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Argomento presente: « La legge è una ragnatela? » | |||||
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ID: 1769 Intervento
da:
Gennaro Francione
- Email:
azuz@inwind.it
- Data:
giovedì 5 maggio 2005 Ore: 17:01
TOH LA COINCIDENZA... Da 01 - 07 maggio nella città di Fier, il Ministero della Cultura organizza il Festival "APOLLON 2005" . Nell'ambito della rassegna il 5 maggio alle ore 18 la Compagnia Teatrale "PIRANDELLO" in collaborazione con il Teatro " PETRO MARKO" di Alona (Albania) presenta MERIMANGA(IL RAGNO - IL GIUDICE FAUSTO E L'AVVOCATO MEFISTO. STORIA DI STRAORDINARIA CORRUZIONE) di Gennaro Francione (Tradotto in albanese da: Aulona VEIZI) FAUSTO -- Kristaq A. SKRAMI MEFISTO -- Astrit MAMAJ ELENA --- Valbona IMAMI PRETE --- Ilirjan ALI UN GIUDICE -- Vasil GODA Scenografia: Agron JAKUPI Musica: Artur DHAMO Coreografia : Yllka CELA Direttore Artistico : Kristaq A. SKRAMI Regia: Besnik ALIAJ. "La giustizia è come una ragnatela dove cadono e restano intrappolati gli insetti piccoli, mentre i grandi rompono la ragnatela e fuggono, si allontanano"! (Solone) Fausto è un giudice e Mefisto un avvocato che lo corrompe promettendogli le quattro chiavi della felicità: l'oro, l'eterna giovinezza, il sesso e l'homunculus, ovvero la procreazione spirituale. Una versione moderna, originale e spettacolarizzata, nell'interpretazione dell'eterno mito del Faust. * * * Gennaro Francione, Presidente dell'Unione Europea dei giudici scrittori(EUGIUS), è stato definito dalla Fondazione Betti "l'erede naturale di Ugo Betti", di cui prosegue la tradizione. Entrambi sono giudici drammaturghi e Il Ragno riprende il tema bettiano di Corruzione al Palazzo di Giustizia. ADRAMELEK THEATER: http://www.antiarte.it/adramelekteatro |
ID: 1765 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
info@torreomnia.com
- Data:
giovedì 5 maggio 2005 Ore: 00:10
Amici del forum, non vedo cosa centrino le teorie con la realtà del dolore fisico. Quello non può essere un’incertezza ed un fatto "indecidibile". Come ho già detto altrove è il dolore fisico umano al centro di ogni certezza perché appartiene al nostro microcosmo avvertibile. Se poi dubitiamo pure della nostra esistenza come Descartes: non già solo “Dio come un’idea nella mente dell’uomo, ma come “L’uomo come un'idea nella mente di Dio” e abbiamo bisogno del “Cogito ergo sum” allora dubitiamo di me, di Te, del forum, e diciamo che la superproduzione del Giudice Francione non esiste, è un’idea nella mente del Dott. D’Agostino, quindi andiamocene a letto aspettando la finibilità. Ma sarà tale o la morte è solo un’idea nelle mente del necroforo? Intanto grazie per aver introdotto questa discussione che prima di filosofica o scientifica è esistenziale. Tu stesso hai detto che quelle di Luigi De Marchi sono teorie fine a se stesse, ma pure quelle di Godel ed Heisenberg sono teorie. I teorici non fanno altro che fare nodi alla logica sfidando gli altri a sbrogliarli per raggiungere, dopo una fatica estenuante, non altro che il punto di partenza. La mia modesta teoria è il “tangibile” e ciò è solo la sensazione del dolore fisico, persino il godere o la salute mentale sono la variazione positiva del dolore. Il dolore morale, la depressione, è un adattamento mentale del dolore fisico. Tutto l'essere umano gira intorno all'idea del dolore biologico e all'elaborazione culturale di esso. Il terrore, la morte, il mistero escatologico sono l'elaborazione del pensiero del dolore fisico. Dio è avvertibile tramite i segni ma è pure tangibile, è la cellula che vive. Il maligno è la cellula che muore. La cellula che vive è innanzitutto il cervello capace di pensare, ma soprattutto di ricevere e trasmettere il pensiero, il resto del corpo è accessorio. La trasmissibilità delpensiero è il concetto esistenziale di società al di fuori della storia, della cultura e della civiltà. Comunicare è certezza. Tutto