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Argomento presente: « UNO SCUGNIZZO DI 80 ANNI »
ID: 2718  Discussione: UNO SCUGNIZZO DI 80 ANNI

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: martedì 1 novembre 2005 Ore: 21:34

UNO SCUGNIZZO DI 80 ANNI DA’ LEZIONE DI VITA

La Casa dello Scugnizzo è nata nel 1950 a Materdei per opera di Mario Borrelli sulle macerie della chiesa di Piazzetta S. Gennaro.
Il sacerdote è nato a Napoli nel 1922, nella zona del Porto, un quartiere di lavoratori in metalli preziosi.
Il padre e un fratello doratori; un altro orafo. Le donne di casa esperte in brunitura dei metalli. Egli il penultimo di 5 fratelli. Per la precaria situazione finanziaria accettarono in casa uno zio e un cugino, forniti di mezzi di sostentamento. A 8 anni in una bottega di barbiere, galoppino, ritirava il caffè al bar per i clienti. Qui conobbe Don Nobilione, un prete, al quale confessò la sua vocazione religiosa. Questi decise di pagare le spese dell’istruzione. Pagò però solo il primo anno, perché rimase privo di mezzi. La madre, convinta della sua fermezza ed applicazione nello studio, si adoperò per trovare il denaro, Furono anni difficili, di pene e di sacrifici.
Nel 1940, a 18 anni, fu ammesso al Seminario Maggiore di Capodimonte, dove trascorse 7 anni. Durante la guerra viaggiò da Napoli ad Eboli, in provincia di Salerno, per ricongiungersi con la sua famiglia, sfollata lì a causa dei bombardamenti, che avevano distrutto la loro abitazione. Rimase con loro per circa un mese. Durante il periodo del seminario, si legò con Ciccio, poi Don Spada, che sarebbe in seguito entrato nella sua vita esterna. Nel 1946 uscì dal Seminario ed assunse tre mansioni: nel Comitato dell’anno Santo, insegnante e, una cappella ambulante trasformata in una autoambulanza inglese in cappella, con la quale si recava in periferia per amministrare i sacramenti e celebrare la messa con gli operai delle fabbriche.
L’incontro con Ciccio una mattina in tram dà il via al progetto di aiutare gli scugnizzi di Napoli, che prevede di fornire loro vitto ed alloggio e iniziarli ad attività lavorativa. Terminata la guerra, Napoli si andava trasformando per la ricostruzione. Vi era un problema giovanile: molti minori, dediti al furto, spesso autori di forme di aggressività. Padre Borrelli si rese conto di ciò, così come notò che queste bande erano strutturate in modo che il ragazzino rubava, mentre i più grandi organizzavano. Gli scugnizzi erano o ragazzi senza famiglia, perché figli di genitori morti sotto i bombardamenti o figli di prostitute o orfani abbandonati nella ruota dell’Annunziata. A questi si affiancavano giovanotti, che volendo una dimensione diversa di sopravvivenza andavano via da casa per le situazioni in famiglia non sempre delle migliori.
La teoria di Borrelli era che lo scugnizzo non è un delinquente. Il ragazzo, che vive per strada, ruba per sopravvivere. Pertanto, se viene sfamato, non ha più interesse a rubare per vivere. Borrelli pensò che se fosse entrato nel gruppo, avrebbe avuto molte notizie utili per capire la problematica. Dopo non poche manovre di diplomazia, Don Mario riuscì ad avere il permesso dal Cardinale di vestirsi da scugnizzo ed infiltrarsi tra loro. Al suo amico Ciccio il superiore nego’ il consenso. Don Mario si trovò nell’avventura, solo con l’amico Salvatore, che girovagava di notte per le strade di Napoli, fotografando la vita notturna.
Da questo momento ha inizio la doppia vita di Borrelli: prete ed insegnante di giorno e scugnizzo di notte. Ovviamente ciò gli procurò non pochi problemi, tanto vero che spesso gli capitò di addormentarsi sulla cattedra, nonché di non avere nulla da raccontare agli altri della banda su come aveva trascorso la giornata e su come si era procurato il bottino. Non fu facile essere accettato da una banda. Infatti per giungere a ciò dovette dimostrare di possedere capacità di lottatore. Ad ogni modo fu accettato e divenne ufficialmente uno scugnizzo. Individuò il capo della banda, uno che sapeva usare bene il coltello, arrivava alle mani, metteva tutti in riga. Quando Borrelli capì di essere in grado di potersi difendere e di dimostrarlo, prese lezione di boxe; litigò con il capo e, battendolo, gli venne riconosciuto il ruolo di capobanda.
