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Argomento presente: « IL GIORNALE DEGLI EMIGRANTI » | |||||
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ID: 6492 Intervento
da:
Salvatore De luca
- Email:
toredeluca_1981@libero.it
- Data:
sabato 14 luglio 2007 Ore: 14:48
ANTONIO MAGLIULO DI TORRE DEL GRECO PORTA LA MIGLIORE CUCNA ITALIANA IN AMERICA Antonio Magliulo è il primo di otto figli di un capitano di marina. Nel 1963 lasciò Torre del Greco per cercare l´avventura negli Stati Uniti.Cominciò come cameriere divenne presto direttore del ristorante e poi proprietario. Oggi il "San Domenico" è famoso in tutto il mondo "Gli italiani in cucina hanno la propensione e l´educazione naturale al gusto" "Qui regole e leggi sono chiare e uguali per tutti. Nel nostro paese invece…" Le due signore che entrano nel ristorante hanno poco tempo. Sono dirette alla Carnegie Hall per uno spettacolo di danza classica e hanno deciso di fermarsi qui per una rapida cena leggera. Ordinano due antipasti e una generosa porzione di risotto ai funghi, più una bottiglia di eccellente Chardonnay. Nato a Torre del Greco il 6 dicembre 1937, è il primo di otto figli di Ciro, un capitano di marina. A 26 anni, nel 1963, Antonio lascia Torre del Greco e se ne va in America. «A quei tempi – racconta – c´erano solo tre possibilità per vivere: lavorare il corallo, navigare o emigrare: io sono emigrato». E da anonimo emigrante è diventato il re della tavola. La carriera è fulminante. Sbarcato a Manhattan, il giovane inizia a lavorare come cameriere al Rainbow Room, uno dei locali storici più conosciuti, situato nel Rockefeller Center. Nel marzo del ‘64, Tony è già maitre di sala e, quattro anni dopo, direttore del ristorante. Passano dieci anni e ne rileva addirittura la proprietà. Trasforma le sale al 65° piano in un posto leggendario, ripristina una splendida dance room e apre un night che ospita i maggiori jazzisti americani. Nel 1986 apre un secondo locale, il "Palio", e due anni dopo il "San Domenico", considerato oggi il vessillo del Tony May Group. Ma non è finita: nel 1997 inaugura nelle Twin Towers due altri ristoranti: il "Gemelli" e il "PastaBreak" per la clientela indaffarata del Financial District di New York. Entrambi andranno poi distrutti l´11 settembre del 2001 con il tragico crollo delle Twin Towers. Fortunatamente, tutti i dipendenti furono evacuati sani e salvi. May si prodigò senza sosta per aiutare le squadre di soccorso con i rifornimenti di cibo. Un nuovo "PastaBreak" è stato poi aperto un anno dopo nell´E-Walk, in Times Square, nell´ottobre del 2002. Sicuramente c´è tanto lavoro dietro il successo del ristoratore napoletano. «Gli italiani in cucina mi danno qualcosa che gli americani non hanno, o hanno solo in pochi – spiega Tony – la propensione e l´educazione naturale al gusto: un piatto fatto da un italiano e assaggiato da un italiano mentre lo prepara, è diverso da uno fatto da un americano anche bravo, perché no, ma non educato naturalmente al gusto come solo un italiano può esserlo. Comunque, scegliere il miglior personale possibile per il proprio ristorante è sicuramente uno dei segreti del successo. Oltre al duro lavoro…». Alla destra di May, siede la figlia Marisa. Lei ha iniziato facendo la gavetta giovanissima, come tuttofare nei ristoranti di famiglia per pagarsi il viaggio estivo in Italia, e passando per la cucina dove ogni mattina alle sei aiutava alla preparazione del pane. Oggi è general manager. Alla gestione altamente professionale del padre, Marisa ha aggiunto un tocco di femminilità: è lei che riceve i clienti in sala con un sorriso e una giovialità naturale. Marisa si è laureata alla New York University ed è una grande appassionata di teatro musicale e di musical. Ha anche curato il rinnovo dei locali e dello stile, rendendo il "San Domenico" più accattivante. «I nostri clienti vengono qui per mangiar bene – aggiunge Tony – e noi offriamo loro la migliore cucina italiana, mi permetta di dire: la vera cucina italiana. Non