RICORDI Dl TORRE
a cura di
Peppe D'Urzo
La
bucatrice di Corallo
Questo articolo è dedicato alle bucatrici di corallo, che con il loro
paziente lavoro, hanno reso famosa la nostra città in tutto il mondo,
sperando che un giorno potranno essere ricordate con una lapide, una
statua o il nome di una via o piazza. Molte città hanno i loro
personaggi femminili, le loro eroine, che le hanno rese famose; tra
questi ci sono la spigolatrice di Sapri, la sirenetta di Copenaghen, la
cieca di Sorrento, la shakespeariana Giulietta di Verona, le Mondine del
Vercellese; possiamo anche citare la strega di Benevento, la sirena Partenope, la sibilla cumana, ecc. ecc. E fra le tante, sul suolo
italico, vogliamo anche menzionare le nostre storiche bucatrici di
corallo. Avevano un loro banco di legno, fatto di materiale di scarto,
un archetto, un fuso, un piattino con l'olio per lubrificarlo, un
recipiente d'acqua (ricavato da una lattina di salsa "u buattone"
) che, cadendo goccia a goccia sul corallo, lo raffreddava durante la
foratura affinché non si rompesse, degli aghi ed una pietra per affilarli, un
guscio di noce, una mezza "scia" (la cerniera) di una porta per
incastrare con il "pruvulillo" (una mezza sfera bucata, che incastrava
l'ago nel fusetto), delle tavolette di legno per bloccare il corallo, e,
poi, la forza delle braccia come matrice. Il tutto non aveva un grande
valore economico, ma produceva lavoro ed onesto guadagno. Le bucatrici
avevano una grande voglia di lavorare, fatta di pazienza, con un metodo
insegnato loro dalle donne più anziane tramite consigli e molta pratica.
Il loro posto di lavoro era all'aperto, sulle logge, nei vicoli, negli
spazi e lungo le vie della marina, sedute su uno sgabello e quasi
ricurve rivolte verso il "bancariello"; erano ragazze e giovani spose,
ma anche anziane che lavoravano finché avevano una buona vista (infatti
erano soggette ad una diminuzione o perdita e alla cataratte). Ogni bucatrice aveva il suo corallaio, e stabilivano il compenso in base alla
partita da lavorare. Si bucavano cannettine, cupolini, spezzati,
rocchielli, maometti, olivette, flatticelle, mazzanie e tondi. Questi
ultimi erano i più delicati per la precisione del foro al centro e
pertanto si affidavano a mani esperte e ferme, e per la bucatrice che
doveva occuparsene era anche un privilegio e un onore. C'era anche chi
bucava le perle, la malachite, ciondoli e piccoli amuleti. L'orario di
lavoro cominciava la mattina presto, interrotto dai lavori domestici, e
poi ripreso nel pomeriggio; nel frattempo il banchetto rimaneva
incustodito, coperto solo da un asciugamano o da un telo: eravamo un
paese onesto e laborioso. Alcune bucatrici per ottenere un maggiore
guadagno, dopo aver accudito marito e figli, lavoravano anche di sera
alla luce di una candela. Questi lavori fatti con passione ed abilita
con gesti arcaici, erano la base della nascita di capolavori dei
gioielli dell'oro rosso. Se un giorno vi trovate a passare per Largo
Bandito noterete dei basoli consumati al centro, vicino ai larghi
gradoni, questa usura e dovuto dall'antica usanza di lisciarvi contro i
barilotti, cannettini e pallini di corallo e la pietra per affilare gli
aghi. Anche in Via Plebiscito, vicino al Palazzo Baronale ci sono ancora
leggere tracce (quasi cancellate dai lavori di rifacimento della via) di
questa usanza sul parapetto vicino alle scale, uniche testimonianze
rimaste delle bucatrici di corallo.
In ultimo c'era la gioia di andare a
consegnare il manufatto, insieme allo "sfriddo", per ricevere il
meritato premio in danaro pattuito.
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LA FOTO:
ANTICA BUCATRICE Dl CORALLO; GRADONI E
CANALI LUOGO DOVE SI BUCAVA IL CORALLO; NUOVO E VECCHIO SISTEMA Dl
BUCARE IL CORALLO; MANUFATTI Dl CORALLO. |