STORIE di mari e di pirati. Di uomini che con
prua e cassero hanno condiviso la vita e che spesso alle onde hanno
dato la morte. Storie di chi si rimpiccioliva il mondo, inseguendo
per migliaia di giorni cieli distanti migliaia di miglia. Maria
Laura Cafiero e la sovrana d’un patrimonio di memoria costruito
sull’acqua. Ha un cognome antico quanto gli affreschi della
Sistina. Pronipote d’una famiglia che antepone una storia nata a
Meta di Sorrento a una solida mitologia londinese. E sua la stirpe
che per prima cattura l’idea di garantire vitalizi a chi va per
mare, e ai congiunti di quelli che negli abissi trovano dimora
eterna.
I Lloyd’s, i più celebri assicuratori del mondo, inaugurano
qualcosa di simile solo sul finire del Settecento. Un secolo e mezzo
prima, nel 1629, e invece un Pietro Antonio Cafiero 1’uomo che
istituisce un principio. Decide che un proprietario di navi,
attività che padre e nonno già praticano da decenni, possa saldare
affari e filantropia. Ha in mente mozzi e nocchieri, nostromi e
vivandieri, tutto il popolo che fatica a bordo dei suoi giganti a
vela, e che spesso paga la ferocia del mare o dei pirati. Da vita al
Monte della S.S. Annunziata, poi noto come Monte dei Cafiero. A chi
avrà inutilmente atteso un marito o un padre marinaio si potrà
garantire qualcosa di cui vivere, per salvare la vita a chi e
ostaggio dei predoni si potrà versare un riscatto.
Il cavaliere del lavoro Maria Laura Cafiero e 1’erede di tutto
ciò. Il suo mondo s’e emancipato in un nome oggi fatalmente
anglosassone: shipping. Nome che si distende su quel che è
attività marittima fatta con imbarcazioni di medie e grandi
dimensioni. Vuol dire possedere e amministrare navi, occuparsi di
trasporto merci e gas, di assistenza moto navale a piattaforme
petrolifere, di operazioni di rimorchio e salvataggio. Nei confini
del1’impero del cavaliere del lavoro Maria Laura Cafiero vuol dire
anche avei fatturato circa 150 milioni d’euro nel 2005. Cifra che
per 1’ottantacinque per cento e realizzata all’estero dalla sua
Ca.Fi.Ma, holding di famiglia che ha sede nella piazza Vittoria che
lambisce la Villa comunale di Napoli, malgrado le concessioni
ottenute anche su tanti porti italiani, soprattutto della Sicilia e
su quello di La Spezia.
«Noi Cafiero siamo tutt’altro che un caso isolato. La vocazione
marinara dei sorrentini e tuttora vivissima. Prendiamo ad esempio le
grandi navi da crociera che oggi battono gli oceani. Moltissime sono
comandate da ufficiali che sono nati e si sono formati sulla
penisola». Lei nasce e si forma sul percorso che da lì conduce a
Napoli. Torre del Greco. Prima di quattro sorelle. «Da ragazzina ho
frequentato una scuola rurale, della quale non so bene perché
conservo 1’immagine assai nitida dell’insegnante. Una donna
fiorentina, con un marito che navigava». E divagando sulla Maria
Laura giovane alunna, la memoria s’arre sta sull’ultimo dei
Cafiero che l’hanno preceduta.
«Ho un meraviglioso ricordo di mio padre, l’uomo al cui esempio
mi sono ispirata sempre. Governava ognuna delle faccende di
famiglia. Era padrone di una straordinaria capacità. Sapeva essere
abile e sicuro quando s’occupava delle aziende e
contemporaneamente attento e vicino a noi in casa. Questo e forse il
suo insegnamento che custodisco più gelosamente. Spero di possedere
la sua stessa attitudine con lavoro e famiglia. Io ho cominciato ad
avere un ruolo serio in azienda agli inizi degli anni Settanta.
Avevo figli ancora in età piuttosto tenera. Ma questo non mi ha
impedito di conservare serenamente il ruolo di mamma. Probabilmente
anche perché il lavoro mi piaceva e capivo quanto m’insegnasse a
vivere».
