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Argomento presente: « COMPAESANI AIUTO » | |||||
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ID: 2480 Intervento
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- Data:
domenica 11 settembre 2005 Ore: 16:54
Amici cari, potrei farvi mille discorsi di comodo, potrei fornirvi i link dei mille siti italiani anti-depressione, ma non servirebbe a nulla. Sappiate che la vita, per contro, si apprezza appieno quando si viene fuori da esperienze dolorose, meglio se dolorosissime; non è un paradosso. Nessuno è mai morto di mal d'amore in se, è la disistima e l'abbandono della propria persona che annientano. ll vero problema sociale non è chi viene lasciato, ma chi lascia per confusione mentale per irrazionalità, perché fa del rapporto umano uno scambio di valori materiali: economici e corporali sul piano dei vantaggi e del possesso. Gli studiosi hanno dedotto che “il bisogno delle relazioni sociali" è una basilare esigenza programmata in una parte primitiva dei nostri cervelli, come la sete o la fame”. Hanno inoltre ipotizzato la possibilità di studiare a fondo questa zona del cervello per trovare nuovi medicinali contro gravi forme di ansia sociale o depressione. La solitudine, la disistima, il nichilismo, sono mali moderni. Quanti giovani ne sono vittime a causa di falsi modelli sociali propinati dai mass-media. A nulla valgono i compagni, il danaro, lo svago. Male moderno che lo si subisce o lo si fa subire sempre per lo stesso meccanismo contorto, come forme reattive diversificate e contrapposte atte ad esorcizzare il concetto del dolore che anno prima, anno dopo arriva spietyato con la finibilità. Certo, il dolore sociale non è il dolore che si avvertirebbe se qualcuno ci spezzasse un braccio, “ma assomiglia ad un dolore viscerale”, come un pugno nel petto all'altezza dei precordi. In altre parole, sia nella sofferenza sociale sia in quella fisica è la medesima parte del cervello ad essere coinvolta. E si può immaginare che questa regione cerebrale sia attiva non solo quando "incassiamo" un rifiuto, ma anche tutte le volte che ci separiamo da qualcuno che amiamo, che, cioè, sperimentiamo una perdita, come la fine di una storia, la morte di un nostro caro. “Se ci fa male essere separati dalla gente, allora siamo restii ad allontanarci dal gruppo sociale”, perciò questa tendenza a sentire l’esclusione come un dolore acuto può ragionevolmente essersi sviluppata come un meccanismo di difesa della specie. Come dire che ormai il dualismo cartesiano "tra res cogitans e res extensa" sta per essere del tutto superato, grazie alle nuove scoperte scientifiche sull’ “anatomia del dolore”. E... signori/e, se proprio dobbiamo LASCIARE qualcuno/a almeno stiamo attenti a non fare troppo male, ricordandoci che un nostro rifiuto equivale ad un pugno in petto permanente e ripetitivo per molto tempo. Il moderatore |
ID: 2477 Intervento
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sabato 10 settembre 2005 Ore: 20:08
Mena 'a past'. Mena....... |
ID: 2476 Intervento
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email@inesistente.00
- Data:
sabato 10 settembre 2005 Ore: 19:43
Lettera a me stessa Tutto questo inizia perchè la mente si è chiusa e questo lascia che i ricordi scolpiscano nel cuore... scolpiscono una lapide. e il processo e lento e doloroso. davanti ai tuoi occhi passano velocemente scene che trasudano di sentimento. cosi lontane e allo stesso tempo profonde dentro te. non è la prima volta.. neanche l'ultima. sei te che ti lasci morire. tu stessa ti lasci cadere. senza stimoli c'è troppo dolore. e ti paralizza per strano masochismo osi tenere gli occhi aperti a tutto questo mentre la ragione di tutto è felice beata in altri mondi. negatività allo stato puro. cosi lontana dal tuo cuore. per codardia per rimpianti per ricordi per incapacità tua per sentirsi sconfitta tutti i giorni per svegliarsi e non resistere la desolazione del tuo cuore... e questo ti riduce davvero male la realtà prende altra forma... una forma non ben definita e insensata al momento non ti rassegni e il dolore ti riprende, completamente. niente stimoli. muori muori muori ... in eterno. lunghissima attesa... vorrei essere in altri posti. non qui. non qui. perchè non sei forte? smettila di guardarti dentro ... ora c'è solo dolore. perchè sei chiuso? non è il momento migliore per rassegnarsi. parole dette e ridette .. in modo violento e impassibile. in che diavolo di inferno sono finita? ci ridi ci piangi ci sanguini ma Lei non sentirà mai. vi prego, sono stanco di vedere indifferenza nei vostri occhi... quanti altri dolori ed inferni dobbiamo chiedere per imparare la compassione di cui abbiamo bisogno? respirare affannosamente, non trovare vie di salvezza, una qualche speranza... piccola... non siete diversi da me. non siete immuni al dolore. ho bisogno di forza... ho bisogno di non sentire il dirupo che divide me e te. tu mi capisci.. chiunque tu sia... tu sai che vuol dire avere il cuore a pezzi... ascolta pure ascoltami... non temere quel che dico tu sei me io sono te... Io Ti capisco amico mio, so leggere in te! Una donna sola |
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