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Argomento presente: « SCANDALO DEL VULCANO »
ID: 2586  Discussione: SCANDALO DEL VULCANO

Autore: Mario Fusco  - Email: fuscotono2@virgilio.it  - Scritto o aggiornato: venerdì 23 settembre 2005 Ore: 17:18

CHI SCAPPA PENSA DI SALVARE LA PELLE
MA I "PATTI CON LA MORTE" NON ESISTONO.

Per questo il vostro Mario Fusco, malgrado si faccia sotto, resta a Torre. Anno prima... anno dopo... meglio il cimitero della propria città.
Vi "propino" le ultime notizie sul Vesuvio.

Finalmente la Regione ha varato un piano per sgombrare l'area a rischio. Ma pochi aderiscono e le case fuori legge si moltiplicano: 7 mila negli ultimi sei mesi. In attesa della sanatoria

di Mino Fuccillo (L'espresso)

VILLA REGINA, LA FATTORIA ROMANA
DI 2000 ANNI FA
La radio annuncia e chiama: "Se abiti in uno dei diciotto comuni vesuviani. La Regione Campania ha abolito il condono edilizio. informati al numero verde. puoi essere aiutato a vivere meglio". È uno spot e anche un proclama, dietro c'è la più grande follia nella storia degli insediamenti umani.
Eccola: a Boscoreale, tre metri sotto il livello stradale, c'è Villa Regina. È una fattoria romana, sepolta a suo tempo dal vulcano. È bella, ordinata, vivibile, fa venire in mente la serena agiatezza delle dimore agricole della campagna senese elette dall'uomo contemporaneo a mito e misura del buon vivere appunto. Ma Villa Giardino è anche altro, quello che c'è tre metri sopra: un quartiere, anzi due, separati da una strada che un sadico ha battezzato 'via Le Corbusier'. Edilizia popolare e intensiva: 630 famiglie in gabbie e cubi di cemento che si scrosta come un biscotto. Niente negozi, ma collinette e dossi di copertoni d'auto bruciati, una conduttura d'acqua sfondata, un campo di calcio nero d'abbandono, cubicoli insomma minuscoli, cadenti e malsani dove gli umani del terzo millennio dormono, mangiano, fanno l'amore, ma non si può dire che vivano, la parola risulterebbe troppo grossa e fuori luogo. Affacciano, incombono sulla fattoria romana e il dislivello di tre metri comprende e racchiude in un solo sguardo gli infiniti gradini che la civiltà qui ha disceso in 2 mila anni. Non ci dovrebbero essere sulla faccia della Terra i quartieri Villa Regina e Passanti Scafati perché degradano e infelicitano, corrompono la sostanza del vivere. Soprattutto non ci dovrebbero essere su questa terra perché siamo già sulle ginocchia del grande vulcano.

La follia comincia ancora prima e ci entri dentro in autostrada. Non lo sai, ma a San Giorgio a Cremano varchi il confine della 'zona rossa', quella ad alto rischio se il Vesuvio si sveglia. Sulla destra, verso il mare, Portici - densità per chilometro quadrato superiore a Hong-Kong - Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata. Paesi, anzi città, in cui non distingui un centro da una periferia, un corso da un vicolo, ammassi di mattoni, formicai senza logica, cantine costiere in cui sono stati buttati alla rinfusa centinaia di migliaia di umani. E poi Pompei, come un bambino capriccioso che avesse sparso e accatastato con gesto di noia i mattoncini di un Lego gigantesco. Viuzze, angoli morti, bipiani sghembi e bitorzoluti.

Cominci a salire sulle pendici: Terzigno, via dei Monaci è un cantiere e così via Zabatta. Cantiere di cosa? Primo piano abitato, secondo e terzo fatto di scheletro e solai, un edificio su tre, forse uno su due sta crescendo così, per partenogenesi. Raccontano di una mitica squadra: sei ore di lavoro illegale per 500 metri quadrati di superficie che diverrà, prima o poi, in qualche modo, legale. Terzigno e San Giuseppe Vesuviano, qui c'è il tessile: alla luce del sole, oppure sommerso e cavernicolo. Tremila cinesi, parco auto circolante che va, senza nulla in mezzo, dalla Fiat 127 di trent'anni fa alla Mercedes con satellitare. I paesi sono cantieri, stratificati, la geologia dell'edilizia abusiva ha stili riconoscibili: gli anni Sessanta, il dopo terremoto dell'Ottanta, l'oggi.

