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Argomento presente: « Lingua di fuoco sul Vesuvio »
ID: 2354  Discussione: Lingua di fuoco sul Vesuvio

Autore: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Scritto o aggiornato: venerdì 8 aprile 2005 Ore: 00:00

Vesuvio, il fuoco attacca l’area protetta

(da Il Mattino del 1 Agosto 2005)

(di Andreana Illiano) Una sottile lingua di fuoco si è alimentata di sterpaglie e poi è corsa veloce verso gli arbusti, fino a bruciare le querce, distruggere i cespugli di ginestre e gli olmi e i pini alti che erano da venti anni nel Parco del Vesuvio. È accaduto ieri, in località San Vito nella parte che ricade nel comune di Ercolano. Un incendio è divampato nel primo pomeriggio nella vasta area verde protetta. Sono andati distrutti oltre tre ettari di bosco.
L’allarme è arrivato alle 14.30. È stato un cittadino a chiamare il numero verde attivato dalla Regione. Subito dopo sono arrivati i soccorsi: si sono elevati in volo due elicotteri dell’ente di Palazzo Santa Lucia, insieme con tre squadre di agenti specializzati, per un totale di diciotto uomini. Ma non è stato facile. Il fuoco ha divorato le sterpaglie secche, ha distrutto i prati, la vegetazione rigogliosa della macchia mediterranea che rende ricco il Parco del Vesuvio che è un’oasi, un luogo ancora incontaminato, dove la vegetazione è rigogliosa e centenaria. Anche per questo il rogo di ieri assume un significato particolare, non ci sono state minacce alle abitazioni, nessuna paura per le persone, ma è andata distrutta parte di un polmone verde. Un danno immane. Il vento lieve del primo pomeriggio ha alimentato le fiamme, l’incendio si è ingrandito fino a rendere necessario l’utilizzo di un canadair messo a disposizione dalla Protezione civile che è arrivato sul posto alle 19.30. L’acqua di mare è stata la salvezza: tre lanci dall’alto hanno spento l’incendio definitivamente, dopo un lavoro durato oltre cinque ore.
«È già tutto previsto, nell’area protetta del Vesuvio ci sono delle vere e proprie micce d’innesco per gli incendi», a parlare è Amilcare Troiano, presidente dell’ente Parco. Che cosa significa? «Ci sono dei focolai, facilmente infiammabili; mi riferisco ai rifiuti. C’è chi crede che il verde sia da usare come una pattumiera». Ci sono delle discariche? «Sì, ma non abbiamo né mezzi, né competenze per bonificarle, le abbiamo però censite e poi ripulirle non basta se non c’è l’educazione all’ambiente. Intanto, per quanto riguarda gli incendi basta far cadere un fiammifero ed ecco il rogo: facile appiccare il fuoco su materiale infiammabile». È già accaduto in passato? «Sì l’anno scorso ci sono stati tre roghi, di cui uno a Terzigno: per spegnerlo ci sono voluti due giorni. Nel 2003 furono arrestati due piromani nel bosco del Molaro a Massa di Somma: furono presi perché tornarono sul posto a godersi lo spettacolo. Assurdo». Qual è la vegetazione da proteggere? «Le querce, la macchia mediterranea e un lichene che nasce sulla roccia lavica risalente all’ultima colata del 1944: è rarissimo e consente, in un lento processo, il rimboschimento. Un fenomeno straordinario, una meraviglia. Le fiamme possono distruggere in pochi secondi quel che la natura fa in cento, duecento anni. Ed è gravissimo». Che cosa si fa, presidente per evitare tutto questo? «Noi abbiamo denunciato l’esistenza delle discariche in prefettura. E siamo stati ascoltati: domani parte la gara per la videosorveglianza. Di che cosa si tratta? «Telecamere nei punti nevralgici dell’oasi, il progetto è finanziato dal ministero all’Ambiente. Ci saranno due centrali operative, una nella caserma Bianchini e l’altra nell’ex palazzo di Cutolo a Ottaviano. Le telecamere saranno disposte nelle aree a rischio». Cosa altro si può fare? «Una vasca antincendio da installare in una zona del Parco. Ho proposto l’idea, non mi è stato detto di no. Si tratterebbe di una struttura mobile, montabile, capace di raccogliere l’acqua, da utilizzare nei casi d’emergenza».

