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Argomento presente: « Sta pe venì a staggione »
ID: 1868  Discussione: Sta pe venì a staggione

Autore: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Scritto o aggiornato: mercoledì 1 giugno 2005 Ore: 16:56

..….e una sera mi misi ad inseguire le lucciole fra le piante del giardino al buio.
Luccicanti,
mi circondano,
mi lasciano,
ritornano,
portando per l’aria
odor di gelsomino.
Ma i gelsomini sono all’ingresso
cos’è questo profumo?
Un barattolo di vetro lucente di lucciole
m’illumina il viso,
“Le ho prese per te” mi dice Tina
che odora di gelsomino
e di brezza di mare
e di acqua di rose
o forse di donna.
Allungo la mano
alla mano di Tina
e divento lucente.
Sfrontata, vincente
mi guarda negli occhi
coi suoi occhi di giada,
d’incanto lucenti,
e poi scappa via.
Dal barattolo le lucciole
riprendono il volo
e ripartono in cerca
tra i rami e le siepi,
ma la più lucente
rimane, sul fondo,
decisa.


 
 

ID: 2231  Intervento da: Ciro Adrian Ciavolino  - Email: ciroadrian@libero.it  - Data: mercoledì 1 giugno 2005 Ore: 16:56

Mena 'a pasta........mena......




ID: 2228  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: mercoledì 1 giugno 2005 Ore: 13:57

Nu calore… nu calore…. nu calore.
Finalmente nu poco ‘i aria fresca.


ID: 2224  Intervento da: Nicola Sannino  - Email: sannicola2@yahoo.it  - Data: martedì 31 maggio 2005 Ore: 23:11

Verrà mai la "stagione"nella nostra città?.
Amareggiato e stordito dai messaggi di questi giorni ho fatto un giro tra le pagine e ti trovo questa allettante discussione. Mi son detto: adesso mi rilasso un po, con la stagione, il mare, l'allegria e cosa trovo? un elenco interminabile di cose grammaticali.
E' sorta spontanea la domanda: ma ci sono io o ci sono loro?
Per fortuna ho trovato le barzellette del sig. Ciavolino che conclude sempre che "tene nu fegato tanto".
Però io mio chiedo, perché vieniamo ad ingrossarci il fegato sul forum? La sera non vado a letto se non mi faccio una capatina.
La vita è strana.


ID: 1870  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: giovedì 12 maggio 2005 Ore: 01:17

Sorpresa piacevole.
Tatò, (accento grave, che sta per Tatonno)
grazie e Tató, (accento acuto, che sta per Tatore)
t' è asciuto u sciato 'ncanna
cu Lucio e cu sta poesia?.

Preghiera.
Fate la carità a Ciccio Raimondo! Fate la carità, una parola, un sorriso, un piccolo gesto. Fate la carità di un verbo. Un verbo solo.
(Tratto da "Notre dame de Paris di Hugo'").

Ciccio ho fatto del mio meglio per impietosire gli amici. Ci ho pensato io, come mi hai suggerito. Adesso... "se son rose fioriranno". Uh, scusami Ciccio, m'è scappata la frase, non l'ho fatto apposta... Speriamno che Monica non ci legge...
In fondo quando possono pretendere a parola, un euro, al massimo due, e li cacci...

Ricordiamo amici: 'A morte è 'na gnurante, quando vene nun se ne va mai a vacante. (Donna infame).
Invece po': U muorto nun tene sacche. (Uomo sfigato).

Ciccio, perché quando passa uno sposalizio sotto casa si dice sta passanne " 'a sposa"
invece quando passa un funerale sotto casa si dice sta passanne "u muorto"?
Le cose brutte sempre a noi?
E perché si dice "matrimonio" e non "patrimonio".
Insomma 'u matrimonio è d''a femmena, i figlie so' dda mamma e 'u nnuosto che d'è sulo 'u ndi, ndo, nda?
Poi si parla di parità...
In bottega Ciccio l'altra mattina mi ha detto: "il mio cuore per le donne fa Pupu, pupu, pupu". Se a qualcuno venisse in mente di chiamarti giullare, per ignoranza, cita Benigni, oppure il giullare per antonomasia italiano Dario Fo, premio Nobel.

Giggino

Legenda salvaforum:

Nota esplicativa del linguaggio figurato.

