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Eduardo
e la prigionia ellenica

di Peppe D'Urzo  

Un altro storico racconto di chi ha vissuto le esperienze della dura e tremenda guerra. A rinfrescare i propri ricordi sono i momenti vissuti lontano dai propri affetti familiari e dalla terra natia. Nel "tableau" del passato si riflettono gli aspetti e i "ritratti" della vita, specialmente quella trascorsa e già vissuta. Ed il suo vissuto viene riportato da Eduardo Brancaleone (nato a Torre del Greco nel 1923, da Eduardo e Giusta Liguoro, e coniugato con Antonietta Sorrentino), dalla sorella Maria e dai fratelli Vincenzo (1916), deceduto, Giuseppe(1918), deceduto, Nunziata coniugata con Domenico Di Martino, detto: "Mimì 'a punzense", in quanto la nonna materna, nativa di Ponza (Lt) gestiva una trattoria in Largo Fontana; Mimì era brigadiere dei Vigili Urbani di Torre del Greco (entrambi deceduti) .
L'Italia in guerra chiama i suoi figli ed Eduardo parte nella Regia Marina Militare. Con la qualifica di cannoniere imbarca sul cacciatorpediniere "Euro"(della classe Turbine), poi sarà destinato ad Atene in Grecia. Sul suolo ellenico i soldati italiani ben sapranno dividere le difficoltà della guerra con la gente del popolo, saranno apprezzati ed inevitabilmente ci saranno sentimentali "feelings" con il gentil sesso locale: i bei giovanottoni italiani in divisa con stellette saranno definiti dalle greche: l'armata di Sagapò (dell'amore).
L'8 settembre 1943 (fatidica data dell'armistizio) vede il totale "sbandamento" delle Forze armate italiane, in particolare quelle impegnate al di là della patria. Il nostro cannoniere rimarrà nascosto per un po' di tempo a casa di una donna che aiuterà a tirare avanti: cominciano i rastrellamenti dei tedeschi a caccia di uomini da inviare nei campi di lavoro in Germania ed egli sarà costretto ad andarsene. Scappa di qua, scappa di là (con una carta d'identità falsa di un cittadino greco di nome: Spiros Milonas) ma non si intravede alcuna via di fuga. In preda a smarrimento e timoroso panico, si presenta spontaneamente in un campo di prigionia ad Atene (località: Gudì) gestito dai tedeschi; la vita del campo era durissima ed il cibo scarseggiava.
Per meglio condurre l'esistenza e salvare la pellaccia, decide, dopo una ponderata meditazione, di aderire alla Rsi (Repubblica Sociale Italiana, costituita nell'Italia centro-settentrionale il 23 settembre 1943 con capitale provvisoria a Salò).
Gli Italiani, posti di fronte a questa "storica" circostanza resteranno "divisi" anche nei campi di prigionia; ognuno farà la propria scelta a prescindere da ideali e credi socio-politici: solo la storia sarà testimone di quanto accadde nei lager dove vigeva una sola speranza, la sopravvivenza... in nome della quale molti, a ricordo di quanti non ce la fecero, poterono far ritorno a casa e riabbracciare i propri cari.
Le condizioni di vita per Eduardo cominciarono a migliorare un poco, qualcosa sotto i denti si riusciva a mettere. Lavorò nelle stalle, adibite alla pulizia dei cavalli, con retribuzione in moneta tedesca e nelle libere uscite, raccoglieva tartarughe, buone da mangiare per i soldati germanici. Fu destinato in un altro

campo, ove c'erano molti italiani: gli alleati avanzarono ed i tedeschi si ritirarono, rimase alloggiato presso un'abitazione di una vecchia signora fino al rimpatrio che avvenne sul bastimento "Sant'Andrea" che approdò in quel di Taranto. Dopo essere stato interrogato dalle autorità italiane, rimase per più di venti giorni in un campo di discriminazione a Francavilla Fontana (Brindisi) e continuò il servizio militare a Roma (ordinanza ad un Capitano di Fregata) fino al congedo che avvenne agli inizi del 1946.
Nel frattempo il padre, marittimo militarizzato, imbarcato sulla nave ospedale "Gradisca" in qualità di ingrassatore, fu internato in Germania e rimpatriò in cattive condizioni fisiche e senza denti.
Il fratello Vincenzo, imbarcato su di una nave passeggeri della società "Lloyd Triestino" fu preso dai tedeschi come anche l'altro fratello Giuseppe, militare in Marina fu catturato dai Tedeschi a Piombino. Dal dopoguerra in poi, fu marittimo per qualche tempo ed in seguito pittore-imbianchino.
Ecco i ricordi di guerra del buon Eduardo che vediamo in questa foto (è il primo da sinistra) scattata ad Atene nel 1943 con un commilitone siciliano. Lo si incontra spesso a Capotorre, in quel angolo di città ove si è soliti incontrarsi per parlare dei più e del meno. Il più, però, riguarda la prima squadra cittadina: la Turris, gioia e dolore per molti appassionati e tifosi.
Quando si discute di Turris, egli "tras 'a ghiugo", dicendo la sua; ha sempre seguito la squadra "corallina" sin dai tempi del leggendario campo "Fienga"; tanti sono i calciatori che gli sono rimasti nel cuore l'amore per la Turris è rimasto immutato nel tempo. Con spirito giovanile, Eduardo si reca sempre al "Liguori" con passo trepidante per le sorti domenicali; lo vedi camminare a piedi ed arrivare allo stadio, dopo aver sopportato la salite di via Cesare Battisti e parco Vallelonga, il sudore e la fatica non lo spaventano, poiché, si ritrova un fisico magro ed asciutto. Alla vigilia di ogni gara, ostenta una serafica tranquillità, ma l'ansia interna è notevole ed una grande fiducia. E se purtroppo va male per la Turris, sdrammatizza il tutto con sorriso di circostanza ed un pizzico di ilarità che esterna fra gli amici per i commenti post-partita. Cortesia e simpatia sono il "suo" biglietto da visita; sempre sulla breccia: un buon "character" sul palcoscenico della vita.