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Argomento presente: « Giovani torresi di buon cuore »
ID: 3084  Discussione: Giovani torresi di buon cuore

Autore: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Scritto o aggiornato: martedì 25 aprile 2006 Ore: 17:20

Una condivisione particolare:
La missione di Torre del Greco e i miracoli...
di Irene Lepre


http://www.vip-missione.org/progetti/italia.htm

Vorrei essere in grado di dare a questa condivisione più senso: vorrei essere in grado di spiegare perché per me la missione di Torre del Greco sia stata speciale, vorrei descrivere il sorriso di Francesco quando ride. Ma questa volta io che sono sempre stata una gran chiacchierona semplicemente non ho un discorso da fare e mentre di solito amo dedicare del tempo a capire ciò che provo mi trovo stavolta inerme di fronte a me stessa.
Non lo so. Va oltre la mia percezione, oltre la mia capacità di descrivere.
Sapete che mi viene di dire in proposito? Che è stato bello. “Bello”, come dicono i bambini che non conoscono troppe parole per descrivere ciò che nella sua finitezza non può mai esser reso appieno: “Com’è la mamma?” “Bella!” “Com’è il cielo?” “Bello!”… e se gli chiedessimo com’è Dio loro probabilmente ci risponderebbero alla stessa maniera. Non è un termine banale o inadeguato: è semplice, è quello che provo, è bello.

Mercoledì 15 giugno 2005: 1° Miracolo

Torre del Greco è un paese sul mare, alle porte di Napoli. Un tempo era un luogo di vacanze per nobilotti ed alta borghesia, adesso è stato fagocitato dalla grande città e ne costituisce ormai un’appendice. Sorge proprio ai piedi del Vesuvio e perenne pende sul suo capo una sorte parallela a quella delle vicinissime Ercolano e Pompei ma la gente non vi bada: tutto sommato è più impegnativo svegliarsi tutti i giorni e andare a lavorare (se un lavoro ce l’hai) come può confermare, credo, ogni persona di buona volontà su questa terra.
La chiesa dove si è svolta la missione è al centro di un grande spiazzo quasi miracolosamente ricavato all’interno di un minuscolo vicoletto in cui vanno avanti e indietro un sacco di motorini; c’è molta luce e se s’alza il vento ti arriva l’odore del mare; di lato c’è poi uno spiazzo di terra brulla e oltre quello un campetto di calcio. Lì, accoccolato su di una vecchia sbarra arrugginita, si è seduto un bambino e guarda contrito dei ragazzi più grandi giocare. Non so il suo nome perché non me l’ha detto, io non ce la faccio a chiederglielo, trafelata come sono dalla corsa appena fatta: era venuto da me perché c’era un problema ma io ero incasinata con i lavoretti al laboratorio e gli ho detto di aspettare un attimo, lui mi ha detto “non fa niente” e se n’è scappato ma con la coda dell’occhio mi sono accorta che stava piangendo. “Sarà dura”…è stato il solo pensiero che ho avuto mentre buttavo tutto all’aria, urlavo qualcosa e mi davo all’inseguimento, rendendomi conto che tutta la mia ciccia veniva messa in ginocchio da quelle gambette e… mio Dio, sono proprio fuori forma!
Si accorge che sono lì (impossibile non sentire il fiatone) e fa per andar via di nuovo ma io crollo in ginocchio e poi a terra stesa, balbetto “Noooo… ti devo solo dire una coooosaaaa… ti preeego…” il tono si fa sempre più lamentoso e morente finchè conquisto la sua pietà (o la sua curiosità?) e si avvicina, mentre con fare scontroso fa: “che c’è?!” Nota: se tutti i gli inseguitori adottassero tale tecnica con gli inseguiti, forse il “poliziesco” non esisterebbe come genere cinematografico.
Mentre egli si aspetterebbe un’ultima volontà, questo strano claun che ha vicino, tutto arzillo, si rialza e gli chiede: “chi vince?” Preso di sorpresa decide di darmi confidenza e indica un qualcuno al di là della rete di recinzione: “la squadra di mio fratello!” poi ritorna a farsi scuro.
“Che, mi dici perché piangevi?”
Si volta per un secondo verso di me, che continuo a guardare la partita con molto interesse, quasi l’avessi buttata lì, quella domanda…
“Perché… faccio schifo”
“Che cosa? Fai schifo? E in che cosa faresti schifo?”
“A ballare la break dance, per questo gli altri non mi vogliono, dicono che li devo solo guardare perché nun l’aggio mai fatt’ primm’”
“Mmm… secondo me così schifo non fai, andiamo un po’ a parlarci?”
“Noooo…”
“Eddai, di che ti preoccupi, jamm’ un attimo, secondo me sei bravo, devi solo imparare un po’”
Molla la sbarra, ci avviamo l’uno vicino all’altro su per la salitina e inaspettatamente mi da la mano.
E’ tutta sudata, anche la mia. Raggiungiamo il gruppetto della break, lo comanda Francesco.
“Francè embè? Che mi fai sentire? Ma come, a lui non lo volete?”
Ha gli occhi celeste cielo e le sopracciglia quasi bianche: non mi guarda, mi fa la radiografia. Ma mi stima. Questa è la cosa fondamentale da guadagnarsi con i ragazzini qui, il rispetto: Francesco non ha più di sette anni ma sa bene cosa significa, lo pretende per sé e lo porta a chi lo tratta ugualmente. Io non gli ho fatto molte moine: lui un bel giorno è entrato in laboratorio e mi ha chiesto di lavorare, io gli ho dato il lavoro peggiore e più noioso di tutti, lui l’ha fatto con attenzione e bravura ed io gliel’ho detto. Abbiamo riso insieme, mi ha confidato i suoi progetti di costruirsi un go-kart tutto da solo, io gli ho dato dei suggerimenti. Ora mi sta a sentire ed io sto a sentire lui. Fiducia uguale rispetto, forse amicizia.
“E’ che lui non vuole imparare, vvuò subbito fa tutt’ isso!”
Lo prendo da parte. “E tu dagli un po’ di soddisfazione ogni tanto no? Pensa se eri tu il meno bravo e dovevi sempre stare a guardare! Jammm’ voglio proprio vedere se riesci a insegnargli come si deve, ci stai?”
Mi guarda, dentro. E’ assolutamente capace di capire se lo sto prendendo per il culo, se lo tratto come un “criaturo” o sono sincera.
“Va bene”
E’ fatta, ora sono tranquilla. E’ nelle sue mani, sicure. Non lo disprezzerà più, se ne prenderà cura. Ha capito.
Vado a rassicurare il bambino, mi guarda contento. Si butta sullo scatolone-pista e si esibisce. Non è poi tanto male. Nello spettacolo, che è il vero totem che tutti hanno realizzato, farà la sua parte magnificamente.