Ma è fuori dai paesi che l'abusivismo si manifesta in tutto il suo potere e splendore. A Somma Vesuviana c'è il Rose Rosse. Non potremmo definirlo ristorante, è troppo poco. Villa è riduttivo, è qualcosa che si fa pubblicità sulle tv locali. Diciamo che ci si va a sposare, con annesso banchetto, festa e parata. Tra l'altro comprende, su una piattaforma abusiva, un elicottero. Dice che non fa danno, non c'è pericolo, tutto in regola, l'elicottero non si muove, serve per le foto degli sposi. La cintura di questi 'cosi' che apparirebbero pacchiani ed esagerati a Las Vegas avvolge tutto il vulcano, l'ultimo confina con la barriera della Forestale, l'unica che li ferma. Villa Vittoria, Il Cigno, Le Dune: cancelli istoriati, viali di cemento cui fanno ala leoni, grifoni, gladiatori, ancelle di gesso a grandezza naturale e più. Fontane e fontanili con luci al neon, capannoni per le tavolate, hall, scenari per foto, l'iconografia di Disneyland e dei film di Ursus. Tutto abusivo, ma tutto di fatto in regola, tutto eterno. Tutto insieme fanno 600 mila persone, Firenze e Bologna in grembo, faccia a faccia, anzi dentro il grande e attivo vulcano.

È questa la grande follia, ma è cosa nota, anche se di fatto rimossa da mezzo secolo. Di nuovo c'è una voglia 'cartesiana', un piano 'illuminista' per contrastare la demenza dei fatti. Cartesiano e illuminista qui non sono buone parole e infatti è pieno di gente che ti dice e dimostra che il piano fa acqua da tutte le parti. Il sindaco di Torre del Greco e quello di Terzigno, i parroci della zona e il 'Corriere del Mezzogiorno'. Il piano ha la faccia giovane e la razionalità ispida dell'assessore regionale Marco Di Lello. "Ecco, ho i numeri in tempo reale, siamo al 18 ottobre e, in 13 Comuni su 18, hanno fatto domanda 4.060 persone, cioè 20 mila abitanti. Il piano è tarato per 15 anni, se continua così va bene, anzi benissimo". Il piano è appunto quello di indurre ad andar via dalla zona rossa in 15 anni tra le due e le 300 mila persone. Gli abitanti si ridurrebbero a una cifra compatibile con una evacuazione in caso di allarme vulcano, si stima un preavviso di disastro di circa due settimane, gli edifici non più abitati potrebbero essere riqualificati e ricondotti a un uso turistico con benefici per l'economia e l'ambiente. Inoltre, punto sul quale insiste soprattutto l'assessore Paolo Persico di Boscoreale, quei mostri sociali dei quartieri di edilizia popolare sparirebbero così come sono e finirebbe la pena inflitta a chi ci abita.

Ecco allora il piano: se vivi in affitto in quei Comuni, la Regione ti dà 30 mila euro a fondo perduto con cui tu paghi l'anticipo per comprarti una casa altrove. Si può fare, 100 mila euro è il prezzo di mercato di una casa in molte altre zone della Campania. Ma rispondono 'sì' solo i più poveri, solo quelli dei quartieri ghetto. Gli altri, la gran massa dei proprietari di case legali, semilegali e illegali sono indifferenti e ostili. Comunque il piano è debole verso il proprietario che viene posto di fronte a due scelte: può ottenere un finanziamento per non affittare o abitare più, destinando la casa a un uso turistico, oppure può venderla a una società pubblica. Poca cosa rispetto al diritto che ha oggi e conserva domani di riaffittare se perde l'inquilino e al 'privilegio' di ingrandirsi e allargarsi, tanto arriva il condono di Roma. Napoli ha detto che quel condono lo 'abolisce' - parola di spot e di Consiglio regionale - si finirà davanti alla Corte Costituzionale. Ma la gente non crede che Napoli vincerà questa guerra e già punta sul condono a venire. Sono 6.700 le segnalazioni di abusi edilizi in corso in Campania da giugno ad ottobre, il 75 per cento in provincia di Napoli, la gran parte nell'area vesuviana. E sono 52 mila le domande di condono antiche, inevase, di fatto sanate. A fronte di una quarantina di demolizioni nella storia e di un'altra ventina in programma.

