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LA TEMPESTA MANCATAPigia la freccia per l'ascolto, regola il volume. Una meravigliosa interpretazione coro e orchestraRaccontoNel raccolto spiazzo due panchine di legno, affiancate di fronte ad altre due, delineavano il sito ghiaiato, sul quale tre querce spandevano la loro ombra e le foglie stormivano al vento ed incalzava il temporale. Giulio ne valutava attento i segni e ne aspettava i rovesci. Il caldo era repentinamente calato, tuonava di continuo, mentre a vista scuriva. e i lampi ragnavano l’orizzonte.Come l’avvento gli parve prossimo, Giulio s’alzò dalla panchina, raggiunse la vicina costruzione e scavalcò senza sforzo l’inferriata del terrazzino, superiore solo d’un buon gradino rispetto al livello del prato. Data, quindi, una sbirciata a quanto accadeva nella camera, sedette, le spalle al muro, su una delle sedie, disposte attorno al tavolino tondo di ferro smaltato, coperto da un’incerata azzurra a nuvolette bianche.Il prato era sparso d’arbusti, potati a forma di solidi geometrici, e di gruppi d’alberi; lo tagliava una rete di decisi sentieri, ai margini dei quali erano ordinate aiuole con rose, tulipani ed altri fiori ed ancora panchine per i convalescenti e i visitatori; un prato ben tenuto e amplissimo, delimitato da boschi lontani e, da una parte, dagli estesi edifici del complesso ospedaliero, e nel vasto spazio sorgevano i padiglioni della Kinderklinik (1).Ninì parlava e giocava con la mamma; e con la nonna e la giovane zia, ch’erano, con nonno Giulio, venute a visitarla e le avevano recato in dono una maglietta. Ella smaniava dalla voglia di provarsela, ma ne era impedita dall’apparato flebo. Cominciò ad innervosirsi, a questo, e finì con l’irritarsi, quando scorse la zietta avvicinarsi all’olandesina che, in giro turistico con i genitori per il Germania, era stata quasi soffocata da un attacco d’asma e, pertanto, ricoverata d’urgenza. La zia giocava con la bimba bionda bionda bionda, che sbarrava gli occhioni di cielo nel mirare quelle teste scure, cercando di darsi ragione della loro rara presenza, e nell’udire l’insolito parlare. Prese, allora, Ninì, per gelosa ripicca, a chiamare il nonno; e Giulio corse dalla nipotina; che lo abbracciava con mille moine, ch’era smorfiosetta. Il nonno le morsicava i piedini e lei rideva e tirava calcetti e si ritraeva; ed intanto già dalla mattina la febbre era scemata, non più così bruciante come durante il pomeriggio precedente, afoso, terribile con i suoi quaranta gradi e nessuno dei medici riusciva a capire cosa avesse la piccola, inquieta, si, vivace, ma come ubriaca per il calore interno ed esterno. Avevano tentato con lenzuola bagnate attorno alle gambe, nella speranza di rintuzzare la febbraccia, ma con stenti risultati; e bisognava che attendessero l’esito delle analisi per imbroccare la cura. Ora procedevano coi palliativi: pezzuole fresche sulla fronte, una suppostina, la fleboclisi.Le fronde, dopo una breve pausa, ripresero d’improvviso a frusciare al vento, che rafforzava, opponendovisi con tutta la loro massa, al punto che pareva dovessero staccarsi d’un colpo dai rami e stracciarsi; e i tuoni s’annunciarono fragorosi, seguendo al folgorar dei lampi, che illuminavano di continuo la nuvolaglia nera, bassa sulla vegetazione; ma ancora non pioveva.Dal terrazzino Giulio osservava, intanto, attraverso i vetri, la sopravvenuta infermiera adoperarsi con le altre donne attorno alle piccole pazienti; e tendeva orecchio all’urlio della natura scatenata ed alle voci allarmate, provenienti dalle camere attigue. L’edificio era basso, un pian terreno, stanze capaci in fila dietro i terrazzini sghembi e incassati nella costruzione e, pertanto, in qualche modo riparati. Pensò che l’ululo della bufera, quello estremo frusciare di fronde, frustate dal vento imperioso, nel largo proscenio del parco, il torcersi dei rami, il flettersi degli alberi, fossero già uditi e già veduti da altra gente e che forse per taluni era rappresentato l’ultimo fondale: altri, una volta guariti, s’erano sottratti ai ricordi d’ospedali in parchi asettici, di malattie, di convalescenze.La tempesta, che s’era avvicinata, ch’era ormai su di lui, mutò improvvisamente fronte; e si quietò il vento, fluì lontano. Ristette il fogliame martoriato, ormai scuro nella sera, subito per Giulio rassicurante presagio sull’esito dell’indisposizione della nipotina.Si volse, allora, ad altro. La coscienza, che avvertiva di sé, sempre sollecitamente affiorante nei casi d’emergenza, prese a dissolversi nel rincorrere, precorrere il tempo; nell’abbandonarsi a una singolare dimensione, che lo portava, ogni qualvolta potesse assentarsi dalla pratica esistenziale, solitario, assai, assai lontano.Vito d’Adamo(1) Kinderklinik – Reparto ospedaliero, riservato ai bambini. ______________________________Plaudo all'apertura della biblioreca "Enzo Aprea". Auguri. Non mi attenevo di meno dai miei "corallini".Sub: ID 7617 (Varie da Nonnovito) c'è una richiesta per Salvatore Argenziano.Nessuno si riconosce nelle foto di gruppo, che invio? W sempre il conrainterventi!Buona domenica a tutti da NONNOVITO.Vito D'Adamo, torrese dalla Germania