Venerdì 17 giugno 2005: 2° Miracolo

Il diario di bordo registra una mini-tormenta. I ragazzi della break sono troppo scalmanati e reclamano il possesso della scena anche quando tocca provare alle ragazze, non accettando poi di essere truccati per lo spettacolo… parla, spiega, urla , riparla… infine micidiale arriva la decisione: il loro numero non si farà. Scoppia il finimondo: chi offeso se ne va da un lato, chi urla, chi corre via… chi non ha ancora capito e scorrazza tutt’intorno con la bici, esasperando gli altri. Spilletta ed io tentiamo di ricucire; non è troppo dire che ci sentiamo come due alti diplomatici sul campo di guerra… in ogni caso quello è il clima! Ovviamente becchiamo i due capi, Breaker (Francesco) e Molla, che adunano un po’ gli altri per sentire le nostre “condizioni”… ma uno non ci sta, si avvicina a me con aria minacciosa.
“Vvuo’ verè ca te vatt’?” (vattere = picchiare)
Silenzio attorno. I suoi occhi sono seri, non sta scherzando.
Che fare? Quel minimo di esperienza di strada che ho m’insegna che mostrare paura è inutile e letale e d’altronde lo è altrettanto esser troppo duri: la fiducia è un meccanismo molto delicato da ottenere e mantenere da queste parti, se ti mostri imbelle nessuno ti seguirà perché non sei in grado di difenderlo, se al contrario ti mostri troppo forte si allontaneranno da te per paura che tu possa nuocergli… l’approccio non è facile dove vige la legge della giungla.
Mi ricordo di un maestro che mi è molto caro, Ghandi.
Egli insegna che Ahimsa significa non-offesa (non-violenza) di azione, parola e pensiero ma non significa che non ci si debba difendere, anzi, è la miglior forma di difesa che esista. La sua base è Amore.
Io sono seduta e lui è in piedi, siamo alla stessa altezza. Mi limito a osservarlo dritto negli occhi. Non c’è cosa che possa dirgli che valga di più di quello che egli può leggervi dentro. Mi si avvicina ancora, è furente. Prende tra le mani un gingillo puntuto che ho al collo e incomincia a premere forte contro la carotide.
“Vvuo’ verè ca t’accir’?” (accirere = uccidere) …”Vvuo’ verè?!”
Ha dentro di sé una rabbia calma, potente, mi chiedo chi ve l’abbia messa dentro.
“Vvuò verèè!?” Preme di più.
“ Nun ce mitt’ nient’!!”
Continua a sibilarmi addosso minacce, io continuo a guardarlo molto calma (Ma non ero io! Io c’entro poco o nulla, era il Signore, cui m’ero affidata, ad agire per me) e gli sussurro: “E aropp’ ca ti si’ levat’ o sfiz’?!” “Levat’ o sfizio!...E poi?”
Lui smette di parlare. Mi guarda dritto negli occhi, io sostengo lo sguardo e restiamo così, in silenzio, noi due soli in mezzo a una folla di bimbi che trattengono il respiro.
Passano minuti.
A un certo punto sembra capire la cosa fondamentale: non lo sto giudicando. Qualcosa nel suo sguardo cambia ed io senza pensare, all’improvviso, gli faccio il solletico sotto le ascelle.
Scoppia a ridere! Ride!
Rido anch’io! Ridono tutti!
E’ finita.
Come? Perché? Che è successo?
Non lo so. Ma è successo.
La break dance rientra nel programma, i ragazzi si faranno truccare da wrestling, un trucco “figo” , e quel ragazzo, da quel momento in poi, decide di farmi da guarda spalle.

Domenica 19 giugno 2005: 3° Miracolo

