Silvestro SanninoContatti: silvestro.sannino@tiscali.it Tel:081 8821674
STORIA DELLA NAVIGAZIONE COME STORIA DI VITAI1 fascino di quest’opera, vero e proprio esempio di sicura perizia e convinta moralità quali doti dell’autore, risiede nel tentativo da essa testimoniato di vivere all’altezza delle sfide che la ricerca del senso profondo della vita impone. Navigazione e vita sono infatti un binomio indissolubile, i cui termini si assimilano, al punto che giungono a confondersi, fin dalle remote origini indoeuropee della parola che per noi e ”nave”, vale a dire che navigare e vivere, anzi esistere, da sempre e per sempre, il tutto nel segno dell’avventura. Non si tratta, dunque, soltanto di scienza e tecnica, ma anche e soprattutto di arte del navigare come sublimazione dell’esperienza: ciò spiega fra 1’altro le ragioni intime della presenza di metafore nautiche nella letteratura in ogni spazio e tempo, come il nostro autore riconosce, invitandoci ospitalmente a condividere questa consapevolezza che si risolve in sostegno e stimolo del nostro essere.
Dalla nave degli Argonauti al catulliano phaselus, dalla ”navicella” dell’ingegno dantesco alla dolcezza del ”naufragar” leopardiano nel suo infinito, dalle peripezie delle ventimila leghe sotto i mari all’epopea degli astronauti la nostra Terra acquista la propria realtà nel cosmo poetico grazie al connubio con le distese spaziali oceaniche ed aeree, fungendo rispetto ad esse da momentaneo rifugio e perpetuo slancio. L’ampio e possente respiro delle superfici equoree solcate dai naviganti e tutt’uno con lo sfogliare questo monumentale lavoro, che con ”lungo studio” e ”grande amore”, prerogative delle persone competenti e appassionate, 1’autore e giunto a donare al patrimonio culturale dell’umanità. Di libro in libro e di capitolo in capitolo si passa infatti dall’antichità al periodo medievale, dalle scoperte geografiche alla navigazione scientifica e tecnologica, mettendo sempre in rilievo gli aspetti tecnico-scientifici e giuridici inerenti all’argomento all’interno di una prospettiva singolarmente affascinante, tanto da poter essere avvicinata a quella della grande poesia nel momento stesso in cui rivela la propria dimensione necessariamente pluridisciplinare, pur nel primato dell’autonomia che al processo del navigare compete.
Osserviamo, in particolare, come 1’autore sul piano tecnico-scientifico abbia delineato una teoria tanto convincente quanto inedita della navigazione antica, in cui la stima delle distanze a mare costituisce una proposta caratterizzata da notevole valenza anche sotto il profilo dell’operatività in aggiunta alla sistemazione razionale della materia, mentre di indubbio interesse e poi la considerazione dei riflessi metaforici sul piano politico, ove l’azione del magister e del gubernator navis si riflette nella più ampia ed alta dottrina ciceroniana del gubernare innanzitutto rem publicam, quindi gli Stati o 1’Impero in genere: concezione, questa, gia presente in forma embrionale nelle Leggi platoniche |
e nella Politica aristotelica, nonché foriera di rilevanti svolte nella prassi dei governi oltre la fine dell’antichità classica, come attesta, ad esempio, il nostro Dante, sia in poesia, segnatamente nella veemente invettiva contro la ”serva Italia” paragonata ad una ”nave senza nocchiere in gran tempesta” (Purg., VI, 77), che in prosa, la dove viene svolto un suggestivo paragone nautico (Conv., IV, Iv, 5-6): ”... Si come vedemo in una nave, che diversi offici e diversi fini di quella a uno solo fine sono ordinati, cioè a prendere loro desiderato porto per salutevole via: dove, si come ciascuno officiale ordina la propria operazione nel proprio fine, cosi e uno che tutti questi fini considera, e ordina quelli ne 1’ultimo di tutti; e questo e lo nocchiero, a la cui voce tutti obbedire devono”, cosi come avviene in un punto cruciale del discorso sulla divina bontà (Conv., IV, v, 8): ”... E pero [ che ] pace universale era per tutto, che mai, più, non fu ne fia, la nave de 1’umana compagnia dirittamente per dolce cammino a debito porto correa”.
E in tal modo che 1’epoca medievale comincia a rivelare la propria modernita, concretizzatasi nel secolo XIII con 1’invenzione della cartografia nautica, merito della scuola italiana, anche se scarsamente esplorata dalla ricerca, quale significativa applicazione pratica della geometria euclidea, da una parte, e forte punto di rottura fra 1’Alto ed il Basso Medioevo, dall’altra. Fatto sta che la navigazione, ritrovandosi esaltata negli aspetti intellettuali che attraverso il tempo vanno dal pilota Tifi al ”nocchiere” dantesco, dal ”capitaneus” veneziano allo schep per nordico, finisce col raggiungere livelli cognitivi ed etici cosi elevati che non hanno riscontro in altre attività, inducendoci quindi nella tentazione di dirli sic et simpliciter eccelsi. Certo e che il navigare costringe spessissimo a profonde revisioni nei modi di pensare, di sentire, di essere dell’uomo e che la dottrina scientifica della navigazione schiude alla tecnologia perpetuamente protesa a rinnovarsi sempre nuovi e sconfinati orizzonti. Nell’accingersi ad addentrarsi nell’opera, sappia quindi il lettore che la sua sfera emotivo-cognitiva potrà essere intimamente e interamente pervasa da un’esperienza avventurosa nel segno del travolgimento di pagina in pagina, anzi di onda in onda, fino a giungere al recondito porto della soddisfazione intellettuale e della gioia interiore. E 1’augurio sentito che sulle soglie di questa coinvolgente storia rivolgiamo a chi si appresta a navigarla. Torre del Greco, giugno 2007
BIAGIO SCOGNAMIGLIO
Serena Mari della redazione
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