DIALETTI CAMPANI

Necessita proporre una differenza tra il dialetto partenopeo, di Napoli città, e i dialetti provinciali, i quali riflettono sì il modello originale, ma con molte metamorfosi fonetiche e varianti morfologiche.
In provincia sono di interesse linguistico i dialetti dittongali (per esempio il torrese di Torre Annunziata e dintorni e il puteolano). In queste parlate le vocali, per un attimo (per un solo attimo) si sdoppiano in dittonghi e vengono pronunciate con cadenza flaccida e strascicata (Es. comme, camme; senza, saenzae; amore, ammaorae; cesso, ciaesseo; sete, saete; songo, saongheo; avevo, alaevao, ecc.)
Il fenomeno linguistico fu registrato e sviscerato da Procopio da Cesarea, storiografo del VI secolo d.C., il quale descrivendo la battaglia decisiva tra Goti e Bizantini (anno 553) affermò che i primi si erano attestati presso Stabia, sulle pendici del monte Lattaio (inesistente in quel luogo).
E’ tutta la penisola sorrentina, infatti, che prende il nome di Lattari. Egli aveva frainteso Lattaro con Lettere (dove posero il campo i Goti): nel posto Lettere si pronuncia per l’appunto Laettaerae, così che s’ingenerò l’equivoco.
I dialetti di Avellino e provincia, di Benevento e provincia, di Caserta e provincia, di Salerno e provincia richiedono un esame a parte. Mentre il dialetto partenopeo rimane il campano letterario della regione, quelli appena citati prendono le mosse da una famiglia linguistica preromana, che risale all’osco.



Dott. Francesco Penza

Sempre i sentiti complimenti per coloro che lavorano disinteressatamente per Torre del Greco allo scopo di esaltarne i valori e le tradizioni. Buoni i contenuti, buona l'articolazione del materiale secondo il metodo multimediale.
Ad agosto starò a Torre. Massimo