2 »
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ID: 1739  Discussione: IL VESUVIO E' UN DIAVOLO2

Autore: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Scritto o aggiornato: martedì 27 giugno 2006 Ore: 14:50

Grazie a gli ottimisti del forum per le loro parole. Nessuno però mi scende nei dettagli e mi dà orizzonti di tranquillità a ragion veduta. O forse è meglio mettere la testa nella sabbia ed andare avanti così. Allora aboliamo la prevenzione nel campo della medicina, non più accertamenti, ecografie, esami preventivi, ecc. Cosa dicono questi signori sui giornali? Tutto inventato?

Mario Fusco

Torre del Greco, è esodo.
Dal ’91 sono «scappate» oltre seimila persone
(da il Mattino http://www.ilmattino.it
Rischio Vesuvio, disoccupazione e alto indice di invivibilità mettono in fuga i torresi. Secondo i dati diffusi dall'ufficio anagrafe del Comune di Torre del Greco, in media sono circa centocinquanta i cittadini che ogni mese chiedono di essere cancellati dai registri di residenza per ottenere il trasferimento definitivo in zone del nord d'Italia: dal '91 ad oggi, sono «scappati» oltre seimila uomini e donne.
Un totale di diecimila persone in meno rispetto all'85. Dunque, un esodo di massa che soprattutto negli ultimi tempi ha continuato a subìre una vera impennata: basti pensare che in due settimane sono state consegnate allo sportello di via monsignor Felice Romano circa cinquanta pratiche relative al cambio di residenza. Tradotto in numeri, significa che, in quindici giorni, almeno un centinaio di persone - talvolta interi nuclei familiari - insofferenti ai mali cronici di Torre del Greco, hanno preferito cambiare aria, traslocare e voltare le spalle alla terza città della Campania.
Un trasferimento meditato e già progettato da tempo che, però, per molti è maturato all'indomani della scossa di terremoto di origine vulcanica che a ottobre scorso ha generato il panico in tutta la popolazione che vive alle pendici del Vesuvio. Un numero elevatissimo di uomini e donne, adulti, anziani e bambini che, sempre più spesso - secondo le stime degli esperti - sceglie di andare ad abitare soprattutto in comuni dell'Emilia Romagna e comunque in paesini del centro-nord d'Italia. Non a caso, tra le città italiane più gettonate dai torresi emigrati, ci sarebbe Carpi.
Ma, a differenza degli scorsi anni quando a partire per non tornare più erano in particolar modo i giovani in cerca di lavoro, oggi decide di voltare definitivamente pagina anche chi non ha problemi occupazionali: impiegati statali e comunali, liberi professionisti, artigiani, commercianti e ristoratori. Gli stessi che, per investire sul futuro dei figli, non esitano a calpestare le proprie radici e ad abbandonare gli affetti familiari nella speranza di migliorare soprattutto la qualità della vita.
Migliaia di papà e mamme, insomma, che specialmente in queste ore, contribuiscono a paralizzare il mercato immobiliare: primo settore, fra tutti, che ha registrato le immediate conseguenze di quella che sembra essere una fuga dall'inferno.Ma a quanto pare, i sintomi di un malessere diffuso erano chiari già sul finire degli anni ’80, quando i dati anagrafici iniziavano a segnalare le prime emorragie di cittadini.
Nell'85, infatti, vivevano a Torre del Greco oltre 105mila persone: nel '91, il censimento ufficiale ha contato 101mila 361 abitanti. Un decremento che non si è mai fermato: nel '98 la popolazione è scesa a 95mila 661. Tuttavia, il calo demografico potrebbe toccare il minimo storico nel '99. Nei primi sei mesi di quest'anno, infatti, secondo i rilevamenti dell'ufficio anagrafe, sono emigrati 1227 torresi: 168 a gennaio, 97 a febbraio, 304 a marzo, 137 ad aprile, 308 a maggio e 213 a giugno.
E mentre bisognerà aspettare il Duemila per stabilire con certezza quante persone hanno scelto di andarsene da Torre del Greco durante l'ultimo semestre di questo secolo, le stime ufficiali riportano un altro dato inquietante. Da gennaio ad oggi, sono state presentate 1215 pratiche per il cambio di residenza di giovani coppie o di interi nuclei familiari: 160 in più rispetto allo scorso anno.