Premessa:
Voglio bene a Salvatore Argenziano come ciucciariello sardagnuolo (egli mi capisce);
Voglio bene ad Antonio Abbagnano come "Caffè Palumbo" (egli mi capisce).
Quindi non mi permetterei mai di recare offesa o dileggio.

Antefatto:
Cattive interpretazioni di innocenti, fraterne ed affettuose goliardie nell'ambito del forum a causa dell'impossibilità di guardare il viso scherzoso dell'interlocutore.

Nota sulle figure retoriche:
Attenzione quando scrivo in ogni messaggio utilizzo almeno venti delle duecento figure retoriche italiane che seguonno. Se vengo male interpretato non è colpa mia. Cosa posso farci se scrivo secondo le regole della lingua italiana?
Accetto proteste solo se le mie frasi inquisite non rientrano nelle regole sottoelencate.

Adynaton: avvalorare l'impossibilità che si realizzi un evento ipotizzando per assurdo la realizzazione di un altro fatto che non potrà mai verificarsi.

Allegoria: (dal greco allegorèin, "parlare diversamente") è una figura retorica consistente nella costruzione di un discorso che, oltre al significato letterale, presenta anche un significato più profondo, nascosto. Un'allegoria tra le più note è quella del destino umano che viene paragonato ad una nave che attraversa il mare in tempesta.

Allitterazione: consiste nella ripetizione delle stesse lettere e, quindi, dello stesso suono all'interno della stessa frase o della stessa strofa.

Anacoluto: (dal greco anakòlothos, "che non segue") è un errore sintattico spesso provocato dal cambiamento di soggetto nel corpo dell'enunciato.

Anadiplosi: (dal greco anadìplosis, "raddoppio") consiste nella ripresa enfatica, all'inizio di un verso, di una parola o di un gruppo di parole poste in conclusione del verso precedente.

Anastrofe: (dal greco anastrophè, "inversione") figura che consiste nell'alterare l'ordine normale degli elementi di una frase, anteponendo, ad esempio, il complemento oggetto al predicato (le tue botte ad aspettar) o il complemento di specificazione al sostantivo (di me più degno).

Anfibologia: (dal greco amphibolìa, "ambiguità") consiste in un enunciato che può essere interpretato in due modi diversi, o per l'ambiguità di una parola, o per una particolare costruzione sintattica.

Antifrasi: (dal greco antìphrasis, "espressione contraria") è una figura retorica che consiste nell'usare una parola o un'espressione in senso contrario al loro proprio per lo più con tono ironico od eufemistico.

Antitesi: (dal greco antìthesis, "contrapposizione") rafforzamento di un concetto ottenuto aggiungendo la negazione del suo contrario (Lavorava di notte, non di giorno) oppure accostando due parole o concetti opposti (temo e spero).

Anticlimax: (dal greco antì, "conro" e klimax, "scala") è una progressione che cala di intensità.

Asindeto: coordinazione tra vari elementi di una frase senza congiunzioni.

Assonanza: si ha quando determinate sillabe o determinati suoni fonetici sono ripetuti in successione. Ad esempio, nei primi due versi della Sera fiesolana di D'Annunzio.

Chiasmo: figura retorica che consiste nella disposizione incrociata degli elementi costitutivi di una frase, in modo che l'ordine logico delle parole risulta invertito.

Circolo: figura consistente nel terminare il periodo con la stessa parola con cui è cominciato.

Climax: (dal greco climax, "scala") consiste in una progressione che sale di intensità (prendi, afferra, strappa).

Costruzione ad sensum: consiste nel concordare un verbo nella forma del plurale con un termine che, pur essendo di forma singolare esprime una valenza di pluralità. Costruzione contestata da alcuni puristi.

Deissi: (dal greco deiknumi, "mostro, indico") procedimento mediante il quale si richiama l'attenzione del lettore o dell' ascoltatore su un oggetto particolare, cui si fa riferimento mediante elementi linguistici, detti deittici, che concorrono a identificare in modo preciso l' oggetto in questione.

Diafora: (dal greco diaphoros "diverso") consiste nel ripetere una parola usata in precedenza con un nuovo significato o una sfumatura di significato diversa.

Dialisi: (dal greco dialyein, "separare") figura retorica consistente nell'interrompere la continuità del periodo con un inciso.

Diallage: (dal greco diallássein, "cambiare") nella retorica classica, figura per cui una serie di argomenti portano alla stessa conclusione.