Prima di tutto ho da fare una premessa. Questi che ho voluto condividere con voi non sono gli unici miracoli cui ho assistito ma forse sono i più articolati. Ho avuto modo di arricchire la mia anima durante questa missione più che se fossi andata a fare una passeggiata fra le stelle. Ogni tanto mi occupo di critica di spettacolo ma in questo giorno ho assistito alla danza più delicata e bella che i miei occhi abbiano mai visto: una break dance combinata da tutti i ragazzini che si alternavano in acrobazie ai lati di Gianni, ragazzo dawn, che ballava al centro con le braccia aperte e gli occhi chiusi, muovendosi a tempo ma nel suo ritmo particolare, mistico. Poi ho avuto modo di scorgere la vera natura di Scassatutto, un ragazzo con problemi mentali che se lasciato stare ne combinava di tutti i colori ma appena messo a lavorare riusciva a convertire tutta la sua tendenza distruttiva in una geniale capacità creativa, cosa che lo rendeva atto a lavori delicati e di applicazione come scolpire la cartapesta e dipingere, cosa che ha imparato talmente ad arte da risultare il migliore fino a riuscire rendersi autonomo, al punto da diventare il mio braccio destro in laboratorio.
Ho assistito alla ormai inaspettata mutazione dei piccoli boss in bambini: è avvenuto sul fine della recita (peraltro riuscitissima) dove si son messi i nasi rossi, i cappellini… ed hanno fatto i claun. Come a dire che hanno accettato il nostro esempio.
Infine c’è stato un episodio che mi ha lasciata senza fiato. Sono state le lacrime di Oswald.
Oswald è un bimbo di origine slava, detto se non ricordo male “l’orso bianco” perché ha i capelli rasati color platino e gli occhi grigi. Anche lui era un boss, fra i più solitari e “capuzzielli”. Quando la festa è finita ed egli doveva salire sul pullman di suor Amalia mi si è avvinghiato al collo ed ha pianto disperatamente. Lui che per piangere lo dovevi ammazzare! Si è sciolto. Ha pianto come se non piangesse da anni. Si è sfogato.
“Tornate? Tornate? Tornate?”
Per portarselo me l’hanno praticamente strappato dalle braccia. Non lo dimenticherò mai. Se vivo ancora un anno io sarò lì.
Nel farvi partecipi di queste esperienze ne ho parlato come di "miracoli".
Forse scandalizzerò qualcuno ma non credo nei miracoli fisici: sono sincera nel dire che se vedo un tizio che cammina sull’acqua non per questo penso che egli sia il Messia, credo sia solo una persona particolarmente dotata, in grado di manipolare una realtà che in fondo al mio cuore ritengo comunque effimera. No, non era questa la vera potenza di Gesù Cristo o di altri Grandi Maestri. I loro veri miracoli sono stati quelli operati nel manovrare i cuori, con delicatezza.
Io in questi giorni ho assistito a veri Miracoli d’Amore.
Me li hanno regalati i cuori puri dei bambini e l’esempio meraviglioso di tutte le mie compagne claun, che con il loro lavoro d’ineffabile fattura hanno piantato semi di speranza nell’anima di questa società in degrado.
Questi Miracoli sono talmente scolpiti nel mio cuore da non necessitare di essere ricordati: sono sempre presenti ed ogni volta che il mio pensiero vi si ritrova riescono a riempire il mio cuore della più pura felicità.
A questo punto mancano le parole, ed io riesco solo a dire, esprimendo l’inesprimibile, che è "bello".
Auguro a tutti, almeno una volta nella vita, di poter provare una sensazione del genere.
Salute a tutti.

