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I GIOCHI DEI NOSTRI NONNI TORRESI Premi la freccetta a sinistra e regola il volume"L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare".(Gorge Bernard Shaw)AI TEMPI DEL GRECICome si divertivano i ragazzi di duemila anni fa? Come giocavano i bambini di ieri? I bambini, greci e romani, conoscevano la palla, giocavano a moscacieca o con le monete? E quale atteggiamento assumevano gli adulti, di allora, nei confronti dell’attività ludica?Ho cercato, attraverso un meticoloso lavoro di ricerca e attraverso la consultazione dei testi sacri sull’argomento, di dare una risposta a questi interrogativi mettendo in evidenza, anche, il modo di divertirsi d’intere generazioni che si sono avvicendate sul palcoscenico della storia.Questo lavoro di ricostruzione storica dimostra come nell’ “espressione gioco”, accanto all’elemento ricreativo, culturale e pedagogico, dimori un profondo valore storico e antropologico.L’attività ludica dei bambini greci si esprimeva all’interno della famiglia, le bambine giocavano con le bambole, i maschietti con la palla, con il cerchio, con l’arco e si cimentavano nella corsa e nella lotta, praticavano il tiro alla fune, l’altalena, il gioco della settimana e la trottola che chiamavano “strombos”. I Greci, tuttavia, tenevano il gioco ai margini della vita sociale, così come veniva considerato lo stesso bambino fino a sette anni: marginale e poco importante. Non mancano, comunque, testimonianze d’autorevoli personaggi che misero in evidenza la grande importanza della pratica ludica per il bambino in giovanissima età. Lo stesso Platone riteneva che il gioco fosse utilissimo per la formazione dell’infante (Gioco educatore), in special modo quelle attività svolte in gruppo e che privilegiavano il movimento fisico e l’integrazione maschio-femmina; il tutto doveva avvenire, naturalmente, sotto il controllo dei grandi.AI TEMPI DEI ROMANII bambini romani, invece, come ci testimoniano Orazio, Marziale, Cicerone, praticavano molti di quei giochi che, a distanza di oltre duemila anni sono pervenuti a noi. Giocavano, spesso insieme agli adulti, a ‘Par imparar’ (Pari o Dispari) , ‘Caput et navis’ (Testa o croce), al tiro al bersaglio, a moscacieca, con i birilli, a nascondino, con la corda, con la trottola (turbo); amavano far trascinare un carretto da un topo, amavano cavalcare una canna, facevano il girotondo, costruivano aquiloni…,si cimentavano nel tiro alla fune, nel gioco della morra (micare digitis), con gli astragali e le bambine giocavano con le bambole. I giovani romani praticavano, inoltre, molti giochi con le noci, e questo fatto era così frequente ed usuale che si usava indicare il periodo dell’abbandono dell’infanzia proprio con il termine “Lasciare il gioco delle noci”.NEL MEDIOEVOinvece, sia i giochi degli adulti che quelli dei bambini venivano contrastati, limitati, additati come attività pericolose. Questo atteggiamento era determinato dal fatto che la Chiesa considerava i giochi come oggetti demoniaci, fatti apposta per distogliere l’attenzione del credente dal pensiero di Dio e dalle preghiere” (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).Si deve arrivare verso la fine del Quattrocento per trovare un atteggiamento più tollerante verso il gioco. Non si accettavano, assolutamente, i giochi d’azzardo ma, si cominciava ad ammettere l’utilità di praticarne alcuni, come i giochi di corsa o di salto, considerati non pericolosi, comunque qualsiasi attività ludica doveva avvenire sotto il controllo degli adulti che dovevano guidare il gioco rendendolo ‘morale’.Clicca sulla foto a lato e vai nel sito dove è stato attinto il testo seguente.UMANESIMO E RINASCIMENTOIl dibattito sull’utilità del gioco prosegue per tutto l’Umanesimo e il Rinascimento. Bisogna attendere, l’Età moderna, tuttavia, per vedere attribuite al gioco una soddisfacente dignità e una favorevole attenzione.IL SETTECENTOIl Settecento è, probabilmente, il momento più alto di questo rinnovamento, un’epoca nella quale si viene sviluppando una pedagogia orientata ai valori sociali e civili; dove si viene precisando una cultura meno intessuta di morale religiosa e più aperta al cambiamento