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Sezione Raimondo

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Antico Romano
Ciccio è, inoltre, un attore molto poliedrico. 



Un suo autoritratto

 

Francesco Raimondo
torrese da Torre

Ciccio Raimondo è nato a Torre del Greco. 
E' impiegato al comune di Torre da diversi anni. Ha una tradizione letteraria alle spalle a prescindere dall'opera storico-narrativa del padre Raffaele,dove Egli ha dato pure il suo contributo. Ricordiamo la dilogia "Itinerari torresi" e Fatti e uomini...".
Sempre presente su tutte le Testate di Torre.
Solo apparentemente polemico e trasgressivo è un uomo che detiene, invece, una profonda umanità e trasparenza interiore ed una sostenuta cristianità. Studioso di Spinoza ne coglie e ne sottolinea gli aspetti più significativi. Amore e non passione, cioè equilibrio e non infermità, forza e non fragilità. 
La poesia di Ciccio Raimondo ha forza nella voce caustica del "trasgressivo a tutti i costi", in una dimensione e un parallelo, come dire, pre-evolutivo; un messaggio, perciò, anche candido, quasi una religiosità nella fisiologia erotica, che rasenta talvolta una sorta di  venerazione deistico-verginale della donna, un eterno femminino comunque emendato nei suoi canoni classici, una sublimazione del fisiologico, ma devastato immediatamente o contemporaneamente, spesso per ingerenze dalla stessa donna, o della donna rivale nel ruolo di suocera, per subito rimanerne ammaliati, per poi odiare, amare ed odiare ancora. 
Una voce, in questi versi, che ha la pregnanza dell'autentico e la spontanea icasticità dello scatto linguistico se pur costruito sul  vernacolo partenopeo ortodosso, speculare e modellato, però, sull'idioma torrese che, pur non graficamente presente, verrà comunque colto dai corallini, che ne sentiranno la musicalità, il ritmo. 
Il vivianesco, il russiano, fino al digiacomiano soccombono, però, come parametri soliti, non già per l'originalità dell'autobiografismo evidente, ma per la profonda e complessa tematica psicosessuale di stampo partenopeo tipica degli anni 60, che il Raimondo sembra solo sfiorare, con tocchi ironici lazzi e frizzi, come a voler celare e difendere il lettore alleggerendo questa problematica che comunque si evince. Esorcizzare con la nostra capacità di sdrammatizzare, noi, vesuviani, che se dobbiamo dire: "Mi fai piangere" diciamo "Mi fai ridere sotto gli occhi". 
Uno spaccato dei sentimenti, dei pregiudizi, dei timori, degli egoismi e degli egotismi, fuori etica, fino ad un mercanteggiamento della materia corpo come fonte di benessere, come investimento di potere e di successo, come strumento di plagio e di sopraffazione, come arma di tattiche meschine; comunque la violenza psicologica dell'uomo contro l'uomo. Ciò evidenziato in un contesto geografico con un reddito (sperequato) superiore alla media nazionale.
E sono certo che persino all'autore, infondo, possa sorgere il dubbio di quali siano le vittime e quali i carnefici, se ci sono, o se sono da ritenere tali, vista questa penosa instabilità epocale, tra screzi, ripicche, tradimenti, immaturità, e folleggiamenti delineati nei personaggi descritti.
Segue una breve raccolta di poesie dove eccelle il contenuto sulla forma che, volutamente,  ha stesura libera senza metrica, rime o sofisticherie di maniera. Quasi una prosa detta, una stenografia di un discorso unico ma frammentato. E' un Ciccio desueto, lontano dalla sua  storiografia riallacciata a quella paterna, distante ma ricucibile all'inimitabile e letterariamente ben messo "La prima volta di Enzuccio" che potete leggere in questa sezione. Più che un fatto d'arte l'autore ha inteso qui comunicare, lanciare un messaggio sociale, ampio, ad estuario: protesta, dubbio, domanda, risposta, grido, rabbia, gioia, rammarico, dolore ed in alcuni passi: preghiera. Un valido ed attuale messaggio di interrogativo esistenziale. Tuttavia pur non giocando col vago e con l'ambiguo non si libera nello sventramento della confessione.   
Luigi Mari


La foto a lato lo vede ritratto con quella che suo padre chiamava con ironia la limousine. Ciccio fa l'arabo (dietro) Enzo Falanga l'ebreo con lo zucchetto (primo a sinistra)  poi ci sono gli altri due suoi carissimi amici di giovinezza Sergio Quagliarini e Aldo Cinque.
Sullo sfondo si può vedere la nuovissima strada ancora "fresca" di asfalto che ci portava su al Vesuvio ed ancora era vergine, dico vergine dalla copula
cementizia che tanti ma tanti palazzi e ville gentilizie a posto in essere.
Il suo autoritratto (in alto) appartiene al periodo nel quale Ciccio guardava con ammirazione Gregorio Sciltian.

 

Sopra: Ciccio Raimondo
A destra sopra: Ciccio con Vittorio Perna
A destra sotto: Marcantonio alias Vincenzo Izzo