ciò che va a favore della cellula che vive è bene, tutto quello che va a favore della cellula che muore è male. La filosofia, la psicologia, la scienza astratta non sono altro che disperati tentativi dell’uomo di superare i limiti della ragione umana, ma non danno soluzioni, creano enigmi, nodi, e poi si ricomincia con altre teorie, altre congetture. Quando una teoria è nuova, pensata per la prima volta allora nasce un altro genio, un altro caposcuola, e così fine alla fine dei tempi. E noi siamo affascinati dalle nuove teorie e ci illudiamo di conoscere il mistero, la cosiddetta verità, ma invano, da migliaia di secoli. Quello che va a favore della cellula che vive per antonomasia sono le scienze positive quelle che riescono ad abolire o almeno a lenire il dolore fisico sia esso reale che immaginario. Le leggi ingiuste fatte dall’uomo dannato per il suo destino di finibilità creano certezze di dolore fisico e sbattono in galera innocenti. Come hanno fatto e fanno i dittatori, come fanno i detentori di false democrazie. Godel ed Heisenberg non dubiterebbero e non riterrebbero “indecidibile” la realtà del dolore. Basterebbe coricarli sui carboni ardenti. Per i signori del forum che desiderano conoscere il pensiero di Godel ed Heisenberg propongo questo testo di Carlo Consoli: Godel ha dimostrato che, dato qualsiasi sistema formale, è possibile arrivare a proposizioni che siano contemporaneamente vere e non vere, ovvero indecidibili. Il risultato principale del lavoro di Godel sta proprio nel fatto che è possibile e sufficiente scrivere una proposizione indecidibile perché tutto il sistema non sia coerente. Non è, quindi, corretto affermare che se una proposizione è l'unica indecidibile, allora è un problema relativo alla singola proposizione: purtroppo, il fatto di poter "creare appositamente" proposizioni indecidibili è un problema relativo al sistema di regole formali che permettono di generarle. In altri termini, poiché la proposizione è indecidibile, allora il sistema che l'ha generata è incoerente. In questo senso, l'incoerenza del sistema è grave. Per eliminare l'incoerenza, infatti, dovremmo eliminare le regole formali che la generano. Nel caso della lingua italiana e di molti altri sistemi formali, per eliminare incoerenze dovremmo eliminare la regola di negazione: ovvero la possibilità di esprimere non-realtà, come i termini "falso" e "non". Eliminando le regole formali, però, otteniamo un sistema incompleto. Nell'esempio citato, potremmo formulare frasi come "il cielo è blu" ma, avendo eliminato la possibilità di negare proposizioni, non potremmo dire cose come "il cielo non è viola" Il sistema di regole privo di negazione è evidentemente incompleto: ovvero insufficiente a rappresentare tutti i fenomeni che vogliamo descrivere. Il risultato di Godel è eccezionale proprio perché dimostra che qualsiasi sistema formale è condannato ad oscillare tra incoerenza ed incompletezza. Nel caso dell'italiano, infatti, mantenedo la negazione il sistema è incoerente, eliminandola diventa incompleto. Fortunatamente incoerenza ed incompletezza non inficiano l'applicabilità dei sistemi formali moderni, come la matematica, e la scienza è in grado di progredire con grande efficacia ed affidablità su realtà "locali", come la meccanica dei corpi celesti o la statica. Seppur incompleta, la nostra matematica è un sofisticato, meraviglioso ed affidabilissimo strumento per modellare la maggior parte dei problemi "concreti" che si pongono ogni giorno. Come a dire che la "gravità" della incoerenza ed incompletezza è puramente "filosofica". La scienza opinabile? Sicuro come 2+2 = 4 ! Anni addietro, da studente del corso di laurea in Scienze dell’Informazione, quando mi accingevo a studiare la computabilità degli algoritmi, rimasi letteralmente folgorato dal Teorema di Incompletezza di Godel. "Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale" perché, assieme al Principio di