Martedì 23 marzo nella sala Benedetto Croce della
sede della Regione Campania di via Poli a Roma, è stato presentato
il saggio di Andrea Jelardi “Enrico De Nicola Il Presidente
galantuomo. Relatori: Vincenzo Siniscalchi, membro del Consiglio
Superiore della Magistratura; Antonio Ghirelli, giornalista e
storico; Gennaro Francione, magistrato e drammaturgo; Piero Antonio
Toma, giornalista e scrittore. Il volume ripercorre la straordinaria
vicenda umana, professionale di Enrico De Nicola. Abbiamo
intervistato Gennaro Francione.
Dott. Francione, ci fa una breve descrizione di questo libro
che avete presentato lo scorso martedì 23 Marzo?
Mi riporto alla presentazione ufficiale. Con uno stile
preciso e dettagliato, questo libro è un prezioso documento sulla
figura di quello che è stato il primo presidente della Repubblica
Italiana. Enrico De Nicola, nato a Napoli nel 1877, è ancora oggi un
esempio di trasparenza e onestà intellettuale. Un uomo che ha
attraversato interamente la storia nazionale, dagli esordi come
illustre giurista e avvocato, poi attraverso le anse del periodo
fascista, fino all’elezione a Capo dello Stato nel ’46, traghettando
l’Italia all’attuale modello di democrazia. Questo volume ci aiuta a
conoscere la vicenda dell’uomo, oltre che del politico, all’interno
della grande Storia. Un racconto scritto con arguzia e col gusto
dell’aneddotica, oltre che del rigore storico. Uno strumento
indispensabile per arricchire la conoscenza del nostro Paese, e di
uno dei suoi più importanti protagonisti
Chi e cosa è stato Enrico De Nicola per l’Italia?
Un raro esempio di politico integerrimo, equilibrato,
capace di mediare nei momenti più difficili della vita italiana.
Quale fu l’importanza del suo processo di mediazione in un
periodo storico di passaggio così delicato per l’Italia?
De Nicola seppe mantenere sempre l’equidistanza dagli
avvenimenti politici che attraversarono la sua vita (il fascismo, la
guerra, l’Italia della rinascita) il che gli consentì di essere
presente nei punti cruciali di trasformazione del paese. L’atto
simbolico più importante della sua carriera politica fu la firma
apposta al testo della Costituzione Italiana alla presenza di Alcide
de Gasperi e Umberto Terracini. Approvata con 453 voti a favore e
62 contro il 22 dicembre 1947, il 27 dicembre 1947, la Costituzione
fu promulgata da De Nicola, allora capo provvisorio dello Stato, per
poi entrare in vigore l'1 gennaio 1948.
Era particolarmente noto ed apprezzato per l’enorme onestà,
austerità dei costumi e correttezza: sono queste condizioni
necessarie per svolgere funzioni di comando importanti? Oggi se ne
vedono uomini con tali requisiti?
Oggi uomini di tale statura decisamente mancano. E’ il
sistema stesso che alimenta il mito del politico ricco, potente,
ineliminabile. Ciò contribuisce a creare la casta, fatta sempre
dagli stessi uomini che decidono, in un sistema oligarchico
pseudemocratico, le sorti del paese contro le spinte per una
megarotazione delle forze e delle persone insita nella Costituzione
firmata da De Nicola. In un periodo di leggi emanate in chiaro
conflitto d’interesse (lodo Alfano, legittimo impedimento,
prescrizione breve etc.) in quanto chi le crea è lo stesso
destinatario delle leggi stesse, ho immaginato una norma
costituzionale che preveda il conflitto d'interesse sommo: il
perdurare di una carica istituzionale e la rielezione. Questa norma
non è presente se non larvatamente nell'art. 51 della Cost. che
contempla l'accesso agli uffici pubblici di tutti in condizioni di
uguaglianza, vanificate dai potentati politici, economici ma
soprattutto dal permanere nelle cariche elevate sempre degli stessi
individui, sì da formare le deleterie caste. Orbene nella
noluntas politica di De Nicola, il quale più volte mostrò il
desiderio di tornare a fare solo l’avvocato e con forza fu sospinto
a tornare in politica, io vedo il modello di politico che, assunta
una carica temporaneamente e svoltala efficacamente sia pur con
modestia francescana, poi torna casa, a svolgere il suo lavoro di
prima.
Si dice che De Nicola sia stato in tutto e per tutto un uomo
dell’ 800: potrebbe essere tutt’oggi una figura attuale?
Come uomo fisico è un personaggio antiquato ma rimane
modello attuale per un nuovo uomo politico, o meglio antipolitico
rispetto ai modelli attuali, che davvero e non a chiacchiere
antepone gl’interessi del popolo ai propri, essendo un reale
servitore dello stato. De Nicola rinunziò all’indennità di 11
milioni di lire l'anno che gli toccavano come capo dello
Stato. Esempio di rigore distingueva il pubblico dal privato
mettendo i soldi per i francobolli della corrispondenza privata che
partiva da un ufficio pubblico, si muoveva con mezzi propri, si fece
rivoltare il capotto dal sarto indumento che divenne “dignitosissimo
co-protagonista di numerosissime occasioni ufficiali”.
Tra i suoi incarichi anche giornalista, avvocato e più tardi
Presidente della Corte Costituzionale, Presidente del Senato; qual è
l’aspetto di questa sua personalità poliedrica che emerse con più
nitidezza?
De Nicola era un avvocato e tale rimase nel cuore. Il suo
studio a Napoli era il suo vero regno: là cercò sempre di tornare.
Lo capisco io da magistrato drammaturgo. Il destino mi ha calato a
forza nella toga e alla fine il mio unico intento è stato di tornare
alla mia vera natura: l’artista. Come avvocato De Nicola fu
brillantissimo a cominciare dal processo che vide coinvolto il
sindaco di Napoli Celestino Summonte. Aveva un'oratoria forte ed
equilibrata che si può riassumere nella frase "Colui che dice bene
il maggior numero di cose col minor numero di parole". Un parlare
pubblico che era più secco nei discorsi politici; più ornato nelle
aule di giustizia.
Lei, dottore, è di Torre del Greco. La città in cui morì De
Nicola.
Sì. Da piccolo il mio professore delle elementari, la
buonanima del professor Gorga, ci ricordava spesso che nella nostra
città c’era Enrico De Nicola, il Presidente, e di ciò andavo
orgoglioso. Quando le fatiche dell’avvocato o del politico
cessavano, il Presidente si rifugiava nel suo eremo: la sua amata
villa di Torre del Greco. Quella dimora gli consentiva di realizzare
il suo intimo sogno epicureo: il late biosas, ovvero il
vivi in disparte là, alle falde del Vesuvio, come un redivivo
illuminato saggio antico della Magna Grecia.
Pierfrancesco Palattella