MARIELLA ROMANO
Monumenti: salviamoli dai disastri
(da il Mattino http://www.ilmattino.it
Meridione da proteggere. Troppi rischi naturali per le città costiere, ma anche per i centri dell’Appennino. Dall’Abruzzo alla Sicilia, attraverso il Molise, la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Campania. Parchi soprattutto, nazionali e regionali. Aree protette, le più ricche di beni ambientali, monumenti, testimonianze storiche. Ma quanto potrebbe essere distrutto da una scossa di terremoto, da una frana? Quanto rischiano le città vesuviane se il vulcano dovesse minacciare un improvviso risveglio? Scongiurare lutti e macerie, mitigare e prevenire i pericoli, allontanare la possibilità che il 30 per cento circa dei monumenti e degli edifici pubblici dell’area del Vesuvio vengano danneggiati; ma anche che la Campania perda, in caso di movimenti della terra, il 10 per cento dei beni ambientali: è questa l’ultima scommessa del Dipartimento della Protezione civile.
Con un disegno di legge approvato tre giorni fa dalla giunta, scende in campo anche la Regione: tutti i proprietari di immobili, potrebbero essere obbligati a verificare la vulnerabilità del proprio appartamento. Un capillare monitoraggio del patrimonio abitativo campano, che la Regione è disposta ad incentivare anche attraverso convenzioni con gli Ordini professionali di ingegneri, architetti e geometri. Dopo tre anni di lavoro che ha impegnato circa mille tra tecnici, informatici, amministrativi, e socialmente utili, i dati del Dipartimento, aggiornati a giugno ’99, sono stati annunciati ieri nell’ambito di un convegno nazionale che si è svolto a Villa Bruno, a San Giorgio a Cremano, a cui hanno preso parte funzionari della Prefettura, del Dipartimento della Protezione civile, della Regione e della Provincia, olre che il sindaco della città vesuviana.
Conclusa la prima fase del progetto, a gennaio i risultati definitivi sulla vulerabilità degli edifici pubblici, dei monumenti e dell’edilizia abitativa. Intanto, il Dipartimento già conosce quali materiali sono stati utilizzati negli ultimi 20 anni nelle sette regioni monitorate, per costruire scuole, ospedali, alloggi, strutture pubbliche. Lo stato di salute di chiese e beni architettonici e storici, è stato verificato in 463 comuni, 20 province e Prefetture, 9 parchi nazionali e 10 parchi regionali. Pessimo - è il dato emerso - lo stato di conservazione del 70 per cento degli edifici controllati. r. p.
Giovedì 2 dicembre '99 «La situazione è sotto controllo, niente allarme» (da il Mattino 2/12/99) Lo studio dei due geologi, Palumbo e Pennacchio, con la supervisione del professor Ortolani, presto diventerà una pubblicazione. Sulle loro scoperte si è concentrata l'attenzione della Federico II e del CNR. Finora il costo delle ricerche è stato interamente a loro carico, ma i giovani (Palumbo ha 28 anni e Pennacchio 35) sono ottimisti per il futuro. Gregorio Palumbo ci mostra l'intero lavoro, che costituisce anche la sua tesi di laurea. Un faldone da migliaia di pagine.
Sorpreso delle novità trovate o in qualche modo se l'aspettava? «Nient'affatto, il primo a meravigliarmi sono stato proprio io, soprattutto perchè non c'era traccia in nessun testo dell'attività vulcanica nel Casertano. La lava a Parete proprio non potevamo immaginarla». Qual è per i cittadini il risvolto delle vostre ricerche? «Non devono allarmarsi, ma nemmeno sottovalutare il fenomeno. Qui si parla sempre del rischio Vesuvio, ma il pericolo potenziale c'è anche nei Campi Flegrei. La valutazione del rischio vulcanico per i Campi Flegrei è basata sullo studio dell'attività recente (più giovane di 10 mila anni).
Secondo i nostri dati i pericoli per il Casertano nascono proprio da lì e più che di natura vulcanica sono di natura sismica. Generalmente i terremoti che si generano in aree vulcaniche che non hanno energia molto elevata sono legati alle caratteristiche meccaniche del mezzo attraversato dall'onda sismica, come la densità o la compattezza. Sarebbe un errore gravissimo metterlo da parte». Come possono attrezzarsi i Comuni per affrontare il problema nel modo migliore?
«I sindaci devono interessarsi al sottosuolo dei paesi che amministrano e disporre studi di esperti, finalizzati alla realizzazione di mappe del rischio dal punto di vista idrogeologico, sismico e vulcanico». A cosa realmente potranno servire le mappe? «Innanzitutto a cautelare il territorio e i cittadini. Solo conoscendo in profondità e con certezza quello che c'è sotto i nostri piedi potremo evitare possibili sciagure. E poi le mappe sono la base della legislazione di tutela: come si possono rilasciare concessioni edilizie senza conoscere cosa nasconde il sottosuolo?
Troppo spesso oggi si costruisce senza relazioni geologiche, che risultano indispensabili. Il nostro ruolo è salvaguardare la tutela territoriale». Ma il gap da recuperare è enorme... «Più di quanto si possa immaginare e sembra che nessuno voglia capire la necessità di muoversi con decisione nella direzione opposta. Il nostro studio è il cardine da cui cominciare. Prima il più aggiornato documento risaliva al 1986 e si trattava di una ricerca condotta dall'Università di Napoli a due anni dal bradisismo. Per il resto c'è poco da stare allegri. Vanno riviste tutte le carte sul rischio vulcanico-sismico in Campania.
Noi porteremo avanti, tra breve, sperando di poter contare su fondi di ricerca, una campagna di monitoraggio nell'intera regione, con l'obiettivo di dar vita a nuove mappe e di incentivare una nuova cultura della tutela del territorio».


Rischio maremoto Tirreno;
CNR, ALLARMISMI INFONDATI
(a ANSA http://www.ansa.it )

PALERMO, 1 DIC - ''Non sussistono indizi di imminenti rischi legati agli apparati vulcanici sommersi e sono pertanto infondati gli allarmismi dopo la divulgazione delle ultime ricerche sui vulcani del mar Tirreno''. Lo dice Michael Marani, responsabile di un progetto del Cnr per lo studio dei fondali del Tirreno. Marani, in una conferenza stampa a Roma per divulgare gli ultimi risultati delle ricerche, aveva parlato dei rischi di maremoti per Calabria, Campania e Sicilia, dovuti a ''collassi di materiale dai fianchi del vulcano Marsili che s' innalza dal fondo del Tirreno''. Secondo Marani ''la novita' di queste ricerche e' di fornire una base di conoscenze allo scopo di avviare indagini per approfondire la dinamica evolutiva di questi apparati e quindi per definirne la potenziale pericolosita' in modo simile a quanto normalmente avviene per i vulcani emersi''. La prefettura di Messina aveva chiesto notizie sulla possibilita' di maremoti al dipartimento di protezione civile dopo aver letto le notizie che erano emerse nella conferenza stampa di Marani e di altri scienziati dell' istituto di Geologia marina di Bologna titolare del progetto del Cnr. (ANSA).