Da quel momento cominciò a vivere, agire e pensare come uno di loro, scoprendo un mondo in cui questi ragazzi inventavano di tutto per vivere: dal furto alla raccolta di cicche, al piccolo imbroglio, Intanto riuscì ad avere la chiesa di S. Gennaro a Materdei, sconsacrata nel periodo post bellico, che i tedeschi avevano usata come deposito di armi, e, con l’aiuto di volenterosi del quartiere, incominciò a trasformare in centro di accoglienza. Gli si affiancò il prete Pasquale. Da questo momento, con stratagemmi, attirò gli scugnizzi a Materdei con la promessa di cibo e letti. I primi furono i componenti della sua banda.
Nel frattempo Don Mario acquistò un carretto a mano che serviva a recuperare rottami di ferro da rivendere a più alto prezzo. In seguito il carretto divenne un biroccio e poi un camion che si occupava di rottami, di abiti e calzature usate e altre cose da rivendere per fornire un’entrata alla Casa. In breve la Casa dello Scugnizzo fu conosciuta e la gente tese una mano. Alla fine Don Mario decise che era venuto il momento di farsi conoscere per quello che era e con l’aiuto del suo amico fotografo, che l’aveva fotografato insieme agli scugnizzi, si presentò con l’abito talare. Quando Borrelli si dichiarò, i ragazzi ebbero uno shock. I bambini reagirono con allegria. Dei più grandi ci fu un gruppo che offeso andò via ma poi ritornò a distanza di tempo, mentre un’altra parte sparì. Borrelli si rese conto che la sua condizione di sacerdote gli impediva il rapporto con l’utenza laica.
Quindi in Inghilterra frequenta un corso di assistente sociale. Colleghi, studenti, insegnanti gli davano spazio per organizzare i suoi lavori di ricerca e lo aiutavano anche economicamente. Così incominciarono a sorgere i comitati esteri, dove si raccoglievano i soldi, che venivano dati a Borrelli affinché una volta a Napoli, potesse risolvere problemi immediati. Con i soldi Borrelli, avuto il beneplacito della Curia di abbattere la chiesa, dà il via alla costruzione dell’edificio attuale. Costruita la struttura, la Curia voleva impossessarsi dell’istituto, chiedendo a Borrelli come sacerdote di esserne il direttore con uno stipendio. Borrelli, che non aveva intenzione, prese tempo, poi cambiò Ordine religioso e diventò gerolomino dell’Oratorio S. Filippo Neri, ordine che non dipende dalla Curia. Nel 1967 buttò alle ortiche la tonaca, ma continuò in questa sua opera fino al 1996, anno in cui si ritirò. Di quegli scugnizzi molti furono addestrati in diversi mestieri, altri frequentarono varie scuole, alcuni emigrarono Inghilterra, Svizzera, America ed Argentina, mentre altri trovarono un impiego in Italia. Anche gli insuccessi non mancarono; mentre alcuni arrivavano, altri scomparivano per tornare alla vita randagia a cui erano assuefatti da anni.
La Fondazione, costituita alla fine degli anni ’80, è stata riconosciuta dalla Regione Campania nel 1993 e dal 1998 e registrata come ONLUS. Le sue scelte di fondo e gli aggiornamenti di finalità e norme statutarie spettano al Consiglio, presieduto dal Preposto della Congregazione di San Filippo Neri di Napoli, di cui l’originaria Casa dello Scugnizzo era un’opera (P. Ferrara). La gestione dell’Ente spetta invece al Consiglio Amministrativo formato da cinque membri, il cui Presidente è anche legale rappresentante della F.O.C.S. (prof. Ermete Ferraro).Il Centro Comunitario opera sul territorio di Napoli in base a servizi e progetti in collegamento con Enti e Associazioni del Terzo Settore, aderendo ai progetti sociali dell’Amministrazione Comunale di Napoli e costruendo una rete di azione multi-professionale ed integrata. Comitati e gruppi di sostenitori delle attività sociali sono presenti in Italia, in Gran Bretagna, in Olanda, in Germania, negli U.S.A.. Essi raccolgono circa un terzo del bilancio annuo della FOCS. Gli operatori sono dipendenti e collaboratori, o volontari e tirocinanti. Prevenzione sociale e socio-sanitaria, sviluppo comunitario, aggregazione sociale attraverso attività educative, socio culturali, socio sanitarie e ricreativo-sportive, coinvolgimento dell’utenza nei servizi, servizio sociale e ricerca, formazione e qualificazione degli operatori socioeducativi.

