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Argomento presente: « Vichinghi vesuviani in rete »
ID: 4122  Discussione: Vichinghi vesuviani in rete

Autore: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Scritto o aggiornato: giovedì 10 agosto 2006 Ore: 14:07

Amici cari,
innanzitutto è inutile scrivere in privato. Torreomnia agisce alla luce del sole. Visto che siete così curiosi esponetevi minimamente almeno con una e-mail pubblica. Con questo non voglio dire che io sono perfetto, anzi avrò più difetti che pregi, ma non la colpa di pugnalare il compaesano alle spalle per soddisfare carenze e difetti personali. Mai!
Meglio trasgressivo, stravagante, persino folle, che subdolo e traditore.

Giorgio e Michele mi scrivono off-list:

< Caro Mari,
puoi gentilmente delucidarci sulla Tua espressione " I vichinghi della rete"? nell'Id. 4121. della discussione "Dalla Germania con amore" rivolta a Vito D'amico dalla Germania. Presumiamo che Ti rivolga agli addetti ai lavori locali, a coloro che producono in rete o a chi altri? (...) ecc. ecc. ecc. ecc.>

Presumo che siete degli addetti ai lavori, visto la terminologia, e da buoni torresi rimanete incappucciati dietro le "gelosie" verdi, come in Sicilia a scrutare i passanti (del forum).

Quello che affermo è rivolto, per fortuna, ad una molto ristretta cerchia di persone, sparute, qua e là, quindi NON generalizzo affatto. Ci mancherebbe! Dico e ripeto che oltre l'80 %, dei torresi sono brava gente, tanto per prendere una città locale a campione.

Alcune persone tentano di emulare Torreomnia, ma invano, perché Torreomnia non appartiene ad una o due persone "corporativizzate" coalizzate, complicizzate, all'insegna dei comuni cattivi sentimenti dell'invidia e della megalomania, (il complesso del primo della classe che risale a quando i laureati a Torre erano cinque su cento), ma è retaggio e patrimonio di TUTTI, tutti i centomila torresi, piccoli, grandi, neonati, professori, netturbini, panettieri, artigiani ecc. ecc. Torreomnia è un diritto! Disdegnare Torreomnia significa non amare la città intera e ricusare le proprie origini. E' come far finta di ingnorare il Campanile di S. Croce. Io sono solo l'umile ideatore di questa fucina inemulabile di sentimenti. Non lo dico per falsa modestia proprio perché Torreomnia è del popolo torrese, non mia. Io tuttalpiù la tutelo da insidie ed attacchi di quelle poche persone che non hanno capito che la cultura non è elitaria e come nel medio evo degli amanuensi ed è rapubblicanamente e costituzionalmente aperta a tutti.
Quindi, data l'apertura mentale e il senso "nazionalpopolare" dell'impresa, per imitare ci si è limitati a corrompere per accaparrare qualche collaboratore di Torreomnia dietro i cavi telefonici o le "imbasciate" private di uno squallore e di una cattiveria indicibili. (Documentabile, se necessario).
Irretiti e raggirati con moine e salamelecchi (sempre dietro le quinte) qualche collaboratore di Torreomnia ci è cascato, nel senso che ha "cambiato azienda" e fin qui nulla di straordinario, ma il grave è che si è tolto loro persino il diritto di fare cultura in maniera democratica e polistrutturale. (Concezione culturale di menti ristrette, fatto elitario, da maso chiuso, da baronato, che preclude la diffusione e lo scambio culturale libero).
Di una cosa non si è tenuto conto, però', della mutazione di umore dei "franchi tiratori" che mi confessano, per scrupolo o pentimento, quello che io sostengo. (Documentabile e testimoniabile).
Ma questo ancora per quanto? Internet, grazie a Dio, diventa sempre più libera, ma di libertà vera, al livello di blog di Beppe Grillo.
Per fortuna, quindi, queste poche persone negative dell'ampia area vesuviano-campana, (tra l'altro scaldasedie, scopiazzatori didattici con creatività zero), per lo sviluppo culturale di un area geografica sono sempre di meno e vanno scomparendo.
Per quanto mi riguarda è chiaro che se lo "sconcio" dovesse ripetersi la cosa sarà resa pubblica sul forum. Per questo ho detto a Vito D'amico della Germania "Attenzione ai Vichinghi" della Campania.

