L’AMICIZIA E' UN'UTOPIA.
Peggiore in e con Internet
QUESTO E' IL TESTO SCRITTO DA LUIGI MARI L’AMICIZIA è stata ancora più compromessa con l'avvento della rete. Tutti noi intellettuali veri, ma spesso presunti o pseudo, una volta da dopolavoro comunale, oggi mirmicolanti moscerini di internet pensiamo che il proprio sito sia il migliore del mondo tra i miliardi di siti in rete. Oggi esce dalla mischia chi pubblica con perizia o furbizia un cartaceo, ma non sa che la gente non lo leggerà mai, specie se "culturale" e specie in Italia, al quarto posto nella classifica europeea dei lettori. Una volta migliaia di scrittori e miliardi di lettori, oggi miliardi di scrittori e migliaia di lettori. Il cartaceo era dispendioso, la tastiera no. Ma le tastiere, come quella del pianoforte vanno usate con maestria e non strimpellate. Ciò ha compromesso la valentìa, anche nell’associazionismo d'elite e ha esasperato l’individualismo isolando ciascun "artista" dietro uno scudo chiamato monitor, consolidando l’utopia dell’amicizia a causa delle misure di capacità riconosciute da noi stessi, anche se ostentate in maniera compulsiva e illusoria. Mai come adesso i rapporti di amicizia si allacciano per complicità, cioè una forma di strumentalizzazione dell’altro, per soddisfare il proprio egoismo e la propria avidità. E quando la complicità cessa, l’amicizia svanisce, come diceva Reverdy. Tutti ci lamentano perché gli amici veri non esistono. Noi ci lamentiamo degli altri, e gli altri si lamentano di noi. Questo significa che l’amicizia, sebbene ardentemente desiderata, è contraria alla natura umana o almeno accade in casi straordinariamente eccezionali. Per nostra natura gli uomini siamo dominati da due passioni prepotenti: l’egoismo per se stessi e l’invidia verso gli altri. Ci danniamo perché “gli amici”
| non ammirano il nostro potere espressivo che è dannatamente oggettivo, e ci rodiamo il fegato subendo il lavoro degli altri quasi sempre migliore del nostro, visto la pluralità di materia espressiva. Così subiamo e buttiamo zavorra nella rete Internet come pesci morti che nessuno li cerca. Senza voler accennare ai "falsi amici" linguistici (ossia uso improprio di lemmi o frasi con somiglianza morfologica o fonetica ai "fratelli" stranieri usati impropriamente; i testi con assenza totale di creatività; lo stile assente, la scopiazzatura detta ricerca libresca di parametro didattico da scuola dell'obbligo. Ma queste “passioni”, come l’avidità e il protagonismo psicologico che sfociano nell’invidia, che veramente muovono il mondo, sono l’opposto dell’amicizia, la quale richiederebbe altruismo e generosità e vera collaborazione secondo un senso etico e morale classico, ma quasi utopico. Dunque L'intellighentzia locale non forgia amicizia. La sindrome del primo della classe stroppia i rapporti. Noi uomini per appagare i nostri bisogni o desideri, o per superare le nostre difficoltà abbiamo bisogno di un altro, ma non vogliamo che egli capisca che lo vogliamo usare per complicità o connivenza. Chiamiamo amicizia una società di interessi, uno scambio di bisogni infermi, un commercio spirituale deleterio, insomma, in cui la propria avidità è imperante per nostra natura; gli uomini siamo dominati da due passioni prepotenti: l’egoismo per se stessi e l’invidia verso gli altri. Ci danniamo perché “gli amici” non ammirano il nostro potere espressivo che è dannatamente oggettivo e insipido, e ci rodiamo il fegato subendo il lavoro degli altri quasi sempre migliore del nostro, pur se quasi dempre mediocre vista la pluralità di materia espressiva. La propria avidità spera di potere sopraffare e prevaricare a tutti i costi senza riuscirci, allo scopo di appagare il principale problema esistenziale dell’uomo, la consapevolezza psicologicamente devastante del destino biologico di finibilità.
Luigi Mari
Luigi Mari
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