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Pasquale De Luca

di Peppe D'Urzo

Il quindicinale "Alè Turris" nel mese di dicembre del 1988, con un manifesto di cordoglio, salutò Pasquale De Luca come "la vecchia bandiera del tifo corallino"; infatti, lo era in tutto e per tutto. Per lui la Turris era una ragione di vita, una indubbia fede ed un incontenibile giubilo. La bandiera rosso-corallo la portava sempre nel cuore e la difendeva con tutte le sue energie contro chi ne parlava male.
Don Pasquale, vero galantuomo e persona garbata e cortese, era nato a Torre del Greco il 10.12.1918 ed ivi deceduto il 12.12.1988, da Giuseppe e Filomena Battiloro che ebbero otto figli, sei femmine e due maschi, tutti deceduti. Luigi, più grande di Pasquale, classe 1915 perse la vita in guerra; infatti, il 16.05.1941 il suo corpo fu trovato sulla spiaggia di Sidi Caifa a Bendasi (Libia) ed ivi sepolto nel cimitero cristiano della Giuliana; egli morì in seguito a "fatto d’armi", stando imbarcato sul regio Incrociatore della Marina Militare Italiana "Pola", in qualità di cannoniere.

 
              (In borghese) e Luciano Piediferro
            (portiere della Turris boys) anno 1954;

Pasquale era originario di corso V. Emanuele (tr. Santa Teresa, attigua alla chiesa dei Carmelitani Scalzi); scuole elementari, milite-esente per la morte del fratello e sostegno di famiglia; impiegato alle poste in quel di Napoli. Era coniugato con Maria Scarpa (classe 1923), vivente; due figli: Luigi e Luciano. Luigi ha giocato a calcio nel ruolo di centrocampista nella Brancaccio (Lega giovanile) e, qui fu simpaticamente definito "Gigi Rivera"...
Il nostro grande, appassionato di calcio, ha seguito la Turris sin dai tempi del mitico campo "Fienga" dei vari: Borriello, Lullo, Clemen, Curtarelli, Gualtieri, Giordano I e II, Carubbi, Legnetti, Chiesa, Pedrocchi, Iaccarino, ecc.; è stato dirigente accompagnatore della Turris boys, in special modo nelle trasferte. Suo grande amico era Adriano Tazioli (1919/1979), detto "’U modenese", col quale condivideva gioie e tristezze, legate alle vicende della squadra "corallina".

 

  In una formazione della Turris boys (anno 1953), e il
  primo a destra in borghese; con Michele Montefusco

Adriano, modenese di nascita ma super torrese di adozione, è stato una delle figura più simpatiche ed indicative della tifoseria torrese. Dovunque e su tutti i campi, il commovente "modenese" ha sempre incitato la Turris con la sua caratteristica "voice" da tenore. Merito nella stagione calcistica 1969/70 serie D, girone "G", unitamente a Virgilia Vitello ("Verginella") la palma di tifoso dell’anno!
Riportiamo un ricordo di don Pasquale, scritto dal figlio "Gigi" anch’egli grande cuore "corallino" che dedica al diletto genitore quanto segue:
<< Una vecchia foto della Turris boys, risalente agli anni cinquanta, riaccende i ricordi di mio padre che è ritratto in qualità di dirigente accompagnatore, unitamente al gruppo di calciatori e tecnico (l’allenatore era il M.llo di Marina Angelo Vermillo). Una "picture" che rievoca tutto quello che accadeva, anche ad onor di cabala, nello spogliatoio di Edmondo Lamparella (detto "Mondo"), di cui è spesso buon testimone Ciro Capano, e che riporta, con un po’ di immaginazione e in una sorta "flashback", ai trascorsi del vetusto campo "Fienga", ove, quasi sicuramente, mio padre non mancava mai.
Quante volte avrà disertato il pranzo per non venir meno al suo ruolo di collaboratore della compagine "corallina"? Quante volte la cara nonna l’avrà aspettato invano, consapevole che la passione del figlio per la Turris veniva prima di ogni altra cosa?

