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TORREOMMNIA
Sondaggi pasquali in Campania
In
Campania la Pasqua è ricca di spunti interessanti per i
visitatori, con le caratteristiche processioni della Settimana Santa
che risalgono alle antiche usanze penitenziali della tradizione
cristiana in epoca medioevale. Sorrento e gli altri centri
della costiera sorrentina, l’isola di Procida, Somma Vesuviana
ed Acerra sono le località dove le processioni conservano il pathos
più intenso e, nello stesso tempo, diventano eventi significativi anche
dal punto socio-culturale, con lo spettacolo di lunghi cortei degli
incappucciati, attorniati da una folla che appare ancora coinvolta in
maniera genuina nella tensione simbolica delle rappresentazioni sceniche
sulla Morte
di Cristo.
SORRENTO
In costiera la città di Sorrento brilla per la perfetta
organizzazione di due processioni nel giorno del Venerdì Santo,
la “Bianca” e la “Nera”. Quella degli incappucciati vestiti
con il saio bianco, organizzata dall’Arciconfraternita di Santa
Monica, si svolge nel cuore della notte tra giovedì e venerdì
della Settimana Santa: il corteo dei confratelli sfila dietro la
statua della Madonna che va alla ricerca di Gesù. Essa è
il suggestivo preludio all’altra processione, organizzata nella
serata del venerdì dall’Arciconfraternita Morte ed Orazione, in
cui sia il saio degli incappucciati sia il vestito della Madonna è
nero, il colore che per il popolo rappresenta ancora il doloroso
ritrovamento da parte di Maria dell’adorato Figlio morto.
Le due processioni suscitano negli stessi visitatori una forte
emozione. Ma sorge spontanea una domanda: che senso ha, per una città che
oggi è una delle capitali del turismo internazionale, tanta voglia
di rivivere coralmente il dramma di Cristo sul Calvario? La
risposta arriva quando si ha l’occasione di partecipare come spettatori
alle processioni, perché ci si accorge di essere di fronte ad una
manifestazione di sincera fede e di profondo attaccamento alle proprie
radici. “Signore, ricordami che sono un peccatore”, è ancora lo
spirito con cui gli incappucciati si preparano a coprire il volto
con il cappuccio, prima di intraprendere il cammino in corteo. Il
simbolismo delle processioni è capace di coinvolgere, oggi come
ieri, in maniera eccezionale.
NAPOLI
La leggenda di questi riti tramanda che, al rientro nelle sedi delle confraternite,
i cappucci sono sovente bagnati dalla lacrime di chi li ha indossati
durante il tragitto. Le voci del Miserere cominciano le loro esercitazioni
due mesi prima delle processioni. I confratelli sono desiderosi di
arrivare preparati al momento in cui accompagnano con struggenti canti
liturgici gli incappucciati che, a loro volta, portano i lampioni e
gli altri simboli della Passione di Gesù: il bacile e la brocca
con l’asciugatoio in cui Pilato vilmente si lavò le mani, la
borsa con il prezzo infame del tradimento, il coltello di Pietro
con l’orecchio staccato a Malco, il gallo che con il suo canto
ricordò a Pietro la sua triplice negazione, la colonna con le funi
con cui Cristo fu legato. Ancora gli scudisci, la corona di spine,
la tunica e la canna con cui Cristo fu deriso e acclamato Re dei
Giudei, l’iscrizione della sua condanna, i chiodi e le tenaglie per la
crocifissione, la lancia che gli squarciò il costato e, infine, la
grande croce da cui pende il sudario. In tutti questi particolari, curati
con maniacale attenzione, c’è il poetico significato attribuito dai
sorrentini alle processioni a partire dal 1586, quando la
confraternita di San Catello, sorta in città verso la fine del ‘300,
chiese l’aggregazione all’Arciconfraternita romana “Morte ed Orazione”.
Sull’esempio di questa, “i confratelli assaccati di nero e con i lumi
in mano” cominciarono ad uscire in processioni non più il Giovedì (per
la medioevale visita ai “Sepolcri” nelle chiese), ma il Venerdì
Santo, recando per i vari monasteri della città il simulacro del Cristo
Morto al canto del Miserere. Nel ‘600 furono introdotti i “Misteri”,
i simboli della Passione innanzi ricordati, per l’influenza esercitata
dalla Spagna nel dominio del regno di Napoli: il nuovo genere di processioni,
in cui si accentuava il simbolismo, fu imposto dai viceré su
sollecitazione dei Padri Gesuiti.