COM-FK - SAN GIORGIO A CREMANO «EDUCAZIONE ALLA CONVIVENZA»
(da il Mattino http://www.ilmattino.it

Vesuvio: consapevolezza del rischio, educazione alla convivenza. Queste le idee-cardine del piano che il Comune di San Giorgio ha varato in questi giorni per informare («e formare») i ragazzi delle scuole cittadine, i soggetti più a rischio-disinformazione. Il progetto, che è promosso e sarà sviluppato attraverso il laboratorio regionale «Città dei bambini e delle bambine» (di cui uno dei settori tematici è proprio quello della convivenza con il vulcano) porta la firma dell'Istituto Internazionale «Stop Disaster», una organizzazione che si pone l’obiettivo di «diffondere la cultura della consapevolezza del rischio» per le comunità civili che ne sono esposte. Dalle indicazioni sperimentali raccolte nella prima fase di questo progetto scaturiranno anche precisi indirizzi per il piano di protezione civile relativamente alla popolazione scolastica.
A San Giorgio, infatti, il 35 per cento dei 65mila cittadini è costituito da ragazzi in età scolare e il 95 per cento di questi non ha mai avuto un approccio positivo con il rischio Vesuvio. Si parte il 16 dicembre a Villa Bruno con la seconda edizione dell'iniziativa
«Il Vesuvio a scuola» rivolta agli studenti delle scuole medie della città. «È urgente, soprattutto se si ha a che fare con la fascia d'età infantile-adolescenziale, spostare il problema sull'aspetto educativo - dice il vicesindaco Giovanni Carbone - e quindi far acquisire una consapevolezza di convivenza con il rischio. Per fare questo abbiamo messo insieme tutte le risorse del territorio: intellettuali, associazioni culturali e istituzioni per ottimizzare l'intervento».
Quest'anno, proprio a partire dal progetto di educazione alla convivenza con il vulcano, si parlerà dell'eruzione del 16 dicembre del 1631 considerata dagli esperti come riferimento per l'«evento massimo atteso». Il progetto, che si avvale della collaborazione dell'Ente parco Nazionale del Vesuvio, dell'Osservatorio Vesuviano e delle altre istituzioni coinvolte nel più vasto piano di protezione civile, come la Prefettura e la Protezione civile stessa, si articolerà in diversi momenti e sarà sviluppato nella modalità pedagogica più appropriata.
«È proprio attraverso il gioco, ad esempio - dice Arturo Montrone, il coordinatore pedagogico della «Città dei bambini» - che si riesce a migliorare l'approccio educativo con i ragazzi». In particolare si punta a trasmettere una nuova cultura della sicurezza fondata sulla conoscenza del problema e sulla risorsa Vesuvio. In quest'ottica sono previsti incontri con gli anziani, quali testimoni degli eventi passati, sul rapporto con i media e sulla loro funzione informativa, sulla conoscenza del territorio. In una seconda fase, si punterà invece anche a coinvolgere gli adulti e le famiglie.
Assieme a questo progetto, l'associazione Megaride, sempre attraverso la «città dei bambini», ne svilupperà anche uno sperimentale sul rapporto tra mare e Vesuvio, per far accostare i ragazzi al vulcano da una prospettiva differente. Questi progetti, presentati assieme ad altri 16, rappresentano un forte momento di studio e sperimentazione delle problematiche di tipo sociale e ambientale cui sono chiamati a confrontarsi ogni giorno i ragazzi.
GIANCARLO PANICO Venerdì 26 Novembre 1999 Rischio maremoto per le coste del Sud? Nel Tirreno il vulcano più grande d'Europa E' attivo, a 500 metri di profondità nel tratto Cefalù-Salerno (da la Repubblica ) E' il più grande vulcano d'Europa e il suo cratere è a circa 500 metri sotto le acque di casa nostra, nel tratto di mare tra Salerno e Cefalù. Si chiama Marsili, si innalza per circa 3 mila metri nel Tirreno, e ha un volume di 1.600 chilometri cubi. I ricercatori del Cnr dopo tre anni di rilevazioni lo hanno trovato come lo immmaginavano: lungo 65 chilometri e largo 40, inquieto e imprevedibile, esattamente come i fratelli di terra: l'Etna, il Vesuvio o Stromboli. Come questi, infatti, Marsili può eruttare da un momento all'altro, tra cent'anni oppure domani. Con una differenza: quando deciderà di farsi sentire, l'esplosione sottomarina potrebbe provocare un maremoto, un'onda d'urto colossale capace di allungarsi fino alle coste delle Eolie, della Calabria e della Campania.
E' un nuovo allarme "vulcani" a pochi giorni dalle prove di evacuazione per le popolazioni che vivono alle falde del Vesuvio? Le coste meridionali sono a rischio come quelle dei paesi del Pacifico, colpiti dall'immensa onda tsunami che flagella ogni tanto il Giappone e l'Indonesia? Il Consiglio nazionale delle ricerche che ha portato a termine la prima carta geologica di tutto il Tirreno smorza subito i toni: "Nessun allarmismo, non c'è un rischio immediato per la popolazione", spiega infatti il responsabile del progetto Tirreno, Michael Marani.
"Non è certamente una novità che i vulcani siano pericolosi e imprevedibili - aggiunge il ricercatore - semmai la novità scientifica è questa: abbiamo accertato che nel tratto di mare tra Salerno e Cefalù è attivo un vulcano gigantesco, pericoloso, imprevedibile come tutti i vulcani terrestri". Ma come hanno fatto a capire i ricercatori che Marsili è attivo? "Sui suoi fianchi - spiega ancora il responsabile del progetto, si stanno sviluppando numerosi apparati vulcanici satelliti, molti dei quali hanno dimensioni comparabili con il cratere dell'isola di Vulcano". Su alcuni dei vulcani sottomarini, ha aggiunto, "sono state identificate le tracce di enormi collassi di materiale". Sono questi "collassi" i segnali del pericolo, purtroppo non prevedibile: "Il Tirreno è il mare più giovane del Mediterraneo - ha aggiunto lo studioso - e per questo è ancora molto instabile". Gli studi del Cnr continueranno, proprio per portare a termine il lavoro di osservazione su Marsili e i suoi vulcani satellite, Alcione e Lametini: a partire dal giugno prossimo e per i prossimi tre anni, lavoreranno le telecamere guidate, si faranno le campionature per controllare l'entità dei fenomeni che proseguono "nascosti" dalle acque profonde.
Il progetto Tirreno è costato più di un miliardo in tre anni: oltre 36 mila chilometri di navigazione in 100 giorni, per studiare il sottosuolo marino dove i crateri da rilevare sono ancora numerosi.