Sfogliamo le carte: Terzigno, ex novo 650 metri quadrati; San Sebastiano al Vesuvio, rimossi i sigilli al cantiere per la sesta volta consecutiva; San Sebastiano, gazebo 350 metri per 250; San Sebastiano, deposito attrezzi 150 metri più alloggio 130 più 17 più 75 altro vano; Pompei, reticolo fondazione in calcestruzzo per 300 metri quadrati; Pompei, baracca in legno quattro camere; Terzigno, capannone 413 metri quadrati. E Comuni che segnalano improvvisamente 14 abusi tutti insieme dopo mesi di silenzio, fondato sospetto che siano dichiarazioni di abusivismo a futura memoria, cappelli cartacei lasciati sul posto della burocrazia per costruire domani, al riparo del condono. Perfino a Sarno, quella delle alluvioni, 12 casseformi in legno e lavori continuati nonostante il sequestro del cantiere e "sopraelevazione di 120 metri quadrati". E in costiera, ad Amalfi e Conca dei Marini e a mezza costa a Cava dei Tirreni.

Non basta: ragione, illuminismo e Cartesio qui devono fare i conti e soccombere agli intrecci di norme e ai cavilli legali. Dai incentivi per andar via, dichiari abolito il condono, inedificabile la zona rossa, ma prima di tutto questo c'erano dei piani regolatori che prevedevano 50 mila vani edificabili. Li stanno costruendo, come li fermi? Drasticamente, secondo Nino Daniele, assessore Ds, ma la drasticità non passa tra le maglie strette della legge.

Così come difficilmente passerà il vincolo d'uso a chi resta, c'è il diritto di proprietà. E dove la spingi la drasticità? Ammesso che trovi un'azienda che va a demolire davvero, "e se poi si verificano fatti come quelli di Anna Vollero?". La donna che si è data fuoco ed è morta perché le sequestravano il negozio dove erano finiti i soldi di attività camorristiche. Già, la camorra: fino a che incentivi un po' di esodo, se ne sta tranquilla e neutrale, in fondo sono soldi che circolano. Ma se provi a demolire qualcosa di suo ti ferma, eccome. Quindi la casa demolirla non si può, rischi il dramma. E nemmeno il mega-ristorante: chi va a buttarlo giù rischia la pelle.

Di nuovo c'è molto, come diceva la radio, ma in fondo è sempre la stessa storia da queste parti: un gruppo di illuministi, un piano tanto razionale quanto a dispetto del reale, un po' di sanfedismo a base di "non toccate le nostre radici, la nostra identità e il legame con il suolo" e molti saggi e sapienti che suggeriscono di non far nulla perché non c'è nulla da fare. Un 'sanfedista' che fa il sindaco va dicendo che "quelli vogliono spaventare la gente con il Vesuvio che invece è buono". Un 'illuminista' che governa ricorda che l'ultima volta che il Vesuvio ha fatto un colpo di tosse è stato il 1944. "Da allora si è persa la memoria storica del vulcano". Poi aggiunge, con razionale ira e cinismo: "Solo lui, il Vesuvio può aiutarci, basterebbe un colpo di tosse, pure due".

EVACUAZIONI E ABUSI RECORD

- 18 i Comuni dell'area vesuviana
- 582 mila la stima più bassa dei residenti, 700 mila quella più alta
- 31 mila gli abitanti che se ne sono andati a cavallo degli ultimi due censimenti
- 52 mila le domande di condono giacenti
- Circa 7 mila le segnalazioni di nuovi abusi edilizi negli ultimi sei mesi
- 30 mila euro il bonus per chi si trasferisce altrove
- Circa 5 mila le domande di bonus pervenute fino a oggi
- 300 mila la popolazione che dovrebbe restare nella zona tra 15 anni
- 1944 l'anno dell'ultima eruzione del Vesuvio
- 2 settimane secondo i vulcanologi il tempo di preavviso per una evacuazione con un margine di errore del 50 per cento.


