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La stirpe dei "Fasulari"
Sorrentino

di Peppe D'Urzo   

Anche la famiglia dei "Fasulari" si annovera tra le ricordevoli memorie della nostra città. L'origine di questo soprannome appartiene ad una certa Maria Antonia Carillo (nativa e proveniente da San Giuseppe Vesuviano - frazione Casilli) da Francesco che anticamente veniva a vendere olio a Torre del Greco in via Nazionale fra S.Antonio e l'Epitaffio, e da Anna Ranieri, casalinga tuttofare ed esperta nell'allevare e curare polli e affini.
La dinamica e giovane Maria Antonia veniva spesso nella città "corallina" ad aiutare il padre nella vendita di quell'olio così genuino e tanto buono. Infatti un filo di questo pregiato nettare su di una fetta di pane con un po' di sale, era ed è sempre stata una gustosa leccornia. Conobbe Giovanni Sorrentino, detto "'Nziriniello", trasportatore di frutta e merci varie. I due, in seguito, convolarono a nozze e dalla loro unione nacquero otto figli (qualcuno, ahimè, volato in cielo). Giovanni dopo aver preso parte alla prima grande guerra del '15-18, ritorna a casa, e, rimboccatesi le già consumate maniche, apre un locale con abitazione interna, (ex latteria ed attuale "Club Turris"), per la vendita in piazza Luigi Palomba, oltre all'olio, di legumi vari (fagioli, chicherchie (un misto fa lenticchie e ceci), scaglie, granella, concime, solfa di rame, zolfo, ecc.).
Giovanni e Antonia lavorano duramente per il mantenimento della famiglia (in precedenza l'attività la svolgevano in via Nazionale, "'Ncopp 'u Pataffio").
Da qui il termine "Fasularo" (venditore di legumi, in special modo fagioli) acquista maggiore risonanza in tutta la città. Scoppia la seconda guerra mondiale e la nazione va incontro a privazioni e restrizioni. Le attività commerciali decrescono e la vita comincia a diventare più dura del solito. I generi di prima necessità vengono "requisiti". Anche per i Sorrentino inizia un periodo di magra. Alcuni figli di Giovanni e Antonia partono per il servizio militare. Ciccio in Esercito e Giuseppe (Poppe) in Marina (militarizzalo). Su Torre del Greco cominciano i primi allarmi aerei con bombardamenti continui. L'atterrita popolazione, non abituata a questa emergenza, è giustamente impaurita, nella zona del negozio dei "Fasulari" v'erano i ricoveri ubicati nel palazzo Buonfiglio (oggi non più, sulle sue "ceneri" è sorto un mega fabbricato per abitazioni, uffici e negozi), nella Scuola del corallo (attuale Istituto d'Arte) e in via Purgatorio.
Terribile fu il bombardamento aereo della vigilia di Pasqua del '43, in via Purgatorio causò diversi morti e feriti. Andò distrutto anche un carretto su cui v'erano due botti, piene di concime "naturale". Il giorno 13 settembre 1943, la nostra città subì una terribile incursione aerea che causò danni e lutto.
Tutto cominciò dal "Gran Caffè Palumbo" (villa comunale) fino alla chiesa di S. Maria del Popolo al corso Vitt. Emanuele ed oltre in direzione di Resina (odierna Ercolano).
Umberto (classe 1930), figlio più piccolo, in questa triste data, si trovava sul treno della Circumvesuviana, proveniente da Napoli e diretto a Torre del Greco, il convoglio sì fermò fra le due stazioni di Resina e Torre a causa delle bombe (alleate) cadute dal cielo. Umberto, come tutti i passeggeri, se la diede a gambe. Vide un incredibile spettacolo di morte. Corpi senza vita venivano trasportati su carri e carrette, i feriti condotti a braccia o su tavole di legno, usate come barelle, in direzione del presidio ospedaliero "Principe di Piemonte" (attuale F. Bottazzi). Quelle tristi e lugubre immagini, Umberto le porterà sempre nella mente. Dopo l'armistizio del l'8 settembre 1943, gli ex camerati tedeschi, per ordini ricevuti, cominciarono i rastrellamenti in città. Chi poteva si nascondeva dove c'era un rifugio.
Poppe, in uno di quei giorni, scappò nella terra di Izzo (via Circonvallazione, angolo via Purgatorio), saltando un muro. Era in compagnia di altri amici, i tedeschi li ricorsero e spararono raffiche di mitra, ma fortunatamente nessuno fu colpito. Poi gli Alleati, provenienti dalla zona periferica fra Torre Annunziata e Torre del Greco, timorosi di avanzare per la presenza di tedeschi (in special modo cecchini), finalmente si convinsero, dietro incitamento ed assicurazione di "volontari" della nostra città, ad avanzare. Il loro passaggio fu salutato con gioia e liberazione. Iniziò pian piano il benessere. I Sorrentino ripresero l'attività.
Dal 1946 Umberto incrementò il commercio con generi alimentari. Il locale è stato aperto in piazza L. Palomba fino al 1965, trasferendosi in via Napoli (supermercato, fino al 1998, attuale studio medico "Centro Polidiagnostico").
Umberto, coniugato Anna Izzo, è oggi un tranquillo pensionato.


Le foto mostrano l'esterno del locale dei Sorrentino ("Fasulari") in piazza L. Palomba nell'anno 1947, Agnese con Umberto in braccio (anno 1930) e Peppe in una immagine poco prima della dipartita. Altri "storici" negozianti d'epoca da menzionare sono "Ciccio 'u mezzone" (olio), Vicienzo Scazzilli (baccalà, olive, ecc.), "Minzù" ("casadduoglio", salumiere) e "Fiucchella" (merceria con vendita di comete e botticelle).

I suoi figli (4 femmine e 3 maschi, di cui uno deceduto) gli hanno regalato 16 nipoti. Ricordiamo Johnny Mak "Cash ar Carry" in via Nazionale, 429 (vi lavorano Giovanni, Luigi e Michele).
Si può certamente affermare che quasi tutti i clienti ricordano con stima ed affetto questi "storici" alimentaristi. Agnese (classe 1921) ricorda la bella gioventù di quando andava ad imparare il ricamo a casa di Emanuela "'a ricamatrice", donna tutta di un pezzo e severa insegnante di tante giovani. Si chiamava Emanuela D'Acampo ed abitava in via XX Settembre, al numero 26 (nuovo). Di Peppe "'U fasularo", poi, si è detto e scritto tanto. Egli (1915-1999) nel lontano 1947 emigrò in America. Fece vari lavori nel porto di New York; in seguito apri un locale, adibito a Circolo sportivo, il "Social Club Turris" in quel di Brooklyn. Era coniugato con Elisa Cirino, originaria di San Michele di Serino, ove il padre era guardia municipale. Sei i figli, Giuseppe (Francesco era il secondo nome) ha giocato nella mitica Torrese e poi nella nascente Turris.
Fu uno dei fondatori in quel settembre del 1944, unitamente ad altri pionieri del calcio torrese. Grazie al suo interessamento, giocarono nelle file della Turris alcuni "favolosi" militari che fecero grande la squadra corallina. Ogni qualvolta che veniva a Torre, doveva andare a trovare i suoi amici con i quali aveva iniziato a giocare il pallone. Spesso li incontrava a "Capo Torre" ed era una festa grande. Ha sempre portato e difeso il vessillo rosso corallo e ci teneva sempre a precisare che il colore delle maglie della Turris, agli inizi, era verde.
Quando spirò, passando ad altra vita, una testata giornalistica gli dedicò un articolo, così intitolato: "Ciao, zio Peppe...".