NANNI VELLA La simulazione di Domenica 21 novembre '99 Prove tecniche di eruzione Gli articoli sulla finta eruzione news.simulazione.htm
Venerdì 12 Novembre 1999 Scienze della Terra La storia scritta sulle pietre
(da il Mattino http://www.ilmattino.it

Scienze della Terra, della sua sottile «sfoglia» di rocce che si trasforma in milioni di anni ma anche in pochi secondi. E scienziati che ricostruiscono la storia di intere catene montuose e del mare davanti Pompei, che «leggono» nell'acqua il futuro dei vulcani, che fanno i conti dei disastri ambientali ed insegnano ad evitarli. L'Italia è davvero uno strano paese: abbonda di medici e scarseggia di geologi, i tecnici ai quali è demandato il compito di studiare i tanti mali di questa nostra terra ballerina e troppo spesso violata. §
«Forse è stata anche colpa nostra - dice Damiano Stanzione, direttore del Dipartimento della Federico II - perchè fino a qualche anno non venivano sottolineate adeguatamente le ricadute pratiche delle nostre ricerche. Ma ora molti nostri studi riguardano ricerche applicate, i cui committenti sono in genere enti pubblici.
La regione Campania, ad esempio, ci ha affidato l'incarico di approntare con altri Dipartimenti universitari il "piano cave", lo studio litologico di tutte le cave esistenti sul territorio. Per i Beni ambientali del Cnr stiamo studiando i processi di degrado dei materiali lapidei, come il caratteristico tufo giallo, utilizzati per realizzare i principali monumenti in Campania. Sono invece finalizzati alla valorizzazione delle risorse minerarie dell'Italia meridionale gli studi su particolari minerali utilizzabili come materie prime in alcuni processi industriali. In collaborazione con l'Università di Heidelberg stiamo inoltre studiando i giacimenti di zinco e piombo ad Hunan, nella Cina meridionale».
Ma la ricerca che forse più interessa i campani, non solo i 600mila che vivono nella piana vesuviana, riguarda una cinquantina di pozzi, da cui i contadini da sempre estraggono l'acqua per irrigare le campagne. «In occasione di sciami sismici - spiega Stanzione - mutano alcuni parametri chimico-fisici nelle acque di falda del territorio interessato: la temperatura aumenta e varia sia la quantità che la composizione degli ioni disciolti per la risalienza dei gas magmatici. Ad esempio, nell'acqua troviamo elio, monossido e biossido di carbonio».
Grazie dunque ad alcune sonde che «pescano» nei pozzi e che monitorano costantemente, 24 ore su 24, la temperatura ed il contenuto di sali di quest'acqua gli scienziati sono in grado di controllare le variazione dell'attività del Vesuvio e di altri vulcani attivi come i Campi Flegrei.
«Fino ad oggi - ci tiene a sottolineare il geologo - non abbiamo osservato eventi che facciano prevedere un'eruzione in tempi brevi». Con analoghe procedure si sta monitorando anche la distribuzione dei metalli pesanti, come il piombo, nei suoli e nelle falde acquifere dell'area urbana di Napoli per verificarne eventuali inquinamenti. Ma i geologi napoletani, oltre che nelle future eruzioni, stanno leggendo anche in quelle passate. Nel 79 d.C. la pioggia di cenere e lapilli non si riversò solo su Pompei, Ercolano ed Oplonti ma anche sul mare, modificando il profilo della costa e «congelando» gli habitat naturali.
E come gli archeologi hanno riportato alla luce uomini e cose sepolti dallo «sterminator Vesevo», così i geologi stanno recuperando i resti fossili degli organismi animali e vegetali che vivevano nel mare o che vi sono stati trascinati dalla furia dell'eruzione. Il Ministero dell'Università e della ricerca scientifica ed il Cnr hanno infatti commissionato ai geologi uno studio sull'ambiente sottomarino del litorale napoletano e salernitano. Con il sistema del carotaggio, si prelevano campioni dal fondo marino e se na analizza il contenuto. Una ricostruzione paleoambientale perfetta, con risvolti incredibili. «La maggior parte di noi è convinta - dice il professor Stanzione - che l'inquinamento ambientale sia un problema dei nostri giorni.
In realtà non è così: anche gli artigiani di Pompei e degli altri paesi costieri inquinavano, gettavano a mare tutti i rifiuti delle loro attività». Oggi, dopo quasi duemila anni queste magagne stanno tornando alla luce. Molto più recenti le magagne evidenziate dai geologi alla foce dei Regi Lagni, dove la costruzione del villaggio Coppola Pinetamare ha alterato l'equilibrio geoambientale del litorale, e ad Ischia, dove i fenomeni erosivi stanno facendo scomparire intere spiagge.
Un'altra ricerca molto impegnativa, in cui sono coinvolti molti dei 54 docenti del Dipartimento, è la ricostruzione della storia geologica dell'Appennino. «Stiamo revisionando un modello tettonico in grado di coniugare, a partire dal Tortoniano superiore (un periodo geologico che risale ad 8-9 milioni di anni fa), le fasi tettoniche distensive, a cui è dovuta la formazione del margine continentale campano e dei bacini su di esso impostati, con le fasi compressive che hanno dato origine alla catena appenninica».
I movimenti della crosta terrestre somigliano a quelli di una fisarmonica: a periodi di calma, in cui il materiale organico ed inorganico ha tutto il tempo di sedimentare, seguono fasi convulse in cui la spinta degli strati più profondi raggiunge un'energia tale da sconvolgere ogni cosa in superficie. E di questi «sconvolgimenti» l'Appennino è stato ed è spesso teatro. Ma, a saperle leggere, tutto rimane scritto nelle pietre. Attraverso lo studio dei fossili di organismi animali e vegetali, i paleontologi della Federico II stanno anche ricostruendo la storia climatica della Campania. E poi c'è Ciro, il cucciolo di Scipionix samniticus trovato a Pietraroja, un paesino del Beneventano.
«La scoperta - conclude Stanzione - ci ha fatto capire che abbiamo ancora molto da apprendere sulla storia della nostra terra». Evelina Perfetto 15:54 VESUVIO: JERVOLINO INCONTRA PARLAMENTARI CAMPANI (ASCA) - Roma, 28 ott - Su richiesta dei parlamentari del centro-sinistra dell'area vesuviana il ministro dell'Interno Rosa Jervolino Russo ha ricevuto gli on. Piccolo, Cennamo e Siola i quali, anche in rappresentanza degli altri colleghi, hanno espresso i problemi relativi alla efficiente organizzazione e gestione degli interventi che le istituzioni hanno il dovere di predisporre per garantire la sicurezza dei cittadini di fronte ad una eventuale futura ripresa dell'attivita' del Vesuvio.
Il ministro Jervolino - si legge in una nota del Viminale - ha innanzitutto riconfermato quanto, nei giorni scorsi, e' stato piu' volte sottolineato dal sottosegretario Barberi circa la insussistenza di attuali pericoli ed ha espresso la piena volonta' del governo di lavorare insieme con le istituzioni locali e con gli eletti dai cittadini per affrontare e risolvere i problemi del territorio.