Luigi Mari
 
 

ID: 4146  Intervento da: Antonio Fedele Cesi  - Email: fratellino.50@email.it  - Data: giovedì 10 agosto 2006 Ore: 14:07

L A V I T A S B A G L I A T A DI FRANCO PENZA?
Antonio Fedele Cesi

Per il popolo, se non guadagni una barca di soldi, sei un uomo sbagliato. E così giustifico il titolo del mio libro.
Nel 1940, dopo anni di militare in Africa Orientale, Peppino Penza da Napoli raggiunge Torre del Greco per lavorare nel Convalescenziario Bottazzi per tubercolotici, dove incontra Ida Paduano da Ercolano, che gli darà quattro figli. Nel 1941 matrimonio a giugno. In maggio nasce Franco. Nel luglio del 1942 Peppino litiga con l’economo, gli dà un ceffone, perché lo multa per aver dato del carbone dalla cucina dell’ospedale ai poveri del villaggio, che soffrono il freddo e non possono cuocere un cucchiaio di fagioli.
Nulla da fare: a Peppino, messo fuori, cadde il mondo addosso. La moglie già aveva abbandonato il lavoro per seguire il marito e fu notte fonda: Franco s’ammalò e, avvolto in una coperta, fu posto accanto all’urna del beato Vincenzo Romano.
Dal 1942 al 1945 Franco, con la famigliola, peregrinò per l’Italia e a Greci e a Savignano, nella Baronia avellinese. Nell’aprile del 1945 fu ospite della sorella della madre sino al 1947, anno in cui la zia decise di sposare in seconde nozze un vedovo con cinque figli.
Continuarono le dolenti note. Sul lastrico adesso i quattro per la nascita di Enrico. Nel 1948 nella sala del convento degli Zoccolanti, migliore del lastrico, dove nacquero L’INFINITO, IL PENZATORE, LE DUE TORRI, e le Filodrammatiche di Mario Ginelli e di Gianni Pernice.
Franco frequentò le scuole normali, ma non completò il ciclo per ragioni economiche. Nel 1959 lavorò per un anno presso un’Azienda Tipografica. Dal 1960 al 1965, nell’Istituto d’Arte incontrò gli artisti Bresciani e Barisani.
Nel 1966 e 1967 frequentò l’Accademia di Belle Arti, sezioni di pittura e scultura dirette da Emilio Greco e Augusto Perez e i corsi serali di nudo di Russo.
Nel 1960, dopo un incontro a pugni nudi con un energumeno, s’iscrisse ad una palestra di pugilato.
Nel 1961 partecipò ai campionati nazionali di pugilato, ma fu fermato da infortunio. Anche con il calcio iniziò e finì con un intervento chirurgico al ginocchio dx.
Dal 1963 al 1973 diresse la compagnia teatrale I QUATTRO, interpretando Gesù, Armenzio, Razullo. Con Borriello, Bozzetti, Micera ed il sottoscritto.
Tenne mostre personali e collettive di pittura. Ma il dilemma: Arte astratta o concreta non potè risolvere per questioni sociali.
Nel 1968 e 1969 nei cantieri di lavoro. Iscritto nei Movimenti artistici democristiani, partecipò ad una elezione del Sindaco. Esperienza politica drammatica e chiusura.
Scrisse IL MALEDETTO INCASTRO, L’OSPITE E’ SACRO e SINTESI ANALISI Nel 1969-1970 insegnamento tra i sordomuti e gli handicappati. Tre ragazze vogliono il matrimonio. Nel 1970 altra maturità, quando lavorava nella Boutique di abbigliamento a Chiaia. Appena guadagnò qualche soldo, s’iscrisse all’Università di Lettere e Filosofia e conseguì in meno di quattro anni la laurea. Con due professoresse idilli. Non dimentico di dire che il Nostro era alto 1,80 su 70 chili, bruno, con baffi e sguardo magnetico. Oggi quintale e capelli bianchi.
Nel 1976 sposò la crocerossina - musicista. Dopo la laurea in Filosofia, conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia e specializzazioni varie. Ultima, in ordine di tempo, la psicoterapia.
Una donna si rimodellò il seno, un’altra il naso, un’altra il piede, ma non riuscirono a strapparlo alla monogamia.
Lavora alla Sanità per vivere, ma da volontario nell’Ambulatorio della Carità, nella Casa dello Scugnizzo e all’Istituto Colosimo per ciechi, è a disposizione degli extracomunitari, degli anziani, e degli abbandonati sulla strada da mestatori di governi mondiali nevrotici e insensati.
Quante tasse ha dato allo Stato? 33 anni tra scuola e Università. E’ autore di poesie, farse, novelle, poco diffusi per questioni di Editoria e di politica. Oggi, superato un problema di salute, io gli dedico UNA VITA SBAGLIATA? per ricordargli che nella mia infanzia molti avvenimenti ho vissuti insieme a Lui nel bene e nel male.
Fine dicitore della poesia napoletana, canta insieme alle anziane delle Case di Riposo con musica di Nunzia, accompagnatrice.