La FOCS è federata al M.O.V.I. e collabora con la CARITAS, ma opera in rete anche con molte altre organizzazioni del Terzo Settore ARCI-GESCO Campania.
SPAZIO MINORI.
SPAZIO DONNACENTRO DIURNO,
SPAZIO ANZIANI,
CONSULTORIO MEDICO GERIATRICO (dott. F. Penza)
LABORATORIO DI CERAMICA, Ginnastica Dolce,
ANIMAZIONE rappresentano le attività di base della Fondazione, che intenderebbe continuare a favore della povera gente, degli emarginati, di tutti quelli che hanno bisogno di aiuto.

Oggi, 22 settembre 2004, ho incontrato Mario Borrelli nella Casa dello Scugnizzo. Con un abbraccio mi ha trasmesso ancora l’entusiasmo degli anni ’50 per continuare la favola…

(Dott. Franco Penza, direttore del giornale Infinito)

Per tutti coloro che intendono dare una mano, telefonate al n° 081/5641419.

 
 

ID: 2754  Intervento da: Mario Borrelli  - Email: marioborrelli@virgilio.it  - Data: martedì 1 novembre 2005 Ore: 21:34

Caro dott. Penza,

ho goduto tanto il tuo periodico, con un titolo un po’ leopardiano e leggermente escatologico. Tanti ricordi mi sono affiorati nella mente per un periodo della nostra vita, che abbiamo vissuto insieme.
L’unica sorpresa è l’età della rivista. Dio, ho dovuto aspettare 40 anni per saperne della sua esistenza!

Il testo, che riguarda la mia vita, mi è piaciuto, a parte qualche piccola inesattezza. Sono il penultimo di 5 figli, con due sorelle una più grande e una più piccola di me. Il titolo accademico che ho conseguito presso la London School of Economics di Londra è un Master in Social Administration and Social Work Studies: mi bastava frequentarla per un altro anno per il dottorato.

Ho lasciato la fondazione Casa dello Scugnizzo quando avevo 75 anni. Purtroppo vecchi diventiamo tutti. L’importante è restare sempre giovani per la nostra visione della vita, come fai tu con la rivista. Grazie con tutto il cuore anche e soprattutto per l’amore che hai per tanti esseri bisognosi del tuo aiuto professionale.

Iddio, ti benedica sempre.

Mario Borrelli


ID: 2720  Intervento da: Amministratore .  - Email: info@torreomnia.com  - Data: lunedì 24 ottobre 2005 Ore: 10:45

A coloro che interessa la storia della "Casa dello scugnizzo" di Napoli segnalata dal Dott. Franco Penza, abbiamo un film realizzato nel 1958.