Il Vesuvio fa tremare Napoli Piano di evacuazione in 7 giorni.
"Ma non c'è pericolo" Lo sciame sismico provocato da magma a 10 chilometri di profondità. Polemica sull'allarme
di OTTAVIO RAGONE (da la Repubblica http://www.repubblica.it

NAPOLI - Manca poco all'alba quando il Vesuvio spedisce un altro dei suoi sinistri messaggi. Alle 4.25 i sismografi registrano una scossa di magnitudo 2.9, ennesimo sussulto dello sciame sismico che da sabato scorso tiene sulla corda migliaia di abitanti alle falde del vulcano. Tremano i tavoli nelle case, ballano i letti. La scossa non fa danni, si spegne in pochi secondi, ma lascia dietro di sé una scia di panico. Eppure la Protezione civile ripete alla popolazione che non bisogna allarmarsi perché non esiste alcun pericolo di eruzione, i micro-terremoti rientrano nella normale attività sismica. Ieri il sottosegretario Franco Barberi ha convocato a Roma la commissione grandi rischi, oggi a Napoli il prefetto Giuseppe Romano riunirà i sindaci delle città vesuviane affinché informino, e tranquillizzino, gli abitanti.
Barberi ha spiegato che il magma è sepolto a dieci chilometri di profondità. Se un giorno risalisse in superficie, il vulcano lancerebbe abbondanti segnali premonitori, variazioni della temperatura della falda, fratture nella terra, fughe di gas. I geologi non hanno osservato alcun fenomeno del genere. Per questo, dice il responsabile della Protezione civile, "non ci sono ragioni per attivare il piano di emergenza", il programma di evacuazione dei residenti, 600mila persone in 18 Comuni da spostare in altre regioni d'Italia in soli sette giorni. Sono quattro i livelli di allerta del piano, contraddistinti da colori diversi.
Il verde corrisponde alla situazione attuale: non c'è pericolo. Il giallo prevede la convocazione dei centri di coordinamento soccorsi. L'arancione fa scattare lo stato di emergenza. Il rosso impone l'evacuazione per il concreto rischio di un'eruzione imminente. Anche Lucia Civetta, direttrice dell'Osservatorio Vesuviano di normali crisi sismiche. Tuttavia la polemica infuria. Giuseppe Luongo, docente di fisica del vulcanismo all'università di Napoli, contesta i dati ufficiali. Sostiene che la magnitudo della scossa registrata ieri notte è più alta di quella dichiarata, chiede che vengano messi a disposizione degli scienziati "i dati veri che non devono essere secretati". La diatriba disorienta gli abitanti. I sindaci chiedono maggiori informazioni, esercitazioni pratiche di protezione civile per la popolazione.