Disfemismo: opposta all'eufemismo, per cui si sostituisce (come uso abituale o come coniazione scherzosa momentanea) una parola normale, spesso gradevole o addirittura affettuosa, con altra per se stessa sgradevole od offensiva, senza dare tuttavia all'espressione un tono ostile: birbante per vivace.

Dittologia: (dal greco dittologia, "ripetizione di parola") consiste nell' utilizzare una coppia di vocaboli dal significato affine o dalla forma morfologica equivalente, collegati tra loro dalla congiunzione e, per conseguire un particolare effetto ritmico oltre che semantico.

Ellissi: (dal greco elleipsis, "mancanza") consiste nell' eliminazione all' interno di un particolare enunciato, di alcuni elementi, per conseguire un particolare effetto di concisione e icasticità.
Enallage: (dal greco enallaghè, "scambio", "inversione") consiste nell'adoperare una parte del discorso al posto di un'altra per conferirle maggiore efficacia; si effettua lo scambio di tempi e modi de verbo, dell'aggettivo al posto dell'avverbio, del sostantivo al posto del verbo.

Endiadi: (dal greco hen dia dyoin, "una cosa per mezzo di due") consiste nell'adoperare, per esprimere un concetto, due termini complementari, coordinati fra loro (due sostantivi o due aggettivi),in sostituzione di un unico sostantivo accompagnato da un aggettivo o da un complemento

Enfasi: (dal greco emphainein "dimostrare") consiste nel mettere in rilievo una parola o un'espressione,grazie ad una particolare sottolineatura, che può tradursi a livello fonologico in forma esclamativa, affettata o sentenziosa e a livello sintattico, invece, in una particolare costruzione.

Epanadiplosi: (dal greco epanadiplosis, "raddoppiamento") figura retorica consistente nell'iniziare e terminare un verso o una frase con la stessa parola:
Epanalessi: (dal greco epanalepsis, "riprendere") ripetizione dopo un certo intervallo, di una o più parole per sottolineare un particolare concetto, come nel verso dantesco.

Epanodo: (dal greco epánodos, "regressione") figura retorica consistente nel riprendere con aggiunta di particolari una o più parole enunciate precedentemente.

Epanortosi: (dal greco epanorthosis, "correzione") consiste sul ritornare su una determinata affermazione, vuoi per attenuarla, vuoi per correggerla.

Epifonema: (dal greco epiphonèma, "voce aggiunta") consiste nel concludere un discorso in modo enfatico: Ecco dove porta il vizio!

Epifora: figura retorica consistente nella ripetizione delle stesse parole alla fine di più frasi o versi.

Epistrofe: termine della retorica classica per indicare la ripetizione della medesima parola alla fine di più versi o di più membri di un periodo.

Eufemismo: (dal greco euphemismo, "parola di buon augurio") figura retorica adoperata per attenuare una espressione ritenuta troppo cruda, irriguardosa o volgare come ad esempio, convenzione di usare il verbo "andarsene" per per "morire".

Figura Etimologica: consiste nell'usare a scopi a espressivi, nell' ambito della stessa frase, due parole aventi in comune l'etimologia, come ad esempio nel dantesco selva selvaggia.

Hysteron Proteron: (dal greco hysteron proteron, "l'ultimo come primo") consiste nell'inversione dell'ordine temporale degli avvenimenti, per cui viene posto prima ciò che logicamente andrebbe posto dopo, per conseguire un particolare effetto espressivo.

Interrogazione Retorica: proposizione espressa in forma interrogativa, che non chiede però risposta in quanto la contiene già in sé, affermativa o negativa; serve ad aggiungere efficacia all'argomentazione e a indurre il lettore o l'interlocutore ad accogliere la nostra opinione.
Inversione: fenomeno linguistico consistente nello spostamento degli elementi costitutivi di una frase in una disposizione che capovolge la normale struttura sintattica, per conferire all'elemento anteposto un particolare risalto espressivo.

Invettiva: consiste nel rivolgersi improvvisamente e vivacemente a persona o cosa presente o assente, con un tono di aspro rimprovero o di accusa, come nei versi danteschi.

Ipallage: (dal greco hypallassein, "scambiare") (vedi anche Enallage, figura retorica con cui l'ipallage spesso coincide):figura retorica che consiste nell' attribuire a un termine di una frase qualcosa (qualificazione, determinazione o specificazione) che logicamente spetterebbe a un termine vicino.
Iperbato: rottura dell'ordine naturale della frase o del periodo per ottenere particolari effetti di espressività.