La famiglia, il cognome, sono la sua riserva aurea. Non un museo
polveroso di memoria, ma lo spazio in cui ha imparato a coltivare e
raccogliere quelle porzioni di passato che le servono a tener saldi
presente e futuro. In fondo, ritrovarsi tanti pezzi di Storia
sistemati sulle spalle e il privilegio prezioso di pochi. «Certo,
la tradizione marinara della mia stirpe e non solo antica, ma anche
assai profonda». Al punto che l’ufficiale al comando del celebre
Elettra, lo yacht comprato in Inghilterra da Guglielmo Marconi
nel 1919, era uno zio del cavaliere Maria Laura Cafiero.
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La sovrana torrese di un impero costruito
per proteggere chi va per mare.
Maria Laura Cafiero, disegno di
Francesco Ardizzone
«Si, per l’esattezza uno zio di mio padre, Raffaele Lauro. E mi piace
ricordare che grazie a lui fosse originaria di Meta di Sorrento anche la
gran parte dei ventiquattro uomini dell’equipaggio del panfilo. Mio zio
era stato molto vicino a Marconi anche durante la fase degli
esperimenti». Tant’e che poi lo scienziato dimostra il suo affetto e
gli regala una delle sue radio. Una delle prime che ha realizzato. Un
frammento di Storia tocca anche lei, il pomeriggio del primo giugno 2003.
E il giorno in cui Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della
Repubblica, firma il decreto che fa della signora Maria Laura Cafiero non
più solo la titolare d’un gruppo armatoriale di successo, ma un
cavaliere del lavoro. Lei sorride tenera alla gloria che le casca addosso
mente sta come gli uomini del mare. Poco meno di cinque anni fa i soci
dell’Editoriale del Mezzogiorno assegnano a lei la presidenza. Un anno e
mezzo fa, di presidenza gliene tocca un’altra, quella del Gruppo del
Mezzogiorno dei cavalieri del lavoro. Il 2006 l’anno d’un nuovo trofeo
professionale, il premio Marisa Bellisario. «Sinceramente – confessa
languida- immaginavo che questo riconoscimento toccasse a donne giovani.
Ero davvero sorpresa quando mi hanno comunicato che la scelta era caduta
proprio su di me. F comunque continuo a interpretare ognuno dei segni di
stima che mi giungono come fossero dei doni». Si ritrova dunque
vincitrice del Bellisario, una mela cotogna tutta d’oro attribuita al
merito d’aver «saputo prendere il timone delle società di famiglia»,
migliorandone il fatturato e innalzando a 800 il numero complessivo di
coloro che vi lavorano. «Devo chiarire che non si tratta di un dato
casuale. La mia convinzione e che 1’occupazione sia la risorsa su cui va
centrato ogni sforzo. E non lo dico guardando al profilo economico della
questione. Il lavoro resta soprattutto 1’aspetto che conferisce dignità
autentica alle persone. E’ difficile esigere decoro sociale da chi e
tenuto ai margini, confinato nel proprio stato di disoccupato. Soprattutto
qui al Sud, dalle nostre parti, il lavoro sembra un bene che debba essere
rubato. No, ed e qui che va cercata la svolta. Gli obiettivi devono
cambiare, e non rincorrendo progetti che vadano lontano venti o trenta
anni. Nessuno mi toglie dalla testa che e proprio il lavoro il bersaglio
che va inseguito e raggiunto più in fretta».
GUSTAVO AFFINITA
Da: La Repubblica XXIV del 25-2-2007
Ho conosciuto la signora
Cafiero da ragazzina mezzo secolo fa. Eravamo coinquilini in uno stabile
di Via Curtoli, a Torre oggi ristrutturato e adibito ad esposizione
di mobili d'epoca. La ricordo come una donna dolcissima, comprensiva,
umana, altruista. Non è vero che l'umanesimo non si concilia mai con gli
imperi economici. Non sempre l'imprenditoria e solo un mero fatto
capitalistico.
Rosaria Maliardo-Mari
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