 
 
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ID: 3587  Intervento da: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Data: martedì 27 giugno 2006 Ore: 14:50

Si prega non inviare e-mail private per problemi sociali, ma inoltrare i messaggi su questo forum.
A conferma del diagramma Wigipedia sull'esodo dei Torresi si legga questa proposta di discussione di Mario Fusco (Testo in alto in giallo e l'articolo de' "Il Mattino".

Due sono i motivi dell'esodo dei torresi: il timore atavico del Vesuvio, (in passato più sopportato) e la qualità della vita che scende per motivi epocali di crollo dei sentimenti di amicizia, altruismo, campanilismo, ecc.

Una osservazione ulteriore:

a Torre vi sono 12 chiese e 31 sportelli bancari. A buon intenditor.

Clicca su questa discussione

www.timbritarghe.com/forum/leggi.asp?id=3541

Risposte: Chiese Torresi e Banche torresi


ID: 2250  Intervento da: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Data: venerdì 3 giugno 2005 Ore: 14:07

Buon giorno.
Oramai l'avete capito, sono un fissato per il Vesuvio e vi tengo aggiornato con tutte le novità su di esso. SPERIAMO CHE NON ERUTTI MAI, E POI MAI. Ho famiglia a Torre, ma se dovesse farlo, e speriamo in modo lieve, sarò il primo a preavvertirvi in questo forum.
Ma questa volta una buona notizia. Nomi nuovi tra i trionfatori vesuviani dei premi letterari più ambiti di casa Delos.
Simonetta Satamaria si è aggiudicata il premio Lovecraft, dedicato alla narrativa fantasy e orrorifica giunto all'undicesima edizione, con il racconto

"QUEL GIORNO SUL VESUVIO".

Questa edizione del premio sarà l'ultima, dopo oltre un lustro, curata dal magnifico duo Franco Forte e Franco Clun: dall'edizione 2005 il premio passerà nelle mani dei responsabili di Horror Magazine, che daranno un'impronta più cupa al premio... bandita la fantasy, spazio al surreale e all'orrore. Già da quest'anno la tendenza è evidente: i racconti giunti nei primi tre posti sono molto più vicini alle atmosfere orrorifiche piuttosto che al fantasy, e più orrorifico dello "sterminator vesevo...".
Ecco la lista completa dei finalisti e segnalati:
LOVECRAFT 2004
1° Classificato: Quel giorno sul Vesuvio di Simonetta Santamaria
2° Classificato: Gocce sulla neve di Antonio Giacomo Bortoluzzi
3° Classificato: Gemme del mondo oscuro di Milena Rao


ID: 2156  Intervento da: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Data: sabato 28 maggio 2005 Ore: 18:17

E state li tranquilli a chiacchierare, mentre il Vesuvio naviga sotto sotto.
Voglio vedere le facce che fate quando viene, una a una. Io mi faccio sotto, ve lo dico già da adesso, ma Abbagnano che fa il coraggioso, vorrei vederlo correre con le brache in mano
Mario


ID: 1980  Intervento da: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Data: venerdì 20 maggio 2005 Ore: 00:45

Il cono del vesuvio (MQ - 2000)

Erano da poco arrivati gli Alleati, i Liberatori, quando - il 18 marzo del ’44 - il Vesuvio emise dalla sua pancia fuoco e pietre. Quattro giorni prima Napoli aveva subìto l’ultimo bombardamento aereo dei tedeschi, il 15 Charles Poletti, commissario regionale della Commissione Alleata, aveva insediato il nuovo prefetto, l’avvocato Francesco Selvaggi, il 17 venne nominato il sindaco, il professor Gustavo Ingrosso.
È un sabato quando il vulcano, che aveva cominciato a farsi sentire dal 13 marzo con piccole scosse ed eruzioni di portata limitata, lancia fuori dal cono, alle 16,30, una enorme quantità di lava incandescente, fumo e fiamme e pietre. Saranno giorni terribili, fino al 23 la fase acuta, durante i quali scomparirà metà paese a San Sebastiano al Vesuvio e molte case di Massa, ”sopra” Sant’Anastasia, verranno distrutte. Sorte simile per un campo d’atterraggio nei pressi di Terzigno, annientato dalle ceneri con l’intero stormo di ottantotto bombardieri americani B-25 che vi avevano trovato rifugio. Così scriveva «Il Risorgimento» in data 21 marzo: «Da sabato notte, come abbiamo annunziato, il Vesuvio è in una importante fase di eruzione, che è proseguita nella giornata di ieri, facendo venir fuori dal cratere incandescente migliaia di tonnellate di lava.
La lava, che segue il corso segnato dalle eruzioni precedenti, si dirige lentamente per tre direzioni. Danni gravi sono stati arrecati alle vegetazioni alle pendici del vulcano. Nel pomeriggio di oggi sono stati mandati dieci autocarri a San Sebastiano, per intraprendere il trasloco delle famiglie dal sentiero dell’infuocato torrente di lava. Da ulteriori notizie giunte al Governo Militare Alleato si apprende ora che anche Torre del Greco è minacciata dalla valanga, sebbene finora l’evacuazione non sia stata ancora dichiarata necessaria. Anche Cercola probabilmente sarà evacuata. La corrente di lava è larga circa 200 metri e si muove lentamente in direzione Sud ad una velocità dai tre ai quattro metri al minuto.