DON VESUVIO Anno 1958

Altri titoli:
IL BACIO DEL SOLE
DON VESUVIO UND DAS HAUS DER STROLCHE

Origine ITALIA
Colore B/N
Genere COMMEDIA

Musiche da DIRETTA DA: ALESSANDRO NADIN
Produzione C.I.F.A. (ROMA), CONSTANTIN FILM (MONACO)
Distribuzione REGIONALE
Regia SIRO MARCELLINI - HOPKINS OMAR

Attori
MICHAEL ANDE
CARLO ANDREUCCI - PASQUALINO
NANDO ANGELINI -
CORRADO ANNICELLI - IL SIGNORE DERUBATO
EMMA BARON - LA MADRE DI VINCENZO
MARIA PIA BERNARDINI - MARIA
MAURO CONSORTI - VINCENZO
FRANCO D'AMICO - GENNARINO
AGOSTINO DE FILIPPIS - TOTO'
LUIGI DE ISMONE - PEPPINIELLO
LORELLA DE LUCA - TERESA
PEPPINO DE MARTINO - L'INFERMIERE
CARMELA DI GRADO - LA SANTA
OTTO W. FISCHER - DON MARINO BORRELLI, DETTO "DON VESUVIO"
LAURO GAZZOLO - IL VESCOVO
TONY HEPBURN - CICCILLO
MARIO MARGNELLI -
ALBERTO MARTINETTI -
IRZIO MEIRO - CARTOCCI
MARISA MERLINI - CARMELA SPADA
MIMMO POLI - IL GRASSONE
GIUSEPPE PORELLI - IL COMMISSARIO
ISA QUERIO - LA MADRE DI DON MARIO -
ISARCO RAVAIOLI -
GINO SCOTTI - FIRMAN
INGRID STENN -
NINO TARANTO - RAFFAELE SPADA
ENZO TURCO - IL PADRE DI TOTO'
LEOPOLDO VALENTINI - UN BRIGADIERE
NINO VINGELLI - IL BRIGADIERE SPANO'
CHRISTIAN WOLF - ORESTE

Soggetto RENATO BASSOLI
SIRO MARCELLINI

Sceneggiatura BRUNO CORBUCCI
GIOVANNI GRIMALDI
SIRO MARCELLINI

Fotografia ALDO GIORDANI
Musiche ANGELO FRANCESCO LAVAGNINO
Montaggio EDMONDO LOZZI
Scenografia OSCAR D'AMICO
Costumi DINA DI BARI

Trama
Napoli, nel primo dopoguerra, numerosi ragazzi vivono abbandonati a se stessi, commettendo violenze e piccoli furti. Un sacerdote, Don Mario Borrelli, decide di occuparsi di loro ed ottiene dal Cardinale il permesso di mescolarsi ai ragazzi sotto mentite spoglie per poterli più efficacemente aiutare e controllare. Si veste da povero marinaio, passa la notte in loro compagnia e si fa notare per la vivacità del suo spirito e per la naturale autorità che lo porta a dominare, tanto che gli appioppano il soprannome di Vesuvio. Riesce anche a salvare i ragazzi dalle mani della polizia, dandosi a conoscere e garantendo per loro. Alla superiore autorità giungono tuttavia notizie non del tutto gradite, per cui a Don Mario viene imposto di rinunciare al suo travestimento e di presentarsi come prete. Nel vedersi comparire dinanzi Vesuvio in veste talare, i ragazzi sulle prime credono si tratti di uno scherzo di cattivo gusto; ma quando si convincono della serietà della cosa e comprendono che Don Vesuvio (così continuano a chiamarlo) è veramente un sacerdote, il gruppo si divide: alcuni se ne vanno, mentre altri decidono di restare, tanto più che il dinamico prete è riuscito nel frattempo ad avere a disposizione una casa diroccata, in cui i ragazzi si sentono a loro agio. Sorge così, faticosamente, la casa dello scugnizzo, con pochi volenterosi che aiutano Don Mario. I ragazzi si affezionano a poco a poco al lavoro; ma spesso il denaro non basta a sfamarli. Di fronte a certi fenomeni d'incomprensione, Don Vesuvio, sfiduciato, sta per abbandonare l'impresa, ma provvidi benefattori intervengono opportunamente. I giovani dissidenti che si sono separati dal gruppo, non se ne stanno con le mani in mano: durante una festa s'introducono nella casa e rubano il denaro depositato nella cassa comune. Essi vengono però inseguiti dai derubati, che, dopo una zuffa, rientrano in possesso della somma. Nel trambusto, il più piccolo della brigata, mentre attraversa una strada, viene investito da una macchina: la sua morte all'ospedale avrà almeno l'effetto di provocare il pentimento dei dissidenti, che rientreranno nel gruppo del lavoratori.