Irene Lepre (Clown Strellina)
VipClownNewsOnline
N° 1 - gennaio 2006

La sezione di Torre del Greco di Clownterapia:

http://www.clownterapia.it/progetti/progetto_amicizia.htm

La moderatrice

 
 

ID: 3090  Intervento da: virnapaola mari  - Email: virnapaola@hotmail.com  - Data: martedì 25 aprile 2006 Ore: 17:20

dal sito VIP ITALIA ONLUS

La Federazione ViviamoInPositivo - Vip Italia Onlus è nata il 16 maggio 2003, dall'unione di 10 associazioni Vip operanti nell'ambito della Clownterapia. Oggi Vip Italia Onlus ragruppa 30 Associazioni i cui volontari operano come clown di corsia in 70 ospedali in Italia e in case di riposo e comunità per disabili e bambini.
All'estero Vip Italia sviluppa progetti di educazione allo sviluppo in collaborazione con Organismi religiosi, Ong e associazioni.




Cosa fa Vip Italia Onlus
CLOWNTERAPIA:
- 1400 volontari clown si recano settimanalmente in 70 ospedali in Italia. In case di riposo, comunità per disabili e bambini.
- Circa 50 volontari appositamente formati, ogni anno si recano in Paesi in via di Sviluppo (PvS) per condurre progetti di cooperazione all'educazione.

FORMAZIONE:
- Vip organizza in Italia e nei PVS corsi di formazione artistico-teatrale e di arti circensi in cui si apprende ad operare in aree di disagio con uno stile di vita gioioso, positivo e solidale;

PROGETTI:
- Vip Italia sviluppa progetti di cooperazione decentrata per sostenere i processi di miglioramento della qualità della vita delle comunità.

- Vip Italia promuove un approccio di sviluppo partecipativo. Vip si impegna dunque a s'impegnerà a tessere in tutte le fasi del progetto un rapporto di profonda reciprocità con la comunità locale, favorendo uno sviluppo che nasca dal basso e che sia socialmente sostenibile. Collaborando con organizzazioni e così promuovendo e rafforzando reti che propongono progetti di cooperazione, e modelli di solidarietà.

- Vip Italia si impegna a non collaborare con governi o organizzazioni che non rispettino appieno i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

SENSIBILIZZAZIONE:
- Vip Italia diffonde nel territorio italiano e nel Web informazioni sulle realtà incontrate nelle missioni in PVS, sulle problematiche che queste realtà affrontano quotidianamente, sui progetti attuati.

- Vip Italia Avvia percorsi di educazione interculturale e di valorizzazione delle diversità.

- Vip Italia denuncia alla comunità internazionale ogni situazione di offesa della dignità umana, ingiustizia, iniquità cui verrà a conoscenza.