L’ultima eruzione di una certa importanza fu quella del 1929. Secondo gli esperti dell’Osservatorio Vesuviano le distruzioni causate dalla lava sono le più gravi a partire dal 1872». Il giornale fa riferimento all’Osservatorio, la cui sede era stata appena requisita dagli Alleati per diventare una stazione meteorologica delle truppe che risalivano l’Italia per liberarla: il direttore dell’Osservatorio, il ”mitico” Giuseppe Imbò, era stato relegato in una stanzetta dalla quale osservò l’eruzione in tutte le sue fasi fino al loro termine, che viene datato al 29 marzo quando il cratere - dopo le crisi esplosive dei giorni immediatamente precedenti - presenta una profondità di 300 metri rispetto all’orlo, e quando il caratteristico pennacchio sparirà alla vista di napoletani e turisti, come avviene anche ai nostri giorni. «Quei giorni», invece, furono come si sa descritti - tra l’altro - da Norman Lewis, allora ufficiale dei servizi segreti britannici, nelle pagine di Napoli ’44 (Adelphi).

Ne riportiamo il brano che segue: «19 marzo. Oggi il Vesuvio ha eruttato. È stato lo spettacolo più maestoso e terribile che abbia mai visto (...). Il fumo dal cratere saliva così lentamente che non si vedeva segno di movimento nella nube che la sera sarà stata alta 30 o 40mila piedi e si espandeva per molte miglia (...). Di notte fiumi di lava cominciarono a scendere lungo i fianchi della montagna... Periodicamente il cratere scaricava nel cielo serpenti di fuoco rosso sangue che pulsavano con riflessi di lampi...». Fuoco e distruzioni, ceneri e lapilli: un’altra mannaia della sorte su una città provatissima dalla guerra e sui cittadini precipitati in condizioni di vita miserrime. Ci mancava anche il Vesuvio... (Fonte Il Mattino)

Una bomba ad orologeria

Sono passati 60 anni dal 18 marzo 1944 che segna la data dell'ultima eruzione del Vesuvio, un periodo che ai più può sembrare lungo, in realtà dal punto di vista vulcanologico non è un periodo lunghissimo. L' attività vulcanica dell' area Vesuviana è iniziata circa 400.000 anni fa e circa 25.000 anni fa iniziò l'accrescimento del monte Somma come si può vedere in foto, la linea rossa segna il profilo del vecchio edificio vulcanico.

Il Monte Somma era alto probabilmente intorno ai 2000 metri ed ha continuato la sua attività eruttiva per lo più effusiva, fino a circa 19.000 anni fa. Con la prima eruzione pliniana violentissima di circa 18.300 anni fa, il Somma iniziò a collassare andando a formare la caldera della quale oggi rimane la sola parte settentrionale, all'interno di essa iniziò a crescere un vulcano più giovane, il Vesuvio. L' attività vulcanica del Vesuvio è stata abbastanza varia: dalla sua nascita fino al 79 d.c. è stata caratterizzata da grandi eruzioni pliniane (esplosive di grande intensità) e subpliniane (esplosive ma con intensità minore), dal 79 d.c. al 1631 si sono alternate eruzioni pliniane ad eruzioni effusive di modesta entità. Dopo l' eruzione del 1631 e fino al 1944 l'attività del Vesuvio è stata a condotto aperto con continue emissioni di materiale distinte in 18 cicli stromboliani (attività esplosive continue con emissioni di gas di modesta entità), separati da brevi periodi di assenza di attività mai superiori a 7 anni, ciascun ciclo chiuso dalle eruzioni finali, come l'eruzione del 1906. L'ultima eruzione, quella del 1944, fu in parte effusiva ed in parte esplosiva e segnò il passaggio dall'attività a condotto aperto a quella a condotto chiuso, facendo perdere al Vesuvio il suo famoso pennacchio. Il Vesuvio è quindi da 60 anni ormai nella fase a condotto ostruito, fase che storicamente si conclude con una eruzione pliniana molto violenta e devastante, basti pensare che nel 79 d.c. la colonna eruttiva raggiunse 50 km di altezza, con emissioni violentissime di gas, grossi lapilli e ceneri che, arrivate a depositarsi nella Stratosfera, ricaddero in un' area di 500 km quadrati. Un inferno dunque, che speriamo sia molto lontano nel tempo. Scongiuri a parte, bisogna comunque capire che il Vesuvio è un vulcano attivo e pericoloso, questo concetto purtroppo però stenta ad essere tenuto in considerazione dalla popolazione che ci vive alle falde e soprattutto dagli amministratori locali che sembra abbiano dimenticato il problema.

Ortofoto digitale del Somma -Vesuvio. Fonte OV

Nei 60 anni trascorsi dall'ultima eruzione la popolazione del area vesuviana è cresciuta intorno al vulcano in modo esponenziale, fino raggiungere oggi quasi il milione di abitanti, grazie ad un un'edilizia abusiva e selvaggia che è arrivata in alcune contrade, ad esempio di Torre del Greco, di Ercolano e di Trecase, a costruire sulle stesse colate laviche. Questa edilizia abusiva e disordinata, ovviamente è priva dei servizi idonei quali ad esempio le fognature e soprattutto le strade adatte ad una eventuale fuga degli abitanti. Nell' hinterland vesuviano, soprattutto nel versante torrese-ercolanese, ci sono interi quartieri nei quali la circolazione è garantita da strade alveo, che durante le pioggie si allagano formando dei veri e propri torrenti in piena o da strade strettissime che in moltissimi punti consentono solo la circolazione a senso unico alternato. Tutto ciò rischia di tramutare quelle zone in una trappola per i cittadini in caso di eruzione, solo l' Osservatorio Vesuviano ogni tanto ricorda a tali popolazioni che praticamente vivono su una bomba ad orologeria. La direttrice Civetta infatti dopo il sisma vesuviano del 9 ottobre '99 dichiarò: "È possibile che al suo risveglio, non sappiamo quando, il Vesuvio dia un'eruzione esplosiva. In attesa, occorre studiarlo e sorvegliarlo, preparare bene i piani di emergenza e migliorare l'uso del territorio".