Critica
"Si tratta di un lavoro modesto. Regia e recitazione di tono artigianale". (Segnalazioni Cinematografiche).

Note
DISTRIBUITO PRIMA COL TITOLO "DON VESUVIO", POI CON QUELLO DEFINITIVO DI "IL BACIO DEL SOLE", 1961. PRODUTTORE ESECUTIVO: RENATO BASSOLI. DIRETTORE DI PRODUZIONE: MARIO MUSY GLORI. AIUTO REGIA: FRANCO BALDANELLO. FONICO: PIETRO ORTOLANI.


ID: 2719  Intervento da: Amministratore .  - Email: info@torreomnia.com  - Data: domenica 23 ottobre 2005 Ore: 23:38

Grazie Direttore Penza

per avermi fatto ricordare l'83enne Don Mario Borrelli l’ex ”Don Vesuvio” che più di cinquant’anni fa scelse di intrecciare concretamente la propria vita di sacerdote oratoriano e fine studioso con gli scugnizzi orfani del dopoguerra napoletano. Quanti contatti ho avuto negli anni 70 in quel del "Corpo di Napoli", dove si concentrano tutte le vecchie tipografie vecchia maniera della Napoli Oleografica; dove ancora oggi si libra nell'aria l'effluvio di resine, nerifumo e vapori di piombo, antimonio e stagno.
Sono felice che tu curi onlus il reparto geriadrico, questo ti fa onore.

Ed è proprio il caso, ora, di scomodare Donatella Trotta da "Il Mattino".

Oggi Borrelli dice: immigrati, scugnizzi postmoderni.
«Oggi vedo molta prostituzione tra il potere e la povertà: miseria che quanto più è schifosa tanto più è utile, perché è maggiormente manovrabile, soggetta a diventare merce, comprata e venduta da logiche politiche che continuano a dominare il mondo. In qualunque settore. Basti pensare all’imminente rafforzamento della base Nato a Napoli: un fatto che non ha niente a che vedere con la città, ma con gli americani, che ovunque vanno colonizzano sempre. Anche in Iraq».

Parole come pietre. Mario Borrelli le scandisce con grande pacatezza ma con un lampo nello sguardo dalla trasparenza dell’acquamarina rimasto aguzzo: a evocare un’antica, indomita focosità stemperata soltanto dall’età e dai suoi capelli bianchi (compierà 83 anni il prossimo 19 settembre). Del resto, non ha mai avuto peli sulla lingua l’ex ”Don Vesuvio” che più di cinquant’anni fa scelse di intrecciare concretamente la propria vita di sacerdote oratoriano e fine studioso con gli scugnizzi orfani del dopoguerra napoletano, con i baraccati e le puttane senza diritti, vivendo e combattendo con loro on the road al di là di ogni convenzione, da scomodo e ribelle prete-scugnizzo e polemico avventuriero di Dio, vagabondo tra i vagabondi e maieuta caparbio e insofferente a qualunque forma di sopraffazione e iniquità dell'uomo sull’uomo.