Indeterminazione di Heisenberg "Non possiamo mai conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica" postulava la inconoscibilità dell’universo, demoliva la fede nell’assolutismo razionalistico su cui avevo basato praticamente tutta la mia scala di valori: un razionalismo positivista incentrato sulla certezza che un’accurata osservazione potesse penetrare nel midollo del cosmo fino a comprenderne l’essenza strutturale e, soprattutto, sulla certezza assoluta che nulla fosse inconoscibile e tale da sfuggire alla comprensione dell’uomo. HEISENBERG Principio di indeterminazione di Heisenberg Nella fisica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg sostiene che non è possibile conoscere simultaneamente la posizione e il momento di un dato oggetto con precisione arbitraria. Inoltre quantifica esattamente l'imprecisione. E' una delle chiavi di volta della meccanica quantistica e venne scoperto da Werner Heisenberg nel 1927. Panoramica Il principio di indeterminazione viene a volte spiegato erroneamente, sostenendo che la misura della posizione disturba necessariamente il momento della particella. Lo stesso Heisenberg diede inizialmente questa spiegazione. Il disturbo non gioca nessun ruolo, in quanto il principio è valido anche quando la posizione viene misurata in un sistema e il momento viene misurato in una copia identica del primo sistema. E' più accurato dire che la particella è un'onda, non un'oggetto puntiforme, e non possiede una ben definita coppia posizione e momento. Si consideri la seguente analogia: supponiamo di avere un segnale che varia nel tempo, come un'onda sonora, e che si vogliano sapere le frequenze esatte del segnale in un dato momento. Questo è impossibile: per poter determinare le frequenze accuratamente, è necessario campionare il segnale per un intervallo di tempo e si perde quindi la precisione sul tempo. (In altre parole, un suono non può avere sia un tempo preciso, come in un breve impulso, che una frequenza presica, come in un tono puro continuo). Il tempo e la frequenza dell'onda nel tempo, sono analoghi alla posizione e al momento dell'onda nello spazio. Il principio di indeterminazione, viene frequentemente confuso con un'altro strano fenomeno quantistico conosciuto come collasso della funzione d'onda nel quale, l'atto di osservare una particella sembra cambiare l'equazione che la descrive. Questi due fenomeni sono distinti ma correlati. Il principio di indeterminazione ci dice che una particella non ha un valore fisso per il momento e la posizione, ma quando si osserva una particella, essa sembra acquisire un valore fisso e distinto della quantità che si sta misurando. Definizione Se vengono preparate diverse copie identiche di un sistema in un dato stato, la misura di posizione e momento varierà in accordo con le distribuzioni di probabiltà conosciute. Questo è il postulato fondamentale della meccanica quantistica. Possiamo misurare la deviazione standard della misura della posizione e la deviazione standard ?p della misurazione del momento. Quindi troveremo che dove h è la costante di Plancke p è Pi. (In alcune trattazioni, l'"indeterminazione" di una variabile è presa come il più piccolo intervallo contenente il 50% dei valori, il che, nel caso di una variabile normalmente distribuita, porta a un limite inferiore di h/2p per il prodotto delle incertezze). Si noti che questa diseguaglianza permette svariate possibilità: lo stato potrebbe essere tale per cui x può essere misurata con alta precisione, ma p verrà appena approssimata, o al contrario, p potrà essere definita accuratamente a scapito della determinazione precisa di x. Negli altri stati, sia x che p possono essere misurati con una "ragionevole" (ma non arbirariamente alta) precisione. Nella vita di tutti i giorni , non osserviamo queste indeterminazioni, piochè il valore di h è estremamante piccolo. Generalizzazione del principio di indeterminazione Il principio di