La colata lavica del 1944 vista oggi da San Sebastiano al Vesuvio si presenta così, ricoperta di ginestre. Il paese fu distrutto completamente dall'eruzione. (MQ - 2004)
La cosa più preoccupante è la totale indifferenza delle amministrazioni locali che non hanno fatto mai nulla a proposito se non organizzare delle fantomatiche prove di fuga nelle scuole o affiggere fantomatici piani di fuga senza ne capo e ne coda. Probabilmente per dare l'idea o per illudersi, di fare qualcosa per risolvere il problema. La situazione infrastrutturale è avvilente, il lato sud del vulcano è un reticolo di strade, stradine e mulattiere senza una vera e propria strada a scorrimento veloce, come c'è invece nella parte nord del Vesuvio, quella però meno a rischio grazie alla copertura del monte Somma. Capitolo a parte poi merita Il famoso Parco Nazionale del Vesuvio la cui istituzione nel 1995 fu accolta con gioia da tutti perche doveva portare ad una coscienza del Vesuvio come realtà da proteggere e da tutelare, avrebbe dovuto trasformare il vulcano da pericolo a risorsa importante del territorio. Risultato: al 2004 si discute ancora sullo...statuto del parco che aimè dopo 9 anni dall'istituzione, deve essere ancora approvato, cosa assolutamente vergognosa, segno di un incredibile immobilismo. L'ente è quasi invisibile, del Parco in pratica non c'è traccia tranne che per alcuni cartelli messi qua e la, e per le sedi istituzionali. Sul territorio poi è stato fatto poco o nulla, si è risistemato qualche sentiero e rifatto qualche muro di sostegno, ma è assolutamente insufficiente, si sperava in attrezzature e nella riorganizzazione funzionale dell'area che era il minimo da farsi.

E' inoltre importante rendersi conto che il Parco del Vesuvio non può essere un Parco Nazionale concepito come tutti gli altri, bisogna capire che si gestisce un area a rischio e quindi ci vuole una cooperazione di tutti, dovrebbe secondo me essere gestito dall'Ente Parco insieme ad una commissione di sicurezza della Protezione Civile e della Prefettura, con delle deroghe al credo ambientalista, per motivi più seri di sicurezza pubblica visto che il rischio è grave. Purtroppo così non è, il Parco Nazionale è diventato solo un ulteriore ennesimo ostacolo per la costruzione delle stesse infrastrutture che servirebbero per la sicurezza pubblica. Il rischio è veramente drammatico dunque, non oso immaginare la strage che ci sarebbe se oggi ci fosse un'eruzione, è da irresponsabili il comportamento delle nostre autorità che ignorano il problema e continuano con questa politica di vivere alla giornata, senza un minimo di programmazione per la sicurezza dei cittadini in caso di eruzione. Ed è allo stesso modo a volte miope anche il comportamento di buona parte della società civile che tende ad additare coloro i quali denunciano in maniera forte i pericoli del rischio Vesuvio, come jettatori, quasi come se il problema fosse metafisico, non reale. Si spera quindi in qualche illuminato che si renda veramente conto del problema e che ritenga ormai maturi i tempi per creare quelle vie di fuga indispensabili per la sicurezza della popolazione, senza farci come al solito piovere addosso nella sfortunata eventualità di un risveglio dello sterminator Vesevo.


ID: 1760  Intervento da: Ciro Adrian Ciavolino  - Email: ciroadrian@libero.it  - Data: mercoledì 4 maggio 2005 Ore: 20:04

.......Alzheimer.......Alzheimer......

......ma non giocava nell'Atalanta?


ID: 1751  Intervento da: messaggio libero  - Email: e-mail@inesistente.00  - Data: mercoledì 4 maggio 2005 Ore: 11:39

Frasi brevi non casuali.
Spesso in questo forum si fanno interventi con messaggi di massimo cinque parole. Sembra casuale, ma la cosa è sintomatica. Passano sotto una parvenza di sintesi, ma si tratta di vera e propria incapacità di connettere, altrimenti non si continuerebbe così all'infinito. Se proponete a queste persone discorsi più lunghi si rifiuteranno di farli.
Si parla di demenza senile (viecchio 'nzallanuto) quando si verifica un calo di memoria e di almeno un’altra capacità cognitiva che porta al peggioramento della funzionalità sociale o occupazionale.
Ci sono oltre 100 cause di demenza, tra cui la malattia di Alzheimer è la più comune. La malattia di Alzheimer comporta la distruzione delle cellule cerebrali e nella fase iniziale è caratterizzata dalla perdita di memoria a breve termine, difficoltà nella ricerca delle parole e cambiamenti della personalità. Al progredire della malattia, si assiste alla perdita graduale delle abilità funzionali e della memoria a lungo termine, come pure alla diminuzione della capacità di leggere, di elaborare pensieri e comunicare.
Attualmente si stima che 18 milioni di persone in tutto il mondo siano affette da demenza – una cifra che dovrebbe quasi raddoppiare toccando i 34 milioni entro il 2025. La probabilità di sviluppare una qualsiasi forma di demenza aumenta con l’età, passando da una persona su 1.000 con meno di 65 anni a 20 su mille nella popolazione di ultrasessantacinquenni e oltre. Gli ottantenni o ultraottantenni hanno una possibilità su cinque di sviluppare la malattia, e per gli ottantacinquenni ed oltre il margine si restringe ulteriormente a uno su tre.
Il franco tiratore.



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