Iperbole: consiste nell'esprimere in termini esagerati un concetto per difetto o per eccesso.

Ipostasi: (dal greco hypostasys, "materia condensata") nell' ambito della linguistica indica il passaggio di una parola da una categoria grammaticale a un'altra. Come figura retorica indica la concretizzazione e personificazione di un concetto astratto.

Ipotiposi: (dal greco hypotyposis, "abbozzo") figura retorica che consiste nel descrivere qualcuno con particolare evidenza, vivacità e concretezza di particolari.

Ironia: consiste nell' affermare una cosa che è esattamente il contrario di ciò che si vuole intendere. Si tratta di un tipo di comunicazione che richiede nel lettore e nell'ascoltatore la capacità di cogliere l'ambiguità sostanziale dell'enunciato.

Isocolon: (dal greco isókôlon, "stesso membro") figura della retorica classica, che consiste nella perfetta corrispondenza fra due o più membri di un periodo, per numero e disposizione di parole.

Isterologia: (dal greco, hysteron "posteriore" e lógos "discorso") figura retorica che consiste nell'invertire l'ordine logico delle frasi, anticipando ciò che si dovrebbe dire dopo.

Iterazione: ripetizione di parole o di frasi, spesso con valore espressivo così da costituire una figura retorica.

Litote: attenuazione di un concetto mediante la negazione del contrario, come nella frase: Don abbondio non era nato con un cuor di leone

Metafora: (trasposizione) sostituzione di un termine con una frase figurata legata a quel termine da un rapporto di somiglianza, ad esempio: Stanno distruggendo i polmoni del mondo, in cui "i polmoni del mondo" sta per "boschi".

Metonimia o metonomia: consiste nell'usare il nome della causa per quello dell'effetto, per esempio: "vive del suo lavoro" significa che "vive del denaro guadagnato grazie al suo lavoro".

Omoteleuto: utilizzo di termini vicini o successivi che terminano con lo stesso fonema finale.
Onomatopea: (dal greco onoma, "nome" e poièo, "faccio") è un vocabolo o un'espressione che tenta di riprodurre per mezzo del suono una determinata imitazione. Ad esempio din-don riproduce il suono di una campana.

Ossimoro: (dal greco oksymoron, composto di oksys, "acuto" e morós, "sciocco" come modello di unione di concetti discordanti) forma di antitesi di singole parole che vengono accostate con effetti paradossali (es. paradiso infernale, ghiaccio bollente).

Paradosso: (dal greco para "contro" e doxa "opionione") figura retorica consistente in un'affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un'attenta analisi. Nell'ambito della letteratura, si chiama in questo modo un'opera che presenti situazioni assurde e incredibili, in contrasto con il buon senso e con le convenzioni culturali di una determinata epoca.

Paragoge: (dal greco paragogè, "aggiunta") consiste nell'aggiungere un fonema alla fine di una parola. È presente soprattutto nella lingua arcaica e poetica (virtude per virtù).

Paronimia: (dal greco para "vicino" e onoma "nome") accostamento di due o più parole di suono simile, ma di diverso significato. Es. Traduttore traditore.

Paronomasia: accostamento di parole che hanno suono simile ma significato diverso usate con l'intento di ottenere particolari effetti fonici. Es. Amore amaro.

Perifrasi: (dal greco periphrasis, "locuzione intorno") detta anche comunemente "giro di parole",consiste nell' usare, invece del termine proprio, una sequenza di parole per indicare una persona o una cosa (il ghibellin fuggiasco per Dante).

Personificazione o Prosopopea: (dal greco prósopon, "volto" e poiéin, "fare") figura retorica, di gusto classico, consistente nell'introdurre a parlare un personaggio assente o defunto, o anche cose astratte e inanimate, come se fossero persone reali.

Pleonasmo: ridondanza che consiste nell'utilizzo di un termine superfluo. Es. A me mi piace.
Polisindeto: contrario dell'asindeto e consiste in una sequenza molto marcata di congiunzioni fra due o più parole o enunciati.

Poliptoto: figura retorica che consiste nel ripetere, in un giro di frasi relativamente breve, una parola, cambiandone le funzioni morfo-sintattiche.

Premunizione: figura retorica consistente nel controbattere preventivamente alle possibili obiezioni dell'interlocutore.

Preterizione: (dal latino praeterire, "passare oltre") figura retorica che consiste nel fingere di voler tacere ciò che in realtà si dice. Ad esempio: Non ti dico il calore, l'affetto, la cordialità con cui siamo stati accolti.