Antonio Fedele Cesi

www.torreomnia.com/Testi/penza_story/template/Sel_Img_Mouse6.htm


ID: 4125  Intervento da: giorgio e Michele  - Email: idepassaci@holmail.it  - Data: domenica 6 agosto 2006 Ore: 03:02

Ciao Mari,
sto facendo il turno di notte e ho trovato un ritaglio di tempo per risponderti.
Con Michele siamo in buona parte daccordo con te. E non siamo web-master o compilatori di siti invidiosi di Torreomnia, dichiarati dilettanti o pseudo professionistici. Anzi siamo sensibili al problema perché la rete, nella sua sconfinata utilità mette tutto in un solo planetario calderone dove solo l'esperto sa distinguere il professionale dal dilettantistico.
Ma c'è una tale promiscuità e affastellamento di idee, concetti immagini che si trasformano i siti presunti culturali in zavorra per merito dell'allenamento ad abili e ingannevoli copia e incolla.
Quello che è più ridicolo è che queste persone si danno aria di professionisti di storiografia mentre sono non altro che perditempo che imbrattano la rete di inutili accozzaglie di dati multimediali, attinti qua e là e messi giù a casaccio, con tanto di copyright..
Tu, come al solito, sei pleonastico e colorito, chiami questi illusi da dopolavoro comunale "Vichinghi", mentre essi, se entrano in competizione, perché in cuor loro riconoscono la propria pochezza, fanno in fondo una sorta di "guerra dei poveri" e la loro popolarità non esce un metro al di fuori del contesto geografico dove è ambientato il loro lavoro. La loro reale platea sono fratelli, zii e nipoti. Sarà tardi quando avranno consapevolezza di aver sprecato il proprio tempo faticando tanto per tre o quattro ingressi al giorno dei propri familiari perchè milioni di siti trattrano i loro stessi argomenti, magari proposti in maniera più dinamica e accattivante per competenza web, evitando la monotonia della linearità testo e immagini punto e stop come i noiosissimi libri scolastici odiati da piccoli e grandi.
Solo, accade che per colpa loro, siti di professionisti seri e accreditati non riflettono della loro giusta luce per la confusione creata all'utenza, il cosiddetto uomo comune.
Invidie e gelosie tra i vesuviani sono di casa, e non solo da noi. E' chiaro che se si trama alle spalle dispiace, ma Torreomnia è un baluardo, è un astro che brilla di luce propria, chi può mai scardinarlo? Ricorda le parole famose di Andreotti: "Il potere logora chi non ce l'ha".
Quindi dormi sogni tranquilli. Torreomnia è talmente vasto, poliedrico e variegato che l'attrazione per navigarci è quotidiana. E poi "diabolico come sei" davvero una ne fai e cento ne pensi. Abbiamo letto proprio su questo forum che, malgrado il revival, in Torreomnia non si sentirà mai sentore di muffa e naftalina.

Da un sito ufficiale dell'Università di Palermo riportiamo un testo che suffraga quanto appena detto.