italo-americana come spesso facevano altri connazionali che purtroppo non avevano la possibilità, come noi oggi, di far arrivare dall´Italia i prodotti di uso quotidiano: farine, pasta, olio extravergine di oliva, frutti di bosco, verdure fresche, certi tipi di carni e formaggi. I clienti vogliono mangiare bene ma anche sentirsi come a casa. Ho clienti che mi seguono da decenni e che posso considerare ormai come degli amici». Ogni mattina alle sette, in questo angolo del Central Park, si prepara il pane, si fa la pasta a mano, si preparano i dolci e le creme. Tutto sotto la supervisione di Odette Fada, pilastro portante del "San Domenico". Parlando degli italiani, May smentisce lo stereotipo del napoletano poco professionale e scarsamente propenso al lavoro. Per lui «genialità, estro, originalità sono qualità innate del carattere italico, insieme a un forte accento individualistico, perché se insieme agli altri e come gruppo spesso non funzioniamo, come individui siamo capaci di qualsiasi impresa e lavoro». Mentre a New York proseguono i lavori per costruire la Freedom Tower che andrà a rimpiazzare le Twin Towers, Tony May sta già valutando la possibilità di due nuovi ristoranti. Il proprietario della nuova torre, Larry Silverstein, ogni volta che viene a cena da May lo invita a ritornare lì con i suoi ristoranti. Perché sa che quest´uomo partito da Torre del Greco ha lavorato sodo per diventare il migliore nel suo campo e ce l´ha fatta: il "San Domenico", secondo la Food & Wine, è tra i 25 migliori ristoranti in America, e "Wine Spectator" e "Usa Today" l´hanno proclamato tra i 10 migliori ristoranti italiani degli Usa. Ma il Tony che incontriamo nel suo ristorante preferisce parlare della promozione della cultura gastronomica italiana, della sua scuola di cucina, piuttosto che dei suoi successi personali. Confessa però che padre e figlia vanno in Italia più volte l´anno per incontrare i fornitori, confrontarsi con colleghi e amici, e selezionare le materie prime per la loro cucina. Il "San Domenico" fu aperto nel giugno del 1988: a un mese dall´inaugurazione il "New York Times" gli assegnò le "tre stelle", riconoscimento mai dato prima a un ristorante italiano. Nello stesso anno la rivista "Exquire Magazine" lo definì "the best of the year", il miglior ristorante italiano in Usa. Fare sosta oggi in questo tempio di classe e raffinatezza significa aggiungere una tappa significativa a chi visita New York. La luce soffusa, i pavimenti in cotto fiorentino, le sedie in pelle e il servizio impeccabile fanno di questo locale a Manhattan uno dei più eleganti della città, in cui si gusta cibo italiano ai massimi livelli. Tony May oggi viene descritto come l´uomo che più ha fatto per la valorizzazione all´estero del nostro patrimonio culinario. Una sorta di ambasciatore, e non solo negli Stati Uniti d´America. È la figura che più si identifica, oltre confine, con la cucina italiana di qualità. L´ex emigrante torrese ha fatto sì che i piatti portentosi delle nostre tante tradizioni venissero apprezzati nella loro versione migliore, ghiotta e fedele, da una schiera composita di avventori internazionali. «Sta provocando una rivoluzione: gli italiani scavalcano i francesi nel mondo della Haute Cuisine», scrisse qualche anno fa l´"Economist". Il "San Domenico", dove la ricerca del gusto e dell´eccellenza sono di casa, è uno dei pochi locali che in tutto il mondo hanno ricevuto l´insegna di Ristorante Italiano dal presidente della Repubblica. "Don´t miss this exciting opportunity to meet one of New York´s finest culinary artists" (Non perdete l´eccitante occasione di incontrare uno dei migliori artisti culinari di New York), ha scritto un giornale americano il mese scorso, riferendosi a Tony May. Il sogno americano di Antonio Magliulo si è realizzato: ha insegnato a due generazioni di personale lo stile e la grazia e ha fatto conoscere a migliaia di clienti la fantasia, la genuinità e la freschezza che contraddistinguono la cucina regionale