ed al rinnovamento. E’ il periodo nel quale si diffonde un modello di educazione più aperta e democratica, meno legata ai pregiudizi e alle tradizioni, più attenta alla formazione globale dell’educando, più rispettosa delle esigenze e delle esperienze dei bambini. Non a caso troviamo in questo periodo vari tentativi di collegare la scuola al gioco, la cultura degli adulti a quella dei bambini (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).I NOSTRI TEMPICon l’avvento della società industriale e con l’arrivo del consumo di massa, quindi con lo sviluppo dell’industria dei giocattoli anche il modo di divertirsi comincia a cambiare, non più giochi e giocattoli auto-costruiti con regole auto-elaborate, ma giocattoli prefabbricati, imposti, senz’anima, con il risultato di espropriare il bambino dell’azione della manipolazione delle cose e della progettazione dell’intera struttura ludica. Questo lavoro di ricerca risulta ancora più importante perché proposto in un periodo dove con troppa facilità si sta tentando di cancellare la propria storia culturale e materiale.Dice il prof. Franco Frabboni, dell’università di Bologna: “Se dovessero scomparire la cultura e la memoria di giochi del passato, dei repertori ludici di marca “antropologica” strettamente legati ai linguaggi, alle culture, alle assiologie delle singole comunità sociali, allora si potrebbero suonare le “campane a morto” per il pianeta infanzia. Perché con la cultura del gioco scomparirebbe anche il bambino, sempre più espropriato, derubato, scorticato del suo mondo di cose e di valori e costretto a specchiarsi in culture non sue: prefabbricate, surgelate, imposte surrettiziamente dal mercato industriale”.LE CITAZIONI SUI GIOCHI NATURALI DI UNA VOLTA:I bambini trovano il tutto nel nulla, gli adulti il nulla nel tutto.Giacomo LeopardiScopri di più su una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione". (Platone)"Quando il gioco origina bellezza, implicito è il suo valore per la cultura. Quanto più il gioco è atto ad elevare il clima vitale dell'individuo o del gruppo,tanto più intensamente si risolve in cultura". (Johan Huizinga)"Il viatico più sicuro lungo questi cammini tortuosi è ancora lo humour della conoscenza, quella grazie al quale il sorriso o la risata permettono di aprire ciò che si credeva chiuso. Affrontare i cammini della conoscenza come fossero giochi che non bisogna prendere troppo sul serio è la garanzia più sicura della serietà della conoscenza". (Henry Altan)"Non conosco altro modo più serio di affrontare i problemi della vita che non sia il gioco".(Friedrich W. Nietzsche)"A giocare s'impara meglio da bambini. Da adulti s' impara al massimo come non farlo". (J. Hagedorn) "Il tempo è un fanciullo che gioca". (Eraclito) "L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare". (Gorge Bernard Shaw) "Il bambino possiede dei tesori di energia, basta non portargli via la chiave che gli permette di appropriarsene. Questa chiave è l'interesse, è il gioco". (Edouard Claparède) Mari Veronica della redazione
Premi la freccetta a sinistra e regola il volume"L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare".(Gorge Bernard Shaw)AI TEMPI DEL GRECICome si divertivano i ragazzi di duemila anni fa? Come giocavano i bambini di ieri? I bambini, greci e romani, conoscevano la palla, giocavano a moscacieca o con le monete? E quale atteggiamento assumevano gli adulti, di allora, nei confronti dell’attività ludica?Ho cercato, attraverso un meticoloso lavoro di ricerca e attraverso la consultazione dei testi sacri sull’argomento, di dare una risposta a questi interrogativi mettendo in evidenza, anche, il modo di divertirsi d’intere generazioni che si sono avvicendate sul palcoscenico della storia.Questo lavoro di ricostruzione storica dimostra come nell’ “espressione gioco”, accanto all’elemento ricreativo, culturale e pedagogico, dimori un profondo valore storico e antropologico.L’attività ludica dei bambini greci si esprimeva all’interno della famiglia, le bambine giocavano con le bambole, i maschietti con la palla, con il cerchio, con l’arco e si cimentavano nella corsa e nella lotta, praticavano il tiro alla fune, l’altalena, il gioco della settimana e