Andreana Illiano
 
 

ID: 2355  Intervento da: messaggio libero  - Email: email@inesistente.00  - Data: venerdì 8 aprile 2005 Ore: 00:00

Questo signore ha proprio la fissa del Vesuvio. Non perde occasioni per "stuzzicare".
Ma cosa sarebbe stata Torre del Greco senza il vulcano, riuscite a immaginare lo squallore del paesaggio? Vediamolo sotto altri aspetti. Ad esempio: il Vesuvio e l'Arte.

"...Eccomi in vetta al Vesuvio.
Scrivo seduto sulla sua bocca e son pronto a discendere in fondo al cratere. Il sole, di quando in quando, sprizza, traverso il velo di vapori che accerchia la montagna.
Questi vapori mi nascondono uno dei paesaggi più belli della terra e servono a raddoppiare l'orrore del luogo. Il Vesuvio, che le nubi separano dagli incantevoli paesi sorgenti alla sua base, sembra così posto nel deserto più profondo; né lo spettacolo di una fiorente città toglie forza a codesta sensazione terrifica".

F.R. de Chateubriand - Viaggio in Italia (1803-1804)

Vediamo ladesso l'altro Vesuvio.
Al di là del suo valore geofisico, nel corso dei secoli il Vesuvio ha rivestito un ruolo davvero importante per la storia dell'arte: da quando (I secolo d.C.) fu dipinto ad affresco "ombroso di verdi pampini" fino alle più recenti espressioni dell'arte contemporanea.
Pittori, acquerellisti e incisori di quasi ogni epoca, tendenza e nazionalità lo hanno variamente interpretato; fra questi italiani, francesi, inglesi, tedeschi, austriaci, russi e danesi ispirati dai più disparati generi e movimenti artistici, detti "pittoresco", "sublime", "eroico", "romantico", "catastrofico", "orrificante", e finanche dall'"astrattismo".
In particolare, nel 1631 il Vesuvio fa la sua prima apparizione nella pittura dell'epoca come protagonista assoluto dell'opera d'arte, ma anche come sterminatore; è il caso della tela di Didier Barra. Comunque non sempre ha avuto un ruolo di primo piano. Anzi, fino alla prima metà del '700 generalmente faceva da sfondo al paesaggio napoletano come elemento accessorio, lasciando invece spazio alla reazione della gente, che, in preda al terrore per un'eruzione in corso, invocava i suoi santi patroni.
Dei numerosi artisti del '700 e '800 che hanno ritratto la "montagna fumante" ricordiamo Bonavia, Volaire, Pietro Fabris, Hackert, Saverio della Gatta, Giacinto Gigante e Antonio Pitloo. Di nuovo, nella seconda metà del '700 il Vesuvio rivede il ruolo di "dominatore del paesaggio" nelle composizioni degli artisti, essendo osservato da più punti lungo il golfo di Napoli, ad esempio da Torre Annunziata e da Portici.
Col tempo, però, fin'oltre la seconda metà dell'800, le rappresentazioni del Vesuvio perdono ogni valore emozionale, riducendosi a semplici ripetizioni della classica immagine del 'golfo con il vulcano fumante sullo sfondo'. Qualche interessante variante è offerta dagli artisti Johan Christian Dahl, norvegese, Franz Ludwig Catel, tedesco, e dallo scultore Thorvaldsen. Nel 1819 Joseph William Turner e Camille Corot, 'giocando' con i contrasti cromatici, arricchiscono l'immagine del Vesuvio di una straordinaria luminosità.
A parte il 'Vesuvio' di Degas del 1890, molti artisti contemporanei ne hanno subito il fascino e vi si ispirano continuamente nelle loro opere.
Tartarin


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