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Argomento presente: « D'URZO, CI SIAMO PURE NOI »
ID: 9727  Discussione: D'URZO, CI SIAMO PURE NOI

Autore: Peppe D'Urzo  - Email: Peppedurzo7@virgilio.it  - Scritto o aggiornato: mercoledì 8 gennaio 2014 Ore: 14:41



 
 

ID: 16111  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: mercoledì 8 gennaio 2014 Ore: 14:41

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ID: 15597  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: venerdì 22 marzo 2013 Ore: 00:56

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ID: 9736  Intervento da: Peppe D'Urzo  - Email: Peppedurzo7@virgilio.it  - Data: domenica 16 novembre 2008 Ore: 02:11




(RICORDI DI MIO PADRE BUONANIMA)
di Peppe D’Urzo

Nella foto a lato Crescenzo D’Urzo

Nello scrigno dei revival di famiglia, mi ha particolarmente colpito il ricordo di mio padre buonanima, Crescenzo D’Urzo in divisa da calciatore, facente parte della squadra del ”Real Incrociatore Pola”, datata 1938. Egli. classe 1911 partì militare arruolato di leva per la ferma di mesi 28 il 19 luglio 1935 come fuochista C.M. (Conduttore Macchine) nella Regia Marina Militare Italiana. Imbarcò sul R.I. Pola il 4 ottobre 1936 e si congedò il 4 marzo 1939. Entrato a far parte, dopo varie selezioni e provini (ed anche grazie ai trascorsi nell’U.S. Torrese – garante la tessera di appartenenza – squadra di calcio di Torre del Greco, prima della nascita della S.P. – Turris) della squadra militare-chcakiedd Pola (...e così la naja divenne più sopportabile!!!) che disputava il Campionato della Prima Squadra Navale (una probabile rappresentativa militare di oggi...).
Le gare si svolgevano, quando le navi erano ferme, nei principali porti militari italiani ed in special modo a La Spezia e Taranto con altre formazioni, quali: Zara, Fiume, Gorizia, Trento, Trieste, Bolzano, Garibaldi, Abruzzi, Vittorio Veneto, ecc.
Dei componenti della compagine del Pola (friulani, toscani, liguri e campani), papa ricordava solamente alcuni: Fiore, mezzala (di Torre Annunziata) e Bencivenga, attaccante (di Genova), ed inoltre una memorabile gara contro la Flotta inglese al campo militare di La Spezia (gremito come non mai...). Gli italiani giocarono una grande partita, opponendosi con grinta. Come benevola riconoscenza ebbero una licenza premio (ah, i miracoli dello sport!!!). Fin qui i fatti sportivi, ora quelli storici. La buonanima di mio padre partecipò col Pola (una delle più belle unità e vanto della Marina Militare) alla campagna in Spagna, ai convogli in Africa Orientale, a varie riviste ed esercitazioni (fra cui l’inaugurazione della strada litoranea libica con la presenza del Capo dello Stato, dal 10 al 22 marzo 1937.
Poi, il sospirato congedo...fra i gioiosi e commoventi saluti di chi doveva ancora rimanere...).

Nella foto a lato Monumento ai marinai d'Italia, in bronzo del 1947 in corso XXII Marzo a Milano

(E di li a poco, continuò da ”militarizzato” a servire la Patria, in quel dell’Arsenale a Taranto, imbarcato su rimorchiatori
L’incrociatore italiano continuò la sua attività bellica sino al... 28 marzo 1941, battaglia di Capo Matapan (Promontorium Taenarium, alla estremità meridionale del Peloponneso/Grecia), ove alle ore 22,30 la I divisione navale italiana, che navigava a nord dell’isola di Creta (la presenza delle navi italiane fu voluta da Supermarina per cercare di intralciare i rifornimenti copiosissimi che l’Inghilterra stava in quei giorni inviando dall’Egitto.
Doveva essere un’azione effettivamente compiuta per troncare i traffici inglesi in Grecia e conquistare soprattutto Creta punto strategico delle azioni offensive nel Mediterraneo Orientale), venne fulminata in soli tre minuti da una unità della Marina britannica.
Il Pola, bombardato da aerei della R.A.F., fu immobilizzato da un siluro ed affondò al tramonto. Colarono a picco lo Zara, il Fiume e i caccia di scorta Alfieri c Carducci; riuscirono ad allontanarsi e tornare alla base l’Oriani ed il Gioberti. Cinquemila marinai finirono in acqua e solo pochi di loro si salvarono...
Nella foto a lato l’Incrociatore pesante Pola della Regia Marina, appartenente alla classe Zara entrato in servizio nel 1932. Fu affondato durante la seconda guerra mondiale, nella battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941).