Prendi i soldi e scappa
Pasquale Belviso, il primo a chiedere il bonus: "Voglio vivere meglio"
Pasquale Belviso è un po' infastidito da una piccola improvvisa notorietà e da quella che ritiene una grande bugia che gli hanno cucito addosso. È stato il primo a fare domanda per il bonus da 30 mila euro per farsi casa fuori dalla 'zona rossa' e, poiché lavora all'Osservatorio Vesuviano, hanno inventato che 'sapesse qualcosa'. "Non è vero, io non sono scappato. Non è paura o preoccupazione, è una scelta di vita. Me ne andrò dalla parti di Acerra o Caserta. Vivo a Ercolano, sono in affitto da sei anni, con 120 mila euro mi compro una casa di 70-80 metri quadri, guadagno mille euro al mese, mi è sembrata una buona occasione".

Davvero non ha paura del vulcano?
"Certo, non vorrei trovarmi qui in caso di una evacuazione. Ma bisogna essere cretini per pensare che uno sappia qualcosa di possibili eruzioni e quindi faccia domanda per

un finanziamento. Il vulcano ti dà due settimane di tempo, lo sanno o no i cretini che mi telefonano a casa e vogliono che io sveli chissà quali segreti? Possibile che appaia così strana l'idea di andare a vivere meglio?".

Mino Fuccillo (L'espresso)

Il vostro Mario Fusco



 
 

ID: 2592  Intervento da: ciccio raimondo  - Email: ciccioraimondo@libero.it  - Data: venerdì 23 settembre 2005 Ore: 17:18


Per gli amici del Forum un inedito di Raffaele Raimondo:Trattasi di una breve pagina a mo' di diario che ho trovato scritta a lapis a margine di una pagina in un libro del Di Donna

L'ERUZIONE DEL VESUVIO DEL 18 MARZO 1944

Sabato 18 marzo nel tardo pomeriggio il Vesuvio inizia la sua eruzione emettendo lava dal conetto principale in direzione nord-ovest e cioè in direzione dell'Atrio del Cavallo e indi spingendosi verso i comuni di S Sebastiano e Cercola la quale in ultimo si salvò perchè la lava deviò verso Massa di Somma.
Per tutta la domenica 19, giorno di S.Giuseppe, l'eruzione continuò, qualche lieve scossa tellurica e niente più tanto che il giornale "Il Risorgimento" rassicurava gli abitanti dei comuni vesuviani e quelli di Napoli che non c'era nulla da temere perchè era una fase di attività normale del vulcano. Nella giornata di lunedì 20 marzo, la lava investe S.Sebastiano circondando la chiesa parrocchiale di quella cittadina. E' da questo momento che gli animi si mettono in apprensione. Una diramazione della lava minaccia anche Torre del Greco. La linea ferroviaria Toos-Cooh & Sons che fa servizio sui fianchi del monte è tagliata in due. Il comando delle truppe anglo-americane che presidiano la provincia di Napoli mettono a disposizione degli abitanti delle zone in pericolo centinaia di automezzi per lo sgonbero delle masserizie. A Torre del Greco si aspetta l'ordine di sgombero da un momento all'altro. Il mercoledì 22 marzo fin dal mattino le scosse si fanno più frequenti, le case tremano e si sentono continuamente i vetri delle finestre tremare. Verso le 17,30 il Vesuvio incomincia a mandatre in aria un gigantesco pino ed a emettere forti boati da far tremare la terra. Sulla cima del Vesuvio si vedono scoccare fulmini e mentre sopraggiunge la sera il cielo si arrossa. Alle 21 la gente si riversa nelle strade in preda al panico. Il Vesuvio è una torcia ardente di gigantesche dimensioni. Dico a mia moglie di preparare quanto è di più utilie e mi accingo a farli mettere in salvo. Scendo e vado nel palazzo Vitelli di fronte alla mia abitazione da dove il Vesuvio si vede di fronte. Trovo poche donne che guardano il monte che trema tutto e bolle fragorosamente. Il rumore è uguale a quello del mare in tempesta. Dopo una mezz'ora di quel tremendo fragore si calmò e così si tornò alle case.
Ci mettemmo a letto e alle due di notte cioè di giovedì un'altra volta il Vesuvio riprese a bollire e a emettere fortissimi boati.
Durò una mezz'ora e riprese alle ore quattro ed alle sei della mattina di mercoledì (giovedì).
Andai a Napoli in Ufficio (U.T.E.)e, dopo aver firmato il foglio di presenza, me ne ritornai a casa. Due correnti di lava minacciavano Torre del Greco e Boscotrecase. Nel Pomeriggio uscirono in processione dalla chiesa di S:Croce San Gennaro, S.Colomba e l'Immacolata e prodigiosamente dopo un forte ed ultimo boato l'eruzione cessò.
Le lave si fermarono e solo nei giorni 23, 24,e 26, un denso pino di cenere fece piovere sui comuni circostanti una polvere rossastra frammischiata a cenere. La cenere colpì particolarmente Boscotrecase, Boscoreale, Torre Annunziata, Pompei, Salerno, Nocera e Pagani ove si lamentarono alcuni morti in seguito a crolli di case provocati dal peso dei detriti accumulati sui tetti.
Diradatosi il pino si vide il Vesuvio quasi modificato nel suo aspetto.La sua nuova forma è un imbuto rovesciato introdotto in un tronco di cono
RAFFAELE RAIMONDO



