IL PROF. BORRIELLO, TORRESE DOC E' IL PIU' GRANDE STUDIOSO ITALIANO DEL GENIALE BECKET, iIL PADRE DEL TEATRO DELL'ASSURDO.
Non tutti sanno che il torrese prof. Antonio Borriello, ordinario di Italiano e storia all'Istituto Pantaleo, è uno dei più grandi biografi e sostenitori dell'opera beckettiana (e non solo), a respiro planetario. Pubblico di seguito un sunto della sua biografia sconfinata con studi, interventi, eventi, rappresentazioni, laboratori teatrali, ecc. Amico di Gennaro Vitiello, perpetua la grande tradizione del teatro impegnato a Torre del Greco, dedicando la propria vita a questo nobile impegno con incommensurabile passione, senza scopo di lucro. Spero che presto pubblichi gli oceanici dossier del suo operato da me entusiasticamente visionati con grande ammirazione. (L. Mari)
IL CONTRIBUTO DEL PREMIO NOBEL DARIO FO A BORRIELLO
Il prof. Antonio Borriello - 30 anni di Beckett Amante dell’Irlanda, Paese dell’Anima in cui non esiste straniero, è tra i più apprezzati esperti del grande drammaturgo irlandese Samuel Beckett, Premio Nobel per la Letteratura. Ha partecipato al "Beckett Festival 1991", Trinity College di Dublin, nell’occasione è stato presentato al Presidente d’Irlanda, Sua Eccellenza Mary Robinson e al Magnifico Retto-re Professor Mitchell. Da circa un trentennio divulga con profonda passione la poetica drammaturgica del grande dubliner in diverse Scuole e Università (italiane e straniere). Borriello al "The Inter-national Beckett in Berlin 2000", Simposio mondiale organizzato dall’University of Maryland, Baltimore (USA) e della Humboldt–Universität zu Berlin, oltre che dalla "The Samuel Beckett Society", della quale fa parte, ha presentato un inedito e singolare saggio Numerical references in ‘Krapp’s Last Tape’. Lo studio considera il rapporto numero e parola in una delle più suggestive pièces beckettiane, dimostrando lungo un rigoroso percorso filologico, battuta per battuta, la predilezione di Beckett per il numero tre e i suoi multipli ed è diventato parte fondamentale di una miscellanea di saggi Samuel Beckett: Endlessnes in the Year 2000. Samuel Beckett: Fin sans fin en l’an 2000, a cura di Angela Moorjani e Carola Veit, Amsterdam – New York, 2002, pp. 493. Antonio Borriello risulta punto di riferimento sugli studi beckettiani in Italia e a livello internazionale per essere mirabilmente riuscito ad unire competenza e conoscenza di Beckett sia dal punto di vista scenico che drammaturgico. Lo studioso, oltre che fine ricercatore, è attore, regista e al simposio di Berlino ha ricevuto notevoli consensi. Diverse le pubblicazioni, in particolare si veda, tra l’altro, l’apprezzatissimo: Samuel Beckett, ‘Krapp’s Last Tape’: dalla pagina alla messinscena, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1992, pp. 224. Un prezioso contributo, con un eccezionale apparato biblicografico di duemila voci, tra i più completi al mondo, nonché immagini ed interviste dei maggiori interpreti internazionali di Beckett: Chabert, Chauffard, Cluchey, De Berardinis, Fiorentini, Kelly, Magee, Mauri, Minetti, Scaccia e una preziosa riflessione di Dario Fo (rilasciata personalmente ad Antonio Borriello). Un lavoro incoraggiato dallo stesso Beckett, con un’affettuosa lettera indirizzata al-l’autore. Il libro, ha avuto diverse presentazioni, in particolare si ricorda l’evento tenuto a Napoli, con il patrocino dell’Ambasciatore irlandese Patrick O’Connor e l’intervento del dott. John Deady e di altri importanti critici ed intellettuali (con un servizio di Tgr RAI). Plurilaureato, tra cui una laurea in Materie Letterarie con una tesi su Beckett (La personalità matura in ‘Krapp’s Last Tape’). Relatore e performer presso il Glendale Community College in California (1989).