In una Napoli d’oro e di stracci (così si intitolava la sua autobiografia, edita da Borla) dove la Casa dello Scugnizzo da lui fondata nel cuore di Materdei diventò pionieristico punto di riferimento per moltissimi, fonte di ispirazione per libri (come Children of the Sun, dello scrittore australiano Morris West) e film (come «Il bacio del sole», interpretato tra gli altri da Nino Taranto), ma soprattutto modello di solidarietà sociale e di educazione popolare ancora oggi attivo, stimolante e fecondo.
Se ne parlerà stasera (alle 18, con Marino Niola e don Tonino Palmese) nello Spazio eventi della Feltrinelli di piazza dei Martiri, dove Borrelli sarà l’ospite d'onore di un incontro su «Scugnizzi: mito e cronaca di un fenomeno universale», stimolato dall’omonimo bel volume in cofanetto appena pubblicato dalle edizioni Intra Moenia (con prefazione del sindaco di Napoli Rosa Jervolino Russo, 16 immagini inedite e due testimonianze di ex scugnizzi) per la cura del giornalista Luciano Scateni e di Ermes Ferraro, insegnante e animatore sociale nonviolento e ambientalista, attuale presidente e coordinatore sociale della Focs (Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus) che dal ’72 ha lavorato appunto al fianco di Mario Borrelli.

Ma chi sono gli scugnizzi di oggi? «Sono quelli - immigrati, extracomunitari, nomadi, piccoli profughi - che hanno preso il posto dei nostri ragazzi di strada della Napoli del dopoguerra», sottolinea Borrelli. E aggiunge: «Allora, la fame era la madre della vita, i trucchi per sopravvivere erano infiniti e a metterli in atto erano esseri ibridi senza genitori, mezzo uomini e mezzo bambini, e tuttavia né bambini né uomini, capaci però di realizzare stupefacenti strategie di arrangiamento esistenziale senza la violenza di oggi, che fa accoltellare chiunque per un nonnulla».

Borrelli ripercorre con tenerezza e ironia quei momenti, ricordando l’abilità degli scugnizzi nel turlupinare soldati americani a caccia di ”segnorine”, ridotti letteralmente in mutande (e a bocca asciutta), e scaricati dormienti nei cassonetti importati dagli Usa, gli abiti venduti, dopo una bella sbronza a base di vino spacciato per prelibato moscato: «Nel senso che ci mettevano le mosche dentro»,- ride Borrelli. «Sono questi ragazzi - continua - che mi hanno restituito il senso stupendo della libertà, della liberazione di me stesso attraverso una vita in comune che era un’avventura continua, un continuo inventarsi e inventare per andare avanti con risorse autonome».
E libertà, accanto a condivisione (”senza la quale non esiste solidarietà paritaria”) e a coscientizzazione (come etica della responsabilità, individuale e collettiva) resta non a caso una delle parole-chiave di quest’uomo di fede e di impegno civile, già teologo e paleografo, poi specializzatosi in Amministrazione del servizio sociale presso la London School of Economics negli anni caldi della contestazione. Da anni, Borrelli vive ormai prevalentemente a Oxford, venerato e seguito come un santino da amici e studiosi di tutto il mondo.

Ma Napoli è il suo richiamo della foresta: qui c’è la Focs, qui c’è la figlia ed è rimasta la moglie sudafricana gravemente ammalata, sposata nel ’71 dopo il ritorno di don Mario allo stato laicale. Ricordi sommessi, i suoi, davanti a un caffè, a due passi dall’Archivio di Stato dove sta portando avanti le sue indagini comparate sui comportamenti comunitari negli anni ’60 in alcune aree, non solo europee, di grande disagio e povertà. «Alla mia età, non mi resta che lo studio e la ricerca», si schermisce. Poi, un guizzo: «Ma oggi occorre guardarsi dai cafoni mentali, quelli che non hanno immaginazione, che non sanno pensare con la propria testa, che vampirizzano le idee altrui, mentre la ricerca ha bisogno di fantasia». Come la vita.

L'amministratore



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