                    

                 Il fratello Luigi in divisa da militare.

Di questa consapevolezza, ben presto ne sarebbe venuta a conoscenza mia madre.
Sono passati quasi diciotto anni da quando papa ci ha lasciati, ma le immagini che caratterizzavano la sua quotidianità le sento sempre vive; mi sembra di vederlo ancora lì, in quel "trait de rue" e cioè, Capo Torre, pronto a parlare della Turris; come tutti i tifosi solo lui poteva eventualmente criticarla; guai se qualcun altro avesse osato fare la stessa cosa. Certo, per un figlio, il ricordo di un genitore non si offusca mai, resta sempre limpido. Ma al di là del filo misterioso che mi lega a lui, è sempre bello ricordare ed evocare l’età dell’adolescenza, quella in cui, con una frequenza più o meno costante, seguivo mio padre che, puntualmente il giovedì, giorno della partitella infrasettimanale, e la domenica, per le partite casalinghe, si recava allo stadio comunale "Amerigo Liguori".
Ma la passione per la squadra "corallina" si consumava anche fuori le mura cittadine... Quante trasferte con la "seicento" di Adriano Tazioli, un altro "patuto", l’unico col quale mio padre andava d’accordo e riusciva a rendere meno pesanti eventuali delusioni. Si, proprio cosi, perché di delusioni loro due ne hanno patite tante; quanti spareggi, quante finali per accedere alla quarta serie e mai che ce ne fosse andata bene una! Rimembro quando, dopo la prima finale con la Sessana (fine stagione 1965/66 – spareggi per il passaggio in serie D), la domenica successiva avremmo incontrato la Paganese, non solo papa doveva smaltire la delusione per la cocente sconfitta subita, ma doveva anche sentire le maldicenze di qualche pseudo tifoso, che all’uscita dello stadio "Collana" inveiva contro il "compare" Carlo Oriente, reo di aver negato il pareggio alla Turris.
Chi l’ha mai dimenticata quella grande parata nel "sette" alla sua sinistra su colpo di testa, a botta sicura, di Franco Sgambato? La dea bendata anche in quella occasione aveva voltato le spalle alla Turris, che, ancora una volta era uscita battuta da un confronto decisivo ai fini della promozione, per cui il ritorno a Torre si preannunciava alquanto tribolato. In macchina mio padre e Adriano si confortavano a vicenda, ma la delusione era palese; lo sconforto si palpava con le mani. Bastarono, pero, solo pochi chilometri per consentire a due cuori di tifosi, quali quelli di papa e di Adriano, di gonfiarsi di speranza con la certezza di battere la Paganese. Miracolo del calcio: la recente delusione, nel volgere di pochi minuti, lasciava il posto alla futura certezza dei tifosi.
Un quadretto fra il comico e il drammatico, che solo io, oggi, posso raccontare, anche perché non ricordo se in macchina con noi, fosse presente qualche altro comico.
Passano gli anni ed il trionfo arriva, ma mio padre non c’e più e con lui mancano all’appello Adriano e tanti altri tifosi che più di tutti avevano sofferto quelle finali; è il 15 giugno 1997, quando al "Partenio" di Avellino la Turris si gioca l’accesso alla C/1 contro il quotato Benevento. Ironia della sorte in sessant’anni di fede "corallina", papa, non aveva mai assistito ad una vittoria come quella ottenuta dalla nostra squadra contro i "sanniti". Ma quel giorno, Don Pasquale, come affettuosamente tutti lo chiamavano, sarà stato, comunque contento di distinguere, con il colpo d’occhio che il cielo gli concedeva, fra le tante bandiere rosso corallo che facevano da coreografia alla tribuna "Monte Vergine" dello stadio irpino, quelle agitate dai suoi nipoti. I suoi cari cosi lo ricordano: "A tutti coloro che lo conobbero e l’amarono, perché rimanga vivo il suo ricordo.">>

                    

Pasquale De Luca (prima del decesso)