TESTIMONIANZA FILMATA ALLA MOSTRA DI VILLA MACRINA
BECKET SERATA INAUGURALE VILLA MACRINA TORRE DEL GRECO
BECKETT VILLA MACRINA TORRE DEL GRECO
RASSEGNA STAMPA BECHET VILLA MACRINA TORRE DEL GRECO
LA MOSTRA A VILLA MACRINA
Giorni fa, ad una trasmissione televisiva ho appreso un’espressione ironica che non conoscevo, e che, a dire il vero, è entrata tranquillamente nel mio bagaglio lessicale e concettuale, distendendomi pure un po’ e inducendomi a farne un uso, come dire, ‘terapeutico’: Questa è l’espressione: “Dio c’è, ma non sei tu… rilassati”. Beh! In questa sede, e volendone modernizzare la formula, mi permetto di dire, a me e a chi come me: “Godot c’è, ma non sei tu… rilassati”, forse perché nell’immaginario collettivo, allergico, oserei dire, per cognizione di causa o partito preso, all’esistenza del Divino ( per molti materializzato, in questi giorni, nella ‘fatidica’ Play Station 3, che in America ha tenuto svegli, al momento del suo lancio sul mercato, migliaia di ragazzini fuori ai famosi “Toys Stories”), ci sta meglio forse un personaggio meno impegnativo, Godot, appunto, che il geniale Samuel Beckett ha creato nell’ottobre del 1948 per dare un’identificazione, senza volto, all’uomo moderno. Filoni di critica si sono arrovellati per cercare di trovare un significato a questa immagine guida del capolavoro beckettiano: c’è chi vi ha letto Dio (God, tra l’altro ne è il corrispondente lessicale inglese), chi la morte, chi il destino etc. Ma nemmeno l’autore sapeva davvero chi fosse questo Godot, la sua frase più nota, in questo senso, è "se avessi saputo chi è Godot l'avrei scritto nel copione". Ma, nonostante tutti gli aneddoti che girano attorno a questo Godot, che al tempo divenne un vero caso internazionale, io credo che la genialità del suo “creatore”risieda nell’aver trovato, da una parte la perfetta figurazione (o anti-figurazione, nel caso specifico) per l’uomo moderno, reduce dalla guerra e senza identità politica, sociale, etc. L’uomo anonimo, insomma! Senza più tanto da dire, da offrire, o fare (come quei tanti “godottini” che, in questo senso si sono specializzati, per arrivare oggi, nel nuovo millennio, soprattutto qui in Italia, a popolare un mondo fatto di immagini ( e tutto l’elenco che consegue, per associazioni di idee, da questa parola). Poi, di converso, c’è il Godot vero, quello nascosto, (oggi, dire, quasi assente) che, senza tacciarci di blasfemia, è un po’ il nuovo Dio, muove i fili di questo teatrino, tecnologgizzato e con tanto di suoni e luci telematiche, ma rimane nell’ombra. Forse perché non può rivelarsi, forse perché, questo tipo di Godot è in ogni uomo, più vicino di quanto ci si immagini, ma la strada per trovarlo dentro di sé è sempre più lunga e impervia. Questa introduzione lunghissima, con tanto di ‘strampalata’ chiave di lettura del dramma di Beckett, (forse non fa male, ogni tanto, in una sede culturale azzardare qualche pseudo-critica) primo per esprimere una riflessione, che non sia d’insegnamento per nessuno al di fuori di me stessa (non proprio “godottina” ma ancora lontana dall’essere “Godot”, il che non sarebbe male per evitare, partendo da me e poi da chi, come me, che tanta piattezza caratterizzi questo nostro tempo) e poi per introdurre la lodevole iniziativa, in atto a Villa Macrina, della mostra dedicata al centenario della nascita del genio di cui parlavamo: Samuel Beckett, (1906-2006). Grazie alla stragrande passione accostata alla professionalità di Antonio Borriello, studioso decennale del drammaturgo, è stato possibile realizzare a Villa Macrina, una mostra che da giovedì 16 novembre si protrarrà sino al 10 dicembre. L’iniziativa rientra nel più vasto progetto internazionale di commemorazione e omaggio al grande “drammaturgo dell’assurdo”, la cui produzione ha, indiscutibilmente, una grossa eco anche ai giorni nostri e un’enorme assunto di modernità. Lodevole, dunque, l’iniziativa di omaggiare il grande Beckett proprio a Villa Macrina, la cui sorte, come quella di tutta la città, del resto, non è delle migliori. La mostra consiste in un raffinato viaggio multimediale della produzione letteraria e teatrale di Beckett dal 1953 ad oggi, che è stato realizzato grazie ad un lavoro solerte di anni, attraverso la raccolta dei materiali bibliografici più disparati: è possibile trovare oggetti di scena, come la sedia a rotelle di “Finale di partita” , piuttosto che recensioni critiche prodotte dalla penna d’oro di personaggi come Silvio D’Amico, Ennio Flaiano, Carlo Bo, Vittorio Gasmann ed altri. Inoltre, per quattro giovedì saranno inscenate, a partire da oggi, delle perle della produzione del drammaturgo. (In fondo alla pagina il programma). L’inaugurazione, avvenuta il 16 novembre, ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Francesco D’Episcopo (docente dell’Università degli Studi di Napoli, Federico II); Felice Piemontese, critico, poeta e giornalista e Susan Colon, addetto culturale dell’ambasciata d’Irlanda.
ID: 7807 Intervento
da:
la redazione
- Email:info@torreomnia.it
- Data:
giovedì 6 dicembre 2007 Ore: 13:29
Peter Brook
In scena al Piccolo Teatro di Milano, 12 - 22 dicembre 2007 Come and Go, due delle tre donne sono interpretate da maschi, regia di Brook Borriello sostiene la fedeltà del testo, sempre invocata da Beckett “Ho conosciuto personalmente Peter Brook ed ho immensa stima del suo straordinario lavoro; detto questo, desidero ribadire quanto già affermato in altre occasioni di messinscene beckettiane interpretate in… libertà. Le tre figurine di Va e vieni sono una sorta di Moire o Parche, presenze misteriose e profondamente poetiche; soffi colorati (viola smorto, rosso smorto, giallo smorto), leggiadri, che fluttuano, vanno e vengono; presenze femminili alate, silenziose. Femminili e non di natura diversa.
È vero che i volti di Flo, Vi e Ru sono coperti da cappelli con ampie tese che lasciano intravedere solo la bocca e il mento e occultati dalla penombra, condizione che potrebbe giustificare l’interpretazione di un attore maschio. Ma lo spirito attorale, la gestualità, la timbrica vocale e soprattutto il testo di Beckett impongono quanto pensato dall’Autore. Ne sono profondamente convinto. Anzi, ortodosso e ubbidiente. Per il quacchero Samuel Beckett la Parola è di infinto rigore e così i suoi testi perfetti ed intoccabili. Sarò esagerato (di sicuro lo sono) nel rinviare l’opera del grande umile genio del Novecento a quanto scritto nel Libro della Sapienza: “Omnia censura et numero et pondere disposuisti”, ma almeno per me è così”.
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