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"Flippo 'u parulano

di Peppe D'Urzo   

'I Parule (paludi) erano terreni torresi ricoperti da acque  stagnanti poco profonde causate da un eruzione vesuviana che vomitò tonnellate di fango. Erano ubicate nelle zone periferiche della città in direzione mare e in quel sito storico di San Giuseppe alle Paludi. Paludi, "parule" e "parulano"; quest'ultimo è il classico colono che, con amore e dedizione, coltiva questi terreni pianeggianti continuamente irrigati e senza alberi.
Fra gli abitanti di San Giuseppe vogliamo ricordare  Filippo Pernice, nato a Torre del Greco, il 13 agosto 1913 da Giovanni, coltivatore diretto, combattente di due guerre e deceduto a 51 anni  e da Rosa Di Cristo, casalinga. Originario di Via Nazionale (zona S. Antonio) è dai più ricordato come "Filippo 'u parulano", ed è l'unico vivente dei cinque figli, quattro maschi ed una femmina.
Sin da giovane lavorò la terra a San Giuseppe alle Paludi, 95 (nuovo, 31). L'appezzamento che andava dall'inizio della via, di fronte alla Chiesa, agli attuali depuratori, fu in seguito espropriato dal Genio Civile per la collocazione di apparecchi destinati alla depurazione delle acque marine. La terra era coltivata a pomodori, zucchine e melanzane, ortaggi vari e fiori (garofani). Era solito vendere la sua merce con un carrettino senza cavallo. Oltre a ciò si arrangiava come poteva: concimava e puliva i pozzi neri, nelle terre confinanti e nelle vicine abitazioni fra cui " 'u palazzo 'i mmiezo Sgnore". Era solito scendere grazie ad una scala di fero e alla sua abilità e corporatura esile, in un pozzo profondo oltre i 60 metri, nella terra di uno zio in Via del Cimitero ove c'era una grande grotta piena d'acqua; arrivato in fondo,  doveva ingrassare l'impianto motore.
Il buon Filippo va con la mente ai ricordi dell'ultima guerra mondiale in città. I soldati tedeschi erano alloggiati con carri armati e cannoni al di sopra delle terre, attualmente confinanti con Viale Campania, di "Carlino 'a Cardinale  (Carlo Sorrentino).
Un ufficiale germanico veniva spesso nella sua casa a prendersi alcuni "prodotti"  da elargire alla truppa.
Ci furono anche dei bombardamenti aerei  e vari furono i ricoverati in zona. Una boma caduta nella terra di una certa "Nunziatina" non esplose: fu rimossa, poi dalle autorità preposte. Durante un'incursione aerea ad Acerra, si trovò sotto una pioggia di bombe che gli caddero intorno al carretto e al cavallo. L'animale impietrito si fermò e non volle più riprendere a camminare, nonostante i continui incitamenti di Filippo. Le bombe continuavano a venire giù e al nostro "parulano" non restò che raccomandarsi al buon Dio con il segno della croce.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, i tedeschi cominciarono a rastrellare le strade e le case di Torre. Tutti cercavano di trovare riparo, nascondendosi dove capitava. Gli uomini e i giovani di San Giuseppe alle Paludi trovarono rifugio nelle terre, sui lastricati dei fabbricati (collegati gli uni agli altri), nelle tombe e nelle nicchie all'interno del cimitero. Filippo si nascose dietro un cumulo ("cumutuoglio") di paglia nella stalla del suo fondo. Se la cavò, salvando la pellaccia come le tante persone del luogo. Finalmente arrivarono gli alleati e la speranza prese il posto della paura. Gli Americani transitarono lungo la stretta via fino al cancello d'ingresso del cimitero e furono accolti in modo festante.
Nel dopoguerra, Filippo riprese a lavorare la "sua" terra e a vendere quel che produceva sul carretto con cavallo. Si recava anche ai mercati ortofrutticoli di Napoli (Maschio Angioino, Sant'Anastasia, San Giorgio a Cremano) e a Torre in via Purgatorio. Spesso i figli lo aiutavano a spingere la carretta. Quando vendeva la merce era solito gridare: "Comm'è bianculillo 'u cavereciore... ". Amico di altri venditori ambulanti, fra cui Crescenzo Matrone, detto "Musullino", venditore di frutta e verdura al corso Garibaldi e "Sott'a ripa").
Ad un bicchiere di vino (quello buono e genuino) non diceva mai no: lo beveva in compagnia di alcuni amici, tra cui Raffaele Clemente ("Cardalana"), "Gliaglione", "'U Spagnuolo", "Giritiello 'u capraio" e Carlo Pernice ("Carlino") nelle cantine di "Scippilli" e "Parzunariello".