indeterminazione non si applica solo a posizione e momento. Nella sua forma generale, è valido per ogni coppia di variabili coniugate. Due variabili sono coniugate se gli operatori associati non commutano. Un esempio di una coppia di variabili coniugate sono le componenti x (lo spin) e y del momento angolare. In generale, e contrariamente al caso della coppia posizione momento discussa in precedenza, il limite inferiore del prodotto delle incertezze di due variabili coniugate, dipende dallo stato in cui si trova il sistema. Il principio di indeterminazione diventa quindi un teorema nella teoria degli operatori (vedi analisi funzionale). Il principio di indeterminazione, si applica inoltre alla coppia di variabili tempo ed energia, ma la trattazione matematica di questo caso differisce dall'approccio menzionato in precedenza. La relazione di incertezza di Heisenberg completa è come segue: dove A e B sono due osservabili, e gli operatori corrispondenti, denota il commutatore di e , denota la media per lo stato ?>, e ?X è la deviazione standard di X: . Questa relazione, che viene prontamente ottenuta cone conseguenza della diseguaglianza di Cauchy-Schwarz, venne evidenziata per la prima volta nel 1930 da Howard Percy Robertson e (indipendentemente) da Erwin Schrödinger. E' quindi conosciuta anche come relazione di Robertson-Schrödinger. Può essere evalutata, non solo per coppie di operatori coniugati (ad esempio quelli che definiscono la misurazione di distanza e momento, o di durata ed energia) ma in generale per qualsiasi coppia di operatori hermitiani. Esiste anche una relazione di indeterminazione tra la forza del campo e il numero di particelle, che è responsabile del fenomeno delle particelle virtuali. Carlo Consoli |
ID: 1752 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
info@torreomnia.com
- Data:
mercoledì 4 maggio 2005 Ore: 13:44
Grazie al giudice Francione e al Dott. Raimondo per il loro significativo intervento in questa discussione. Quando reitero spesso il perbenismo ed i pregiudizi locali in questa sede lo faccio anche e soprattutto a ragion veduta. I malesseri pseudo-etici e legislativi sono spesso derivanti da un provincialismo mai risolto, che corre anche paralleto alla annosa, perpetua "Questione meridionale". Quindi un area così vasta di popolo ingerisce pure sulla legislazione ed eventuali emendamenti non applicati, che comunque si dipanano dalla massa come volontà elettorale con scelta dei rappresentanti. Una delle circostanze più incresciose della storia di Barillà è il suo tentativo di suicidio in carcere, dopo che vede infruttuose le proprie suppliche di innocenza. Prima lo conducono in ospedale, probabilmente non per salvare la vita ad un essere umano, ma perché la "legge" abbia il suo corso e la pena venga scontata. Poi gli infliggono la punizione in cella di isolamento per aver tentato il suicidio, cioè comunque un "ammazzamento", non importa se perpetrato a se stesso per estrema disperazione e solitudine profonda e per aver subito ingiustizie e nefandezze sociali o istituzionali. Ma chi le fece queste leggi? Da quali pregiudizi si dipanano, ? Per quali motivi non vengono modificate? Un povero cristo che ha la sfortuna di cadere in depressione e non si risolleva perché si trova affogato in una società ipocrita ed egoista, disperato, compie il "gesto inconsulto" , non solo viene giudicato "pazzo" quindi "invasato" marchiando magari il suo nucleo familiare, ma non viene nemmeno accettato in Chiesa per il funerale, a meno che non sia prete o politico, o comunque bene "introdotto". Se poi a questi guasti legislativi ed etico-religiosi si associa il perbenismo ed i pregiudizi delle aree rimaste provinciali per difetto epocale, allora anatemi, scomuniche e manicomi sono assicurati. Più legge ragnatela di così... Più civiltà disumana di così... In una società moderna dove, ad esempio, l'anoressia (diffusissima, che conduce spesso al suicidio lento) non è più la prerogativa delle Sante, ma una malattia come la degenerazione mentale da Mobbing, riconosciuti dalle Sanità nazionali e private di tutto il mondo, come può essere il diabete o la cardiopatia; come è possibile che un detenuto suicida se sopravvive viene punito in maniera bestiale e disumana e se muore nemmeno "Dio" lo vuole per l'ultimo saluto? Sono convinto che, invece, Dio si vergogni di noi, soprattutto per il modo disumano di concepire alcune leggi e alcune regole morali disegnate perfettamente sull'egoismo umano e sulle immunità di potere. Luigi Mari |