la trottola che chiamavano “strombos”. I Greci, tuttavia, tenevano il gioco ai margini della vita sociale, così come veniva considerato lo stesso bambino fino a sette anni: marginale e poco importante. Non mancano, comunque, testimonianze d’autorevoli personaggi che misero in evidenza la grande importanza della pratica ludica per il bambino in giovanissima età. Lo stesso Platone riteneva che il gioco fosse utilissimo per la formazione dell’infante (Gioco educatore), in special modo quelle attività svolte in gruppo e che privilegiavano il movimento fisico e l’integrazione maschio-femmina; il tutto doveva avvenire, naturalmente, sotto il controllo dei grandi.AI TEMPI DEI ROMANII bambini romani, invece, come ci testimoniano Orazio, Marziale, Cicerone, praticavano molti di quei giochi che, a distanza di oltre duemila anni sono pervenuti a noi. Giocavano, spesso insieme agli adulti, a ‘Par imparar’ (Pari o Dispari) , ‘Caput et navis’ (Testa o croce), al tiro al bersaglio, a moscacieca, con i birilli, a nascondino, con la corda, con la trottola (turbo); amavano far trascinare un carretto da un topo, amavano cavalcare una canna, facevano il girotondo, costruivano aquiloni…,si cimentavano nel tiro alla fune, nel gioco della morra (micare digitis), con gli astragali e le bambine giocavano con le bambole. I giovani romani praticavano, inoltre, molti giochi con le noci, e questo fatto era così frequente ed usuale che si usava indicare il periodo dell’abbandono dell’infanzia proprio con il termine “Lasciare il gioco delle noci”.NEL MEDIOEVOinvece, sia i giochi degli adulti che quelli dei bambini venivano contrastati, limitati, additati come attività pericolose. Questo atteggiamento era determinato dal fatto che la Chiesa considerava i giochi come oggetti demoniaci, fatti apposta per distogliere l’attenzione del credente dal pensiero di Dio e dalle preghiere” (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).Si deve arrivare verso la fine del Quattrocento per trovare un atteggiamento più tollerante verso il gioco. Non si accettavano, assolutamente, i giochi d’azzardo ma, si cominciava ad ammettere l’utilità di praticarne alcuni, come i giochi di corsa o di salto, considerati non pericolosi, comunque qualsiasi attività ludica doveva avvenire sotto il controllo degli adulti che dovevano guidare il gioco rendendolo ‘morale’.Clicca sulla foto a lato e vai nel sito dove è stato attinto il testo seguente.UMANESIMO E RINASCIMENTOIl dibattito sull’utilità del gioco prosegue per tutto l’Umanesimo e il Rinascimento. Bisogna attendere, l’Età moderna, tuttavia, per vedere attribuite al gioco una soddisfacente dignità e una favorevole attenzione.IL SETTECENTOIl Settecento è, probabilmente, il momento più alto di questo rinnovamento, un’epoca nella quale si viene sviluppando una pedagogia orientata ai valori sociali e civili; dove si viene precisando una cultura meno intessuta di morale religiosa e più aperta al cambiamento ed al rinnovamento. E’ il periodo nel quale si diffonde un modello di educazione più aperta e democratica, meno legata ai pregiudizi e alle tradizioni, più attenta alla formazione globale dell’educando, più rispettosa delle esigenze e delle esperienze dei bambini. Non a caso troviamo in questo periodo vari tentativi di collegare la scuola al gioco, la cultura degli adulti a quella dei bambini (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).I NOSTRI TEMPICon l’avvento della società industriale e con l’arrivo del consumo di massa, quindi con lo sviluppo dell’industria dei giocattoli anche il modo di divertirsi comincia a cambiare, non più giochi e giocattoli auto-costruiti con regole auto-elaborate, ma giocattoli prefabbricati, imposti, senz’anima, con il risultato di espropriare il bambino dell’azione della manipolazione delle cose e della progettazione dell’intera struttura ludica. Questo lavoro di ricerca risulta ancora più importante perché proposto in un periodo dove con troppa facilità si sta tentando di cancellare la propria storia culturale e materiale.Dice il prof. Franco Frabboni, dell’università di Bologna: “Se dovessero scomparire la cultura e la memoria di giochi del passato, dei repertori ludici di marca “antropologica” strettamente legati ai linguaggi, alle culture, alle assiologie delle singole comunità sociali, allora si potrebbero suonare le “campane a morto” per il pianeta infanzia. Perché con la cultura del gioco scomparirebbe anche il bambino, sempre più espropriato, derubato, scorticato del suo mondo di cose e di valori e costretto a specchiarsi in culture non sue: prefabbricate, surgelate, imposte surrettiziamente dal mercato industriale”.LE CITAZIONI SUI GIOCHI NATURALI DI UNA VOLTA:I bambini trovano il tutto nel nulla, gli adulti il nulla nel tutto.Giacomo LeopardiScopri di più su una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione". (Platone)"Quando il gioco origina bellezza, implicito è il suo valore per la cultura. Quanto più il gioco è atto ad elevare il clima vitale dell'individuo o del gruppo,tanto più intensamente si risolve in cultura". (Johan Huizinga)"Il viatico più sicuro lungo questi cammini tortuosi è ancora lo humour della conoscenza, quella grazie al quale il sorriso o la risata permettono di aprire ciò che si credeva chiuso. Affrontare i cammini della conoscenza come fossero giochi che non bisogna prendere troppo sul serio è la garanzia più sicura della serietà della conoscenza". (Henry Altan)"Non conosco altro modo più serio di affrontare i problemi della vita che non sia il gioco".(Friedrich W. Nietzsche)"A giocare s'impara meglio da bambini. Da adulti s' impara al massimo come non farlo". (J. Hagedorn) "Il tempo è un fanciullo che gioca". (Eraclito) "L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare". (Gorge Bernard Shaw) "Il bambino possiede dei tesori di energia, basta non portargli via la chiave che gli permette di appropriarsene. Questa chiave è l'interesse, è il gioco". (Edouard Claparède) Mari Veronica della redazione
"L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare".(Gorge Bernard Shaw)AI TEMPI DEL GRECICome si divertivano i ragazzi di duemila anni fa? Come giocavano i bambini di ieri? I bambini, greci e romani, conoscevano la palla, giocavano a moscacieca o con le monete? E quale atteggiamento assumevano gli adulti, di allora, nei confronti dell’attività ludica?Ho cercato, attraverso un meticoloso lavoro di ricerca e attraverso la consultazione dei testi sacri sull’argomento, di dare una risposta a questi interrogativi mettendo in evidenza, anche, il modo di divertirsi d’intere generazioni che si sono avvicendate sul palcoscenico della storia.Questo lavoro di ricostruzione storica dimostra come nell’ “espressione gioco”, accanto all’elemento ricreativo, culturale e pedagogico, dimori un profondo valore storico e antropologico.L’attività ludica dei bambini greci si esprimeva all’interno della famiglia, le bambine giocavano con le bambole, i maschietti con la palla, con il cerchio, con l’arco e si cimentavano nella corsa e nella lotta, praticavano il tiro alla fune, l’altalena, il gioco della settimana e la trottola che chiamavano “strombos”. I Greci, tuttavia, tenevano il gioco ai margini della vita sociale, così come veniva considerato lo stesso bambino fino a sette anni: marginale e poco importante. Non mancano, comunque, testimonianze d’autorevoli personaggi che misero in evidenza la grande importanza della pratica ludica per il bambino in giovanissima età. Lo stesso Platone riteneva che il gioco fosse utilissimo per la formazione dell’infante (Gioco educatore), in special modo quelle attività svolte in gruppo e che privilegiavano il movimento fisico e l’integrazione maschio-femmina; il tutto doveva avvenire, naturalmente, sotto il controllo dei grandi.AI TEMPI DEI ROMANII bambini romani, invece, come ci testimoniano Orazio, Marziale, Cicerone, praticavano molti di quei giochi che, a distanza di oltre duemila anni sono pervenuti a noi. Giocavano, spesso insieme agli adulti, a ‘Par imparar’ (Pari o Dispari) , ‘Caput et navis’ (Testa o croce), al tiro al bersaglio, a moscacieca, con i birilli, a nascondino, con la corda, con la trottola (turbo); amavano far trascinare un carretto da un topo, amavano cavalcare una canna, facevano il girotondo, costruivano aquiloni…,si cimentavano nel tiro alla fune, nel gioco della morra (micare digitis), con gli astragali e le bambine giocavano