       

Le foto mostrano due Immagini di Filippo Pernice, detto "`U parulano" nel 1973 e nel 1998

Altre rimembranze della sua vita vanno a quando riuscì a recuperare due tacchini che si trovavano in una "piscina" piena d'acqua nella terra di "Filippo 'a Cardinale". Afferrò i due volatili in modo veloce e li salvò da sicuro annegamento: ebbe un compenso di lire 50 col quale, unitamente alle 40 settimanali, fece una grossa spesa nella salumeria dei "Marrazzuoli".
A Portici ("'Abbiscia 'a Reccia") stava transitando sul carretto insieme a "Ndulino 'u vaccaro", quando il mezzo urtò contro un filo reciso dell'alta tensione. L'impatto causò la fulminante morte del cavallo. Il carretto a due ruote si capovolse, ma su di esso v'era montata una copertura in plastica che fortunatamente salvò loro la vita. Filippo lasciò sul posto l'amico e corse a casa, e la trovò piena di gente che lo credeva morto. In Piazza S. Croce nello scendere dal tram vi inciampò accusando dolori ad un piede. Arrivò a casa, dove poco dopo intervennero le guardie municipali ed il medico legale per gli accertamenti del caso. Anche se la caduta fu causata ad uno stato di confusa "ebbrezza" ricevette un buon "rimborso" per i danni riportati dalla Società filotramviaria.
Milite esente, detto anche "Mmezo chilo", perché alquanto magro, Filippo si unì in matrimonio con Angela Di Cristo (Torre del Greco, 1911-1999), casalinga e coltivatrice diretta, originaria di via Lava "Troia (il nonno era detto "Turillo 'u caprarieilo"). Il matrimonio si celebrò il 15 ottobre 1934 nella chiesa del Carmine. Ebbero sei figli: Giovanni (1935), pensionato, ex marittimo (garzone di cucina) con la Società Italia, barbiere (iniziò nel salone di Giovanni Feola in via Falanga) e benzinaio col fratello Raimondo; Salvatore, pensionato Mobil Oil; Vincenzo, pensionato marittimo; Raimondo, gestore della "Esso" in via Circonvallazione; Rosa, casalinga, vedova, madre di Antonio, allenatore di calcio (Turris), Filippo allenatore di calcio "Nuovo Terzigno" e Maria Concetta, infermiera professionale; Maria casalinga, accudisce il padre.
Raimondo è stato un grande tifoso della Turris, e lo è tuttora, malgrado le incerte sorti della squadra. Sempre a seguire la compagine corallina fuori casa, suo compagno di viaggio "Gigíno 'u pastore" , altra pietra miliare del tifo torrese.
Ecco descritta in linea di massima la vita di Filippo Pernice, onesto lavoratore e buon padre di famiglia.
Un altro personaggio di San Giuseppe alle Paludi da menzionare è un certo "Vicinzino 'u sapunaro"che aveva una fabbrica di sapone ("Ncopp 'u canalone") che vendeva al pubblico. Smise l'attività negli anni '50 quasi novantenne, vive circondato dall'affetto dei suoi cari e dai ricordi della sua esistenza.
Con fierezza si accarezza i suoi capelli, mantenuti sempre lucidi, al punto che qualcuno, bonariamente, gli ripeteva che erano falsi.