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Argomento presente: « Ex apprendista da New York » | |||||
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ID: 2421 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
info@torreomnia.com
- Data:
venerdì 26 agosto 2005 Ore: 11:38
Ecco, vedi, Tato', il Tuo post mi ha commosso. Non ho tempo per dedicarti una bella risposta, oggi rivado a Paertum per il Weekend e poi al lavoro da Lunedì. Riscrivi, Ti prego. A Via Napoli si sente la Tua mancanza. Quando i sacchetti della spazzatura sono riversi per la strada qualcuno dice: "Ce vullesse Salvatore Vitiello, mo' ". Hai saputo che il Tuo dirimpettaio Mimì Marcianò è morto? Ma non voglio tediarti. Ti ridedico questo brano tratto "Da Magonza a Torre del Greco" scaricabile integralmente da Torreomnia, che è una sorta di dichiarazione d'amore ai miei ex apprendisti tipografi, oggi sparsi per il mondo. Ottobre 1989. "Quando nella bottega annuncio qualche pubblicazioncella, la prima cosa che mi chiede la gente è: Ma fa ridere?. Il bello è che essa ride pure quando ho creduto di scrivere cose serie. Non sarà per partito preso? Forse anche a Napoli, oggi, si insinua quel proverbio che recita: "Quante volte le bocche ridono ed i cuori non ne sanno nulla". Abbiamo finito col dottrinalizzare pure le risate? Abbiamo fatto del proverbiale buon umore napoletano un’altra elaborazione culturale. Se così fosse, poveri noi! "On Luì" – dicono sovente gli ex apprendisti quando s’affacciano sull’uscio della mia bottega – "All’alma di colui che a te percosse..." Ed io mi commuovo per stupidaggini del genere, perché tali non sono. Esse sostituiscono i contatti umani d’un tempo, il senso dell’amicizia, oggi sempre più compromessi, per questo tronco la frase dicendo: Curre, cammina, va a fa’ ’o duvere tuoie. Ed egli docile come un cagnolino riconoscente si avvicina soddisfatto alla napoletana fumante. Io noto la prima stempiatura, gli incipienti segni della sua dissolta giovinezza. Penso a quando, paternamente, lo dileggiavo dicendo "mesci il caffè", ed egli puerile confuso ed ignaro lo zuccherava. Ah, scarzappulillo, non più imberbe, col tuo pomo d’Adamo che va su e giù, con qualche dente in meno e la consorte incinta ogni nove mesi perché non si decide a fare il maschio per deformazione caratteriale torrese. Ricordo quando dicevi al cliente moroso che cincischiava nelle tasche inventando mille scuse: "Ma dicite ca nun tenita a «zuppa»". Rieccovi a fare " ’o duvere vuoste", come un tempo, con la napoletana, dove il caffè scende. Ridico mesci, e voi, meno candidi, lo versate, dietro un adulto sorriso sornione. Un ex scarzuppulillo centellinò con me quel nettare dell’amicizia e si dileguò per l’ingresso. Un attimo dopo ricomparve: «On Luì – sbottò – me scurdavo ’na cosa importante». Pausa. «Dai, parla», ruppi. E lui «Ammesso e non concesso che io ti dicessi di fare poco il berloffo, tu che faresti?». Grazie, ragazzi, grazie perché mi fate, talvolta, riassaporare la giovinezza. Grazie per aver tollerato i miei sbalzi d’umore dovuti alle vostre inottemperanze, per aver saputo sorridere a qualche mia verbale escandescenza: ’Ata fa’ ’e mmane comm’ e piede!" Grazie Tato' Luigi Mari |
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