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Argomento presente: « INDULTO, AMNISTIA, GRAZIA » | |||||
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ID: 17333 Intervento
da:
Diego Baldi
- Email:
dibaldui@gmail.com
- Data:
mercoledì 14 marzo 2018 Ore: 23:21
Avrei bisogno di in chiarimento sull'indulto da parte di qualcuno con una solida cultura legale. Per l'iscrizione ad un albo professionale (geometri) è richiesto di non avere riportato condamne per un tempo maggiore a 5 anni. Se una persona era stata condannata a 5 anni ed 1 mese, ma ppi ridotta a 3 anni ed 1 mese grazie all'indulto, la stessa viene considerata ostativa a tale iscrizione oppure no, visto che in realtà è stata ridotta? Inoltre, sempre ai fini della medesima iscrizione, la condanna superiore ad anni 5 deve essere riferita ad un singolo reato oppure può riferirsi a tutti i reati compresi in una sentenza? Nell'esempio precedente se la condanna a 5 anni ed 1 mese derivava dalla somma di pene di anni 3 e mesi 6 per lesioni colpose e di 1 anno e 7 mesi per calunnia, ai fini della verifica dei requisiti di iscrizione ad un albo va considerata solamente la singola condanna che presenta la durata maggiore? Ed infine per ottenere la riabilitazione dopo una condanna, sussistendone i requisiti, quali sono i tempi medi di accoglimento? Ringrazio fin d'ora chi potrà aiutarmi! |
ID: 4044 Intervento
da:
la redazione
- Email:
info@torreomnia.it
- Data:
domenica 30 luglio 2006 Ore: 00:55
Invece la Grazia: La grazia è un provvedimento di clemenza individuale, cioè beneficia soltanto un determinato condannato o internato, condonandogli, con o senza condizioni, la pena principale in tutto o in parte o sostituendola con altra meno grave. A differenza dell'amnistia e dell'indulto, che si applicano ad una determinata categoria rispettivamente di reati e di condannati, la grazia si riferisce ad un singolo soggetto che si trovi in condizioni eccezionali di carattere equitativo o giudiziario. In Italia, la grazia viene concessa dal Presidente della Repubblica (art. 87 comma 11 della Costituzione) con atto controfirmato dal Ministro della Giustizia (art. 89 della Costituzione). Dal 1948 in avanti sono stati concessi tra 1.000 e 2.000 provvedimenti di grazia ogni anno, che hanno trasformato questo strumento, ad opinione di alcuni, da un provvedimento eccezionale in un normale correttivo delle disfunzioni della legge penale. Negli ultimi anni tuttavia il numero dei provvedimenti è molto diminuito. La Corte Costituzionale, decidendo sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha recentemente sentenziato che il potere di grazia è un potere formalmente e sostanzialmente presidenziale: ciò significa che non è concesso al Ministro della Giustizia nessun sindacato di merito sull'atto di grazia. Il guardasigilli non può neppure rifiutare l'istruttoria su richiesta del Presidente della Repubblica. Presupposto della grazia è il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. La grazia può essere concessa su domanda del condannato, di un suo prossimo congiunto o dal convivente o del tutore o curatore ovvero da un avvocato, su proposta del Presidente del consiglio di disciplina o anche, in assenza di domanda o proposta, d’ufficio, cioè d’iniziativa dello stesso ministro della giustizia. Essa prescinde dal consenso dell’interessato. È prevista una fase istruttoria non giurisdizionale di acquisizione di elementi di giudizio strumentale alla decisione. Pertanto, se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza, il quale, acquisti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del procuratore generale presso la corte d’appello del distretto ove ha sede il giudice dell’esecuzione, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se invece il condannato non è detenuto né internato, la domanda può essere presentata allo stesso procuratore generale, il quale, acquisite le opportune informazioni, la trasmette con le proprie osservazioni al ministro per l’eventuale proposta. La grazia opera esclusivamente sulla pena principale, condonandola in tutto o in parte ovvero commutandola e lasciando sussistere le pene accessorie, salvo che il decreto presidenziale disponga altrimenti, e gli altri effetti penali della condanna. Anche il provvedimento di grazia può essere condizionato. Per l’applicazione della grazia è competente il giudice dell’esecuzione, il quale procede senza formalità, secondo la procedura de plano prevista anche per amnistia e indulto. Qualora per effetto dell’indulto o della grazia non debba essere eseguita in tutto o in parte, la pena dell’ergastolo, il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a tre anni. Da Wikipedia |
ID: 4043 Intervento
da:
la redazione
- Email:
info@torreomnia.it
- Data:
domenica 30 luglio 2006 Ore: 00:53
L'amnistia invece è una causa di estinzione del reato prevista dall'art. 151 del codice penale e consiste nella rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire determinati reati. Si tratta di un provvedimento generale di clemenza, ispirato, almeno originariamente, a ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale, ma a volte degenerato nella prassi in strumento di periodico sfoltimento delle cause pendenti e anche delle carceri. L'articolo 151 del Codice Penale recita: L’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie. Nel concorso di più reati, l’amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta. L’estinzione del reato per effetto dell’amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca la data diversa. L’amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi. L’amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99 Codice Penale, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente. Può estinguere il reato mentre il procedimento penale è in corso (amnistia propria), oppure può intervenire dopo che è stata pronunciata una sentenza penale definitiva di condanna (amnistia impropria ex art. 151 co.I pt.2 c.p.). Mentre l'amnistia estingue il reato, l'indulto estingue solo la pena: quest'ultimo perciò non comporta una sentenza di assoluzione. La Corte costituzionale ha riconosciuto sempre e comunque la possibilità per l'imputato di rinunciare ai benefici dell'amnistia e chiedere l'esame di merito, al fine di ottenere una eventuale assoluzione. L’amnistia impropria fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie anche se permangono gli altri effetti penali; perciò malgrado il provvedimento di clemenza, la condanna costituisce titolo per la dichiarazione di recidiva, di abitualità, di professionalità nel reato o per escludere il beneficio della sospensione condizionale della pena. La concessione dell’amnistia può essere sottoposta a condizioni (sia sospensive che risolutive) o ad obblighi, previsti dalla legge di concessione (amnistia condizionata). Per l’applicazione dell’amnistia impropria è competente il giudice dell’esecuzione, il quale procede (senza formalità con procedura de plano) con ordinanza comunicata al pm e notificata all’interessato. Contro l’ordinanza il p. m., l’interessato e il difensore possono proporre opposizione, a pena di decadenza entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza. L'amnistia propria è invece applicata direttamente dal giudice penale (di merito o di leggittimità) che deve dichiarare l'imputato non punibile e il reato estinto "per intervenuta amnistia". Le figure di reato interessate dall'amnistia vengono di regola individuate con riferimento al massimo edittale della pena ma possono essere utilizzate altre modalità: possono essere previste preclusioni oggettive (p.e. rispetto ad alcune tipologie di reati). L'amnistia non si applica, salvo espressa previsione di legge, ai recidivi aggravati o reiterati, ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza. L'amnistia si applica ai reati commessi anteriormente alla data di presentazione del disegno di legge in Parlamento. A partire dal 1992 l'amnistia viene disposta con Legge dello Stato, votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Da Wikipedia |
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