Siti professionali e siti amatoriali

La cultura storica ha uno statuto molto particolare. Essa è da un lato patrimonio di professionisti, spesso molto specializzati, organizzati nell'accademia, in centri di ricerca; dall'altro sembra essere patrimonio di chiunque: specialisti di altre discipline, dalla medicina alla fisica, ritengono - a volte a ragione - di essere abilitati a trattare della storia della loro disciplina.
L'identità di comunità e di gruppi spesso si esplica in un intenso interesse e nella pratica per la memoria storica. In questi casi, la ricerca e la lettura di storia vengono intese come un esercizio di memoria, al di là di preoccupazioni teoriche, e spesso al di fuori di ogni consapevolezza dell'esistenza di uno strumentario di metodi, di un patrimonio di riflessioni, di una tradizione storiografica continuamente criticata e aggiornata.
Nascono quindi storie locali, storie disciplinari, di qualità spesso bassa o infima, che trascurano ogni ogni riferimento a problemi attuali del dibattito scientifico. Il loro limite sta soprattutto in questo, non nel localismo o provincialismo. Spesso si tratta di storie, anzi, in cui il dato locale o specifico non è affatto centrale, e che ripetono il modello della narrazione di eventi generali (di un ambito geografico più vasto, di un problema) aggiungendo poco a livello di conoscenze specifiche della realtà locale. Altra cosa, naturalmente, è la storiografia locale di antica e insigne tradizione, basata su ricerche di prima mano, condotte magari con ingenuità metodologica, ma saldamente ancorate alla realtà indagata.
A livello non specialistico il discorso non cambia: la divulgazione storica è da sempre - almeno nel mondo non anglosassone - appannaggio di non professionisti, di pubblicisti generici, di pretesi storici, di appassionati locali. La rete esalta e accresce tali tendenze fino annegare delle iniziative scientificamente attendibili in un mare di siti dilettantistici e amatoriali. In questo livellamento, in questo naufragare della professionalità è stato visto spesso un merito. Anzi forse il merito principale della rete: il fatto che il web stravolga le gerarchie fra accademia e amatori, fra ambiti egemoni e subalterni è stato presentato come una rivoluzione che aprirebbe una strada di democratizzazione della cultura storica (e non), che romperebbe il monopolio accademico (strutturato e motivato esclusivamente da relazioni di potere), dando voce e dignità a chi da quel mondo è respinto.
Ebbene, in questo panorama, un enorme ritardo ha caratterizzato e caratterizza - almeno in Europa e in Italia - la storia scientifica e professionale rispetto a quella amatoriale nell'utilizzazione della rete come strumento di comunicazione. Molti istituti di ricerca hanno tardato o tardano a costruire il proprio sito, e quando questo è avvenuto, il risultato si avvicina di più allo stile della vetrina espositiva, del depliant di presentazione, che a quello dell'iniziativa culturale forte. Abbondano, certamente, siti di servizio, istituzionali, pagine informative di Dipartimenti e di Istituti, ben lontane, però dall'offrire panorami esaustivi della ricerca, della produzione scientifica e delle sue caratteristiche. La ricerca e i suoi prodotti continuano a prendere invece la via della carta stampata, arroccandosi su un terreno in cui la concorrenza della periferia amatoriale non riesce a sfidarli. La diffidenza produce chiusure conservatrici, al limite del disprezzo per il nuovo, con il contraltare di pochi entusiastici e magniloquenti exploit di carattere apparentemente innovativo, ma che in realtà non fanno che tradurre letteralmente - per così dire - la tradizione in linguaggio digitale, o di altri pochi che scelgono invece di sacrificare rigore e congruità scientifica allo stesso linguaggio.
Al contrario, il magma delle voci dilettantistiche ha colto in pieno l’occasione digitale e telematica: associazioni che celebrano l’anacronismo o la ricostruzione di costume, singoli eruditi - più o meno improvvisati - di temi marginali, collezionisti, dilettanti volenterosi ma ignari di qualunque consapevolezza metodologica, e via via fino a cultori del mistero del passato e della new age, e fino a pseudo-storici revisionisti e negazionisti dalla forte ambiguità ideologica o dichiaratamente nostalgici e razzisti hanno inondato e inondano la rete di pagine che condividono la subalternità del contenuto alla forma digitale e telematica e ai suoi propri stili, e che - indistintamente - propongono un modello di conoscenza storica incapace di rispondere a esigenze che vadano più in là nel migliore dei casi, della curiosità occasionale e frettolosa, nel peggiore della deriva ideologica e culturale. Lo stravolgimento delle gerarchie quantitative e qualitative, l’apparente uniformazione del valore insita nella uguale disponibilità dell’accesso al mezzo di comunicazione ha in realtà poco di positivo: il brusio indistinto di centinaia o migliaia di siti di argomento storico rischia di soffocare le voci più limpide, siano esse di professionisti che di amatori colti e motivati. Risulta evidente, a questo punto, che al di là della valutazione di qualità, la distinzione fra materiali di origine professionale e materiali amatoriali sta - oltre che, ovviamente, nei contenuti - nella capacità di innovazione, di utilizzazione effettiva dei vantaggi delle tecnologie.
L’enorme pletora di siti amatoriali di argomento storico non innova minimamente rispetto alla tradizionale storia dei dilettanti. Prodotti e gestiti per lo più da singoli appassionati, a volte riproducono le tradizionali pagine di storia locale o municipale, a volte hanno ambizione di costituire punti di riferimento su un argomento o su un periodo.
Il fascino della "pubblicazione" non è l'unico motivo che spinge alla moltiplicazione dei siti di questo genere. Dietro questa sta una effettiva domanda conoscenza storica. Il problema è che, in un’epoca in cui i processi di legittimazione e di costruzione dell’identità - di ogni genere - sembrano risiedere sempre meno nella rivisitazione (o ricostruzione, o "invenzione") del passato, questa domanda riguarda temi che confinano - o sconfinano - con il gusto del mistero e dell’enigma, della spigolatura, della curiosità, o che esprimono indirizzi ideologici ambigui e contraddittori.
Obiettivo delle iniziative di questo genere in rete è quello di di costruire reti di comunicazione sempre più vaste fra appassionati, piuttosto che esplorare e utilizzare le capacità di incremento di conoscenza che le tecnologie consentono o possono consentire. (da: P. Corrao, Storia nella rete, storia con la rete, in "Nuove Effemeridi. Rassegna trimestrale di cultura", a.XIII, n.51, 2000/III, pp.53-60; disponibile anche on line

Vai su: www.unipa.it/


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Autore unico e web-master Luigi Mari

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