italiana. www.napoli.repubblica.it/speciali/lontanodanapoli/300107.html CIIM e Governo Italiano: stretta di mano per il futuro www.ciim.it/confitaliani/new/news.aspx?id=858 Salvatore De Luca ________________________________________________________________________________ LA TORRESE PIU’ FAMOSA IN AMERICA PER I SUOI RISTORANTI Mamma Lena Mamma Lena (Maddalena Tortora Castaldi) was born in Torre del Greco, a small town outside of Naples, Italy in 1920. She was raised in the typical Italian tradition where love of family was the center of her life, and the daily creation of delicious meals was one of the most important ways to express that love. As a young woman, she and the rest of her city were forced to endure the hardships of WW2, and bombing raids and extended stays in basements or bomb shelters became a way of life. During these times, she learned to make "something from nothing". The war made food very scarce, so she became proficient in making delicious meals of the barest ingredients such as flour, potatoes, garlic and spices, a talent that eventually became the basis for Mamma Lena Restaurant’s philosophy of simple yet delicious food. She also suffered through the agony of wondering about the fate of her fiancé, Ciro Castaldi, who was arrested as a suspected American spy and imprisoned in a German concentration camp. Though given up for dead by everyone else, he managed to escape, hiding out in barns and forests, finally making his long way home to find Lena still waiting for him after more than 5 years. To this day, she is still lovingly referred to by some in Italy as "Sposa" (The Bride). And up until she died, when Mamma Lena would recount the thrilling day the Americans marched into her town, freeing them from the Germans, she was often moved to tears by the memory. Traduzione Il Mamma Lena (Maddalena Tortora Castaldi) è stato sopportato in Torre del Greco, una piccola città fuori di Napoli, Italia in 1920. È stata alzata nella tradizione italiana tipica dove l'amore della famiglia era il centro della sua vita e la creazione quotidiana dei pasti squisiti era uno dei sensi più importanti esprimere quell'amore. Come donna giovane, lei ed il resto della sua città sono stati costretti a resistere alle difficoltà di WW2 e le incursioni del bombardamento ed i soggiorni estesi in scantinati o nei ripari di bomba si sono trasformati in un modo di vivere. Durante questi periodi, ha imparato fare “qualcosa da niente„. La guerra resa ad alimento molto limitato, in modo da lei è diventato competenti nel fare i pasti squisiti degli ingredienti più nudi quali farina, le patate, l'aglio e le spezie, un talento che finalmente si è trasformato in nella base per filosofia del ristorante del Lena del Mamma di alimento semplice tuttavia squisito. Inoltre ha sofferto con l'agonia di domandarsi circa il destino del suo fiancé, Ciro Castaldi, che è stato arrestato come spia americana ritenuta sospetto e incarcerato in un accampamento di concentrazione tedesco. Comunque dato in su per i morti da tutto altrimenti, è riuscito a fuoriuscire, nascondendosi fuori nei granai e nelle foreste, infine rendenti il suo senso lungo domestico per scoprire che Lena ancora lo aspetta dopo più di 5 anni. A questo giorno, ancora si riferisce a lovingly da alcuno in Italia come “Sposa„ (il Bride). Ed aumentare fino a che non sia morto, quando il Mamma Lena racconterebbe il giorno eccitante gli Americani hanno marciato nella sua città, liberante li dai tedeschi, lei spesso sono stati spostati verso le rotture dalla memoria. VEDI IL SUO WEB IN TORREOMNIA: www.torreomnia.it/forum/bacheca/Mamma_Lena/Mamma_lena.htm Salvatore De Luca |
ID: 6490 Intervento
da:
Carlo Boccia
- Email:
carloboccia@virgilio.it
- Data:
sabato 14 luglio 2007 Ore: 01:14