Prolessi: (dal greco prolambanein, "prendere prima") anticipazione di un termine che sintatticamente andrebbe posto dopo, per sottolineare.

Reiterazione: figura retorica consistente nel ripetere uno stesso concetto con altre parole.

Reticenza: (dal latino reticere, 'tacere') consiste nell'interrompere e lasciare in sospeso una frase facendone intuire al lettore o all'ascoltatore la conclusione, conclusione che comunque viene taciuta deliberatamente per creare nell'ascoltatore o nel lettore una particolare e viva impressione. Un esempio sono frasi in cui sono presenti puntini di sospensione.
E questo padre cristoforo, so da certi ragguagli che è un uomo che non ha tutta quella prudenza, tutti quei riguardi... (A. Manzoni)

Ripetizione: figura retorica che consiste nel ripetere una o più parole a breve distanza per dare maggiore evidenza o calore al discorso. Es. Via, via di qui!

Sillessi: (dal greco syllepsis, "raccolta insieme") figura retorica della grammatica classica, secondo la quale ciò che si riferisce soltanto a una cosa o persona viene arbitrariamente esteso ad altra cosa o persona che, nell'enunciato, segue alla prima.

Similitudine: (dal latino similitudo, "somiglianza") figura retorica consistente in un paragone istituito tra immagini, cose, persone e situazioni, attraverso la mediazione di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (come, simile a, a somiglianza di).

Sinalefe: (dal greco synaloiphè, "il confondere insieme") è il fenomeno per cui due vocali si fondono in una sola sillaba e si pronunciano come se le due vocali appartenessero ad una sola sillaba.

Sinchisi: (dal greco synkhêin "mescolare") figura retorica consistente in una modificazione dell'ordine sintattico normale di una frase e del sovvertimento dell'ordine consueto del discorso che può produrre oscurità.

Sincope: (dal greco syncopè, "taglio") consiste nell'eliminare una sillaba all'interno di una parola. Es. opra per opera.

Sineddoche: (dal greco synekdékhomai, "prendo insieme") figura semantica consistente nell'utilizzazione in senso figurato di una parola di significato più o meno ampio della parola propria. Fondata essenzialmente su un rapporto di estensione del significato della parola, questa figura esprime: la parte per il tutto (vela invece di nave); il tutto per la parte (una borsa di foca, per indicare una borsa fatta di pelle di foca); il singolare per il plurale e viceversa (l'italiano è molto sportivo); il genere per la specie (mortale per l'uomo).

Sineresi: (dal greco synairesis, "il prendere insieme") consiste nella contrazione di due vocali in una sola all'interno di una parola in modo da formare una sola sillaba.

Sinestesia: (dal greco syn, "insieme" e aisthánestai, "percepire") procedimento retorico che consiste nell'associare, all'interno di un'unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un'immagine vividamente inedita. Un simile procedimento, non estraneo alla poesia antica, diviene particolarmente frequente a partire dai poeti simbolisti e costituisce poi uno stilema tipico dell'area ermetica della poesia italiana del Novecento.

Sospensione: figura retorica consistente nel lasciare volutamente interrotto un discorso.

Zeugma: (dal greco zèugma, "aggiogamento") collegamento di un verbo a due o più termini della frase che invece richiederebbero ognuno singolarmente un verbo specifico. Nella frase seguente "vedrai" regge anche "parlare" che dovrebbe, invece, essere retto da un verbo come "udire" o "sentire":

PURE QUESTA INTERA ESPOSIZIONE DI REGOLE DELLA NOSTRA LINGUA E' IN SE', NEL'ATTO, UNA FIGURA RETORICA.
SE METTIAMO DA PARTE LA PERMALOSITA E L'ESSERE PREVENUTI. OGNI FRASE A NOI RIVOLTA SOTTO IL LINGUAGGIO FIGURATO SARA' UN MESSAGGIO D'AMORE.

Giggino


ID: 1869  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: mercoledì 11 maggio 2005 Ore: 23:53

Il tuo “lieve cuntare” questa sera diventa canto, musica.
Il ritmo cullante dei versi si fa evocativo di immagini e di sentimenti
Avevo ragione allora quando sospettavo l’esistenza di altri cunti belli nei tuoi cassetti.
Aspettiamo il prossimo.


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T O R R E S I T A'

Autore unico e web-master Luigi Mari

TORRESAGGINE