ID: 2587  Intervento da: messaggio libero  - Email: email@inesistente.00  - Data: venerdì 23 settembre 2005 Ore: 14:24

VULCANI, DAL VESUVIO UNA SORPRESA:
NON ERUTTERA’ LAVA

Ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Osservatorio Vesuviano stanno analizzando da tre anni, attraverso segnali ultrasonori di emissione acustica, il comportamento del Vesuvio arrivando ad una sorprendente conclusione: alla base del vulcano non ci sarebbe magma ma solo fluidi endogeni caldi

In caso di risveglio del Vesuvio non si assisterebbe ad una eruzione di lava, come per l’Etna, ma ad una esplosione di gas e materiali piroclastici, così come avvenne nell’epoca pompeiana. A fare questa sorprendente rivelazione è un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Acustica "O.M. Corbino" del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma e dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli, che da tre anni sta misurando il "respiro" del vulcano tramite segnali ultrasonori di emissione acustica (EA).

Secondo questi esperti, infatti, l’attività vulcanica del Vesuvio non sarebbe dovuta allo spostamento del magma, ma solo ed esclusivamente alla pressione di fluidi molto caldi, alimentati in parte da acqua marina riscaldata dalla fonte endogena: "Il nostro studio - spiega Gabriele Paparo, che assieme a Giovanni Gregori ha osservato per il CNR il Vesuvio – si è basato sull’utilizzazione di segnali ultrasonori, registrati da una stazione di monitoraggio posta a 400 metri dal cratere, che ci ha permesso di osservare fenomeni di "gonfiamento" e "sgonfiamento" riferibili alla pressione di fluidi caldi endogeni. Nel caso invece di movimenti di grandi quantità di roccia fusa sotto il vulcano, le nostre apparecchiature avrebbero dovuto sicuramente registrare segnali ultrasonori ben diversi da quelli da noi osservati".

Come spiegare allora la deformazione del suolo? "Il fenomeno – sottolinea Ugo Coppa, dell’Osservatorio Vesuviano – è riconducibile a contrazioni o espansioni termiche, fluttuazioni delle maree o pressioni endogene da fluido di acqua o gas". Tale pressione rientra comunque a pieno titolo tra le cause certe dell’attività vulcanica, evidenziata proprio dagli strumenti ultrasonori di emissione acustica: "Va fatto chiaramente presente – concludono i ricercatori del CNR e dell’Osservatorio Vesuviano - che la presumibile assenza di magma sotto il Vesuvio non ne riduce affatto il rischio potenziale connesso a questo tipo di vulcanesimo".

Roma, 4 giugno 2002

Per ulteriori informazioni: Gabriele Paparo 06-49934110 ; 339 273 1292

Ugo Coppa 081-6108310




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