Caro Vito, io non sono un intellettuale, mi chiamano la biella del Golfo perché faccio il meccanico. Però mi occupo di tutte le cose culturali che si fanno a Torre dle Greco. Non sono nemmeno molto esperto di computer. Per inviare mesaggi, ideati da me, mi avvalgo della collaborazione della redazione di Torreomnia dove spesso mi reco a trovare Luigi Mari. Le Tue poesie sono più profonde delle mie, ma Ti ringrazio per il pensiero che hai avuto di ringraziarmi. I torresi sono avari di riconoscenza e complimenti, come dice Luigi. Così quando ce n'è uno si è felici. Speriamo che Angelo Guarino risponde all'in...Vito. Ti è piaciuta questa? Mio padre navigava e spesso mi raccontava storie di emigranti. Carlo Boccia |
ID: 6489 Intervento
da:
Vito D'Adamo
- Email:
Viad37@online.de
- Data:
venerdì 13 luglio 2007 Ore: 23:14
Gentile Carlo Boccia, grazie per le tue considerazioni sull’emigrazione, le ricerche, i riferimenti e le foto a riguardo; esodo che tu cogli massimamente nel momento d’avvio verso Paesi d’oltreoceano a collocamento di una manodopera di perenne disoccupazione (ID: 6469 del 12.07.07). Andar via dal proprio paese per mancanza di lavoro diventa atto di sopravvivenza e denunzia situazioni, che datano da tempi remoti, che si riverificano e sono tuttora accertate un po’ dappertutto, toccando punte impressionanti. L’emigrazione è stata spesso – o da sempre ? – oggetto di basse e losche speculazioni e circospezioni. In Europa, pagato il prezzo esoso in sacrifici e sangue, affrontati e malrisolti i problemi, derivanti da nostalgie e difficoltà d’inserimento da una parte; e dall'altra mitigate con l’andar del tempo le diffidenze, causate dalla presenza di ex nemici d'una guerra di efferata disumanità, i sospetti ed i timori nei confronti del diverso; si è infine sviluppato una più pacata visione d’insieme, che ha consentito di moderare le avversioni, riportando allogeni ed indigeni alla tolleranza e all’accettazione reciproca. Tanto è potuto accadere, grazie al graduale processo di unificazione europea, che è entrato nella coscienza dei popoli ed ha contribuito ad avvicinarli nel comune rispetto della propria e dell’altrui identità e cultura. Il termine “emigrazione” non ci suona ancora estraneo, ma va assumendo, con il trascorrere del tempo, una tonalità obsoleta. La piena apertura all’Unione Europea ha consentito ai cittadini delle varie Nazioni d’inserirsi in quelle d’accoglienza a pieno titolo, condividendone posizioni e scelte di natura amministrativa e politica. Sono conquiste di gran rilievo, poi, l’estensione del diritto di voto in loco per corrispondenza, l’elezione diretta di 18 nostri rappresentanti in seno al Parlamento italiano e l’acquisizione della cittadinanza locale, senza perdita di quella nazionale. Questi risultati si riflettono soprattutto sull’avvenire delle nuove generazioni, già pienamente inserite – tranne gli sporadici casi in contrario, che, purtroppo, sempre si presentano - nel tessuto dei Paesi di residenza, con tutti i diritti, garantiti dall’Unione ad ogni cittadino europeo. Non conosco che approssimativamente la situazione attuale dei connazionali di residenza extraeuropea, specie nel nuovo e nel nuovissimo Continente. Per quanto riguarda gli USA, mi affido alle considerazioni di Angelo Guarino, che, come me, porta sulle spalle tanti anni e non solo di emigrazione. Lo saluto, come saluto tutti, in Italia e fuori. Ringrazio ancora Carlo Boccia per avermene ridato occasione e gli offro in lettura una delle mie non poesie, ”Omaggio alla Foresta Nera", a ricordo di quest’incontro. Nonnovito. _____________
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ID: 6469 Intervento
da:
Carlo Boccia
- Email:
carloboccia@virgilio.it
- Data:
giovedì 12 luglio 2007 Ore: 22:26
GIA' IL LAVORATORE, QUELLO DEGLI STENTI E DEI SACRIFICI, MERITA PIU' STIMA E RISPETTO DI TUTTI GLI ALTRI UOMINI CHE SVOLGONO RUOLI COMODI, MA IL LAVORATORE EMIGRATO ONESTO CHE SOSTIENE FAMIGLIA E ONORE E' NOBILE. SIAMO TUTTI EMIGRANTI UN BEL LAVORO DI GIAN ANTONIO STELLA PER CAPIRE, RIFLETTERE, DISCUTERE DI EMIGRAZIONE, IMMIGRAZIONE E RAZZISMO QUANDO GLI ALBANESI ERAVAMO NOI "VOLEVANO BRACCIA, SONO ARRIVATI UOMINI" (Max Frish)
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