con le bambole. I giovani romani praticavano, inoltre, molti giochi con le noci, e questo fatto era così frequente ed usuale che si usava indicare il periodo dell’abbandono dell’infanzia proprio con il termine “Lasciare il gioco delle noci”.NEL MEDIOEVOinvece, sia i giochi degli adulti che quelli dei bambini venivano contrastati, limitati, additati come attività pericolose. Questo atteggiamento era determinato dal fatto che la Chiesa considerava i giochi come oggetti demoniaci, fatti apposta per distogliere l’attenzione del credente dal pensiero di Dio e dalle preghiere” (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).Si deve arrivare verso la fine del Quattrocento per trovare un atteggiamento più tollerante verso il gioco. Non si accettavano, assolutamente, i giochi d’azzardo ma, si cominciava ad ammettere l’utilità di praticarne alcuni, come i giochi di corsa o di salto, considerati non pericolosi, comunque qualsiasi attività ludica doveva avvenire sotto il controllo degli adulti che dovevano guidare il gioco rendendolo ‘morale’.Clicca sulla foto a lato e vai nel sito dove è stato attinto il testo seguente.UMANESIMO E RINASCIMENTOIl dibattito sull’utilità del gioco prosegue per tutto l’Umanesimo e il Rinascimento. Bisogna attendere, l’Età moderna, tuttavia, per vedere attribuite al gioco una soddisfacente dignità e una favorevole attenzione.IL SETTECENTOIl Settecento è, probabilmente, il momento più alto di questo rinnovamento, un’epoca nella quale si viene sviluppando una pedagogia orientata ai valori sociali e civili; dove si viene precisando una cultura meno intessuta di morale religiosa e più aperta al cambiamento ed al rinnovamento. E’ il periodo nel quale si diffonde un modello di educazione più aperta e democratica, meno legata ai pregiudizi e alle tradizioni, più attenta alla formazione globale dell’educando, più rispettosa delle esigenze e delle esperienze dei bambini. Non a caso troviamo in questo periodo vari tentativi di collegare la scuola al gioco, la cultura degli adulti a quella dei bambini (G. Straccioli “Il gioco e il giocare”).I NOSTRI TEMPICon l’avvento della società industriale e con l’arrivo del consumo di massa, quindi con lo sviluppo dell’industria dei giocattoli anche il modo di divertirsi comincia a cambiare, non più giochi e giocattoli auto-costruiti con regole auto-elaborate, ma giocattoli prefabbricati, imposti, senz’anima, con il risultato di espropriare il bambino dell’azione della manipolazione delle cose e della progettazione dell’intera struttura ludica. Questo lavoro di ricerca risulta ancora più importante perché proposto in un periodo dove con troppa facilità si sta tentando di cancellare la propria storia culturale e materiale.Dice il prof. Franco Frabboni, dell’università di Bologna: “Se dovessero scomparire la cultura e la memoria di giochi del passato, dei repertori ludici di marca “antropologica” strettamente legati ai linguaggi, alle culture, alle assiologie delle singole comunità sociali, allora si potrebbero suonare le “campane a morto” per il pianeta infanzia. Perché con la cultura del gioco scomparirebbe anche il bambino, sempre più espropriato, derubato, scorticato del suo mondo di cose e di valori e costretto a specchiarsi in culture non sue: prefabbricate, surgelate, imposte surrettiziamente dal mercato industriale”.LE CITAZIONI SUI GIOCHI NATURALI DI UNA VOLTA:I bambini trovano il tutto nel nulla, gli adulti il nulla nel tutto.Giacomo LeopardiScopri di più su una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione". (Platone)"Quando il gioco origina bellezza, implicito è il suo valore per la cultura. Quanto più il gioco è atto ad elevare il clima vitale dell'individuo o del gruppo,tanto più intensamente si risolve in cultura". (Johan Huizinga)"Il viatico più sicuro lungo questi cammini tortuosi è ancora lo humour della conoscenza, quella grazie al quale il sorriso o la risata permettono di aprire ciò che si credeva chiuso. Affrontare i cammini della conoscenza come fossero giochi che non bisogna prendere troppo sul serio è la garanzia più sicura della serietà della conoscenza". (Henry Altan)"Non conosco altro modo più serio di affrontare i problemi della vita che non sia il gioco".(Friedrich W. Nietzsche)"A giocare s'impara meglio da bambini. Da adulti s' impara al massimo come non farlo". (J. Hagedorn) "Il tempo è un fanciullo che gioca". (Eraclito) "L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare". (Gorge Bernard Shaw) "Il bambino possiede dei tesori di energia, basta non portargli via la chiave che gli permette di appropriarsene. Questa chiave è l'interesse, è il gioco". (Edouard Claparède) Mari Veronica della redazione