ID: 1750 Intervento
da:
Gennaro Francione
- Email:
azuz@inwind.it
- Data:
mercoledì 4 maggio 2005 Ore: 11:29
La legge giusta è un problema complesso. La prima cosa è abbattere il processo indiziario. Meglio 99 colpevoli fruori che un inocente dentro aveva detto Voltaire. Ma quanti sono disposti ad accetatre una cosa del genere? Impauriti dalla criminalità dilagante, noi gridiamo: "Tutti dentro!": Fin quando dentro ci va un innocente figlio di un altro per soddisfare la nostra sete di sicurezza, tutto okay. Quando ci va un nostro figlio innocente il discorso cambia... Il processo va fatto per prove forti e incofutabili. Questa è la civiltà. La criminalità va combattuta non con le carceri ma con la cultura el a bonifica sul territorio. Per saperne di più contro gl'indizi: http://www.antiarte.it/eugius/newpage12.htm Buona giornata a tutti Gennaro |
ID: 1748 Intervento
da:
ciccio raimondo
- Email:
ciccioraimondo@libero.it
- Data:
mercoledì 4 maggio 2005 Ore: 07:41
Caro Giggino, sarebbe meglio quando si fanno citazioni latine far seguire la traduzione italiana così si evitano rompicapo ai lettori che non hanno frequentato il de Bottis e pure a quelli che lo hanno frequentato come me, con parecchie bocciature. La legge è una ragnatela ove se per caso vi cade un corpo leggero, (persona povera e poco importante) vi resta impigliato con tutte le conseguenze dolorose, mentre se vi cade un corpo pesante (persona importante, ricca, potente) la tela si rompe ed esso esce dall’altra parte senza le conseguenze di cui sopra. Vi ancora una massima latina che a me piace spesso citare ed è questa: SUMMUM JUS, SUMMA INIURIA che vuol dire: La Legge applicata alla lettera diventa spesso una grande ingiustizia. Tu sei rimasto obnubilato per la finzione televisiva e che ne dici della realtà di Piazza Fontana? Ero nello spaccio della caserma Nacci a Lecce, militare, bersagliere da due mesi, quel 12 dicembre 1969, giorno indimenticabile, e ricordo che rimasi attonito con il cilindrico pacchetto di biscotti Gringo tra le mani quando il telegiornale in bianco e nero annunciò la strage. Noi della generazione post guerra non eravamo ancora abituati ad una violenza contemporanea ancora ci bastava, eccome, quella raccontata dai nostri padri, mi riferisco a quella risalente ad una ventina di anni prima, ai bombardamenti, alla morte che aveva mietuto milioni di vittime dappertutto in Europa. Poi all’improvviso iniziarono le ostilità all’interno della nostra società in crescita. Dopo trentasei anni la Verità circa quella strage il Popolo Sovrano non la conosce. E che popolo sovrano è, di quelli che contano (alla Totò) o di quelli che non contano niente? Cosi come avviene per le persone singole si è veramente liberi solo se in misura sufficiente si conosce la realtà che ci circonda in caso contrario si è come prigionieri, captivi, e quindi non liberi. Mi sembra proprio che questo sia il caso di noi tutti. Si parla tanto di libertà, di verità ma dove è? Quasi viene voglia di ripetere come Ponzio Pilato a Cristo: Che cos’è la Verità? Vi è poi un proverbio nostro che mio padre ripeteva spesso avendolo ascoltato da suo padre. E’ questo: Quann sient: cerase assaie!! Curre cu’ panaro piccerillo! E questo sarebbe un buon tema di discussione. Un sentito salam a tutto il leggitorio. Ciccio |
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