Dati generali del Pola Tioo: Incrociatore pesante italiano; Dislocamento: 14,360 mt.; Dimensioni: 182,8 mt. x 20,6 mt. x 7,2 mt. Propulsione:. Turbine, 2 eliche; Velocita max.: 32 nodi; Armamento principale: 8 cannoni da 203 mm.,16 da 100mm.; Corazzatura: verticale, max.150 mm., orizzontale, max.70 mm., artiglieria, max.150 mm., torrione, max.150 mm.; Ditta costruttrice: Odero Terni Orlando - Livorno; Data del varo: 5 dicembre 1931 a. X E. f.; Data entrata in servizio: 21 dicembre 1932 a. XI E.f..
Fra le tante cose care dell’ umana esistenza, il defunto mio genitore portava nel cuore sempre l’immagine del Pola come un ricordo/reliquiario molto adorato e nobile. Quando era ancora in vita (fino al luglio scorso) ne parlava con orgoglio ed in termini lusinghieri (avrebbe anche voluto incontrarsi con qualche componente dellla squadra di calcio, ritrarlo nella foto). Ora che riposa in pace, potrà ritrovare i vecchi amici, ricambiare i saluti e stringere la mano a chi, purtroppo, dovette ancora rimanere per la difesa della Patria...



D’Urzo Peppe della redazione


ID: 9728  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.it  - Data: giovedì 13 novembre 2008 Ore: 14:34

PEPPE D’URZO,
L’ANTROPOLOGO
CORALLINO

Peppe D'Urzo è un autore prolifico e singolare. Le sue ricerche sono incredibilmente analitiche, di introvabile valore didattico grazie allo loro forma estremamente divulgativa. I lavori che vengon fuori sono "ritratti" dove non sfugge nemmeno il particolare più minuto. Non solo. Mentre una foto ritrae tutto ciò che è visibile, presente, Peppe allarga ad estuario il suo pensiero ora sulla località, adesso sul personaggio, sempre nel tepore della memoria, in maniera tale da rendere inevitabile quel sapore poetico presente in tutte le reminiscenze. La Torre del Greco di Peppe è Durzo stesso! Come diceva di se Marotta: "la Napoli che racconto sono io, perché solo di me so qualcosa, se lo so".
Gli scritti di Peppe D'Urzo non ostentano analisi scelta, egli non adopera schiccherature mestieranti, dialettiche accattivanti per soggiogare e intimidire il lettore, sacrificando la notizia, il contenuto. Il testo, di primo acchito, va appena oltre la dimensione dell'annotazione, della cronaca, della storiografia lineare, ma la prosa è certamente straordinariamente ancorata al tessuto connettivo dei precordi, delle intense emozioni di un umanistico, fidente, franco passato, quello dei nostri nonni, lontani dai covoni bancari, dal pragmatismo e dall'asetticità.
I suoi racconti, dunque, i suoi "graffiti", le sue interviste celate e mimetizzate nel componimento aperto e spontaneo fuggono a tutti i costi l'artificiosità, ma scatenano l'emozione come le vecchie lettere degli emigranti intrise di quintessenze.
Un secondo aspetto, non meno prezioso, che quasi passa inosservato perché scontato persino per l'autore, è quello mimetico dei dialoghi, apparentemente inesistenti; ma soprattutto emerge la certosina fatica glottologica che spesso si estende sino alla

filologia, poiché la terminologia torrese antica vastissima e spesso sconosciuta, perché vetusta, è ricercata minuziosamente non solo nell'etimologia, ma nella storicità della coniatura.
Quasi un richiamo alla sperimentazione gaddo-pasoliniana del dopoguerra. Testi, quelli del D'Urzo, che, apparentemente lineari e illetterati nel senso artistico, (comunque privi di artificiosità di mestiere, con buona pace di Croce o di Flora) , si rivelano uno studio storico-aneddotico introvabile in tutti i suoi predecessori torresi.
Se si affonda nel substrato, intanto, si raccoglie, comunque, anche una prosa dove contenuti e forma sfiorano, sforano e ritornano in un candore narrativo, per così dire lirico, ispirato, ideale, fantasioso, anche se a tratti tremendamente crudo di realtà materiale e biologica, con eventi anche tragici: lutti, angosce, fusi immediatamente prima e dopo con esultanze, letizie, atti d'amore.
Ma come in ogni assimilazione letteraria molto dipende anche dalla soggettività del lettore, dal suo gusto, dalla sua preparazione culturale, dalla sua condizione emotiva, sociale, anagrafica infine.
E sono, senza dubbio, proprio atti d'amore dedicati alla sua cara Torre del Greco che Peppe d'Urzo compie, quasi religiosamente, nell'emozione più intensa e recondita, ogni volta che mette penna su carta. Ed egli ama Torre ogni ora, ogni giorno, da sempre; da quando, pargolo, d'estate, sentiva il tepore del nostro sole generoso sotto i plantari sullo scoglio francese, con le nari narcotizzate dagli aromi delle pietanze materne traboccanti d'amore e di benevolenza.
Solo un grande amore per le proprie mura, per la propria gente, giustifica la fatica immane che compie da anni, instancabile, insaziabile di storie e di fatti, di eventi e tradizioni.
Grazie, Peppe D'Urzo, grazie di amare così tanto la nostra città. Ti voglio bene. Spesso, quando ti leggo, mi fai quasi "ridere sotto gli occhi...".
Luigi Mari





Luigi Mari


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