I GIOCHI DEI NOSTRI NONNI ANNI 30-50Clicca la foto a lato e leggerai un intressante trattato sui giochi antichi dei nostri nonni. CLAUDIO STERPI oggi risiede a Roma dov'è nato nel 1929. È membro dell'"Accademia dei Disuniti" di Orte e componente del Gruppo della Ricerca di Ateneo per l'Università "La Sapienza" di Roma.È presidente del "Comitato Promotore del Rione Borgo", e socio dell'"Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali". Inoltre, è uno dei fondatori dell'Accademia Trilussiana e socio del "Centro Romanesco Trilussa", del quale è stato presidente.Collaboratore di radio, giornali, riviste e Associazioni culturali romane. Ha pubblicato "Una favola chiamata Roma", un libro giunto alla terza edizione ed è autore dei testi del volume fotografico "Roma ... un'emozione" dell'editoreFranco Garassino, Roma 2003. L'ultima sua fatica ha per: titolo "Onomastica di Roma, tra l'ufficialità e l'arguzia popolare", Roma, 2004.È coautore di "Anno Santo Giubileo MCMLXXV", Ed. d'Arte O.P.I., Milano, 1974; "San Sisto Vecchio a Porta Capena", ed. S. Sisto Vecchio, 1975; "Il Passetto e il suo Borgo" del 1990 e "Il Passetto e il suo Borgo in 125 fotod'epoca" del 1997, questi due ultimi volumi editi dal "Comitato Promotore del Rione Borgo".Ha partecipato alla stesura dell'antologia "Mestieri e mestieracci nella poesia romanesca, dal '600 ai nostri giorni" curata da Giorgio Roberti, edita nel 1994.Nel 1995 ha pubblicato il poemetto in ottave romanesche "Ciceruacchio", dedicato al valoroso patriota romano Angelo Brunetti.Nel 1998 ha dato alle stampe "Dal ponentino alla tramontana", poesie in dialetto romanesco e nel 2002 "Er pallonario", un volumetto scherzoso in epigrammi romaneschi, dedicato al Gioco del Calcio. Ultimamente, una piccola antologia di poesie romanesche, dedicate agli sport più vari.QUI ALTRO DEL PROF. CLAUDIO STERPI
Clicca la foto a lato e leggerai un intressante trattato sui giochi antichi dei nostri nonni. CLAUDIO STERPI oggi risiede a Roma dov'è nato nel 1929. È membro dell'"Accademia dei Disuniti" di Orte e componente del Gruppo della Ricerca di Ateneo per l'Università "La Sapienza" di Roma.È presidente del "Comitato Promotore del Rione Borgo", e socio dell'"Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali". Inoltre, è uno dei fondatori dell'Accademia Trilussiana e socio del "Centro Romanesco Trilussa", del quale è stato presidente.Collaboratore di radio, giornali, riviste e Associazioni culturali romane. Ha pubblicato "Una favola chiamata Roma", un libro giunto alla terza edizione ed è autore dei testi del volume fotografico "Roma ... un'emozione" dell'editoreFranco Garassino, Roma 2003. L'ultima sua fatica ha per: titolo "Onomastica di Roma, tra l'ufficialità e l'arguzia popolare", Roma, 2004.È coautore di "Anno Santo Giubileo MCMLXXV", Ed. d'Arte O.P.I., Milano, 1974; "San Sisto Vecchio a Porta Capena", ed. S. Sisto Vecchio, 1975; "Il Passetto e il suo Borgo" del 1990 e "Il Passetto e il suo Borgo in 125 fotod'epoca" del 1997, questi due ultimi volumi editi dal "Comitato Promotore del Rione Borgo".Ha partecipato alla stesura dell'antologia "Mestieri e mestieracci nella poesia romanesca, dal '600 ai nostri giorni" curata da Giorgio Roberti, edita nel 1994.Nel 1995 ha pubblicato il poemetto in ottave romanesche "Ciceruacchio", dedicato al valoroso patriota romano Angelo Brunetti.Nel 1998 ha dato alle stampe "Dal ponentino alla tramontana", poesie in dialetto romanesco e nel 2002 "Er pallonario", un volumetto scherzoso in epigrammi romaneschi, dedicato al Gioco del Calcio. Ultimamente, una piccola antologia di poesie romanesche, dedicate agli sport più vari.QUI ALTRO DEL PROF. CLAUDIO STERPI
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