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Argomento presente: « Lessico familiare »
ID: 421  Discussione: Lessico familiare

Autore: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 10 gennaio 2005 Ore: 00:05

Lessico Familiare
Spesso tra parenti usiamo esprimerci con parole o frasi misteriose, comprensibili solo tra di noi. Una specie di gergo nato in famiglia. Lo stesso avviene tra amici. Una parlesia, come quella dei posteggiatori, nata per farsi capire solo da pochi intimi.
Ieri sera, parlando di un amico che si faceva attendere nella CHAT, ho detto:
Un audace colpo dei soliti ignoti
I miei amici di gioventù avrebbero capito. Per i nuovi una spiegazione. cuôrp(o): s. m. L’andar di corpo. Cacata.
L’espressione fu coniata da un amico Mario, mentre era a telefono con un altro Mario, interrompendo la conversazione per un impellente bisogno. L’altro capì e l’espressione rimase tra gli amici come lessico familiare.

Se la cosa vi interessa, proponetene altre che, pur se ricavate da un lessico familiare, possono costituire patrimonio comune da non dimenticare.

 
 

ID: 558  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

10.01.2005.
Cara Marisa,
gli ultimi due modi di dire non li conoscevo ed è logico che sia così. Trattandosi di lessico familiare sono espressioni che circolavano solo in un ambito ristretto. Ma ciò non ci impedisce di apprezzarne il sapore di complicità, qualche volta gergale, che in essi poteva essere contenuto. Spesso il lessico familiare nasconde un doppio senso che fa ridere chi ne è a conoscenza, alle spalle di chi ne ignora il significato.
Anni cinquanta. Terrazzo di amici a capo Torre. Si organizza una festa da ballo e due ragazze provvedono a disporre con sapienza artistica l’illuminazione esterna. Mezze luci, diffusione dal basso, trasparenze, effetto Kurosawa, Bergman, Visconti. In quegli anni il termine “elettronico” non era di dominio pubblico e il solito amico cuffiatore lo riferì ad effetto elettrico. Da quel giorno il temine “elettronico” fu da noi adoperato per indicare una tendenza intellettuale sopra le righe, un esibizionismo culturale di avanguardia. Elettronico era chi andava in estasi per Strindberg o Jonesco. La cultura era il nostro pane quotidiano, anzi serale, ma attenzione a non travalicare, a non essere elettronici.


ID: 556  Intervento da: marisa betrò  - Email: marisabetro@libero.it

Caro Tore, mi è venuto in mente un altro modo di dire familiare,dalla storia molto particolare. Quando volevamo comunicarci l'invito alla sopportazione di una persona non troppo per la quale, uno di noi esclamava:"O glorioso martire, fà stà bbuono a Gnazio!"

Chi era Gnazio? Era un personaggio citato in una antichissima canzoncina popolare dedicata a San Ciro, che una volta papà ebbe voglia di cantarci. Faceva così:
" O glorioso martire,
fà stà bbuono a Gnazio,
Gnazio u pizzaiuolo
l'hanno pigliato pe mariuolo,
vieni San Ciro
cu sta mazza nmano
vieni San Ciro
miracolo mostrà...

Sette juorni
hanno passato
e sta nuvena
v'aggio cantato
e otto sordi
vuie m'avita dare
che alli figli
l'aggia rà a mangiare
o San Ciro
nun t'abbasta a ringrazià!"

Papà mi spiegò che parlava il suonatore incaricato di fare la novena, che alla fine sollecitava il pagamento.
L'hai mai sentita?

Un altro modo di dire:"Me pare a lucanda i capa e cora".
Ricordo i pigiama party delle mie figlie, con ragazzine eccitate accampate tre in un letto! Che risate!


ID: 544  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it

09.01.2005.
Stammatina sò i n'atu sapore alleeesseee!
Acchiappo al volo questa espressione del lessico familiare che ci regala Marisa, nel suo primo intervento sul Forum.
All'angolo di vico Orlando il richiamo lamentoso di una sfatta signora che sciosciava col ventaglietto un trebbeto improvvisato sotto una caurara annerita, mi costringeva al risveglio.
Indugiavo, in attesa di affrontare il gelo della stanza non riscaldata e la vestizione per la scuola: "Stammatina sò i n'atu sapore alleeesseee!". Poi, questo richiamo è entrato nel lessico familiare per commentare il freddo eccessivo o qualche antelucano accadimento non lieto.

Ora ne aggiungo qualcuna tratta dalla letteratura napoletana.

Tròvati na cammarella ammubbigliata!
Eduardo, Natale in Casa Cupiello, Atto Primo.
Pasqualino si lamenta per la marioliggine di Nennillo e Lucariello lo invita a lasciare la casa.
Questa è la mia reazione alle quotidiane proteste di mia moglie che non si è abituata ancora (dopo quarantadue anni) alla mia necessità di leggere a letto. La televisione mi addormenta di botto ma a letto se non leggo per dieci minuti oppure due ore, non m’addormento. Quando ero in giro per lavoro, nel sottofondo della borsa mettevo un libro di riserva. Nun se pô mai sape’.

Nzerra chella porta!
Eduardo. Uomo e Galantuomo, Atto Primo.
La scena in oggetto è un saggio bellissimo di regia teatrale.
Il suggeritore sbaglia i tempi e la frase, ripetuta tante volte diventa un tormentone, nu taluorno, nu tò tò.
E mo, si ve parlo ancora r’a grammatica turrese, nun me ricite: Nzerra chella porta!



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