SANT'AGNELLO
Il rito delle processioni è radicato in tutta la costiera:
tre a Sant’Agnello, sette a Piano di Sorrento, altre nei
comuni di Massa Lubrense e a Meta. E’ interessante notare
che a Piano di Sorrento si svolgono anche due processioni con il
saio rosso, mentre a Vico Equense c’è quella “viola”.
Sull’isola di Procida duemila persone, tutte vestite con un
camicione bianco e una mantellina turchina, partecipano alla processione
del Venerdì Santo, insieme ai confratelli della Congrega dei Turchini,
dietro la statua del Cristo Morto. Anche qui è notevole l’effetto
spettacolare che rinnova un’antica tradizione di cui la prima
testimonianza risale al 1693. Il coinvolgimento popolare è palpabile nei
giovani che, durante le settimane precedenti, sono impegnati a lavorare,
fino a notte fonda, per completare la costruzione dei simboli della Passione,
nei portoni e nei cortili dei palazzi più antichi dell’isola. Il
Giovedì Santo, inoltre, c’è la processione degli Apostoli
incappucciati, organizzata dalla Congrega dei Bianchi. Migliaia
di turisti stranieri fanno da cornice ai cortei nelle caratteristiche vie
dell’isola.
SOMMA VESUVIANA
Quattro secoli di storia può vantare la Via Crucis di Somma Vesuviana,
organizzata nella serata del Venerdì Santo con il lungo corteo di oltre
duemila confratelli, tutti al seguito della Madonna e del Cristo
Morto. Nella cittadina, la tradizione della processione risale
al 1630: qui, sicuramente, furono gli spagnoli ad introdurre questo rito
cerimoniale.
Ad Acerra la processione del Venerdì Santo è resa spettacolare
dalle luci di tremila fiaccole accese sugli spalti del castello baronale,
dove vengono portate dalle donne vestite di nero. Sulle note dell’Inno a
Maria Santissima Addolorata, cantato dalle voci di trecento
fanciulle, sfilano per le strade della città più di duemila figuranti.
Il corteo parte nel primo pomeriggio dalla Piazza Castello, dove avviene l’incontro
tra le statue dell’Addolorata e del Cristo Morto. I
figuranti sfilano vestiti con costumi d’epoca, ripartendosi in otto
scene della Passione. Alla testa del corteo, la rappresentazione
dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme, poi l’Ultima Cena, il
tradimento, la condanna a morte, l’annuncio della crocifissione.
La processione di Acerra, che richiama molti fedeli dei comuni
limitrofi, si conclude attorno alle ore 21 in piazza Castello: qui viene
rappresentata la scena della crocifissione di Gesù e dei due
ladroni, illuminata dalle fiaccole. La rappresentazione, arricchita di
nuove scene a partire dagli anni Settanta, si svolse per la prima volta
alla fine dell’800 ad opera della Confraternita del Suffragio. Il
testo dell’Inno a Maria è tratto dalla XII e IV stazione della Via
Crucis composta da San Leonardo di Porto Maurizio, mentre è ignoto l’autore
della musica. Il canto fu sempre tramandato oralmente fino al 1986, quando
fu trascritto da Florindo Damiano, direttore della banda musicale
di Acerra.
Fede, tradizione, attaccamento alle proprie radici. La Campania
conserva la speciale inclinazione della sua gente a drammatizzare e a
teatralizzare in maniera genuina i sentimenti legati alla penitenza e alla
morte, quest’ultima tuttora intesa come norma di vita sociale. Le processioni,
il canto e la preghiera rinnovano antiche manifestazioni popolari di
culto per le divinità che, in fondo, si possono ritrovare nella
storia di tutte le religioni. Nei giorni della Settimana Santa, i lunghi
cortei hanno ancora il significato dell’umano peregrinare sulla terra e
dell’aspirazione ad un’elevazione spirituale che possa portare ogni
credente fuori dal peccato. Durante i secoli, molte tradizioni sono andate
affievolendosi o mutandosi, mentre altre sono scomparse perché è
cambiato il modo di vivere dei cristiani. Sorrento e gli altri
centri della costiera sorrentina, l’isola di Procida, Somma
Vesuviana ed Acerra hanno saputo conservare buona parte del più
sincero coinvolgimento ai riti della Settimana Santa. In questi
luoghi la Pasqua non sarebbe “vera” se non ci fossero le
processioni come momento di aggregazione e di riflessione sul significato
della vita. Manifestazioni popolari che, oggi, hanno assunto anche
il ruolo di eccezionale attrattiva per migliaia di visitatori italiani e
stranieri. |
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