ID: 983  Discussione: POESIE NEL FORUM

Autore: luigi mari  - Email: gigiomari@libero.it  - Scritto o aggiornato: venerdì 11 febbraio 2005 Ore: 14:58

Buonasera a tutti.

Mio stimato Aniello,
credevo di essere un valido poeta,
credevo di amare Torre come nessuno mai,
credevo di essese estremamente sensibile,
credevo di essere paziente,
credevo di essere costante,
credevo di essere incline al perdono,
credevo di essere delicato con le donne,
credevo di essere il migliore del forum,
credevo di svolgere il lavoro con solerzia,
credevo di avere una poliedrica rara cultura,
credevo di avere un fisico asciutto,
finché non ho conosciuto la Tua persona.
Credevo.

Dopo questa sentita, sincera, disinteressata e pubblica dichiarazione di affetto e di stima nonché di riconoscenza per Aniello Langella, ho voluto introdurre questa sezione per raccogliere versi dai torresi. Anche semplici, illetterari, senza metrica. purché ricchi di significato.
Aniello non è il leader, come dice Abbagnano, Aniello è il forum stesso. Ed è l'unico, anche nei momenti di stasi, a tener accesa la fiammella della parola. E' gentile, delicato, generoso, educato.

A 11 (undici) anni mi innamorai per la prima volta (amore, mo...) non fui corrisposto da una mia coetanea, insomma ella si rifiutò di fare la spesa per mamma insieme a me, dal salumiere sotto casa. L'indomani decisi di marinare la scuola e per simulare lo stato febbrile misi il termometro nella pentola coi ceci; ma mi si frantumò in mano. Piangendo scappai giù per le scale e mi rifugiai nel solito nascondiglio nell'androne del palazzo di Via Giuseppe Baneduce n, 6. E scrissi questa poesia:

Cu nu pugnale 'e carta i' te vuleva accidere,
e quanno aggio pruvato è gghiuta storta,
invece 'e chiagnere tu te si misa a rridere,
senza sentì' dulore, e nun si morta.
Nu pugnale d'acciato ce vularria,
pe' te fa bbuche bbuche a tutte parte,
e ammente se cunsuma 'a vita mia
a vendicarme sta 'o pugnale 'e carta.

Per anni, Donn'Antonio il salumiere "mi ha messo in croce" per la storia dei ceci, anche dopo la sua lunghissima malattia, sino alla fine. Mi vide nascere, non vi era dileggio nelle sua parole, ma un rurale e plebeo modo di scherzare, di prendere per i fondelli la vita.

Conservo ancora il foglietto della poesia che strappai "da mezzo alla spilla" di un quaderno a quadretti. E' ancora ondulato dalle lontane lagrime bambine del 1956.

L'altra mattina ero in auto con mia moglie per andare ad aprir bottega. Sbircio sul muro di Piazza Luigi Palomba un manifesto di lutto con quel nome e quel cognome di donna. Univoco, inequivocabile.

Luigi Mari