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Argomento presente: « ERRATA CORRIGE » | |||||
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ID: 406 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
gigiomari@libero.it
Mia cara nipote, (è meglio giocare a carte scoperte). Questa mia rispopsta riguarda Torre anche se non sembra. La città corallina in fatto di letteratura intesa come narrativa è carente. Storiografia spicciola e agiografia hanno alimentato, anche oltremodo, le pianocilindriche gutemberghiane. Questo forum è prima di ogni altra cosa una desueta sperimentazione, quella di tentare di convivere senza antagonismo ed invidie compensatrici delle proprie carenze, dei propri buchi neri dell'animo). Per il momento i componenti di questo forum (perché dire i "membri" potrebbe generare dubbi sull'accezione giusta...) non peccano di "torresaggine", il "fuori le mura" li ha redenti e purificati. In passato ci compensava il sia pur surrogato della torresità, sempre a braccetto della napoletanità, docili, corroboranti, che ci faceva dormire almeno dieci ore a notte. I torresi in genere, però, siamo un po' permalosi e litigiosi per natura. A Torre, ci sono delle cime in vari campi dello scibile, non della cultura, che è una cosa diversa. Per questo sei scesa in campo su un terreno spinoso. I detentori di cultura, quando non sono barbassori-culturalisti, nutrono abbastanza tolleranza, ma gli "scientifici" anche quando sono in seno alla letteratura sono categorici, sussiegosi e perentori. Pur se le emissioni vocali di questi torresi dotti fossero flebili e quasi muliebri divengono stentoree, cavernose. Personaggi, insuperabili in sede culturale e, paradossalmente, sono quelli più da volere bene, perché fanno tenerezza quando dicono che la zuppa o il pan bagnato non sono la stessa cosa, battendo i piedi per terra come bambini capricciosi, se contraddetti. Confesso subito che la suddetta componente caratteriale non si riscontra, almeno per il momento, nei componenti di questo "salotto elettronico"; è certamente presente parzialmente in me, però. Negli altri non so, sta a loro riconoscersi, anche in parte, se di tal guisa. Io so per certo di essere uno di questi sventurati che si ostina ad intrecciare nodi per poi disperarsi sulla difficoltà di scioglierli. Nella nostra Torre del Greco queste problematiche sono altamente vigenti perché la nostra città soffre e condivide uno dei maggiori mali dell'occidente: il benessere, anche se sperequato. Ho dovuto compiere cinquant'anni per capire il significato del detto nostrano: "L'omme faticatore è 'a rruina d''a casa"! Ed io, haimé, sono stato nu faticatore, che, però è sempre meglio dell'arrampicatore. Sono lusingato, cara nipote, per la maniera con cui non hai solo letto, ma profondamente analizzato la mia risposta, di cui sopra, al tuo argomento di discussione. Poco possono "gli steccati della ragione e delle convenzioni", come Tu dici, arginare il flusso istintivo dell'anima, quello che fa della creatività un fatto naturale, appunto istintivo che nessuna scuola o autodittattismo può mai insegnare, perché nessuno ha mai penetrato razionalmente, come Tu definisci, "L'anima, questa sconosciuta". Si ha voglia di ripetere il socratico "conosci te stesso". Tu citi Dostoevskij e Kafka non a caso, detentori di pathos creativo sinottico. Io sono stato più caustico a segnalarti 3 "grandi" scrittori finiti suicidi dove appunto il phatos creativo è degenerato, ma si vive bene la sublimazione e la spiritualità al di là di questa dimensione estrema. Quello che spinge l'essere umano a fare nodi culturali (o solo esistenziali dei meno iniziati) è la consapevolezza devastante di essere finibili, non solo, ma con probabile ossessiva assenza salvifica. Il maggiore esorcismo di questa"impotenza universale" che nessuno esclude è l'antagonismo che include invidia e gelosia per ciò che si teme ci possa essere tolto. L'antagonismo in voga sin dai greci porta diritti diritti alla sopraffazione e alla prevaricazione fisica, morale ed intellettuale con la tendenza inevitabile di convincere gli altri alle proprie idee. "Il capolavoro" letterario, in pratica non è altro che un monologo condiviso dai più, che oggi il business chiama anche best seller. Il metodo per stravolgere questo ordinamento esorcistico di fruire dei nodi culturali allo scopo di annientare l' "esistenziale" non è ancora nato. Io dico sempre: "prima di dire che Dio è morto, indicatecene un altro". I surrogati della cultura artistica ci aiutano a vivere, prendiamo con le molle solo la cultura scientifica di un Nietzsche. O di un Fermi che pur se ignari, questi tecnici, "...cominciano con la macchina per cucire e finiscono con la bomba atomica". Luigi Mari |
ID: 401 Intervento
da:
Francesca
- Email:
kikkamari@inwind.it
Sono perfettamente d'accordo! Chi mastica un po' di letteratura, sa, come dici tu, che le più belle composizioni letterarie sono frutto di un flusso istintivo dell'anima contro il quale poco possono gli steccati della ragione e delle convenzioni. Perdipiù l'anima, questa sconosciuta!, più viene scandagliata e più produce capolavori dell'assurdo, ce lo insegnano, nei contenuti, Sartre con il teatro e Dostoevskij, Kafka con la letteratura. Non meno i nostri Futuristi nella forma. Sul valore del contenuto, quindi, da lettrice e "piccola scrittrice" estremamente contraddittoria, non posso che convenire. Il mio appunto, invece, era più che altro rivolto proprio agli addetti ai lavori: Pascoli, alla fine dell'Ottocento, diceva che gli studenti escono di scuola gettando via i libri di Virgilio e Ovidio e dopo di lui, Gentile, Bottai sino a Berlinguer hanno asserito che i giovani sono sempre più lontani dal latino, che è una lingua estremamente produttiva e formativa. La mia correzione era rivolta a quel latinista maliconico, anche aleatorio, che leggendo quella piccola imperfezione, avrà magari storto il naso! |
ID: 296 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
marigigio@librero.it
A France', e nun sta' a guarda' er capello. Troppo zelo, non l'avrebbe notato nessuno, anche gli addetti ai lavori. Non mi piace apparire cattivo, ma ci sono laureati in lettere che sbagliano le desinenze, non conoscono i singolari invariabili e quant'altro. Ma non è questo il problema: si vive lo stesso bene, se non meglio, senza quelle che qualcuno definisce "pedanterie". Ciò che è prioritario sono i contenuti. E per fortuna nei tuoi costrutti non mancano. Sappi che i capolavori letterari si dipanano da esperienze sofferte, da esistenzialità irrisolte, insomma dal "pathos creativo". Certo senza raggiungere mai i funesti epiloghi di una Virginia Wolf, di un Ernest Hemingway o di un Cesare Pavese. Un composto didatticamente perfetto ma senza idee valide e significati è zavorra, una minestra senza sale. Fai come i "grandi scrittori" mettila sulla fonetica: chiama licenze poetiche le imprecisioni... Luigi Mari |
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