RaccontoNel raccolto spiazzo due panchine di legno, affiancate di fronte ad altre due, delineavano il sito ghiaiato, sul quale tre querce spandevano la loro ombra e le foglie stormivano al vento ed incalzava il temporale. Giulio ne valutava attento i segni e ne aspettava i rovesci. Il caldo era repentinamente calato, tuonava di continuo, mentre a vista scuriva. e i lampi ragnavano l’orizzonte.Come l’avvento gli parve prossimo, Giulio s’alzò dalla panchina, raggiunse la vicina costruzione e scavalcò senza sforzo l’inferriata del terrazzino, superiore solo d’un buon gradino rispetto al livello del prato. Data, quindi, una sbirciata a quanto accadeva nella camera, sedette, le spalle al muro, su una delle sedie, disposte attorno al tavolino tondo di ferro smaltato, coperto da un’incerata azzurra a nuvolette bianche.Il prato era sparso d’arbusti, potati a forma di solidi geometrici, e di gruppi d’alberi; lo tagliava una rete di decisi sentieri, ai margini dei quali erano ordinate aiuole con rose, tulipani ed altri fiori ed ancora panchine per i convalescenti e i visitatori; un prato ben tenuto e amplissimo, delimitato da boschi lontani e, da una parte, dagli estesi edifici del complesso ospedaliero, e nel vasto spazio sorgevano i padiglioni della Kinderklinik (1).Ninì parlava e giocava con la mamma; e con la nonna e la giovane zia, ch’erano, con nonno Giulio, venute a visitarla e le avevano recato in dono una maglietta. Ella smaniava dalla voglia di provarsela, ma ne era impedita dall’apparato flebo. Cominciò ad innervosirsi, a questo, e finì con l’irritarsi, quando scorse la zietta avvicinarsi all’olandesina che, in giro turistico con i genitori per il Germania, era stata quasi soffocata da un attacco d’asma e, pertanto, ricoverata d’urgenza. La zia giocava con la bimba bionda bionda bionda, che sbarrava gli occhioni di cielo nel mirare quelle teste scure, cercando di darsi ragione della loro rara presenza, e nell’udire l’insolito parlare. Prese, allora, Ninì, per gelosa ripicca, a chiamare il nonno; e Giulio corse dalla nipotina; che lo abbracciava con mille moine, ch’era smorfiosetta. Il nonno le morsicava i piedini e lei rideva e tirava calcetti e si ritraeva; ed intanto già dalla mattina la febbre era scemata, non più così bruciante come durante il pomeriggio precedente, afoso, terribile con i suoi quaranta gradi e nessuno dei medici riusciva a capire cosa avesse la piccola, inquieta, si, vivace, ma come ubriaca per il calore interno ed esterno. Avevano tentato con lenzuola bagnate attorno alle gambe, nella speranza di rintuzzare la febbraccia, ma con stenti risultati; e bisognava che attendessero l’esito delle analisi per imbroccare la cura. Ora procedevano coi palliativi: pezzuole fresche sulla fronte, una suppostina, la fleboclisi.Le fronde, dopo una breve pausa, ripresero d’improvviso a frusciare al vento, che rafforzava, opponendovisi con tutta la loro massa, al punto che pareva dovessero staccarsi d’un colpo dai rami e stracciarsi; e i tuoni s’annunciarono fragorosi, seguendo al folgorar dei lampi, che illuminavano di continuo la nuvolaglia nera, bassa sulla vegetazione; ma ancora non pioveva.Dal terrazzino Giulio osservava, intanto, attraverso i vetri, la sopravvenuta infermiera adoperarsi con le altre donne attorno alle piccole pazienti; e tendeva orecchio all’urlio della natura scatenata ed alle voci allarmate, provenienti dalle camere attigue. L’edificio era basso, un pian terreno, stanze capaci in fila dietro i terrazzini sghembi e incassati nella costruzione e, pertanto, in qualche modo riparati. Pensò che l’ululo della bufera, quello estremo frusciare di fronde, frustate dal vento imperioso, nel largo proscenio del parco, il torcersi dei rami, il flettersi degli alberi, fossero già uditi e già veduti da altra gente e che forse per taluni era rappresentato l’ultimo fondale: altri, una volta guariti, s’erano sottratti ai ricordi d’ospedali in parchi asettici, di malattie, di convalescenze.La tempesta, che s’era avvicinata, ch’era ormai su di lui, mutò improvvisamente fronte; e si quietò il vento, fluì lontano. Ristette il fogliame martoriato, ormai scuro nella sera, subito per Giulio rassicurante presagio sull’esito dell’indisposizione della nipotina.Si volse, allora, ad altro. La coscienza, che avvertiva di sé, sempre sollecitamente affiorante nei casi d’emergenza, prese a dissolversi nel rincorrere, precorrere il tempo; nell’abbandonarsi a una singolare dimensione, che lo portava, ogni qualvolta potesse assentarsi dalla pratica esistenziale, solitario, assai, assai lontano.Vito d’Adamo(1) Kinderklinik – Reparto ospedaliero, riservato ai bambini. ______________________________Plaudo all'apertura della biblioreca "Enzo Aprea". Auguri. Non mi attenevo di meno dai miei "corallini".Sub: ID 7617 (Varie da Nonnovito) c'è una richiesta per Salvatore Argenziano.Nessuno si riconosce nelle foto di gruppo, che invio? W sempre il conrainterventi!Buona domenica a tutti da NONNOVITO.Vito D'Adamo, torrese dalla Germania
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