Manifesto Vip Italia Onlus :

Se gli uomini trasformano il mondo dandogli un nome, attraverso la parola, il dialogo si impone come cammino per cui gli uomini acquistano significato in quanto uomini.
Non esiste dialogo però, se non esiste un amore profondo per il mondo e per gli uomini. Non è possibile dare un nome al mondo, in un gesto di creazione e ricreazione, se non è l'amore a provocarlo.
L'amore, che è fondamento del dialogo, è anch'esso dialogo.
[...] Se non amo il mondo, se non amo la vita, se non amo gli uomini, non mi è possibile il dialogo.
[...] Se il dialogo è l'incontro degli uomini per "essere di più", non può farsi senza speranza. Se nulla resterà di queste pagine, speriamo che resti almeno la nostra fiducia nel popolo. La nostra fede negli uomini e nella creazione di un mondo dove sia meno difficile amare.
[Pedagogia degli oppressi P. Freire]“

Lo sviluppo è una questione di uomini. Gli uomini sono i soggetti del vero sviluppo, e lo scopo del vero sviluppo sono gli uomini. Lo sviluppo integrale degli uomini è la meta e la misura di tutti i progetti di sviluppo”
[Giovanni Paolo II]






ID: 3085  Intervento da: Giovanni Raiola  - Email: raiolagiovanni@virgilio.it  - Data: lunedì 24 aprile 2006 Ore: 23:23

Ass. Cult. “torregreco” Onlus Premio TorreGreco
Romanzo “Nati 2 volte”
Premio per il miglior romanzo d’esordio italiano
Prima Edizione
marzo-ottobre 2005
e-mail: premio.nati2volte@email.it

“Nati 2 volte”
Due brevi presentazioni
Perché oggi un altro premio letterario in questa temperie culturale che già ne vede presenti una miriade? Perché c’è un gruppo di persone che credono – ne hanno fatto esperienza – che riunire tanti soggetti attorno allo strumento “libro” costituisca un modo per incontrarsi, raccontarsi, in ultima istanza, fare cultura. Come fare allora per renderci visibili – perseguendo la qualità letteraria – in questo mare magnum di certamina italici? Partendo da un’idea originale – almeno nel nostro panorama letterario - , ossia quella di premiare (dopo averlo selezionato, fatto leggere nelle Scuole, passato ad un vaglio critico di una giuria leggera ma sostanziosa) il romanzo d’esordio edito di un narratore italiano (o di lingua italiana). Perché quello d’esordio? Perché noi crediamo che nascere alla letteratura – sia per il travaglio linguistico; sia per la difficoltà di trovare una casa editrice per farlo – sia da considerarsi una seconda venuta al mondo: forse più consapevole e “naturale” della prima… Tutto questo che abbiamo faticosamente tentato di esprimere è materia di aneddotica letteraria. Pensiamo solo a nascite letterarie tardive come quelle di Camilleri e di Bufalino od a quelle autofinanziate – aps (a proprie spese) direbbe l’Umberto Eco – del Moravia de Gli indifferenti, e già potremo farci un’idea di come premiare un simile evento-accadimento non sia operazione inutile. Premiare un esordio, infatti, è consacrare uno sforzo ed una volontà – molto spesso contro il mondo e fors’anche contro se stessi – che dice sostanzialmente questo: c’è un’altra strada e forse è meno assurda di questa realtà sempre più fiction dipendente.
Vincenzo Aiello

Fra i molti premi presenti in Italia mancava ancora un riconoscimento alla pubblicazione del primo romanzo: iniziative simili sono da molti anni presenti in altri paesi europei, fra tutti si ricordi Chambèry e il suo Festival du Premier Roman. Ecco perché da un’iniziativa del tutto privata ma appassionata nasce l’idea di un premio istituito a Torre del Greco, dunque in un territorio che ha sete di eventi culturali e che va incoraggiato in questa direzione, e dedicato a una sezione narrativa non ancora esplorata se non in premi collegati a limiti di età. Non sempre un primo romanzo è opera felice e matura, ma resta una fatica da affrontare, un rischio da correre. A questo rischio il premio decide di dare attenzione e riconoscimento, unendo a questa funzione la sollecitazione alla lettura di scuole e associazioni, nella speranza di stimolare e far partecipare i più giovani.
Antonella Cilento


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